Autore: Avv. Carlo Morselli

AVVOCATI – Cassazione n. 11464

Sezioni Unite – Sanzione disciplinare – Per la sanzione disciplinare di un avvocato non occorre che la sentenza penale di condanna sia definitiva (Cass. sez. un. civ., Ord. 1-5-2025, n. 11464 [1])

Secondo un criterio di proporzionalità e adeguatezza (la sospensione ha natura extrasanzionatoria, subvalente), bisogna riaffermare (dopo Cass. S.U. 2025) ed accreditare il carattere esaustivo della sentenza penale di condanna di primo grado ad una pena elevata in quantitate  –  irrogata dal giudice di merito, per il reato di bancarotta  –   nel suo significato repressivo di una grave e plurima  condotta abusiva accertata e all’origine di un provvedimento sospensivo dell’esercizio della professione legale. La pretesa della necessità dell’intervento del c.d. giudicato penale, certamente aliquanto post, non è irriducibile: l’autosufficienza della emanata declaratoria della penale responsabilità è funzionale alla tutela degli interessi generali della categoria, avuto riguardo al c.d. strepitus fori

According to a criterion of proportionality and adequacy (the suspension has an extra-sanctioning, subvalent nature), it is necessary to reaffirm (after Cass. S.U. 2025) and accredit the exhaustive nature of the first-instance criminal sentence of conviction to a high penalty in quantity – imposed by the judge of merit, for the crime of bankruptcy – in its repressive meaning of a serious and multiple abusive conduct ascertained and at the origin of a provision suspending the exercise of the legal profession. The claim of the need for the intervention of the so-called criminal judgment, certainly somewhat post, is not irreducible: the self-sufficiency of the issued declaration of criminal liability is functional to the protection of the general interests of the category, having regard to the so-called strepitus fori

Sommario: 1. La consecutio temporum e la fissazione di una quaestio – 2.           Lamentata violazione dell’art. 60 LpF lett. e  art. 32  comma 1 lett. e) Reg. C.N.F. n. 2/2014, interpretandosi la locuzione “  condanna ”come sufficienza di una pronuncia  non definitiva – 3.       La quaestio nel filtro delle regole sul ricorso (extrafattuale) per Cassazione – 4.     In conclusione, una nuova frontiera interpretativa esposta in forma interrogativa: se il merito sfugge al sindacato della Cassazione è genericamente recuperabile in sede extrapenale, disciplinare cioè?

  1. La consecutio temporum e la fissazione di una quaestio

Questa la consecutio temporum: il Consiglio distrettuale di disciplina forense, per distretto di Corte d’appello, in data 7 maggio 2024, sospendeva in via cautelare un avvocato, per la durata di 8 mesi, in conseguenza della condanna inflitta dal Tribunale  in data 24 gennaio 2024, alla pena di anni 7 di reclusione per l’imputazione di bancarotta fraudolenta ai danni di plurime società. Per l’indicata concordanza, funge da proposizione subordinata la decisione disciplinare amministrativa, legata alla pronuncia penale –  in funzione di proposizione principale –  da un rapporto di posteriorità. Però se le categorie grammaticali aiutano a disegnare le corrispondenze (successione di atti nel tempo), il profilo descrittivo lascia fuori una problematica processuale.

La peculiarità dell’indicata vicenda, a doppio registro  –   penale/disciplinare (e il ventaglio segue matrici differenti: il registro penale salvaguardia esigenze di ordine pubblico, quello disciplinare di protezione della funzione sociale dell’Ordine forense)   –  è che il secondo versante trae  origine (non già da una condanna  passata in giudicato, piuttosto) da un sentenza penale di merito sottoposta al gravame d’appello (mentre il primo versante si conclude avanti il CNF, che rigetta il proposto ricorso). Ma più che l’autosufficienza del giudizio di merito di primo grado (pur considerata, indubbiamente)  a carattere assorbente, appunto, senza attendere, quindi, né l’esito dell’appello[2] né la certezza definitiva derivante dall’esaurimento del grado di legittimità  –  una sorta di nuovo principio del c.d. minimo mezzo  –  le sezioni unite ravvisano, per il caso di specie, il fondamento autentico  dell’atto sospensivo nel c. d. «  “ strepitus fori ” costituente la ragione della misura (v. Cass., Sez. Un., n. 19711 del 13 novembre 2012 » (così, Ord. Cass. S.U., 1 maggio 2025, p.8).

Per noi resta di maggiore interesse il profilo processuale, momento esplicativo del giudizio dell’organo territoriale e che mette capo ad una quaestio: il giudizio penale di primo grado, in astratto suscettibile di essere riformato in appello e poi annullato in cassazione, per quanto emesso rebus sic stantibus, è idoneo o no, da solo, a reggere l’incidenza professionale di un provvedimento cautelare sospensivo di fonte disciplinare (di interdizione temporanea dell’esercizio della professione legale per avere abusato, il legale, del suo ruolo per obiettivi estranei alla difesa tecnica), senza attendere né il giudizio d’appello né quello della cassazione, prescindendovi conclusivamente? Nel primo caso predichiamo l’autonomia assoluta  del giudizio di merito e di primo grado, ed anche l’autonomia dell’organo di tutela dell’immagine della categoria, che  può essere maculata, insieme alla reputazione, dal comportamento del singolo, dall’assoluta gravità degli episodi. Nel secondo caso cambierebbe l’inquadramento, e si tratterebbe dell’ « efficacia del giudicato penale nei giudizi extrapenali » [3], salvo riconsiderare siffatto rapporto inserendo l’interrogativo: la sospensione cautelare è una sanzione disciplinare oppure si tratta di una misura amministrativa extrasanzionatoria?

  1. Lamentata violazione dell’art. 60 LpF lett. [4] e  art. 32  comma 1 lett. e) Reg. C.N.F. n. 2/2014 , interpretandosi la locuzione “  condanna ”come sufficienza di una pronuncia  non definitiva

Il ricorrente censura  –  per una sorta di (parziale) interpretato abrogans  –  la lettura del C.N.F., organo a quo, specialmente  dell’art. 32  comma 1 lett. e) Reg. C.N.F. n. 2/2014 [5], come riferibile, l’espressione “  condanna ”, ad una sentenza non definitiva. A questo riguardo il vertice assoluto del sistema giudiziario  si è riportato, con  le sezioni unite, nel solco di un precedente della Corte (di Cass., Sez. Un., n.26148 del 2017), assumendo che l’interpretazione sistematica e la stessa ratio dell’art. 60 comma 1 dalla legge 31 dicembre 2012, n. 247 depongono nel senso di ritenere che la formula legale (c. d. littera legis) «  condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni »  –  posta a fondamento della sospensione cautelare  –  si debba intendere come condanna resa  in primo grado, non richiedendosi l’irrevocabilità della sentenza. Per la tenuta dello ius dicere, e quindi per il carattere iussivo della decisione penale, non è necessario l’intervento (addizionale) del c.d. giudicato penale.

Questo prodotto interpretativo  –  si badi  –  risulta, per tabulas, del tutto allineato con il dettato della lettera immediatamente precedente, la lett.  d)  che non richiede la decisione passata in giudicato bensì, solamente, « la condanna in primo grado ». Vero è che la citata lett. c) non ripete la specificazione del primo giudizio, ma leggervi nella disposizione, per colmare il supposto vuoto, l’aggiunta di un requisito mai menzionato nell’intero art. 60 cit. equivale a procedere per saltum. Una lettura più coerente è quella secondo cui, da una parte,  era superfluo ed anzi pleonastico ribadire “  primo grado ”, inserito una tantum, dall’altra  che nel dubbio l’interpretazione più corretta è quella che si basa sui dati normativi esistenti. L’alternativa sarebbe stata svalutare la sentenza del giudice di merito, svincolandosi dal dictum emanato (nel contiguo campo civilistico la sentenza è immediatamente esecutiva: v. art. 282 c. p. c., Esecuzione provvisoria [6]), tamquam non esset, ai fini della sospensione cautelare. Saremmo al cospetto di una ermeneutica eccentrica: invece, ubi lex non dixit tacuit. Soprattutto, ubi lex voluit dixit: se la fonte legale avesse voluto assoggettare la misura cautelare (addirittura) alla latitudine dei tre livelli giurisdizionali al pari di un requisito indispensabile, richiedendosi due giudizi di merito ed uno di legittimità, avrebbe adottato una intellegibile previsione espressa, di tipo tassativo.

Così la decisione impugnata del CNF, nel filtro della adita Corte di Cassazione, è esente da vizi interpretativi. Secondo l’opposta opzione interpretativa,  il legislatore, non avendo riproposto o perpetuato la specificazione “  con sentenza di primo grado  ” (presente in elenco), avrebbe inteso richiamare,  a contrario, la sentenza definitiva [7], che troverebbe posto tra le condizioni per irrogare la misura sospensiva cautelare. Questa lettura, però, sarebbe del tutto disfunzionale poiché la sospensione, ostativa all’esercizio della professione legale, interverrebbe aliquanto post e si rivelerebbe inutiliter data, disintegra, quando ormai l’onore della categoria è rimasto medio tempore  scoperto, privo di valida tutela, del tutto esposto a vulnus. Si integrerebbero e materializzerebbero  i proverbiali “  ponti d’oro ” per il condannato alla pena detentiva, e per plurimi fatti gravissimi, come scrivono ripetutamente, al pari di un  memorandum, le Sezioni Unite del maggio 2025. Fra le esigenze di tutela dell’intera categoria legale e quelle del singolo professionista condannato ad una pena assai consistente ed elevata, che siano poziori le seconde appare alquanto problematico, per il conseguenze vuoto di tutela per la categoria [8]. L’indicato vuoto di tutela (protratto, in ipotesi, per diversi anni), sarebbe improprio in quanto la legge richiede  –  esclusivamente  –  la condanna in vinculis triennale, senza l’addizione del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, una sorta di superfetazione.

La norma persegue lo scopo di introdurre un usbergo contro gli abusi, un diaframma, a garanzia della dignità e prestigio dell’ordine forense.

  1. La quaestio nel filtro delle regole sul ricorso (extrafattuale) per Cassazione.

La sentenza di merito è l’unica che si addice alla richiamata misura cautelare di tipo sospensivo, perché quella è l’unica che contiene un accertamento dei fatti, all’origine poi dell’adozione della misura amministrativa. Ha carattere iussivo: « Ogni giudice che pronunzi una sentenza agisce in sovranità…Una legislazione fatta di comandi e di divieti sarebbe inutile se non contemplasse sanzioni ma sarebbe telum imbelle sine ictu  se la sanzione non venisse applicata…il nostro legislatore punti alla definitività quanto prima possibile delle sentenze e, un volta ottenuta quella di primo grado, istituisca innumerevoli ostacoli alla eventualità opposta, La definitività della sentenza significa anche potente contribuzione alla certezza del diritto  »  [9].

La cornice di siffatto accertamento fattuale è il c.d. processo di cognizione, a fronte del quale il giudizio celebrato, successivamente, in Cassazione potrebbe dirsi anticognitivo tout court.

Per definizione, il giudizio in apicibus viene classificato come annoverabile nella classe dell’impugnazione ordinaria e a critica vincolata [10]. Il tipo di controllo è di legittimità e viene azionato su impulso della parte che assume un pregiudizio arrecato al provvedimento emanato dal giudice di merito, chiedendosene la rimozione.

Questa però ha una spiccata particolarità, assai utile nel terreno della presente quaestio (se  necessaria o meno una sentenza irrevocabile, quale presupposto per l’adozione di un misura cautelare provvisoria, che presevi la categoria degli avvocati dopo l’abuso del singolo accertato), la seguente.

Autorevolmente, si è segnalato e quale inquadramento: «  l’accoglimento del ricorso, anche quando consegue alla rilevazione di un error in iudicando, comporta non la riforma, ma l’annullamento del provvedimento impugnato » [11]. In diverse e più perspicue parole, « la Corte di cassazione…non può accertare i fatti dedotti in imputazione, né esercitare poteri discrezionali né controllare l’accertamento dei fatti o l’esercizio di poteri discrezionali né controllare l’accertamento dei fatti o l’esercizio di poteri discrezionali operati dai giudici di merito »  [12] . Forse è preferibile dire, riassuntivamente, che l’organo della nomofilachia nasce con un difetto di competenza (con il segno meno): quella di merito, la cui carenza ne restringe la portata dell’intervento correttivo (ad es., sul ricorso immediato, l’art. 569 cpp, notandosi autorevolmente: «  ovvio che il salto non sia ammesso sulle questioni attinenti  fatto, comma 3 » [13] ).

In quest’ordine di idee, siamo vicini ad un traguardo: se l’accertamento di merito non può trovare posto e sarebbe del tutto velleitario inseguire la c.d. riforma con il ricorso avanti il giudice di  Piazza Cavour, allora l’ordinanza in osservazione delle Sezioni Unite del 2025 contiene una sorta di obiter dictum: che il sindacato di merito se rimane inesplorato, resta come  intonso, ad imitazione del biblico   “  roveto ardente ” che “   ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava ”[14]. L’annullamento, stricto sensu, travolge l’intera sentenza impugnata per i vizi di legittimità riconosciuti, ma il merito rimane non scrutinato, mai entrato nell’orizzonte del controllo della Cassazione, che è tipicamente di legittimità, nel suo impianto generale. Ecco la ragione sistemica per cui non bisogna attendere, dopo anni, il giudicato penale, perché in tale quadrante il sottotesto del merito non entra (rectius, non entrerà) nel lavorio di sindacato della Cassazione.

Ai  nostri fini, perché si integri il titolo processuale per la misura cautelare di sospensione della professione legale, è sufficiente e quindi esaustiva, la sentenza di condanna di prima grado, prima della quale, nell’istruttoria dibattimentale, sia stata assicurata all’imputato la garanzia del pieno contraddittorio e dell’oralità, nel rispetto delle regole del c.d. giudizio penale [15]. Non è necessario prolungare il termine riconoscendo, per una misura ad tempus (che non è una sanzione disciplinare [16]), altri spazi come il gravame in appello e il ricorso in cassazione, dopo la declaratoria di penale responsabilità del giudice di merito. Ampliando gli itinerari nell’aspirazione ad « una miglior giustizia del caso singolo » , potrebbero anche essere occasione per provocare «  un’inflazione di ricorsi, spesso del tutto pretestuosi »  [17]. I quali, come una silloge, compendiano il fenomeno degenerativo del c.d. abuso del processo: summum ius summa iniuria [18].

  1. In conclusione, una nuova frontiera interpretativa esposta in forma interrogativa: se il merito sfugge al sindacato della Cassazione è genericamente recuperabile in sede extrapenale, disciplinare cioè?

Secondo l’indicata ragione  –  non esplicitata dalla Cassazione del 2025 –   il riferimento al giudizio di primo grado, che bisogna preservare quale base su cui applicare l’appendice della misura sospensiva, ha carattere assoluto e non coniugabile solo a nomina criminis. La nostra tesi, che  potrebbe rappresentare un nuovo traguardo nella storia delle idee, allo stato la limitiamo nel raggio della presente quaestio, in esordio illustrata (se occorra o meno una sentenza irrevocabile, ai fini applicativi della misura in parola), introducendo un seconda quaestio, molto più generale  e nella forma di un interrogativo, aperto: l’annullamento della Cassazione, se non può coinvolgere il merito (attestandosi quale « giudice in iure » [19]), questo rimane fuori dallo scrutinio, superstite e genericamente  attingibile (non in campo penale, ma) in altro giudizio extrapenale, di tipo disciplinare e che ha regole proprie [20]?

Hanno ragione le Sezioni Unite nella visitata ordinanza del 2025 a ritenere, in costanza di una sentenza di condanna a 7 anni di pena detentiva comminata dal giudice di merito di primo grado, che non sia necessario attendere ex post il dictum definitivo. Però, aggiungiamo: non solo perché il testo normativo non lo richiede ai fini della più volte citata sospensione cautelare, ma in quanto quel giudizio di merito non potrà essere sindacato dalla Cassazione (mantenendo la sua intangibilità). Potrebbe replicarsi che la relativa decisione copra “il dedotto e il deducibile”, ma si obietta che il merito non potrebbe mai essere deducibile in Cassazione (fuori dall’area del “ disputabile ”), non potrebbe risultare coinvolto nel suo giudizio di legittimità e in nessun modo o misura e ciò può scriversi con il sigillo di Franco Cordero quando ricostruisce la storia della Cassazione, dalla sua nascita: « non interloquisce mai sul merito  » [21] . Il riferimento potrebbe oggi essere rapportato al c.d. annullamento senza rinvio, tenendo presente che «  in alcune eventualità, continua  a essere praticato al di là dei motivi, un giudizio di merito (art. 620 lett.a  e l) »  [22].

E in ogni caso il procedimento disciplinare ha regole proprie [23], nel cui ambito non  valgono le massime garanzie tipiche del processo penale (v. art. 27 Cost., sulla presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva [24]), poiché la decisione, diversamente dal processo penale, può approdare ad un provvedimento ad hoc  che irroga una sanzione extradetentiva (e la sospensione ad tempus dall’esercizio della professione non è neppure una sanzione, come precisano le S.U.) [25]. Per tale fattispecie, che non interferisce con lo status libertats, una riduzione delle garanzie è compensata da speditezza ed efficienze delle tutele di categoria e  appare, dunque, non ingiustificata.


[1] in Norme & Trib., 2 maggio 2025 Sanzione disciplinare per l’avvocato se la condanna penale genera “strepitus fori

Secondo la Cassazione la sospensione del professionista dall’attività per otto mesi poteva essere ben più grave, di G. Piagnerelli: Pienamente legittima la sanzione disciplinare nei confronti di un avvocato a seguito di sentenza penale di condanna per bancarotta. La vicenda, infatti, avendo generato quello che in gergo si definisce strepitus fori, ha comportato inevitabilmente un danno alla categoria degli avvocati. Lo chiarisce la Cassazione a Sezioni unite con ordinanza n. 11464/25.

[2] O la  c.d. doppia conforme ( su cui v. Cass., ord. 21 maggio 2024, n. 14038).

[3] Riprendendo G. Marinucci-E.Dolcini-G.L.Gatta, Manuale di Diritto Penale.P.G., XIII ed, Milano, 2024, 25-26, sulla «  efficacia della sentenza penale di condanna nei giudizi disciplinari ».

[4] Testo della Legge 31 dicembre 2012, n. 247, che ha subito modifiche dal D.L. 27 dicembre 2024, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 2025, n. 15. V. Capo II Procedimento, art. 60 (Sospensione cautelare)

1. La sospensione cautelare dall’esercizio della professione o dal tirocinio può essere deliberata dal consiglio distrettuale di disciplina competente per il procedimento, previa audizione, nei seguenti casi: applicazione di misura cautelare detentiva o interdittiva irrogata in sede penale e non impugnata o confermata in sede di riesame o di appello; pena accessoria di cui all’articolo 35 del codice penale, anche se è stata disposta la sospensione condizionale della pena, irrogata con la sentenza penale di primo grado; applicazione di misura di sicurezza detentiva; condanna in primo grado per i reati previsti negli articoli 372, 374, 377, 378, 381, 640 e 646 del codice penale, se commessi nell’ambito dell’esercizio della professione o del tirocinio, 244, 648-bis e 648-ter del medesimo codice; condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni.

2. La sospensione cautelare può essere irrogata per un periodo non superiore ad un anno ed è esecutiva dalla data della notifica all’interessato.

3. La sospensione cautelare perde efficacia qualora, nel termine di sei mesi dalla sua irrogazione, il consiglio distrettuale di disciplina non deliberi il provvedimento sanzionatorio.

4. La sospensione cautelare perde altresì efficacia se il consiglio distrettuale di disciplina delibera non esservi luogo a provvedimento disciplinare, ovvero dispone l’irrogazione dell’avvertimento o della censura.

5. La sospensione cautelare può essere revocata o modificata nella sua durata, d’ufficio o su istanza di parte, qualora, anche per circostanze sopravvenute, non appaia adeguata ai fatti commessi.

6. Contro la sospensione cautelare l’interessato può proporre ricorso avanti il CNF nel termine di venti giorni dall’avvenuta notifica nei modi previsti per l’impugnazione dei provvedimenti disciplinari.

7. Il consiglio distrettuale di disciplina dà immediata notizia del provvedimento al consiglio dell’ordine presso il quale è iscritto l’avvocato affinché vi dia esecuzione.

[5] Consiglio nazionale forense presso il Ministero della Giustizia – Regolamento 21  febbraio 2014, n. 2.

Titolo III Della sospensione cautelare  Art. 32 Sospensione cautelare

1. La sezione competente per il procedimento o, nel caso in cui non sia ancora designata una sezione secondo le modalità di cui al precedente art. 2, una sezione specificatamente incaricata dal Presidente soggetta alle medesime incompatibilità della sezione giudicante, può deliberare la sospensione cautelare dall’esercizio della professione o dal tirocinio, previa audizione dell’iscritto da parte di un componente della sezione appositamente delegato dal Presidente della medesima, quando l’autorità giudiziaria abbia disposto 19:

a) una misura cautelare detentiva o interdittiva irrogata in sede penale e non impugnata o confermata in sede di riesame o di appello;

b) la pena accessoria della sospensione dall’esercizio di una professione o di un’arte ai sensi dell’art. 35 del codice penale anche se con la sentenza penale di primo grado sia stata disposta la sospensione condizionale della pena;

c) una misura di sicurezza detentiva;

d) la condanna in primo grado per i reati previsti dagli articoli 372, 374, 377, 378, 381, 640 e 646 del codice penale, se commessi nell’ambito dell’esercizio della professione o del tirocinio, ovvero dagli articoli 244, 648-bis e 648-ter del medesimo codice;

e) la condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni.

[6] S.Satta-C.Punzi, Diritto processuale civile, XII ed., Padova,1996, 451, osservandosi: parla « l’art. 282 c.p.c. della esecuzione provvisoria sella sentenza di primo grado, termine forse improprio, e che sarebbe più opportuno sostituire con quello di esecuzione immediata ».

[7] Così, in campo civile, e in materia di compensazione dei crediti, Cass., civ., sez. un.  sent. 15 novembre 2016, n. 23225. Contra, in precedenza, Cass, civ., sez. III, sent. 17 ottobre  2013, n. 23573, sulla possibilità per il convenuto di eccepire la sussistenza di un credito reciproco anche se questo risulta essere sub iudice, ovverosia non definito con una pronuncia passata in giudicato.

[8] Dum pendet  rendet,  per il professionista libero  di esercitare, per anni  (in attesa dei due esiti: dell’appello e della Cassazione) e pubblicamente, il suo delicato ed elevato  ruolo. Si tratterebbe di uno strepitus fori aggiuntivo?

[9] C. Taormina, Procedura penale, Torino, 2015, 433. Nella stessa direzione, v. A. Gaito, Le impugnazioni in generale, in Aa. Vv., Procedura penale, Torino, 2015, 271: « qualsiasi modello processuale deve apprestare un sistema di impugnazioni tali da garantire…un limite al reiterato ed indiscriminato accesso ad un altro giudice perché, altrimenti, ogni questione diventerebbe un focolaio cronico »  (oggi IX ed., 2024).

[10] Recentemente, v. A. De Caro, Il ricorso per cassazione, in Aa. Vv., Manuale di diritto processuale penale, Torino, 2023, 884, per «  configurare il ricorso come mezzo di impugnazione a critica vincolata ».

[11] M. Scaparone, Procedura penale, II, Torino, 2015, 474.

[12] Scaparone, Procedura penale, II, loc.cit.

[13] F. Cordero, Sub art. 569, in Cpp commentato, Torino, 1992, 681. Però, eccezionalmente, anche la  Cassazione deliba il merito. V., per la dottrina del passato, v. E. Florian, Ricorso per Cassazione, in Principî di diritto processuale penale, ed. II, Torino, 1932-X, 486: « Il ricorso per cassazione ha lo scopo di promuovere…il riesame della pronuncia giudiziale esclusivamente dal punto di vista del diritto (salvi i casi in cui si estende al merito)  » . Cfr.D. Siracusano, Cassazione II Dir. proc. pen, in Enc. giur. Treccani, V, Roma, 1988, 14.

[14] Es 3,1-8.13-15

[15] In dottrina, v., per tutti, F. Cordero, Giudizio, in Dig. Pen.,V, Torino, 1991, 507, in ordine al « concetto di giudizio saggiato sul terreno del processo »

[16] La sospensione cautelare dall’esercizio della professione non è una sanzione disciplinare. Si tratta di una misura amministrativa, non sanzionatoria, che non richiede la preventiva formale apertura di un procedimento disciplinare (CNF, sent. 13 maggio 2022 n. 53). Il Consiglio dell’ordine può decidere di non sospendere subito l’avvocato sottoposto a procedimento penale e di rimandare la misura cautelare (sospensione cautelare) dopo la sentenza di condanna (Cass., sent. 18 febbraio 2025, n. 3184).

[17] M. Bargis, Il ricorso per cassazione, in G.Conso-V.Grevi, Compendio di procedura penale, Vicenza, 2029, 943.

[18] Cfr. F. Palazzo, L’abuso del processo e i suoi rimedi tra legalità processuale e legalità sostanziale, in Cass.pen., 2012, 3611; E. Amodio, L’abuso delle forme degli atti processuali penali, in Riv. it. dir. proc. pen., II, 2016, 559; C. Santoriello, L’abuso del processo, Pisa, 2018, 111 s.; nonché C. Morselli, Abuso del (e nel) processo – Summum ius summa iniuria, in Dizionario di procedura penale – Testo di procedura penale per esami e concorsi, Napoli, 2024, 3, il quale segnala: «  L’aforisma summum ius summa iniuria è stato recentemente usato per commentare una sentenza del 2024 del Consiglio di Stato », rinviandosi.

[19] Così, F. Cordero, Cassazione, in Procedura penale, Milano, 2012, 1140.

[20] Specie di autodichia.

[21] F. Cordero, Sub art. 606, in Cpp commentato, Torino, 1992, 722.

[22] M. Bargis, Impugnazioni, in G.Conso-V.Grevi, Compendio di procedura penale,Vicenza, 2019, 858.

[23] La sospensione cautelare dall’esercizio della professione forense adottata dall’Ordine degli avvocati non ha alcuna comunanza con la pena accusatoria dell’interdizione dall’esercizio di una professione di cui all’art. 30 c.p.: mentre la prima costituisce estrinsecazione di una funzione amministrativa, la seconda rappresenta una sezione penale perché consegue di diritto alla condanna come effetto penale della stessa. Le due sanzioni pertanto operano in ambiti e su basi diverse, per cui possono concorrere e le sorti dell’una non sono influenzate da quelle subite dall’altra (Cass. pen., sez. VI, sent. 23 febbraio 1996,  n. 2066). V. Cass. pen., sez. I, sent. 29 settembre 2020,  n. 30063. In dottrina, la più recente, v. G. Marinucci-E.Dolcini-G.L.Gatta, Le singole pene accessorie ex art. 19 c.p., in Manuale di Diritto Penale. P.G., XIII ed, Milano, 2024, 804-805: «  b) L’interdizione da una professione o da un’arte (art. 30 c.p.) priva il condannato della capacità di esercitare, durante l’interdizione, una professione…per cui è richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione…e comporta  decadenza dal permesso o dall’abilitazione »; R. Garofoli, Le pene accessorie, in Manuale di diritto penale. P.G. e P.S. (Agg. Correttivo Cartabia 2024), Bari, 2024, 492, ribadendo che «l’interdizione professionale consegue ad un sentenza di condanna per un delitto (non colposo, a meno che sia inflitta la pena della reclusione non inferiore a tre anni) commesso con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all’esercizio di una professione o arte o industria, commercio o mestiere (art. 31 c.p.) ». In giurisprudenza, per uno spunto, v. Cass. pen., sez. I, sent. 29 settembre 2020, n. 30063:in tema di incidente di esecuzione, è legittimo il rigetto della richiesta di revoca o di accertamento della avvenuta espiazione della pena accessoria dell’interdizione dall’esercizio della professione inflitta ad un avvocato con sentenza definitiva di condanna, per effetto del computo del periodo di sospensione cautelare dall’esercizio della professione forense disposta dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati (oggi dal Consiglio Distrettuale di disciplina ai sensi dell’art. 60 della legge 31 dicembre 2012, n. 247), atteso che detta sospensione non costituisce una forma di sanzione disciplinare, trattandosi, invece, di un provvedimento cautelare incidentale di natura amministrativa, a carattere provvisorio. In dottrina, sulla competenza, v. F. Martin, Le sezioni unite sulla revoca della sospensione condizionale della pena: profili di competenza del giudice dell’esecuzione e implicazioni sistematiche, in Diritto di Difesa, 19 marzo 2025.

[24] La sospensione cautelare non richiede una condanna penale passata in giudicato (e ciò non contrasta con il principio di presunzione di innocenza), per Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Napoli, rel. Galletti), sent. 21 settembre 2024, n. 336. Conf. , C.N.F. (pres. Masi, rel. Di Campli), sent. 25 gennaio 2021,  n. 11, C.N.F. (pres. Masi, rel. Caia), sent. 13 gennaio 2021, n. 6, C.N.F. (pres. Masi, rel. Melani Graverini), sent. 18 luglio 2020,  n. 138, C.N.F. (pres. Mascherin, rel. Virgintino), sent. 21 giugno 2019,  n. 44  e Cass., sez. un., sent. 3 novembre 2017,  n. 26148.

[25] « La sospensione dottata in sede disciplinare non ha natura di sanzione disciplinare ma è un provvedimento amministrativo  di carattere precauzionale e provvisorio , svincolato dalle forme e dalle garanzie del procedimento disciplinare »  (Cass. sez. un. civ., Ord. 1-5-2025, n. 11464,cit.).

Sì alla cancellazione dall’albo avvocati durante il procedimento disciplinare, in riferimento a Corte cost. Sentenza 23 maggio 2025 n. 70 – Stralcio Presidente Amoroso; Relatore San Giorgio, in Guida dir., n.25, 5 luglio 2025, 44 s., commento di E. Sacchettini, Una decisione corretta nei principi ma che lascia spazi ad aggiramenti, ivi.

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