A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

ESECUZIONE PENALE: PRINCIPIO DEL NE BIS IN IDEM, CALATO NELLA LEGISLAZIONE NAZIONALE (DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE)  E NELLA PROSPETTIVA EUROPEA

Autore: Prof. Avv. Carlo Morselli

                                            

1. Il postulato del divieto del secondo giudizio ai sensi dell’art. 649, comma 1, c.p.p.

L’art. 649 (Divieto di un secondo giudizio) accoglie il generale principio del ne bis in idem. Infatti, «L'imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto disposto dagli articoli 69 c. 2 e 34» (comma 1)[1] [2]. In una sorta di rapporto tra iperonimo ed iponimo, la disposizione richiamata è ricompresa, nel Codice di procedura penale,  nel Libro Decimo, riservato all’Esecuzione e la  classe, specifica, di appartenenza è quella del Giudicato (artt. 648-654), del titolo I[3].

Formuliamo un rilievo  sulla tecnica di composizione della norma, nel senso che se  il divieto non viene osservato ciò implica che la stessa irrevocabilità viene travolta, come se non esistesse quel vincolo se il nuovo processo non ne tiene conto.

La tipicità dell’effetto della res iudicata penale è quello preclusivo[4]: di non ammettere la possibilità che nei confronti del soggetto giudicato possa nuovamente incardinarsi un procedimento penale per l’idem factum (limite del “non giudicabile“). Così, «l’istituto implica un garantismo a matrice liberal-illuministica»[5].

Trattasi di un dispositivo di divieto[6] e sbarramento (Bis de eadem re ne sit actio).

Si tocca la soglia del  ne bis in idem (riesaminato anche nella prospettiva internazionale)[7], quale effetto tipico ed intrinseco del giudicato (del relativo accertamento)[8], però con il seguente limite di fonte giurisprudenziale Il principio del "ne bis in idem" impedisce al giudice di procedere contro la stessa persona per il medesimo fatto su cui si è formato il giudicato, ma non di prendere in esame lo stesso fatto storico e di valutarlo in riferimento a diverso reato, dovendo la vicenda criminosa essere valutata alla luce di tutte le sue implicazioni penali[9]. Ed ancora: il processo penale, ai fini della  preclusione connessa al principio del ne bis in idem, l’identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso di causalità) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona[10].

 

2. Il corollario giurisdizionale per il mancato rispetto del ne bis in idem

La disposizione di divieto (del ne bis n idem) non è (espressione di una) norma ottativa, minus quam perfecta, la cui inosservanza resta in vacuo, cioè priva di conseguenze, poiché la stessa disposizione prevede il rimedio per l’inottemperanza. Infatti, «se ciò nonostante viene di nuovo iniziato procedimento penale, il giudice in ogni stato e grado del processo pronuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, enunciandone la causa nel dispositivo» (comma 2)[11].

Il secondo comma dell’art. 649 traccia, per tabulas,  un rimedio per la violazione della disposizione di garanzia connessa con il ne bis in idem. Il giudice, anche ex officio, ed in ogni stato e grado del procedimento, pronuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, menzionandone  la causa nel dispositivo della sentenza stessa.

 

Prof. Avv. Carlo Morselli, Docente Master in Diritto penale e Procedura penale dell’immigrazione, Università degli studi Guglielmo Marconi-Roma. 

 

[1] La Corte costituzionale, con sentenza 31-5-2016, n. 200 (in G.U. 27/07/2016 n. 30) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 649 per contrasto con l'art. 117, comma 1 Cost., in relazione all'art. 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU, nella parte in cui secondo il diritto vivente esclude che il fatto sia il medesimo per la sola circostanza che sussiste un concorso formale tra il reato già giudicato con sentenza irrevocabile e il reato per cui è iniziato il nuovo procedimento penale.

[2] Rientrano nel genus delle decisioni irrevocabili pure la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, quella pronunciata in epilogo al giudizio abbreviato e quella predibattimentale di proscioglimento ai sensi dell’ art. 469 c.p.p. Non rientrano, invece, nell'ambito di applicazione della norma considerata i provvedimenti di archiviazione, non trattandosi di decisioni sull'azione penale (rispetto all’azione penale l’archiviazione rappresenta il suo antonimo).

[3] La portata della norma è diversa rispetto all'art. 15 c.p., secondo cui  nessuno può essere punito più volte per uno stesso fatto disciplinato da più norme penali, posto che tale ultima disposizione non impedisce di per sé il moltiplicarsi dei giudizi per il medesimo fatto a carico del soggetto già assolto, e neppure la reiterazione delle condanne, purché la pena inflitta ingiustamente venga espiata  in fase di esecuzione.

[4] In tema di misure di prevenzione, opera il principio di preclusione e non il divieto di "bis in idem" ove siano emessi più provvedimenti non definitivi dello stesso tipo nei confronti di una medesima persona e sulla base dei medesimi elementi, sicché il provvedimento emesso successivamente non può essere eseguito, in quando il diritto di azione si è consumato con l'emissione di quello precedente (Cass., sez. VI, sent. 7-7.2021, n. 30167).

[5] F. Cordero, sub Art. 649, in Codice commentato, Torino,1992, 771. Si tratterebbe di una garanzia individuale, che salvaguardia la certezza del diritto in senso soggettivo, in quanto nulla impedisce al giudice penale di riguardare  l'idem factum, ad esempio, ai fini della prova di un distinto  reato o in rifermento alla posizione processuale di altri imputati.

[6] Così, E. M. Mancuso, Art. 4 Prot. n.47. Il divieto di bis in idem, in Corte di Strasburgo e giustizia penale, a cura di G. Ubertis e F. Viganò, Torino, 2016, 374.

[7] Non sussiste violazione del "ne bis in idem" convenzionale nel caso di applicazione, per il medesimo fatto per il quale vi sia stata condanna a sanzione penale definitiva, di una sanzione formalmente amministrativa, della quale venga riconosciuta la natura sostanzialmente penale ai sensi dell'art. 4, Protocollo n. 7, CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, quando tra il procedimento amministrativo e quello penale sussista una connessione sostanziale e temporale tale che le due sanzioni siano parte di un unico sistema sanzionatorio e vengano salvaguardate le garanzie procedurali dirette ad assicurare la pienezza del contraddittorio (Cass., sez. V, sent. 15-4-2021, n. 31507). In dottrina, v. G. Della Monica, in Le ragioni del garantismo, I Princìpi europei del processo penale, a cura di A. Gaito, Roma, 2016, 326: «se la decisione irrevocabile resa da uno Stato possa spiegare effetti preclusivi anche al di fuori del territorio nazionale»; F. Viganò, Ne bis in idem e “doppio binario" sanzionatorio,  in Corte di Strasburgo e giustizia penale, a cura di G. Ubertis e F. Viganò, Torino, 2016, 383: «si estende anche alle ipotesi in cui il fatto sia stato oggetto di un procedimento sanzionatorio (definitivamente concluso) formalmente qualificato come “amministrativo“ ovvero “disciplinare“ dall’ordinamento nazionale, ma avente natura sostanzialmente‘ punitiva ‘secondo‘ autonomo apprezzamento della Cedu». Il principio del "ne bis in idem" impedisce al giudice di procedere contro la stessa persona per il medesimo fatto su cui si è formato il giudicato, ma non di prendere in esame lo stesso fatto storico e di valutarlo in riferimento a diverso reato, dovendo la vicenda criminosa essere valutata alla luce di tutte le sue implicazioni penali (Cass., sez. II, sent. 8-4-2021, n. 28048).

[8] Un effetto «di carattere negativo…principio…bivalente. Si prospetta quale garanzia soggettiva, ponendosi come strumento di tutela della persona da intenti persecutori. Corrisponde, al tempo stesso, ad esigenze oggettive di certezza, stabilità ed economia, evitando reiterati processi penali ed eventuali conflitti di giudicati» (D. Vigoni, Il ne bis in idem, in A. Scalfati, A. Bernasconi, A. De Caro, M. Menna, G. Pansini, A. Pulvirenti, N. Triggiani, C. Valentini, D. Vigoni, Manuale di diritto processuale penale, IV ed., Torino, 2023, 993). Altresì, v. M. Ceresa-Gastaldo, Esecuzione, in G.Conso-V.Grevi-M.Bargis, Compendio di procedura penale, Padova, 2019,1036 (Aggiornamento al Giugno 2023).

[9] Cass., sez. II, sent. 8-4-2021, n. 28048.

Procedimento disciplinare e principio del ne bis in idem. Con sentenza n. 8745 del 3 aprile 2024, la Sezione Lavoro della Cassazione ha evocato che, in materia di rapporto di lavoro, costituisce principio del tutto consolidato quello per cui il potere disciplinare non consenta di essere reiterato, per il medesimo fatto, una volta già esercitato mediante applicazione di una sanzione (Cass. 23 ottobre 2018, n. 26815) e ciò anche se la prima sanzione sia minore a quella poi risultata applicabile sulla base di ulteriori circostanze, anche se sopravvenute (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27657, con riferimento proprio al sopravvenire di condanna penale), con la sola eccezione dell’annullamento della prima sanzione per ragioni procedurali o formali (Cass. 30 luglio 2019, n. 20519; Cass. 19 marzo 2013, n. 6773) e sempre che non siano maturate altre decadenze a carico della parte datoriale. Ciò, in quanto non è consentito (v. Corte EDU, sentenza 4 marzo 2014, Grande Stevens ed altri contro Italia, che ha affermato la portata generale, estesa a tutti i rami del diritto, del principio del divieto di “ne bis in idem”), per il principio di consunzione del potere disciplinare, che una identica condotta sia sanzionata più volte a seguito di una diversa valutazione o configurazione giuridica.

Per integrare il  ne bis in idem occorre, dunque, avere riguardo al criterio della identità sostanziale dei fatti oggetto dei diversi procedimenti instaurati, indipendentemente cioè dalla diversa qualificazione attribuita ai fatti stessi dall’organo giudiziario che li ha valutati (cfr., Cass. n. 27657 del 2018).

[10] C. App. Palermo, sez. I pen., sent. 18-7-2023, n.4391, in Guida dir., n. 9, 9-3-2024,84: con la conseguenza che…laddove la contestazione  contenga una precisa data finale, non è precluso un giudizio sulle condotte successive a tale giorno.

[11] La Corte Costituzionale con sentenza 10 maggio - 16 giugno 2022, n. 149 ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 649 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice pronunci sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere nei confronti di un imputato per uno dei delitti previsti dall'art. 171-ter della legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), che, in relazione al medesimo fatto, sia già stato sottoposto a procedimento, definitivamente conclusosi, per l'illecito amministrativo di cui all'art. 174-bis della medesima legge".