A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

LA CORTE DI CASSAZIONE SI PRONUNCIA SULLA PROVA DELLA CESSIONE DEI CREDITI “IN BLOCCO” SECONDO QUANTO PREVISTO DALL’ART 58 T.U.B. (CASS. CIV., SEZ. III, 6 FEBBRAIO 2024, N. 3405).

Autore: Avv. Teresa Aloi - Avv. Jlenia Giuseppina Baldari

 

L’ordinamento del settore bancario e finanziario si fonda, prima di tutto, sulla disciplina europea. Gli strumenti impiegati dall’Unione europea presentano caratteristiche diverse, a secondo della loro natura vincolante o non vincolante e delle loro modalità di applicazione nei singoli Stati membri: regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e pareri (ai sensi dell’art. 288 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea).

Nell’ordinamento bancario e finanziario, inoltre, assumono crescente rilievo le norme tecniche di regolamentazione o di attuazione che vengono elaborate dalle autorità di vigilanza europee ed adottate dalla Commissione europea con regolamento. Esse mirano ad armonizzare i profili più complessi e specifici al fine di realizzare un sistema di regole del mercato unico, completo, omogeneo ed unitario.

Per le materie che riguardano i compiti di vigilanza della Banca d’Italia, i principali riferimenti normativi europei sono rappresentati dal Regolamento (UE) n. 575/2013 e dalla Direttiva 2013/36/UE. Il Regolamento (c.d. Capital Requirements Regulation - CRR) ha introdotto norme di vigilanza prudenziale valide direttamente in tutte le banche e le imprese d’investimento europee. Nelle materie disciplinate dal CCR (fondi propri, requisiti patrimoniali minimi, informativa al pubblico) la Banca d’Italia ha competenze regolamentari circoscritte entro gli ambiti di discrezionalità, molto limitati, previsti dallo stesso Regolamento per effettuare i necessari raccordi con l’ordinamento e le specificità degli Stati membri. Le condizioni per l’accesso all’attività bancaria, la libertà di stabilimento delle banche nell’Unione e la libera prestazione dei loro servizi, il controllo prudenziale, le riserve patrimoniali addizionali, il governo societario delle banche sono, invece, disciplinati dalla Direttiva 2013/36/UE (c.d. Capital Requirements Directive IV – CRD IV), recepita in Italia con il D.Lgs. n. 72/2015; in questo ambito la competenza regolamentare della Banca d’Italia è più ampia, fermo restando l’obiettivo di raggiungere i risultati fissati dalla Direttiva.

La crescita dei crediti deteriorati nei bilanci bancari e le iniziative di contenimento del rischio dell’attivo (c.d. derisking) avviate dagli intermediari, anche su impulso degli organi di vigilanza, hanno accresciuto, negli ultimi anni, le opportunità di business per le imprese operanti nel mercato della gestione e del recupero di crediti deteriorati o inesigibili (crediti non performing). Ne è conseguito un aumento del numero e dell’ammontare complessivo delle operazioni di cessione/cartolarizzazione dei crediti. In particolare, le operazioni di cartolarizzazione,[1] hanno avuto ad oggetto anche attivi diversi da quelli bancari (crediti commerciali, sanitari, ecc.), concorrendo allo sviluppo di un mercato diversificato che coinvolge molteplici attori sottoposti a diversi regimi regolamentari (gli originators, gli investitori e gli operatori a vario titolo coinvolti nell’attività di recupero). In tale contesto la Banca d’Italia ha intensificato l’azione nei confronti dei soggetti vigilati attivi nell’attività di servicing in operazioni di cessione/cartolarizzazione dei crediti (c.d. servicers), con l’obiettivo di acquisire una visione complessiva e comparata degli operatori, di valutarne l’operatività e l’adeguatezza degli assetti organizzativi, di analizzare il quadro regolamentare vigente.

Per quanto riguarda, in modo specifico, la normativa nazionale italiana, il testo fondamentale delle leggi in materia bancaria e finanziaria è il D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385/1993 e successive modificazioni ed integrazioni, correntemente chiamato Testo Unico Bancario (TUB). In esso vengono raccolte, unitariamente ed organicamente, in un unico testo legislativo, le disposizioni normative che disciplinano la materia bancaria e creditizia. Il TUB, infatti, è una legge di principi e di attribuzione di poteri, che stabilisce le norme fondamentali e definisce le competenze delle autorità creditizie (CICR – Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio, Ministro dell’Economia e delle Finanze e Banca d’Italia).

Con la sentenza del 6 febbraio 2024, n. 3405, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla prova necessaria a dimostrare la sussistenza dei presupposti previsti circa l’avvenuta cessione di crediti “in blocco” nel rispetto di quando disposto dall’art. 58 TUB.

L’art. 58 T.U.B. prende le mosse dall’attribuzione all’Autorità di vigilanza, in relazione alle cessioni di rapporti giuridici “in blocco”, di un ruolo di controllo regolamentare. Il primo comma della norma dispone: “La Banca d’Italia emana istruzioni per la cessione a banche di aziende, di rami d’azienda, di beni e rapporti giuridici in blocco. Le istruzioni possono prevedere che le operazioni di maggiore rilevanza siano sottoposte ad autorizzazione della Banca d’Italia…”.

Una questione di notevole interesse è rappresentata proprio dalla sorte dei rapporti bancari nei casi, ormai molto frequenti, in cui la banca (cedente) trasferisce un rapporto giuridico/credito ad un’altra banca o intermediario finanziario (cessionario) che assume, di conseguenza, la qualifica di nuovo creditore del debitore ceduto. A questo riguardo un aspetto particolarmente importante riguarda gli oneri pubblicitari dell’operazione di cessione che prevedono una serie di adempimenti, quali: la notificazione della cessione mediante pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, l’iscrizione della cessione presso il Registro delle imprese e la conservazione in capo al cessionario, senza bisogno di alcune formalità, dei privilegi e delle garanzie ipotecarie stabilite a favore del cedente.

La normativa speciale prevista dall’art. 58 T.U.B. si sostituisce al regime ordinario civilistico previsto dagli articoli 1260 e 1264 c.c.

La disciplina generale dettata dal Codice civile sulla cessione del credito è volta a regolamentare le vicende concernenti il singolo rapporto creditizio, incentrando il meccanismo sul necessario coinvolgimento del debitore ceduto per metterlo in condizione di conoscere e di essere, pertanto, assoggettato all’obbligo di adempiere al proprio debito nei confronti del nuovo creditore. Il tutto si basa sulla necessità di rispettare le corrette formalità al fine di “trasferire” le garanzie che assistevano il credito. Questa disciplina sarebbe impraticabile nelle ipotesi in cui vengono ceduti “in blocco” i crediti; da qui le necessarie deroghe previste dalla normativa speciale.

Le modifiche normative apportate all’art. 58 T.U.B. nel tempo, ne hanno esteso l’ambito di applicazione ai trasferimenti in favore di banche e soggetti diversi dalle stesse, ma sempre soggetti sottoposti a vigilanza consolidata, ai sensi degli artt. 65 e 109 T.U.B. e degli intermediari finanziari di cui all’art. 106 T.U.B., così realizzando la parità di trattamento tra gli enti creditizi e gli altri intermediari. Di conseguenza, la norma si applica alle cessioni a favore di intermediari comunque sottoposti ad un ordinamento di vigilanza prudenziale equivalente a quello delle banche, al fine di perseguire obiettivi di stabilità finanziaria e di salvaguardia della sana e prudente gestione. Attività di vigilanza governata dal principio di proporzionalità così da tener conto della complessità operativa, dimensionale ed organizzativa degli operatori nonché della natura dell’attività svolta. Per il credito cartolarizzato, pertanto, la società che si occupa del recupero può essere esclusivamente una società di vigilanza (a pena di carenza di legittimazione ad agire) ed iscritta all’albo ex art. 106 T.U.B. e previa indicazione del suo incarico nell’avviso di cessione pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Nel caso di cessione di rapporti bancari, diviene importante verificare la posizione del cliente dopo che la banca ha ceduto il proprio credito ad un altro soggetto. Innanzitutto, il ceduto/debitore potrà proporre al nuovo creditore una soluzione a saldo e stralcio della posizione più proficua rispetto a quella che avrebbe potuto proporre al cedente. Il cessionario, infatti, avendo pagato un prezzo inferiore al valore nominale del credito ceduto, sarà più propenso a valutare delle ipotesi transattive maggiormente convenienti per il ceduto.

E’ importante considerare, inoltre, come in molti casi il ceduto possa non venire a conoscenza della cessione stessa (spesso riceve tale informazione solo a seguito del sollecito di pagamento di quanto dovuto inviato dal nuovo creditore o in sede di richieste di nuovi finanziamenti).

La giurisprudenza di legittimità e di merito si è più volte pronunciata sul tema della cessione dei crediti in blocco analizzando tale operazione sotto diversi aspetti nell’interesse primario di tutelare il debitore ceduto che costituisce la parte “più debole” di operazioni che possono anche essere molteplici.

La Corte di Cassazione con l’ordinanza del 6 febbraio 2024, n. 3405, in commento, ha affermato, ancora una volta, che la cessione di crediti in blocco va provata attraverso la produzione del contratto di cessione, non ritenendo sufficiente l’estratto dell’avviso di cessione pubblicato in Gazzetta Ufficiale ex art. 58 T.U.B. La società che si afferma successore della parte originaria ed assuma, pertanto, di essere cessionaria di crediti bancari in blocco è onerata dal fornire la prova della propria legittimazione: la cessione del credito, in particolare, opera una successione nel lato attivo dell’obbligazione e trova la propria disciplina generale nell’art. 1260 c.c., ai sensi del quale il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il proprio credito, anche senza il consenso del debitore.

In caso di cessione “in blocco” di crediti, a norma dell’art. 58 T.U.B., “…la banca cessionaria dà notizia dell’avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana …”. Tale norma, introducendo una disciplina speciale e derogatoria rispetto a quella ordinaria di cui all’art. 1264 c.c., si pone nell’ottica di agevolare la pubblicità e l’opponibilità di trasferimenti di portafogli di crediti, in modo tale che la pubblicazione dell’atto di cessione, ponendosi sullo stesso piano degli oneri prescritti dalla normativa codicistica per la notificazione dell’atto al debitore ceduto, ne realizzi di fatto il medesimo effetto di pubblicità. Nell’ipotesi di cessione di azienda bancaria o di cessione di crediti oggetto di cartolarizzazione, pertanto, la pubblicazione dell’atto di cessione sulla Gazzetta Ufficiale sostituisce ad ogni effetto la notificazione dell’atto, con la conseguenza che, mentre secondo la disciplina ex art. 1264 c.c. è sufficiente che il cessionario provi l’avvenuta notificazione della cessione ovvero l’accettazione da parte del debitore, la disciplina speciale richiede semplicemente la prova che la cessione sia pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, oltre all’iscrizione nel Registro delle imprese.

In base alla disciplina speciale prevista dall’art. 58 T.U.B., la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’avvenuta cessione esonera la cessionaria dalla notificazione al debitore ceduto, ma non fornisce la prova dell’esistenza della cessione stessa in quanto una cosa è l’avviso della cessione, un’altra è la prova della sua esistenza e del suo specifico contenuto. Allegare la copia dell’estratto della pubblicazione in G.U., pertanto, non è da solo sufficiente a provare l’avvenuta cessione di quello specifico credito, soprattutto, in tutti quei casi in cui tale avviso pretenda di individuare il contenuto del contratto di cessione in blocco mediante riferimento a criteri eccessivamente generici e non individualizzanti.

Non bisogna confondere, infatti, il requisito della notificazione della cessione al debitore ceduto, necessario ai fini dell’efficacia della cessione stessa nei confronti di quest’ultimo e dell’esclusione del carattere liberatorio dell’eventuale pagamento dal medesimo effettuato in favore del cedente, con la prova dell’effettiva avvenuta stipulazione del contratto di cessione e, quindi, dell’effettivo trasferimento della titolarità di quel credito; prova necessaria per dimostrare l’effettiva legittimazione sostanziale ad esigerlo da parte del preteso cessionario, laddove tale qualità sia contestata dal debitore ceduto.

Va rilevato che, i criteri di volta in volta previsti nell’ambito delle singole cessioni per l’individuazione specifica dei crediti ceduti nonché gli automatismi garantisti previsti dall’art. 58 T.U.B. per l’attuazione delle cessioni medesime, restano spesso e volentieri soggetti a possibili contestazioni giudiziali da parte dei debitori ceduti, suscettibili di accollare in via naturale, in capo ai creditori cessionari, l’onere della prova della cessione del credito nonché dell’inclusione dello stesso nell’operazione di cessione contestata nel caso di specie. A fronte delle possibili difficoltà di reperire una prova documentale storica, la giurisprudenza di legittimità e di merito è sempre di più orientata a pronunciarsi a favore del debitore ceduto destinatario di richieste ad adempiere formulate da soggetti privi di titolarità e/o legittimazione del rapporto di credito (Cass. 22/06/2023, n. 17944; Cass. 16/04/2021, n. 10200).

La Corte di Cassazione con la ordinanza in commento, in continuità con la propria giurisprudenza, ribadisce che la cessione dei crediti bancari in blocco deve essere provata attraverso la produzione del contratto di cessione.

In tema di cessione di crediti in blocco, infatti, ove il debitore ceduto contesti l’esistenza dei contratti, ai fini della relativa prova non è sufficiente quella della notificazione della detta cessione, neppure se avvenuta mediante avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale dovendo il giudice procedere ad un accertamento complessivo delle risultanze di fatto, nell’ambito del quale la citata notificazione può rivestire un valore indiziario, specialmente allorquando sia avvenuta su iniziativa della parte cedente. L’unico effetto della pubblicazione dell’avviso in G.U. è quello di esentare il cessionario dalla notifica della cessione al debitore ceduto, ma non fornisce la prova dell’avvenuta cessione che invece richiede che l’avviso contenga tutti gli elementi necessari ad identificare con precisione il credito ceduto in modo tale da poter affermare con certezza la sua inclusione nell’operazione di cessione (Cass. 20/07/2023, n. 21821).

Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione, che ha visto contrapposti il debitore ceduto a Credit Agricole Italia S.p.A. e Orties 21 S.p.A. la cessionaria, pur dando atto di aver stipulato ben tre contratti di cessione di crediti, si è limitata a produrre l’avviso relativo alle operazioni di cessione pubblicato in Gazzetta Ufficiale, per cui la Corte di Cassazione ha ritenuto che non avesse fornito prova idonea dell’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione e, di conseguenza, non avesse fornito la prova della sua legittimazione sostanziale.

Ne è conseguita, pertanto, la carenza di legittimazione passiva, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento.

 

Avv. Teresa Aloi,  Foro di Catanzaro

Avv. Jlenia Giuseppina Baldari,  Foro di Locri

 

[1] La cartolarizzazione dei crediti è stata disciplinata anche in ambito europeo: Il Regolamento (UE) 2017/2402 (Securitisation Regolation), entrato in vigore il 1 gennaio 2019 e successivamente modificato dal Regolamento (UE)  2021/557 del 31 marzo 2021, ha infatti, delineato un unico quadro regolamentare in materia di cartolarizzazione, applicabile uniformemente in tutti i Paesi membri.