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AVV. ANTONELLA ROBERTI

NEWS DI GENNAIO 2024

 

NEWS DALL'UE SULL'AMBIENTE

A cura di Federica De Rose, Redazione Foroeuropa

 

LA DISSALAZIONE A FLUSSO REDOX (RFD): UNA TECNICA A BASSO IMPATTO AMBIENTALE PER RENDERE POTABILE L’ACQUA DI MARE, SFRUTTANDO IN MODO EFFICIENTE LE FONTI RINNOVABILI.

La dissalazione a flusso redox (RFD) è una tecnica elettrochimica sviluppata da un team di ricercatori della Tandon School of Engineering della New York University, per trasformare l’acqua di mare in acqua potabile, sfruttando in modo efficiente fonti rinnovabili intermittenti come il sole e il vento; "funziona dividendo l’acqua di mare in entrata in due flussi, il flusso salinante e quello desalinizzante. Accanto a questi, due canali aggiuntivi contengono l’elettrolita e la molecola redox. Il sistema utilizza una membrana a scambio cationico o una membrana a scambio anionico per una separazione efficace. In questa configurazione, gli ioni e gli elettroni si muovono attraverso i canali, risultando in un flusso di acqua dolce e un flusso di salamoia concentrata. Il sistema RFD può funzionare al contrario, riconvertendo l’energia chimica immagazzinata in elettricità rinnovabile. Questa caratteristica unica gli consente di funzionare come una sorta di “batteria”, catturando e rilasciando energia secondo necessità."

Questa sinergia tra lo stoccaggio dell’energia e la desalinizzazione a basso impatto ambientale richiede prezzi sostenibili e in futuro aiuterebbe il processo di indipendenza dalle reti elettriche tradizionali.

fonte: rinnovabili

 

AGRICOLTURA UE: LE POLITICHE ATTUALI NON INCORAGGIANO GLI AGRICOLTORI A RAGGIUNGERE GLI OBIETTIVI CLIMATICI.

Secondo l’ESABCC, Comitato scientifico consultivo europeo sui cambiamenti climatici, la Politica Agricola Comune (PAC) dell’UE (il programma di sussidi all’agricoltura) non è sufficiente per raggiungere gli obiettivi climatici, che attualmente sono ridurre le emissioni di gas serra del 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030 e a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

Gli esperti (in particolare Jette Bredahl Jacobsen, vicepresidente ESABCC) sostengono che:

- "Gli agricoltori e i gestori del territorio devono essere incoraggiati con più forza a ridurre le emissioni…, questo potrebbe essere ottenuto fissando un prezzo sulle emissioni e premiando le rimozioni".

- Il settore "è rimasto sostanzialmente invariato dal 2005", con due terzi provenienti dalla produzione animale; propongono di introdurre un sistema di tariffazione del carbonio "al più tardi entro il 2031".

- La PAC "si basa principalmente su sforzi volontari, che difficilmente saranno efficaci".

Il programma dei sussidi previsto offre agli Stati membri "pochi incentivi ad essere ambiziosi"; la PAC infatti è "prevenuta a favore delle aziende agricole più grandi", grazie anche ai pagamenti diretti, corrisposti agli agricoltori in base alla superficie agricola. 

fonte: euractiv.it

 

SECONDO IL PARLAMENTO UE L' ENERGIA GEOTERMICA HA BISOGNO DI UNA STRATEGIA PIÙ DECISA, A PARTIRE DALLA MAPPATURA DELLE RISORSE GEOTERMICHE IN TUTTA L’UE.

Recentemente dal Parlamento europeo sono state evidenziate le debolezze delle normative nazionali riguardo l'energia geotermica, che insieme ai lunghi processi di autorizzazione, stanno rallentando la diffusione in Europa di questa importante fonte di energia.                                                                         

I legislatori chiedono una strategia europea (come avviene già in Francia, Polonia e Irlanda), che richieda, per esempio, la mappatura delle risorse geotermiche in tutta l’UE, la quale garantirebbe che tutti i dati sul sottosuolo siano raccolti in un unico luogo e resi accessibili al pubblico.

Secondo la relazione del deputato polacco Zdzisław Krasnodębski  per il gruppo nazionalista dei Conservatori e riformisti (ECR), occorre istituire un’alleanza industriale sull’energia geotermica e  introdurre un sistema assicurativo per il rischio finanziario del settore: "…Questi rischi per le risorse del sottosuolo e i costi finanziari associati rappresentano uno dei maggiori ostacoli per gli sviluppatori di progetti geotermici…Le politiche governative che riducono i rischi sono quindi cruciali per incentivare gli investimenti finanziari del settore privato".

Sempre dal rapporto:" L’energia geotermica è vitale non solo per la transizione energetica, ma per una transizione giusta…il potenziale dello sviluppo geotermico, utilizzando le infrastrutture precedentemente utilizzate dall’industria degli idrocarburi, non è ancora pienamente sfruttato dagli Stati membri".

fonte: euractiv.it

 

PIANO ENERGIA E CLIMA (PNIEC): DOPO LA COMMISSIONE UE, ANCHE L'OCSE BOCCIA LE "POLITICHE NON SUFFICIENTI" DEL GOVERNO MELONI.

Già la Commissione aveva bocciato il Piano integrato energia e clima (Pniec) proposto dal Governo Meloni; oggi anche l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), riferendosi al nostro Paese, ha definito "le politiche attualmente applicate non sufficienti" ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, per cui l’Italia dovrebbe ridurre l’intensità delle emissioni in rapporto al Pil "a un ritmo più che quintuplicato".

Inoltre l'Italia dovrebbe:

- "sancire per legge l’obiettivo di neutralità carbonica di tutti i settori della sua economia entro il 2050, ispirandosi all’esempio di altri grandi Paesi dell’Ue";

- approvare una legge sul clima, come già richiesto da diverse associazioni ambientaliste nazionali, ad oggi ignorate;

-"ridurre l’intensità delle sue emissioni in rapporto al Pil a un ritmo più che quintuplicato rispetto a quello rilevato nel periodo 2014-2021";

- "compiere ulteriori sforzi", velocizzando per esempio gli iter autorizzativi per i nuovi impianti rinnovabili, cresciuti nell’ultimo anno solo a 5,7 GW; secondo l'Ocse, per esempio, anche i progetti valutati (dalla Via) positivamente "spesso non vengono comunque autorizzati"; vengono infatti bloccati dalle amministrazioni locali con motivazioni legate spesso alla tutela del paesaggio, nonostante sia stata emessa una Via positiva. In questo senso, per l’Ocse, "il supporto delle comunità locali è di fondamentale importanza per garantire l’autorizzazione dei progetti in materia di energia rinnovabile. Al tal fine, è necessario che le comunità siano coinvolte tempestivamente attraverso adeguate campagne di informazione e possano beneficiare di una compartecipazione finanziaria negli impianti di energia rinnovabile, ad esempio attraverso la condivisione degli introiti o la riduzione dei prezzi dell’elettricità per i Comuni che ospitano gli impianti alimentati da fonti rinnovabili".

Per raggiungere gli obiettivi 2030 perseguiti dall’Italia in materia di energia ed emissioni, si "stima un fabbisogno totale di investimenti pubblici e privati pari a circa il 5% del Pil su base annuale da oggi al 2030".

fonte: greenreport.it

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IL 77% DEI RIFIUTI DI PLASTICA NEL MEDITERRANEO SOSTANO SUI FONDALI ITALIANI: L'ITALIA TENTA IL RIMEDIO STANZIANDO 2 MILIONI PER IL RECUPERO DELLA PLASTICA.

Da un recente studio condotto da ISPRA insieme a Fondazione Sviluppo Sostenibile e Nauta srl è emerso che circa l’87% dei rifiuti italiani è composto da plastica ed è legato alle attività di produzione e consumo degli alimenti; nonostante sia vietata dal 2022, la plastica monouso rappresenta gran parte dei rifiuti analizzati.

Da pochissimo, finalmente, la Corte dei Conti ha deliberato il programma sperimentale di raccolta previsto dalla legge Salva Mare del 2022, che prevede l'impegno di tre anni da parte delle autorità di bacino ad attivarsi con interventi strutturali direttamente sui corsi d’acqua, nella la cattura e nella rimozione e gestione dei rifiuti nei fiumi. Saranno tenute ad attuare anche campagne di sensibilizzazione sul tema; Vannia Gava, viceministra all’Ambiente: "Interveniamo fattivamente a salvaguardia dei nostri mari e dei nostri fiumi sempre più esposti al pericolo dell’inquinamento antropico. Lo facciamo operativamente e sotto il profilo culturale, che consideriamo architrave per gli obiettivi di economia circolare e di sostenibilità".

fonte:rinnovabili

 

NORMATIVE SULLA GESTIONE DEL PERCOLATO: LA COMMISSIONE UE RIMANDA ALLA CORTE DI GIUSTIZIA LE RISPOSTE DEFINITIVE.

Attualmente non esiste un divieto esplicito da parte della  Direttiva europea circa la gestione del biogas (prodotto naturalmente dalla biodegradazione dei rifiuti organici) e del percolato (il liquido che si origina dall’acqua piovana che filtra attraverso la discarica e dalla decomposizione delle componenti organiche dei rifiuti stessi); la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti definisce solo il percolato, come "qualsiasi liquido che coli attraverso i rifiuti depositati e sia emesso da una discarica o contenuto all’interno di essa".

Anche il Ministero dell’Ambiente ha bisogno di chiarezza e ha chiesto alla Commissione chiarimenti sulla gestione del percolato (detto anche "colaticcio") delle discariche, anche perché la mancanza di chiarezza di norme, spesso ha avuto conseguenze giudiziarie, non solo nel nostro Paese, ma in tutta l'Ue.

Ovviamente esistono regole europee che i gestori devono seguire per limitare la quantità di acqua piovana che penetra nel corpo della discarica e sono tenuti anche a  raccogliere e trattare le acque e il percolato contaminati; infatti, secondo la Commissione: "Il volume del colaticcio va misurato su base mensile durante la fase operativa della discarica e su base semestrale dopo la sua chiusura. Similmente, la composizione del colaticcio deve essere monitorata su base trimestrale durante il funzionamento e ogni sei mesi dopo la chiusura della discarica".

Riguardo invece alle richieste più specifiche del Ministero dell'ambiente italiano (e sicuramente di altri Paesi Ue), la Commissione Ue sottolinea (solo) che  "la composizione del percolato e il comportamento di assestamento del livello del corpo della discarica vanno debitamente controllati sia in fase di esercizio, sia post mortem."

Inoltre chiede alle Autorità competenti italiane (spesso sono le Regioni) che: "…tramite l’autorizzazione della discarica, …il percolato, se reintrodotto nel corpo della discarica, venga preventivamente trattato per filtrare, come minimo, metalli pesanti, sali e azoto".

fonte:greenreport

 

LE CONTINUE ED ENORMI EMISSIONI PRODOTTE DALLE ATTIVITÀ DEGLI ESSERI UMANI FANNO AUMENTARE DELL’ACIDITÀ DEGLI OCEANI; ORA COINVOLTE ANCHE LE ACQUE DELL’ANTARTIDE.

"L’acidificazione è il fenomeno che descrive il continuo aumento dell’acidità degli oceani dovuto all’assorbimento di anidride carbonica, la cui presenza si sta intensificando a causa delle sempre maggiori emissioni prodotte dalle attività degli esseri umani. Negli ultimi 200 anni, circa il 30 percento delle emissioni totali sono state assorbite dall’oceano, e oggi, l’acqua del mare ne assorbe annualmente il 25 percento" (da: euronews)

Da una recente ricerca dell’Università del Colorado Boulder pubblicata su Nature Communications è emerso che entro il 2100 potrebbe raddoppiare l’acidità delle acque costiere dell’Antartide, minacciando balene, pinguini e centinaia di altre specie che popolano l’Oceano Antartico.

I ricercatori hanno simulato il futuro cambiamento dell’acqua dell’Oceano Antartico nel 21° secolo e hanno scoperto che l'acqua diventerà molto più acida se non riusciremo a ridurre le emissioni; Nicole Lovenduski, coautrice dello studio: "I risultati sono fondamentali per la nostra comprensione della futura evoluzione della salute dell’ecosistema marino…Non si tratta solo dello strato superiore dell’oceano. L’intera colonna d’acqua dell’Oceano Antartico costiero, anche sul fondo, potrebbe subire una grave acidificazione".

Lo scenario simulato dal team ha coinvolto anche le condizioni di specifiche aree marine protette (AMP) dell’Antartide, dove sono limitate le attività umane, come la pesca;  uno scenario simulato ha visto come soggetto la regione del Mare di Ross (la più grande AMP del mondo al largo della punta settentrionale dell’Antartide): a causa delle emissioni massime simulate, l’acidità media dell’acqua aumenterebbe del 104% rispetto agli anni ’90;  in un altro scenario di emissioni intermedie l’acqua diventerebbe comunque il 43% più acida.

Ricordiamo che la crescita del fitoplancton, che costituisce la base della catena alimentare marina, viene rallentata quando l’acqua diventa troppo acida; inoltre questo fenomeno indebolisce i gusci di organismi come le lumache di mare e i ricci di mare, mettendo a rischio la catena alimentare e di conseguenza la vita di predatori come balene e pinguini.

fonte: geagency