A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

PROCESSO PENALE: INTELLIGENZA ARTIFICIALE, DIGITILIZZAZIONE (DIGITAL EVIDENCE), DIRITTI E  PROVE NELL’ACCERTAMENTO PENALE

Autore: Prof. Avv. Carlo Morselli

 

Sommario: 1. Intelligenza artificiale - 2. Incidenza delle nuove tecnologie nei meccanismi (probatori) della giustizia penale - 3. L’era del digitale e la “giustizia penale predittiva“ (pure quando rende ingiustificato l’impiego di A.I). Deposito telematico per “smaterializzare“ il fascicolo - 4.Digital evidence. I crimini. Le cautele nelle perquisizioni. Prova e area probatoria. 5. Digital evidence (conclusivamente) e prova informatica (anche forense).

 

1. Intelligenza artificiale

Il primo limite che incontra la c.d. intelligenza artificiale, il suo impiego (un sistema programmato e pianificato di calcolo in grado di sottoporre ad analisi dati e culminante, lo scrutinio, in decisioni, ad imitazione di quelle assunte in via giurisdizionale, così emulate[1]), è l’etica[2]. Il presente approccio è giustificato dal rilievo che una delimitazione della latitudine dell’istituto contribuisce alla compiutezza della sua ricostruzione e, in definitiva, alla sua identità.

Nell'aprile del 2019 l’Unione Europea ha allestito il suo codice etico, sull’uso e lo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale.

Il documento  è stato predisposto da un gruppo di 52 esperti, anche giuristi, ponendo al centro l’uomo ed esigendo che l’intelligenza artificiale sia organizzata al servizio e a beneficio del bene comune per garantire  benessere e  libertà.

Lo stesso gruppo ha identificato il fondamento giuridico del codice nei Trattati UE, nella Carta dei Diritti e nella legge internazionale dei Diritti Umani, individuando diritti inderogabili (dignità dell’uomo, libertà individuale, democrazia, giustizia).

In sede applicativa, la giurisprudenza del 2023 della Cassazione adita ha ricevuto questo devolutum: può essere protetta l’opera creata da A.I., e quindi può un’immagine generata da un software essere attribuibile ad una idea creativa della sua utilizzatrice e, quindi, essere tutelata quale opera dell’ingegno? (e poco dopo, sull’Intelligenza Artificiale, interviene un provvedimento della Corte Superiore di Giustizia di Lima Sud)[3].

 

2. Incidenza delle nuove tecnologie nei meccanismi (probatori) della giustizia penale.

Registriamo una incidenza delle nuove tecnologie sul telaio della macchina penale della giustizia, e l’“adeguamento“, per quanto lento,  è già iniziato[4]. Questo processo innovativo, attraversa una linea con due estremi: l’esigenza di “modernizzazione“ - come suole denominarsi - e quella del rispetto delle garanzie dei soggetti coinvolti a vario titolo  nelle vicende giudiziarie, e che devono essere attentamente preservate.

Si è scritto, al riguardo, che «La questione pone un interrogativo di fondo: quanto in là può spingersi la macchina della giustizia per accertare la verità processuale? L’ausilio delle nuove tecnologie contribuisce a rafforzare la soglia di certezza…ciò, tuttavia, non può tradursi in una indiscriminata invasione nella sfera personale del singolo nell’ottica del risultato»[5]

Si tratta di un passaggio, per quanto collocato in esordio, che ha un carattere evocativo, nei termini descritti da Franco Cordero: «Introspezione. Così è definibile l’affare inquisitorio. Ovvia l’idea e perverso lo sviluppo: colpevole o no, l’imputato sa cose importanti; se ogni memoria trasparisse, il caso sarebbe infallibilmente risolto. Bisogna che l’analista gli entri in testa, da ogni possibile spiraglio»[6].

L’autorevole asserto lo poniamo all’orizzonte del nostro lavoro, ma il richiamo vuole avere una denotazione negativa, per quanto esclude. Al riguardo uno sbarramento ante litteram è dato dall’art.188 c.p.p.: 1. Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interessata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti (642, 499)[7]. Esemplificativamente: la narcoanalisi, l'ipnosi o i lie detector (i c.d. sieri della verità).

I concetti che precedono, in successione, richiedono di essere fissati, brevemente, e riordinati sinteticamente calandoli nelle tavole del processo penale: a) le neotecnologie, espressione del progresso della scienza, nascono e devono essere mantenute al pari (e ad un livello, o sub-livello) di un sapere esclusivamente  ausiliario rispetto all’intelligenza dell’uomo delle quali ne è l’artefice, senza averne carattere sostitutivo e piuttosto dallo stesso devono essere organizzate e governate nell’ambito di appartenenza; b) questo carattere identitario è però insufficiente se vuole essere assorbente, essendo necessario segnare espressamente una fondamentale demarcazione: a quel postulato si affianca una derivata la quale assevera che la dimensione dei singoli soggetti che potrebbero fare esperienza dell’avanzamento tecnologico (o semplicemente avere un contatto occasionale: come se fossero chiamati a “collaborare“ con la ricerca investigativa, ignorandosi però a che titolo giuridico) non può essere coinvolta, come una necessità immanente, al punto di essere travolta nei valori che rappresenta e simboleggia, giustificandosi tale “massività“ nel passaggio dalla fonte alla foce (del risultato finale della ricerca processuale); 3) si tratta di due identità, inversamente proporzionali: quando il portato tecnico si rivela massiccio ed anche  “invadente“, il serio rischio è la “dematerializzazione“ dell’identità c.d. valoriale dell’uomo (imputato/non imputato, il secondo entrato genericamente nel “nastro“ del processo, pure occasionalmente), divenuto soggetto passivo e solo strumento della (di cui si avvale la) neotecnologia, comunque denominabile, che punta esclusivamente allo sbocco terminativo dell’inventio della repertazione probatoria di cui si “serve“ il (convincimento del giudice e la generale giurisdizione penale); in quel caso, l’affermazione del “trionfo“ della scienza avrà avuto un doppio costo: la deminutio del soggetto in posizione di soggezione, al servizio del “bene superiore“ della giustizia penale e del suo accertamento probatorio delle responsabilità per il fatto di reato formulato dalla pubblica accusa, e quando «il processo è macchina introspettiva», universo onnivoro come per «le perversioni inquisitorie» incline al «denudamento psichico operato da fuori»[8].

Su altro piano, di minore incidenza per quanto riguarda il modus procedendi dell’organizzazione del procedimento penale, si pone il c.d. deposito telematico, dibattendosi sulla «questione del deposito degli atti difensivi attraverso il portale del processo penale telematico, una sorte di gigantesca piattaforma di interscambio digitale degli atti del processo» con un obiettivo di risultato: pervenire alla “demateralizzazione“ dell’integrale corpo del fascicolo[9].

 

3. L’era del digitale e la “giustizia penale predittiva“ (pure quando rende ingiustificato l’impiego di A.I). Deposito telematico per “smaterializzare“ il fascicolo.

Siamo nell’era del digitale, il quale ha segnato un’epoca, al pari delle telefonia mobile e dell’impiego degli smartphone[10], oramai inseparabili compagni di viaggio dell’uomo, nel bene e nel male.

Il digitale è dilagante, occupa ogni tratto del nostro quotidiano e non può essere collocato in un cono d’ombra o schernito. Non regolamentarlo significherebbe cadere nel buio dell’anomia[11].

Il nostro comportamento, così, deve essere adeguato, commisurato, a protezione della giurisdizione. Bisognerebbe (non essere agnostici e) avere e conservare la capacità di essere predittivi, proiettando la realtà presente per  cogliere i probabili scenari, ponendo così le condizioni preventive per fare delle scelte (di desistenza o meno): se potessimo avere cognizione dei terremoti (della localizzazione), potremmo evitarli o ridurne in rilevante misura le conseguenze.

Il rischio è quello della “dittatura” della digital evidence, quando si parlerà delle fonti di prova digitali e si attesterà il primato del calcolo.

Si è prospettato in dottrina «lo scenario distopico delle justice machines  ormai alle porte, bon gré mal gré, come dimostra il riemergere – non solo nel dibattito nordamericano – di paradigmi che anelano ad sorta di just desert model  affidato a una futuristica “macchina per sillogismi” (Subsumptionsautomat) che l’intelligenza artificiale e il dilagare degli algoritmi rendono sempre meno remota: paradigmi che, oltre la “calcolabilità del diritto”, prospettano, in filigrana, l’ideale di una “giustizia esatta” che non lascerà più spazio ad arbitri o episodi di “breackfast sentencing”, né ad emozioni o aspettative deluse»[12].

Così, pure, la “predizione“ diventa una classe eponima, calata nella giustizia che così la denomina: “giustizia predittiva“ che riferita al settore penale diventa “giustizia penale predittiva“[13], di cui però non è difficile coglierne i limiti autenticamente applicativi, in taluni casi trattandosi di un duplicato delle cc.dd. massime di esperienza, già largamente in uso nel campo penale (estendendole per pianificare un tavolo di prevenzione di scenari delittuosi[14], e ciò da parte delle forze dell’ordine), o dei precedenti giurisprudenziali che creano le linee tendenziali degli indirizzi interpretativi. Ma nel terreno investigativo l’impiego dell’intelligenza artificiale, pur dotandola di dati e materia,  si dimostrerebbe del tutto inadeguata per intraprendere ordinatamente e portare avanti utilmente una inchiesta preliminare e fornirne un impianto operativo rigoroso ed efficiente delle indagini penali. Lo sbocco sarebbe solo quello di tracciare linee generali e già affette da un coefficiente di astrattismo, frutto di un “calcolo a tavolino“ che non considera le variabili che tipizzano un caso. In questo ordine di idee, incardinare e sviluppare le indagini penali (che devono essere coordinate, per disposizione di legge) per un primo “accertamento“ fattuale (affidato al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria, ai sensi degli artt. 55 e 327 c.p.p.)  è in parte  happening, ciò che sfugge all’elaborazione del calcolo dell’intelligenza artificiale, residuando quale ausilio alle investigazioni.

Anche “massimizzare“ i dati disponibili è una operazione che valica e travolge le barriere della c.d. privacy  e che ha molte difficoltà a farsi strada, correttamente.

Quindi, in diversi casi il ricorso all’A I. appare obiettivamente ingiustificato, le risorse degli operatori e dei magistrati essendo già appaganti e - si badi - al riparo da distorsioni applicative[15].

Si aggiunga, sempre a proposito dell’impiego dell’intelligenza artificiale in direzione “predittiva” nel processo penale, che la Commissione Europea per l’Efficacia della Giustizia (CEPEJ) del Consiglio d’Europa, nel 2018, ha emanato la “Carta etica europea per l’uso dell’intelligenza artificiale nei sistemi di giustizia penale e nei relativi ambienti”[16].

In ogni caso, in Italia non potrebbe trovare cittadinanza una decisione giudiziaria resa su piattaforma automatizzata in linea predittiva (vi osta, altresì, l’art. 220, comma 2, c.p.p.[17]), preclusa dall’art. 22, comma 1, del Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, n. 679 (GDPR)[18]. Sarebbe inaccettabile affidare al calcolo delle macchine il vaglio della personalità dell’imputato (stabilendo equazioni e disequazioni).

 

4. Digital evidence. I crimini. Le cautele nelle perquisizioni. Prova e area probatoria.

In un importante passaggio - sempre centrato sul bisogno si sottoporre a regolamentazione l’imponenza dell’avvento del progresso tecnologico - sul riconoscimento della transnazionalità dei cyber crimes[19], si allestisce una rete regolativa. Le tessere del mosaico sono riconoscibili nella  L. 23 dicembre 1993 n. 547, nella Convenzione di Budapest del 23 novembre 2001, ratificata con L. 18 marzo 2008 n. 48, nel  secondo protocollo addizionale alla Convenzione del 2 febbraio 2021 in tema di subcriber data, nella L. 23 dicembre 2021 n. 238 (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea) in vigore dal 1° febbraio 2022. Sono le “sfide“ aperte della tecnologia avanzata e il tentativo normativo di farvi fronte[20].

Anche con presidi penalmente sanzionati. Ipotesi di reato sono quelli sulla “Pornografia minorile“ ai sensi dell’art.600 ter c.p. attuabile «con qualsiasi mezzo, anche per via telematica» (comma 2), sulla “Detenzione o accesso a materiale pornografico“ [Rubrica così sostituita dall’art. 20, comma 1, lett. a), n. 2), L. 23 dicembre 2021, n. 238, a decorrere dal 1° febbraio 2022. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: “Detenzione di materiale pornografico“], «mediante l'utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione» ex  art. 600 quater c.p.  al comma 3, su “Adescamento di minorenni“ previsto all’art. 609 undecies c.p. e che può consumarsi con atti «posti in essere anche mediante l'utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione» (comma 1, II per.), su “Atti persecutori“ puniti dall’art. 612-bis c.p. e «la pena è aumentata…se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici» al comma 2, sulla “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti“ di cui all’art. 612-ter c.p. ed anche in questo caso, al comma 3, la pena è elevata se si ricorre a «strumenti informatici o telematici», ex art. 615-ter c.p. su “Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico“ che al primo comma detta: «Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni»[21].

D’altra parte il Codice di procedura penale all’art. 247 (Casi e forme delle perquisizioni) detta il comma 1-bis. Quando vi è fondato motivo di ritenere che dati, informazioni, programmi informatici o tracce comunque pertinenti al reato si trovino in un sistema informatico o telematico, ancorché protetto da misure di sicurezza, ne è disposta la perquisizione, adottando misure tecniche dirette ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l’alterazione (Comma inserito dall’art 8, comma 2, della L 18 marzo 2008, n. 48). Siffatto articolo prescrive due doveri ispirati a cautela: 1) la conservazione dei dati autentici e 2) l’impiego di tecnologie dirette ad impedire l’alterazione (o contaminazione) dei dati stessi[22].

In tema, in ordine alla perquisizione informatica disciplinata dall’art. 247, co. 1-bis c.p.p., si è segnalato, opportunamente ed utilmente (da parte di un magistrato), che «i dati in questione sono all’occorrenza variegati. Essi non sono soltanto i bit strutturati in file o metafile, così da formare un autonomo documento allocato in un preciso folder (storage) a disposizione dell’utente, bensì anche i pacchetti di dati de-strutturati che attengono ai processi eseguiti dalla macchina, alla navigazione ed alla connettività…la loro analisi e aggregazione consente di ristrutturare l’azione eseguita con il device restituendo un quadro preciso dell’agire umano oggetto di indagine»[23].

 

5. Digital evidence (conclusivamente) e prova informatica (anche forense).

La formula sincopata Digital evidence (presta in prestito dalla disciplina statunitense, quale  “prova digitale”, assimilata alla prova scientifica - il cui genus è la conoscenza giudiziaria - intesa come «mezzo probatorio nel quale s’impiega uno strumento di prova scientifico tecnico nuovo o controverso e di elevata specializzazione»[24]: ma tra la prima e la seconda corrono differenze[25]) è espressione dell’insiemistica degli strumenti investigativi e dimostrativi che traggono origine  dalla rivoluzione informatica: «L’oggetto di prova (o di indagine), difatti, è indissolubilmente legato al mondo virtuale, non potrebbe esistere senza di esso, dal quale è stato generato e nel quale trova ospitalità. Si tratta, peraltro, della prima area probatoria in assoluto nata e consolidatasi in un ambito sovranazionale: è la stessa impalpabilità della digital evidence, insieme all’assenza di coordinate spaziali – il suo formarsi in un “non-luogo” qual è il cyberspazio  – che contraddistingue il dato digitale ad aver imposto ab initio tale evoluzione»[26].

Siamo ad una distanza ravvicinata dall’osmosi, dall’ibridazione tra le scienze informatiche e telematiche e l’esperienza del  processo penale, in grado di incidere sul c.d. fatto di reato, di plasmare e reimpostare le regiudicande.

Siffatto intreccio “genera“ nuovi mezzi investigativi e di nuovi modelli  di prove, per  la ricerca  di «elementi di prova tra i dati contenuti in sistemi informatici o telematici»[27].

In giurisprudenza si è osservato che «la legge 23 dicembre 1993,n. 547, che ha introdotto nel codice penale i cosiddetti computer crimes, non definisce il sistema informatico, oggetto della sua tutela, dandone per presupposta la nozione. Sulla base del dato testuale pare, comunque, che si debba ritenere che l'espressione “sistema informatico“ contenga in sé il concetto di una pluralità di apparecchiature destinate a compiere una qualsiasi funzione utile all'uomo, attraverso l'utilizzazione (anche in parte) di tecnologie informatiche. Queste ultime, come si è rilevato in dottrina, sono caratterizzate dalla registrazione (o "memorizzazione"), per mezzo di impulsi elettronici, su supporti adeguati, di dati, cioè di rappresentazioni elementari di un fatto, effettuata attraverso simboli (bit) numerici (“codice“), in combinazioni diverse: tali “dati“, elaborati automaticamente dalla macchina, generano le informazioni costituite“ da un insieme più o meno vasto di dati organizzati secondo una logica che consenta loro di attribuire un particolare significato per l'utente“»[28].

La prova informatica[29] - nella cornice della prova digitale: «l’attività che riguarda l’informatica forense va ben oltre le competenze basiche, richiedendo conoscenze tecniche e specializzate»[30] - ha un sentiero comune con la fase delle investigazioni, le quali possono avere una portata così invasiva da approdare ad una vera e propria discovery del vissuto individuale, ricomprendendo anche gli aspetti più intimi e riservati[31]. Le corrispondenti barriere risulterebbero neutralizzate o messe fra parentesi, ciò che è all’origine di problematiche di vasta portata, che dovranno essere attentamente studiate.

 

Prof. Avv. Carlo Morselli, Docente Master in Diritto penale e Procedura penale dell’immigrazione, Università degli studi Guglielmo Marconi-Roma. 

 

[1] Sul tale concetto di emulazione insiste D. Parisi, Intelligenza artificiale, in Enc. Disc. Soc., V, Roma, Treccani, 1996, 9: «L’intelligenza artificiale rappresenta il tentativo di costruire artefatti che dimostrino di possedere intelligenza in modo simile agli essere umani…l’intelligenza artificiale è solo un caso particolare di un fenomeno più generale che sta investendo la scienza, e cioè l’adozione della simulazione su calcolatore come strumento di ricerca…Simulando un fenomeno, riproducendolo su un calcolatore, si ritiene che possa aumentare a conoscenza».

[2]U. Pagallo, Etica e diritto dell’Intelligenza Artificiale nella governance del digitale: il  Middle-out  Approach,in  U.  Ruffolo  (a  cura  di), Intelligenza artificiale -Il diritto, i diritti, l’etica,  Milano, Giuffrè  Francis  Lefebvre, 2020.

In materia, v. L. Rinaldi, Intelligenza artificiale, diritti e doveri nella Costituzione italiana, in DPCE online, 1/2022,  201 s.

Anche la privacy deve considerarsi un limite e quando interviene l’alea di essere etero-controllati. Sul captatore Trojan, che incamera indiscriminatamente flussi di notizie, v. T. Bene, “Il re è nudo”: anomie disapplicative a proposito del captatore informatico, in Arch. pen. Riv. Trim., n.3, 2019, 929 s.; R. Aprati, Prime riflessioni sull’assetto normativo del captatore informatico, in Cass. pen., 2021, 2, 441; W. Nocerino, Il captatore informatico nelle indagini penali interne e transfrontaliere, Padova, Cedam, 2021, 25 s.  e, da ultimo, specificamente, v. G .L. Gatta, Intercettazioni e criminalità organizzata: quando a voler precisare si finisce per complicare, in Sist. pen., 8 agosto 2023.

Recentemente, con sentenza 7 ottobre 2021, n. 3591123, la Prima Sezione della Cassazione Penale si è pronunciata sul tema giudicando legittime le attività di online surveillance effettuate mediante captatore informatico, poiché inquadrabili nell’alveo delle intercettazioni informatiche o telematiche.

[3] Cassazione civile, Sez. I, ordinanza 16 gennaio 2023, n. 1107, in Quot. giur., 1 marzo 2013, Può essere protetta l’opera creata da A.I.? La questione arriva in Cassazione, a cura di R. Traina Chiarini ,è l’” interpello “ rivolto dalla RAI alla Corte di Cassazione, la quale – pur giudicando il motivo inammissibile – con l’ordinanza n. 1107/2023 ha aperto a tale  possibilità se inserita nel vaglio circa il grado di creatività dell’opera. Si legge: « Nelle ultime settimane si è assistito all’esplosione del fenomeno OpenAI, software house creatrice di diversi strumenti di Intelligenza Artificiale, tra cui gli ormai celeberrimi DALL.E e ChatGPT, in grado (rispettivamente) di dare vita ad immagini e scritti “originali”, a partire dalle indicazioni (prompt) impartite dal loro utilizzatore umano.L’“Intelligenza artificiale” (“IA”) è quella branca dell’informatica che si occupa di sviluppare sistemi in grado di emulare il comportamento umano e, in particolare, l’apprendimento, il ragionamento e l’auto-correzione ». In tema, v. Trib. civ. Roma, sez. 17, sent. 8 marzo 2023, n. 3833, in Il Merito, 2023, n.7-8, 5 s., sul diritto d’autore relativo a  programma televisivo, con commento di C. Insardà.

L'intelligenza artificiale entra nel processo Dall'ordinanza n. 1107/2023 della Cassazione in tema di diritto d'autore al provvedimento della Corte Superiore di Giustizia di Lima Sud in materia di contributi per il mantenimento dei figli minori, ivi, 26 aprile 2023, a cura di P. Marini: Le cronache giudiziarie recenti ci propongono l'ordinanza della Suprema Corte italiana, la n. 1107 del 16 gennaio 2023, che verte in materia di diritto di autore. Poi sopraggiunge, dal di là dell'Atlantico, un provvedimento della Corte Superiore di Giustizia di Lima Sud (causa/fascicolo 00052-2022-18-3002-JP-FC-01, testo in calce), una sentenza d'appello in materia di contributi per il mantenimento dei figli minori. V. Corte Superiore di Giustizia di Lima sud, 27 marzo 2023: in questo caso, della sentenza del giudice d'appello peruviano, il sistema di Intelligenza Artificiale ha fatto ingresso nel processo come strumento di calcolo/liquidazione, al pari di un ausiliario extra ordinem del giudice.

B. Fragasso, La responsabilità penale del produttore di sistemi di intelligenza artificiale, in Sist. pen., 13 giugno 2023, 1 s. che esamina i problemi sulla responsabilità penale del produttore di sistemi di intelligenza artificiale (i.a.), per gli eventi lesivi derivanti dal loro impiego. In tema, sempre da ultimo, v. A. Cappellini, Reati colposi e tecnologie dell’intelligenza artificiale, in G. Balbi e al. (a cura di), Diritto penale e intelligenza artificiale. "Nuovi Scenari", Torino, Giappichelli, 2023.

C. Piergallini, Intelligenza artificiale: da ‘mezzo’ ad ‘autore’ del reato?, in Riv. it. dir. proc. pen., 2020, n. 4, 1766; B. Panattoni, Intelligenza artificiale: le sfide per il diritto penale nel passaggio dall'automazione tecnologica all'autonomia artificiale, in Dir. inf., 2021, fasc. 1, 345 s.

D’altra parte, v. A. Amidei, Intelligenza Artificiale e product liability: sviluppi del diritto dell’Unione Europea, in Giur. it., luglio 2019, 1717.

V. Cons. Stato, sez III, sent. 25 novembre 2021, n. 7891, i commenti di F. Paolucci, Algoritmi e intelligenza artificiale alla ricerca di una definizione: l’esegesi del Consiglio di Stato, alla luce dell’AI Act, in Quest. giust., 8 aprile 2022; C. Filicetti, Sulla definizione di algoritmo (nota a Consiglio di Stato, Sezione Terza, 25 novembre 2021, n. 7891), in Giust. ins., 8 febbraio 2023.

Nonché, v. I. P. D. Ciommo,  La prospettiva del controllo nell’era dell’Intelligenza Artificiale: alcune osservazioni sul modello Human In The Loop, in federalismi.it., 19 aprile 2023.

Intelligenza artificiale e giustizia: la Talk to the Future Week La prima edizione della manifestazione, organizzata dal COA Milano, si è svolta dal 10 al 14 luglio, in Quot. giur., 20 luglio 2023.

[4] S. Lorusso, Digital evidence, cybercrime e giustizia penale 2.0, in Proc. pen. giust., 2018, secondo cui la rivoluzione digitale ha inciso profondamente nel  processo penale e, in particolare, nel settore  probatorio. Corre però su due binari: la possibilità di avvalersi  di strumenti d’accertamento di imponente efficacia che però presentano caratteri di elevata invasività. Sembrano poli opposti e in conflitto. Però è giocoforza comprendere l’irrinunciabilità di una regolamentazione ad hoc della digital evidence, vero e proprio archetipo della “prova globale” che costituisce un dato fondante della giustizia penale 2.0.

[5] A. Scalas, I confini mobili della digital evidence: una necessaria tassonomia per la tutela delle garanzie, in Arch. pen., n.2, 2023, 1.

A livello manualistico, in dottrina ha approfondito autonomamente  il profilo della  verità (verità materiale-verità processuale) A. Scalfati, Verità come scopo. Obbiettivi processuali e modelli giudiziari, in A. Scalfati, A. Bernasconi, A. De Caro, M. Menna, C. Pansini, A. Pulvirenti, N. Triggiani, C. Valentini, D. Vigoni, Manuale di diritto processuale penale, IV ed.,Torino, Giappichelli, 2023, 4-5, quale, subito, osserva: «Lo stesso richiamo alla “verità“, quale scopo del processo penale, implica una tensione etica che carica il fenomeno di qualità meta-giuridiche», citando l’art. 299 c.p.p. 1930.

[6] F. Cordero, Procedura penale, Milano, Giuffrè, 2012,23.

[7] È inutilizzabile l'intercettazione delle dichiarazioni indotte in una persona dall'adozione di metodi o tecniche idonei a influire sulla sua capacità di autodeterminazione, posto che il divieto dell'art. 188, primo comma, c.p.p. investe l'oggetto della prova e non è circoscritto al contesto formale delle sole prove dichiarative. (Fattispecie nella quale le conversazioni indizianti erano state registrate in un ufficio di Polizia, dove il locutore era stato sottoposto a minacce e violenze dal personale di p.g.) (Cass,, sez. I, sent. 30 gennaio 2014, n. 4429).

[8] Così, F. Cordero, Sub art. 188, in Codice di procedura penale commentato, Torino, Utet, 1992, 229 e 230, precisando l’illustre Maestro: «La cultura inquisitoriale tende all’amorfismo legale: l regole vi contano poco…ogni possibile occasione va colta».

[9] G. Belcastro, Deposito telematico, tanti rischi ma è un’occasione da non perdere, in Guida dir., n. 30, 5 agosto 2023,10, che richiama l’art. 87 del D. Lgs. 150/2022 (attuativo della c.d. Riforma Cartabia). Ma, v. Decreto del ministero della Giustizia 18 luglio 2023, n.166,  Atti processo penale, rinviato a fine anno l’obbligo « esclusivo » della consegna on line, ivi, 13 s. (Via Arenula rilancia lo strumento della Pec).

[10] Infra, nota 22, ove l’A. citato mette in luce che «  l’evoluzione del web e della telefonia mobile nelle sue varie declinazioni, ha prodotto trasformazioni socio-comportamentali ormai acquisite: è difficile finanche immaginare un essere umano che non disponga di (almeno) uno smartphone e di una connessione » (Cutrignelli, 2023, 2).

[11] Sulla mancata perimetrazione normativa della c.d. digital evidence, v. L. Marafioti, Digital evidence e processo penale, Relazione al Convegno “Prova penale e attualità controverse“, organizzato dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma, in Cass. pen., 2011 12, 4510: «la partita si gioca essenzialmente fuori dal dibattimento, durante le indagini preliminari; e sono in gioco interessi rilevantissimi, costituzionalmente garantiti, come il diritto di difesa». Sul punto, v. Scalas, I confini mobili della digital evidence: una necessaria tassonomia per la tutela delle garanzie, loc. cit.: «L’indagine sulla digital evidence restituisce un quadro frammentario, privo di regolamentazione specifica».

[12] V. Manes, Diritto penale no-limits. Garanzie e diritti fondamentali come presidio per la giurisdizione, in Quest. giust., 26 marzo 2029, che richiama J. Charpentier, Justice Machines, a cura di G. Vitiello, Macerata, 2015. Cfr. G. Mannozzi, Razionalità e “Giustizia” nella commisurazione della pena. Il just desert model e la riforma del sentencing nordamericano, Cedam, Padova, 1996;

A. Garapon-J. Lassègue, Justice digitale. Révolution graphique et rupture anthropologique, Paris, 2018; criticamente, A. Garapon, La tecnologia non potrà mai sostituire giudice e avvocato, intervista a cura di E. Novi, in Il Dubbio, 25 novembre 2018.

[13] Giustizia predittiva: quale futuro? Le applicazioni di IA in funzione predittiva nel settore penale. L'intelligenza artificiale in funzione decisionale tra superamento dei bias cognitivi e limite del ragionevole dubbio, a cura di A. Traversi, in Quot. giur., 10 luglio 2023: sia in chiave di prevenzione di episodi di criminalità e di ricerca  probatoria, che  in relazione - specialmente - alla prevedibilità dell’esito di un processo penale.

[14] Cfr. S. Signorato, Giustizia penale e intelligenza artificiale. Considerazioni in tema di algoritmo predittivo, in Riv. Dir. Proc., 2020,  605.

In giurisprudenza, v. Cass. sez. IV, ud. 20 maggio 2021 (dep. 8 ottobre 2021), n. 36524, Presidente Di Salvo – Relatore Esposito: «Occorre ricordare…che, in materia di prova indiziaria, il controllo della Cassazione sui vizi di motivazione della sentenza impugnata, se non può estendersi al sindacato sulla scelta delle massime di esperienza, costituite da giudizi ipotetici a contenuto generale, indipendenti dal caso concreto, fondati su ripetute esperienze, ma autonomi da queste, può però avere ad oggetto la verifica sul se la decisione abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sull'id quod plerumque accidit, ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola generale che risulta priva di una pur minima plausibilità (Sez. 1, n. 16523 del 04/12/2020, dep. 30/04/2021, Romano, Rv. 281385; Sez. 5, n. 25616 del 24/05/2019, Devona, rv. 277312; Sez. 6, n. 31/06 del 07/03/2003, Abbate, Rv. 228401). Si tratta dunque di generalizzazioni empiriche, tratte, con procedimento induttivo, dall'esperienza comune, che forniscono al giudice informazioni su ciò che normalmente accade, secondo orientamenti largamente diffusi nella cultura e nel contesto spazio-temporale in cui matura la decisione; dunque, nozioni di senso comune (common sense presumptions), enucleate da una pluralità di casi particolari, ipotizzati come generali, siccome regolari e ricorrenti, che il giudice in tanto può utilizzare in quanto non si risolvano in semplici illazioni o in criteri meramente intuitivi o addirittura contrastanti con conoscenze e parametri riconosciuti e non controversi (Sez. 6, n. 1775 del 09/10/2012, dep. 2013, Ruoppolo, Rv. 254196, in applicazione del principio, la Corte ha censurato, per carenza della giustificazione esterna, una decisione del tribunale del riesame che, nel respingere una richiesta in sostituzione ai misura carceraria con quella domiciliare, non aveva indicato in base a quale massima di esperienza un minore di anni sei, in una situazione di grave disagio psicologico, non necessitasse della stabile presenza della madre)».

[15] Si è considerato, a tal proposito: «E’ inoltre opportuno ricordare che, sempre per mezzo di strumenti di IA, è possibile analizzare immagini digitali, tratte, ad esempio, dalla fitta rete di telecamere presenti in ogni città, contenenti volti di persone per effettuare il riconoscimento facciale, utilizzabile a fini di prova in un procedimento penale. Tali strumenti possono tuttavia risultare, da un lato, senz’altro utili a fini investigativi ma, dall’altro, rischiano di configgere con diritti fondamentali dell’individuo, quale il diritto alla privacy» (Traversi, cit., che, a supporto, richiama M. Colacurci, Riconoscimento facciale e rischi per i diritti fondamentali alla luce delle dinamiche di relazione tra poteri pubblici, imprese e cittadini, in Aa.Vv., Diritto penale e intelligenza artificiale. “Nuovi scenari”, a cura di G. Balbi-F. De Simone-A. Esposito-S. Manacorda, Torino, 2022,, 119; 10; J. Della Torre, Tecnologie di riconoscimento facciale e procedimento penale, in Riv. it. proc. pen., 2022, n. 3, 1058; nonché, in diversa misura, L. Romanò, Intelligenza artificiale come prova scientifica nel processo penale: una sfida tra machine-generated evidence e equo processo, in Aa.Vv., a cura di G. Canzio-L. Luparia  Donati, Milano, 2022, II ed., 928).

A proposito dei cennati indirizzi interpretativi, v. Cass. civ., sez. IV, sent. 28 aprile 2023, n. 17617, in Guida dir., n. 31, 12 agosto 2023, 90, in ordine agli «orientamenti consolidati espressi in materia da questa Corte».

[16] Per un’analisi accurata dei principi della Carta etica europea, può leggersi  S. Quattrocolo, Intelligenza artificiale e giustizia: nella cornice della Carta etica europea, gli spunti per un’urgente discussione tra scienze penali e informatiche, in www.lalegislazionepenale.eu., 18 dicembre 2018.

Nel 2021, la Commissione Europea per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni ha avanzato una proposta di risoluzione intesa a fissare  regole equilibrate sull’intelligenza artificiale nel diritto penale e sul suo impiego da parte delle autorità di polizia e giudiziarie

F. Faini, Intelligenza artificiale e regolazione giuridica: il ruolo del diritto nel rapporto tra uomo e macchina, in www.federalismi.it., 25 gennaio 2023.

[17] 2. Salvo quanto previsto ai fini dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza, non sono ammesse perizie per stabilire l'abitualità o la professionalità nel reato, la tendenza a delinquere, il carattere e la personalità dell'imputato e in genere le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche.

Il divieto di perizie sul carattere, sulla personalità e sulle qualità psichiche (indipendenti da cause patologiche) dell'imputato posto dall'art. 220, comma secondo, c.p.p. non si estende anche alla persona offesa-teste, la cui deposizione, proprio perché essa può essere assunta da sola come fonte di prova, deve essere sottoposta a una rigorosa indagine positiva sulla credibilità anche soggettiva, che deve essere verificata pure sotto il profilo della capacità di testimoniare ai sensi del secondo comma dell'art. 196 stesso codice: la verifica della «idoneità mentale » è rivolta ad accertare se la persona offesa sia stata nelle condizioni di rendersi conto dei comportamenti tenuti in pregiudizio della sua persona e del suo patrimonio e sia in grado poi di riferire in modo veritiero siffatti comportamenti (Cass., sez. III, sent. 13 novembre 2006, n. 37402). V. Cass. , sez. IV , 15 dicembre 2021 , n. 2170: la perizia rappresenta effettivamente un indispensabile strumento euristico nei casi in cui l'accertamento dei termini di fatto della vicenda oggetto del giudizio imponga l'utilizzo di un sapere extra giuridico. Sulla perizia, da ultimo, v. Cass., sez. IV, 27 giugno 2023, n. 27759.

[18] “L’interessato ha il diritto di non essere sottoposto a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato, compresa la profilazione, che produca effetti giuridici che lo riguardano o che incida in modo analogo significativamente sulla sua persona“.

Intelligenza artificiale: orientamento del Consiglio europeo e ultimi sviluppi nella definizione del Regolamento Le prossime tappe saranno i negoziati con il Parlamento europeo per trovare un accordo e i trialoghi coinvolgendo la Commissione, a cura di M. Martorana, in Quot. giur., 15 febbraio 2023.

[19] Da ultimo, v. Cybercrime, a cura di A. Cadoppi, S. Canestrari, A. Manna, M. Papa, Torino, Utet, 2023.

[20] Ex facto oritur ius.

[21] Altresì, v. Art. 615-quater c.p. (Detenzione, diffusione e installazione abusiva di apparecchiature, codici e altri mezzi atti all'accesso a sistemi informatici o telematici), l’ultimo comma è stato  modificato dall’art. 19, comma 1, lett. b), L. 23 dicembre 2021, n. 238, a decorrere dal 1° febbraio 2022, Art. 615-quinquies c-p.( Detenzione, diffusione e installazione abusiva di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico), Rubrica così modificata dall’art. 19, comma 2, lett. b), L. 23 dicembre 2021, n. 238, a decorrere dal 1° febbraio 2022, Art. 617-quater c.p.(Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche), Art. 617-quinquies c.p.(Detenzione, diffusione e installazione abusiva di apparecchiature e di altri mezzi atti a intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche), Art. 617-sexies c.p. (Falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche), Art. 617-septies c.p. (Diffusione di riprese e registrazioni fraudolente),  Art. 621 c.p. (Rivelazione del contenuto di documenti segreti) precisando la norma penale al comma 2 che « Agli effetti della disposizione di cui al primo comma è considerato documento anche qualunque supporto informatico contenente dati, informazioni o programmi», e parla l’ Art. 623 c.p. (Rivelazione di segreti scientifici o commerciali) di «qualsiasi strumento informatico» ai fini dell’aumento della pena) e la norma di chiusura dettata all’Art. 623-bis c.p. (Altre comunicazioni e conversazioni): Le disposizioni contenute nella presente sezione, relative alle comunicazioni e conversazioni telegrafiche, telefoniche, informatiche o telematiche, si applicano a qualunque altra trasmissione a distanza di suoni, immagini od altri dati.

V. art. 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche, come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009, e avuto riguardo agli artt. 7, 8 e 11 e dell’art. 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Ricorda Cass., sez. V, sent. 18 luglio 2023, n. 31179, in Guida dir., n. 30, 5 agosto 2023, 71 che l’immissione in Internet di un messaggio è già stata considerata dalla giurisprudenza come presunzione di un alto rischio di diffusione dei contenuti condivisi…Siti web e commenti postati sui social sono considerati i più pericolosi per tale diffusività.

Reati informatici e reati che si possono commettere attraverso strumenti informatici: ecco un breve excursus da condividere con i propri studenti, in orizzontescuola.it, 18 agosto 2023, prendendo ad esempio l’art. 615 quinquies c.p.: «Per commettere questo reato basta, anche solo per scherzo, diffondere un virus attraverso messanger o la posta elettronica, spiegare ad altre persone come si può fare per eliminare le protezioni di un computer, un software o una console per giochi oppure anche solo controllare a distanza o spegnere un computer via rete». WhatsApp e mail, i docenti sommersi da un mare di notifiche: esiste un equilibrio tra la necessità di comunicare e il diritto al tempo libero? Cosa dice la normativa, ivi: Negli ultimi anni, il boom delle tecnologie ha portato a un’ondata incessante di comunicazioni digitali nel settore scolastico. Da email a messaggi su WhatsApp, la vita degli insegnanti è stata immersa in un mare di notifiche, spesso fuori dall’orario di lavoro. Ma esiste un equilibrio tra la necessità di comunicare e il diritto al tempo libero? Ma esiste una soluzione? Sì, ed è il “diritto alla disconnessione”. Questo principio è citato nel CCNL “Istruzione e Ricerca” 2016-2018, all’art 22, e sostanzialmente stabilisce che gli insegnanti non dovrebbero essere connessi 24/7.

In dottrina, ad esempio v. F. S. Martorano, Internet, in Enc. giur. Treccani, Agg, VIII, Roma, 2005, 1, sulla « presenza di una forte componente interattiva, intesa come duplice capacità di rendere partecipativo l’uso dello strumento mediatico e, in ipotesi, anche di contribuire alla sua crescita », che cita E. Tosi (a cura di), I problemi giuridici di Internet, Milano, Giuffrè, 2001,1 s.

Per la giurisprudenza di merito, v. Trib. Ferrara, sent. 27 febbraio 2023, n. 166, in Il Merito, 2023, n.7-8, 34 in tema di diffamazione, nel caso di condotta realizzata mediante “social network”.

[22] V.  Corte Europea Diritti dell'Uomo, sez. I, sent. 27 settembre 2018 n° 57278/11.

In tema di perquisizione di sistema informatico o telematico, sia l'art. 247, comma 1-bis, che l'art. 260, comma secondo, cod. proc. pen., si limitano a richiedere l'adozione di misure tecniche e di procedure idonee a garantire la conservazione dei dati informatici originali e la conformità ed immodificabilità delle copie estratte per evitare il rischio di alterazioni, senza imporre misure e procedure tipizzate (fattispecie in cui la Corte ha rigettato il motivo di ricorso genericamente fondato sulla mancata indicazione, da parte del consulente tecnico del PM, del cd. valore "hash" dei files ottenuti dai supporti informatici, in assenza peraltro di contestazione circa la mancata corrispondenza fra le copie estratte e i dati originariamente presenti sui supporti informatici nella disponibilità dell'imputato) (Cass., sez. III, sent. 18 settembre 2015, n. 37644).

[23] S. Cutrignelli, La prova informatica nella prassi investigativa Relazione al Corso di perfezionamento in diritto e procedura penale, IV edizione, Internet tra diritto penale e processo, tenutasi presso l’Università di Firenze il giorno 18 marzo 2022, in dis Crimen, 3 luglio 2023, 4-5, prosegue l’A.: «tali dati, analizzati unitamente al file bersaglio, forniranno elementi che consentiranno non solo di ristrutturare il profilo oggettivo bensì il tratto psicologico in termini di volontarietà e consapevolezza dell’agire».

Secondo la  Suprema Corte n. 38909/2021 «L’estrazione di dati archiviati in un supporto informatico, quale è la memoria di un telefono cellulare, non costituisce accertamento tecnico irripetibile, e ciò neppure dopo l’entrata in vigore della legge 18 marzo 2008, n. 48, che ha introdotto unicamente l’obbligo di adottare modalità acquisitive idonee a garantire la conformità dei dati informatici acquisiti a quelli originali, con la conseguenza che né la mancata adozione di tali modalità, né, a monte, la mancata interlocuzione delle parti al riguardo comportano l’inutilizzabilità dei risultati probatori acquisiti, ferma la necessità di valutare, in concreto, la sussistenza di eventuali alterazioni dei dati originali e la corrispondenza ad essi di quelli estratti”» (Cass., sez. I, 10 giugno-28 ottobre 2021, n. 38909 in C. E. D., rv. 282072 – 01). Altresì, v. Cass.,sez. VI, 18 novembre 2022, n. 44010.

[24] O. Dominioni, Il diritto delle prove, in Procedura penale, a cura di Aa.Vv., Torino, 2023, 308.

In materia, v. O. Dominioni, Prova scientifica (diritto processuale penale), in Enc. dir., Annali, II, Milano 2008, 976 s.; F. Caprioli, La scienza “cattiva maestra”: le insidie della prova scientifica nel processo penale, in Cass. pen., 2008, 3520; M. Cecchi, Il giudice dinanzi alla prova scientifica, in Arch. pen., 2022, 1.

In giurisprudenza, v. Cass., Sez. V, 17 gennaio, 2022, n. 1801, Rv. 282545: «in tema di prova scientifica, il giudizio di attendibilità di una teoria deve tener conto degli studi che la sorreggono e delle basi fattuali sui quali sono condotti, dell'ampiezza, della rigorosità e dell'oggettività della ricerca, del grado di sostegno che i fatti accordano alla tesi, della discussione critica che ha accompagnato l'elaborazione dello studio e delle opinioni dissonanti che si siano eventualmente formate, dell'attitudine esplicativa dell'elaborazione teorica, del grado di consenso che la tesi raccoglie nella comunità scientifica, nonché dell'autorità e dell'indipendenza di chi ha effettuato la ricerca».

[25] In sintesi: la prova scientifica  viene in rilievo nella fase istruttoria, a dibattimento (ove deve essere introdotta - e sul diritto alla prova v., specialmente, P. Ferrua, Un giardino proibito per il legislatore: la valutazione delle prove, in Quest. giust., 1998 e per la manualistica v. A. Bernasconi, Diritto alla prova. Prova, in A. Bernasconi, A. De Caro, M. Menna, C. Pansini, A. Pulvirenti, N. Triggiani, C. Valentini, D. Vigoni, Manuale di diritto processuale penale, IV ed.,Torino, Giappichelli, 2023, 259 s. - ammessa, raccolta e poi valutata, nel terreno del libero convincimento del giudice), la prova digitale nella di ricerca, tipicamente investigativa. Sul primo significato, v. Dominioni, Prova scientifica (diritto processuale penale), cit.,976-977, il quale, “si riporta“ a V. Denti, Scientificità della prova e libera valutazione del giudice, in Riv. dir. proc., 1972, 414 s.: «…ci si deve riferire soprattutto al “risultato di prova“ costituito dalle valutazioni cui il giudice perviene circa l’esistenza o l’inesistenza del factum probandum».

E il giudice, nel momento della valutazione del fatto storico, si avvale dell’ausilio di contributi che provengono dal campo delle scienze, su cui v. l’accreditata dottrina di A. Scalfati, Consulenza tecnica (dir.proc.pen.), in Enc.giur.Treccani, VIII, Roma, 1997 s.;

[26] Lorusso, Digital evidence, cybercrime e giustizia penale 2.0,cit., parlando l’A. di «“prova globale” destinata a contrassegnare il terzo millennio, diventandone il simbolo, così come in passato è accaduto, ad es., per la confessione e per la testimonianza, considerate le “proveregine” in un mondo nel quale l’uomo e la sua corporeità erano al centro della vita quotidiana». Cfr. M.Pittiruti, Digital evidence e procedimento penale, Torino, Giappichelli, 2017, 15. Specialmente, v. M. Daniele, La prova digitale nel processo penale, in Riv. dir. proc., 2011, 283.

In giurisprudenza, su «piattaforma digitale…piattaforma telematica…piattaforma digitale telematica» v. Cass., sez. II, sent. 22 giugno 2023, n. 27132, in Guida dir., n. 30, 5 agosto 2023, 101.

[27] Pittiruti, Digital, cit., 2; pure L. Luparia, La disciplina processuale e le garanzie difensive, in Investigazione penale e tecnologia informatica, a cura di L.Luparia- G. Ziccardi, Milano, 2007, 127 s.; Colaiocco, La rilevanza delle best practices nell’acquisizione della digital evidence alla luce delle novelle sulla cooperazione giudiziaria, in Arch. pen., 2019, 1, 1; G. Di Chiara, Il canto delle sirene. Processo penale e modernità scientifico-tecnologica: prova dichiarativa e diagnostica della verità, in Criminalia, 2007, 19 s; S. Marcolini, Le indagini atipiche a contenuto tecnologico nel processo penale: una proposta, in Cass. Pen., 2015, 760 s.; A. Sanna, L’irriducibile atipicità delle intercettazioni tramite virus informatico, in Le indagini atipiche, a cura di A. Scalfati, Seconda edizione, 2019, 602.

Da ultimo, v. A. Natalini, Il processo telematico penale, in Guida dir., n. 28, 2023, 19.

[28] Cass., sez. VI, 14 dicembre1999, (c.c. 4 ottobre 1999), P. M. e Piersanti N., n. 3067. L’evoluzione della tecnologia ha imposto la  necessità, anche nel diritto penale italiano, di diverse riforme, a partire dalla legge 23 dicembre 1993, n. 547 in materia di criminalità informatica fino  alla legge 18 marzo 2008, n. 48 relativa alla ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa di Budapest sulla criminalità informatica del 23 novembre 2001.

L. Picotti, Ratifica della Convenzione Cybercrime e nuovi strumenti di contrasto contro la criminalità informatica e non solo, in Diritto dell’internet, n. 5/2008.

Le esigenze investigative sorte con il massiccio intervento  delle tecnologie telematiche e informatiche  in molti settori della vita quotidiana avevano trovato posto in precedenti previsioni  normative, come nella  legge 547/1993 “Modificazioni ed integrazioni alle norme del codice penale e del codice di procedura penale in tema di criminalità informatica” la quale, oltre a incidere sulla tutela allestita mediante l’introduzione di diverse fattispecie incriminatrici, si era occupata  dell’adeguamento degli strumenti di investigazione.

La legge n. 48/2008 è intervenuta con rilevanti modifiche alle norme penali, sostanziali e processuali, in materia di reati informatici, considerando sia i principi  della Convenzione che le esigenze di un maggiore “allineamento“ della disciplina alle caratteristiche della criminalità informatica. D’altra parte, la legge ha permesso, dopo oltre sette anni, all’Italia Paese di adempiere agli obblighi assunti in sede internazionale con la sottoscrizione della Convenzione (entrata in vigore il 1˚ luglio 2004).

Valutando le ricadute in materia di ‘evidence’, il codice di procedura penale è intervenuto sui mezzi di ricerca della prova e sulle indagini della polizia giudiziaria, riassettando  le modalità di esecuzione di sequestri, ispezioni e perquisizioni riguardanti il  materiale informatico, per assicurare, anche con  regole conservative, l’integrità dei dati originali e la conformità delle copie nel corso del rito penale. Particolare attenzione si è riservata alla autenticità della prova digitale. Il riferimento è alla c. d digital forensics, per dare spazio alle prove. In dottrina, v., ad esempio, C. Maioli, Introduzione all’informatica forense in P. Pozzi (a cura di), La sicurezza preventiva dell'informazione e della comunicazione, Franco Angeli 2004; E. Casey, Digital evidence and computer crime, Elsevier, 2011, 7; S. Aterno, Le investigazioni informatiche e l’acquisizione della prova digitale, in Giur. merito, fasc.4, 2013; G. Melillo, Procedimenti connessi e coordinamento delle indagini in materia di delitti di criminalità organizzata, in Cass. pen., 1999, 2415 s.; M. Guernelli, La convenzione sul cyber-crime e la decisione quadro relativa agli attacchi informatici: significato e portata per il sistema penale interno, in Studium juris, 2007, 292; F.M. Molinari, Questioni in tema di perquisizione e sequestro di materiale informatico, in Cass. pen., 2012, p. 708; C. Maioli - E. Sanguedolce, I ''nuovi'' mezzi di ricerca della prova fra informatica forense e L. 48/2008, www.altalex.com, 30 novembre 2015.

[29]In dottrina, v. A. Sanna, La prova informatica al vaglio del giudice, tra cattiva scienza e cattivi scienziati, in dis Crimen, 2022; G. Di Paolo, Prova informatica (diritto processuale penale), in Enc. dir., Annali, VI, Milano, 2013; Cutrignelli, La prova informatica nella prassi investigativa Relazione al Corso di perfezionamento in diritto e procedura penale, IV edizione, Internet tra diritto penale e processo, cit., 1: «L’escalation tecnologica, solo più visibile nell’ultimo decennio, da tempo ha fatto irruzione nell’ordinario svolgimento della vita umana scandendone ogni momento senza alcuna selezione generazionale, socio-culturale, geografica, politica, economica: la diffusione progressiva degli smartphone, per citare un esempio estremamente rappresentativo, consta di numeri impressionanti e si registra massicciamente sin anche nei paesi in via di sviluppo in aree dove la popolazione, in vasta parte con connotati di povertà assoluta e analfabetismo, è ancora afflitta dal problema dell’approvvigionamento di acqua potabile». Cfr. L. Luparia, Processo penale e tecnologia informatica, in Dir.internet, 2008, n. 3, 221.

S. Conti, La legislazione in materia di prove digitali nell’ambito del processo penale. Uno sguardo all’Italia, in Informatica e diritto, XLI annata, 2015, 1-2, 161, precisa che «con la Direttiva 2014/4 […] viene creato un «sistema globale di acquisizione delle prove nelle fattispecie aventi dimensione transfrontaliera»: con l’ordine europeo di indagine lo Stato di emissione ottiene che venga compiuto in un altro Stato membro (c.d. di esecuzione) un determinato atto di indagine senza che siano necessarie ulteriori formalità e in modo veloce ed efficace».

[30] Così, da ultimo, Scalas, I confini mobili della digital evidence: una necessaria tassonomia per la tutela delle garanzie, cit., 8.

P. Liberatore, AI nell’attività degli studi professionali: tra opportunità, etica e tecnodiritto, in Guida dir., n. 29, 29 luglio 2023, 11: «l’AI offre strumenti potenti per l’analisi dei dati e l’estrazione di informazioni significative. Negli studi professionali può essere utilizzata per l’analisi delle performance finanziarie».

[31] Ma v. art. 615-bis c.p. (Interferenze illecite nella vita privata) 1.Chiunque mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell'articolo 614, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

In giurisprudenza, da ultimo v. Cass.sez. Lav., 26 giugno 2023, n. 18168, in Guida dir., n. 27, 2023, 38:sono consentiti i controlli anche  tecnologici posti in essere dal datore di lavoro, purché sia assicurato il rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e della riservatezza del lavoratore, sempre che il controllo riguardi dati acquisiti successivamente all’insorgere del sospetto.