A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

DEONTOLOGIA FORENSE: CULPA IN OMITTENDO PER L’AVVOCATO CHE A DIBATTIMENTO NON “SPENDA“ LA PROVA A DISCARICO DI CUI DISPONE OPPURE NON NE AVEVA L’ONERE AI SENSI DELL’ART.27 CO.2 COST.?

Autore: Prof. Avv. Carlo Morselli

 

Sommario: 1. Contesto delle categorie variabili: il diritto alla prova diventa onere e questo colpa per mancato esercizio del secondo (c.d. culpa in omittendo) - 2. L’art. 190 c.p.p., sul c.d. diritto alla prova, che per l’imputato diventa “a discarico”. Comportamenti disciplinarmente rilevanti - 3. La prova “rivale“ rimasta inerte.

 

1. Contesto delle categorie variabili: il diritto alla prova diventa onere e questo colpa per mancato esercizio del secondo (c.d. culpa in omittendo).

La deontologica forense diventa un “filtro“ o meccanismo dell’inversione delle figure e situazioni[1] tipiche se permette e mette in luce la conversione del “diritto“ in “onere”, del secondo in “colpa“ precisamente in culpa in omittendo se il soggetto gravato - in quanto dispone della prova della completa estraneità ai fatti dell’imputato nel processo penale - rimane inerte con conseguente dispersione del mezzo di prova.

Il difensore, pur disponendo di una prova di “interdizione“ su quella dell’accusa (la quale così già si è posta “in competizione“ con la presunzione di non colpevolezza stabilita dal 2° comma dell’art.27 Cost. e dall’art. 6 CEDU, oltre che dall’art.14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici[2]), ometta di chiederla, cioè di richiederne l’ammissione e quale atto c.d. di impulso: ecco l’esemplificazione sull’onere, che trova posto anche nel processo civile, nel cui terreno ha ampia applicazione [art. 2697 cod. civ (Onere della prova),  «chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento»] [3].

 

2. L’art. 190 c.p.p., sul c.d. diritto alla prova, che per l’imputato diventa “a discarico”. Comportamenti disciplinarmente rilevanti.

L’art. 190  c. p. p. (Diritto alla prova) stabilisce, al comma primo, che  Le prove sono ammesse a richiesta di parte (artt. 392, 467, 468, 482, 495, 508, 511, 512, 512 bis, 606 1 lett. d). Il giudice provvede senza ritardo con ordinanza escludendo le prove vietate dalla legge (artt.188, 191) e quelle che manifestamente sono superflue (artt.468, 495) o irrilevanti (artt.187, 499)[4]

La norma è espressione dell’impronta accusatoria del nuovo codice, come diritto di chiedere l’ammissione di determinate mezzi di prove e come diritto ad ottenere la prova richiesta[5].

Si è voluto raggiungere il nuovo modello di processo di parti, attestato sul principio dispositivo nel terreno della prova.

La Riforma Vassalli del 1988, del processo penale, capovolge l’impostazione inquisitoria, per cui le prove sono ammesse su impulso di parte, ed impone al giudice di decidere con ordinanza circa l’ammissibilità delle medesimo, allineando il codice nei sistemi ad impronta  accusatoria.

Nel processo penale - specificamente - le competenze del patrocinatore, nei  casi impegnativi, deve essere spinta al massimo livello e risulta violata quando in un processo ometta l’indicazione delle prove[6].

Posto che il thema probandum del processo penale è la colpevolezza dell’imputato[7], quando l’accusa ha già ritenuto di aver dimostrato la penale responsabilità e la difesa non si avvale di una prova “antagonista“ pur disponibile e in grado di capovolgere la sorte del processo, si apre la quaestio sulla responsabilità deontologica del difensore[8] (il cui procedimento, però, è retto da norme proprie[9] e deve essere annullata la decisione disciplinare adottata in assenza di prove certe[10] e della motivazione[11]).

 

3. La prova “rivale" rimasta inerte.

Il patrocinatore - è questa l’impostazione - è detentore della “prova rivale“ di cui è mancata “la spendita“ nell’udienza dibattimentale, e al pari dell’ipotesi dell’avvocato che “impedisce“ [12] una certa direzione dell’esito  del processo, con il suo non liquet [13] o quando si assenti[14].

Stiamo ipotizzando che l’istruttoria penale - la cui sottofase rappresenta il nucleo del “Giudizio penale“ - sia ancora aperta e pendente e il mezzo di prova possa  introdursi, chiedendo al giudice del dibattimento di ammetterlo[15].

D’altra parte, sempre in materia di comportamenti omissivi, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante il professionista che ometta lo svolgimento di attività per le quali abbia richiesto acconti, trattenga a compensazione di onorari some avute in ragione del mandato e agisca e minacci di danni ingiusti il cliente per indurlo a un sollecito pagamento delle spettanze professionali[16].

I comportamenti omissivi, laddove la legge o l’andamento dell’udienza probatoria lo “impongano“, per definizione dovrebbero sempre porre una “preoccupazione deontologica“, perché riferiti al processo penale in cui si dibattono libertà personale, dignità e onore dell’inquisito (cioè, il futuro dell’imputato, indubbiamente).

 

Prof. Avv. Carlo Morselli, Docente Master in Diritto penale e Procedura penale dell’immigrazione, Università degli studi Guglielmo Marconi-Roma. 

 

[1] Sulla cui categoria, specialmente, v. C. Valentini, Situazioni soggettive, in Arch. pen., fasc. n.2, 26 maggio 2023.

[2] Cfr O. Vannini, Istituzioni di diritto penale. Parte generale, Firenze, 1939, 129; G. Grasso, L’anticipazione della tutela penale: i reati di pericolo e i reati di attentato, in Riv.it. dir. proc. pen., 1986, 697; G. Leone, Il reato aberrante, art. 82 e 83 cod. pen., Napoli, 1940, 211; A. Massaro, La colpa nei reati omissivi impropri, in Scuola Dottorale Internazionale di Diritto ed Economia “Tullio Ascarelli”, Roma, Università degli Studi Roma Tre, 2008, 98 s.

[3] Con sentenza n. 14895 del 29 maggio 2023, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha esaminato la questione di quale sia la parte gravata dall’onere della prova in caso di vizi del bene compravenduto ovvero in ipotesi di mancanza di qualità promesse.

[4] La norma si completa l secondo comma: la legge stabilisce i casi in cui le prove sono ammesse di ufficio (195, comma 2, 196, 210, 238, 238 bis, 507, 508, 511bis, 603 comma  3). Per tutti, v. G. Balena, Istituzioni di diritto processuale civile, vol I, I principi, Bari, 2015,3 s.

Nel versante processualpenalistico, v. F. Caporotundo Presunzioni legali e onere della prova nel processo penale, in Giurispr. pen., 24 Gennaio 2017, 1 s. Sulle regole del giudizio, v., da ultimo, P. Ferrua, Regole di giudizio e udienza preliminare, in Proc. pen. gust., fasc.n.4, 2023: confondendo le regole di giudizio con i presupposti dei provvedimenti giurisdizionali, la riforma ‘Cartabia’ lascia immutata la regola che nel dubbio impone il rinvio a giudizio. La circostanza che il giudice dell’udienza preliminare debba pronunciarsi sulla ‘ragionevole previsione di condanna’ contraddice gravemente la logica del modello accusatorio.

Con ordinanza n. 18140 del 26 giugno 2023, la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha affermato che l’onere della prova circa l’effettiva sussistenza del diritto al pagamento delle provvigioni grava sull’agente (Cass. civ. n. 12838/2003), che è tenuto a provare gli affari da lui promossi ed andati a buon fine ovvero che il mancato pagamento sia dovuto a fatto imputabile al preponente.

[5] Sulle «richieste di prove», v. G. Illuminati, Giudizio, in G. Conso-V.Grevi-M.Bargis, Compendio di procedura penale, Padova, Cedam, 2023,767; M. Menna, Dibattimento, in A Scalfati e altri, Manuale di diritto processuale penale, Torino, Giappichelli, 2023, 631-632: «Dopo il momento delle richieste probatorie interviene con ordinanza l’ammissione delle prove da parte del giudice…Il diritto alla prova che si esercita nell’istruzione dibattimentale si specifica, poi, anche nel diritto alla prova contraria…diritto del prevento…coperto non solo dal disposto costituzionale di cui all’art. 111, comma 3, Cost., ma anche da quanto prevede l’art. 6…Cedu e l’art. 14…Patto int. Dir. civ. e pol.»

[6] Omissione delle prove e delle conclusioni, e non partecipi alle udienze così omettendo di svolgere il mandato ricevuto: nonché, richiesto non restituisca alla parte i documenti ricevuti (C.N.F. 02/03/2004, n. 32).

Cass., sez. VI, sent. 21 luglio 2023, n. 31802, in Norme & Trib., 21 luglio 2012: Nessun annullamento per la mancata traduzione in udienza dell'imputato detenuto se il difensore ha effettuato il deposito della richiesta tramite Pec non indirizzata agli uffici indicati per l'emergenza Covid.

[7] P. Tonini – C. Conti, Il diritto delle prove penali, Milano, 2014,   68 s.; P. Ferrua, La prova nel processo penale, Torino, 2015, 2 ss.; G. Illuminati, La presunzione d’innocenza dell’imputato, in Giustizia penale oggi, coordinata da V. Grevi,Bologna, 1979, 86 s.

Pierro, Accertamento del fatto e colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio, Roma, 2011, 25-42

[8] Ma si è stabilito che il requisito della condotta specchiatissima ed illibata, necessario per l’iscrizione all’albo professionale, non è di per sé da escludere per la sola presenza di un procedimento penale a carico dell’interessato. Deve essere dunque compiuta una valutazione autonoma e discrezionale da parte del C.d.O. tenuto conto dei fatti eventualmente accertati nei giudizi penali (13 dicembre 2001, n. 279, Pres. Buccico, in Rassegna Forense, Riv. trim. C.N.F., Giuffrè, giugno 2002, 287.

In dottrina, da ultimo v. G. Bergonzini. L.Locatelli-G.Tieghi, Etica, Deontologia e tecnica dell’avvocato, Milano, Giuffrè, 2023, 27 s.; R. Gennari, La responsabilità disciplinare dell’avvocato, Milano, Giuffrè, 2022, 33 s.

[9] Il procedimento disciplinare davanti al C.d.O. ha natura amministrativa ed è regolato, in primis,da norme proprie (così, 8 novembre 2001, n. 277, Pres. Galati, in Rassegna Forense, Riv. trim. C.N.F., Giuffrè, giugno 2002, 288). Il procedimento disciplinare è regolato dalle norme della legge professionale e, in mancanza, dalle norme del codice di procedura civile (28 dicembre 2001, n. 310, Ores. Buccico, ivi, 306), e non ha natura giurisdizionale ed è informato a caratteri di estrema semplicità (per C.N.F., 25 settembre 2022, n. 143, Pres. Alpa, in  Rassegna Forense, Riv. trim. C.N.F., Giuffrè, marzo 2003, 106-107).

Per l’autorevole dottrina, v. G. Alpa, La riforma universitaria e l’insegnamento del diritto civile,  in Rassegna Forense, Riv. trim. C.N.F., Giuffrè, marzo 2003, 3 s.

[10] C.N.F., 29 novembre 2001, n. 250, Pres. Danovi, in Rassegna Forense, in Riv. trim. C.N.F., Giuffrè, giugno 2002, 297; Id., 19 dicembre 2001, n. 304, Pres. Buccico, ivi, 2306.

[11] C.N.F., 29 novembre 2001, n. 265, Pres. Buccico, in Rassegna Forense, in Riv. trim. C.N.F., Giuffrè, giugno 2002, 295. In dottrina, specialmente, v. R. Danovi, Il procedimento disciplinare nell’avvocatura e il giusto processo, in Rassegna Forense, Riv. trim. C.N.F., Giuffrè, marzo 2003, 18, il quale richiama «l’introduzione del giusto processo e, in parallelo, gli interventi delle Corti europee sugli ordinamenti professionali nazionali».

[12] Douglas L. Parker, L’avvocato che impedisce il processo (contempt of court): uno sguardo all’esperienza americana, in Rassegna Forense, Riv. trim. C.N.F., Giuffrè, giugno 2002, 249 sull’«atteggiamento dell’avvocato (o di un certo tipo di avvocato», anche se la disamina ha principalmente ad oggetto il soggetto «che approfitti dei problemi strutturali del sistema e in particolare della carenza di risorse giudiziarie allo scopo di impedire lo svolgimento del processo e l’attuazione del diritto».

A proposito di “impedimento“: v.  Cass., sez. II, sent. 21 luglio 2023, n. 31789, in Norme & Trib., 21 luglio 2023: L'imputato che si reca volontariamente all'estero impedendo che vada a buon fine la notifica al domicilio eletto è dichiarato assente e non ha diritto alla rimessione in termini se era a conoscenza del procedimento.

[13] Sul fatto che l’«omissione si sarebbe tradotta in un non liquet sul tema dell'affermazione di responsabilità del ricorrente», v. Cass., sez. II, sent. 21 luglio 2023, n. 31790, in Nome & Trib., 21luglio  2023, che nell’occasione evidenzia (per il reato di oltraggio del magistrato in udienza, del P.M.) «Dalla lettura della sentenza della Corte territoriale risulta, infatti, che il ricollegarsi da parte dell'imputato alle frasi oltraggiose pronunciate dal coimputato non si esaurì soltanto nell'enfasi dei toni e, dunque, nelle modalità enfatiche dell'arringa, a cui seguì - per come prospettato dal ricorrente - un'autonoma «minaccia» di esercitare l'azione disciplinare, ma si sostanziò, invece, in un'accusa di sconoscere i principi basilari del diritto, per come ricavato, in modo continente, dalle espressioni in quella sede profferite e riportate dalla Corte di appello ad esplicitazione del percorso motivazionale («Tutte le filosofie che fa il pubblico ministero si scontrano con un principio che è rodato e che io l'ho studiato al primo anno di università..».. «...il 1488 lei lo deve studiare, non io...»...«è sufficiente fare una ricerca su internet, collegarsi, per questo negligenza ed imperizia»)…il riferire il mancato possesso di conoscenze basilari del diritto e invitare il magistrato inquirente a tornare a studiare la questione controversa, unitamente alla contestazione, senza alcun rispetto del limite della continenza, di essere ignorante, negligente ed imperito, integra il reato contestato (v. pag. 6)...sono tali espressioni che risultano lesive della onorabilità del magistrato… La Corte di appello, quindi, per come affermato dalla sentenza della Sesta sezione, ha chiarito, con motivazione congrua, come il ricorrente dovesse considerarsi responsabile delle offese rivolte al magistrato in udienza non per i toni o le modalità enfatiche dell'arringa, ma «per l'obiettiva capacità delle sue frasi pronunciate a ledere l'interesse giuridico protetto che si identifica con il rispetto dovuto alle funzioni giudiziarie esercitate da un magistrato in quel contesto funzionale» (l’uso del corsivo è nostro).

D’altra parte, Avvocati: si può dire al collega «non fare il bambino», a cura di M.Crisafi, in  Norme & Trib., 28 aprile 2023; dire al collega di controparte «non fare il bambino» non è sanzionabile. Così il Consiglio nazionale forense nella sentenza n. 237/2022 (pubblicata il 25 aprile 2023 sul sito del codice deontologico) “scagionando” un avvocato che all’esito di un’udienza piuttosto animata, aveva usato quest’espressione in dialetto (“un fari u picciriddu”) trattenendo il collega per un braccio.

[14] C.N.F. 25 settembre 2002, n 146, Pres. Alpa,  in  Rassegna Forense, Riv. trim. C.N.F., Giuffrè, marzo 2003, 123, secondo cui pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che nella sua qualità di difensore d’ufficio non compaia nell’udienza dibattimentale di due procedimenti.

[15] Il punto critico è messo in luce da Caporotundo, Presunzioni legali e onere della prova nel processo penale, cir., 3 s.: «L’onere della prova è solitamente considerato estraneo al processo penale…Non pare particolarmente efficace la critica che conclude per l’inesistenza di un onere formale della prova all’interno del processo penale, basandosi sul fatto che non solo l’imputato, ma anche il pubblico ministero e persino il giudice potrebbero introdurre elementi di prova in favore dell’imputato: un ragionamento di questo tipo muoverebbe dal presupposto che si possa avere onere formale della prova solo a condizione che possa dare prova di un fatto solo la parte che intenda farlo valere in giudizio, e cioè quella che lo abbia per questo motivo introdotto ». Sulla norma costituzionale, v., da ultimo,  A. Pagliano, La declaratoria sugli effetti civili in caso di estinzione del reato: la sentenza della Corte costituzionale e il caso Pasquini della Corte europea. La presunzione di non colpevolezza non allarga i suoi orizzonti?, in Arch. pen., 3luglio 2023.

[16] (il corsivo è nostro) C.N.F., 8 novembre 2001, n. 277, Pres. Galati,cit. Legittima la ripetizione da parte dell'avvocato delle somme per l'espletamento di prestazioni professionali che si pongano in stretto rapporto di dipendenza con il mandato relativo alla difesa o alla rappresentanza giudiziale. Lo chiarisce la Cassazione con ordinanza n. 21908/23 (Cass., civ., sez. II, ord. 21 luglio 2023, in Norme & Trib., 21 luglio 2023, Avvocati: legittima la pretesa per prestazioni in stretto contatto con il mandato alla difesa,a cura di G. Piagnerelli).