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AVV. ANTONELLA ROBERTI

NEWS DI GIUGNO 2023

 

NEWS DALL'UE SULL'AMBIENTE

A cura di Federica De Rose, Redazione Foroeuropa

 

LEGGE SUL RIPRISTINO DELLA NATURA UE: CONTINUA LO SCONTRO COMMISSIONE E GRUPPI DELL’EUROPARLAMENTO.

Il prossimo 5 luglio la Commissione pubblicherà la nuova proposta della Nature Restoration Law, per tentare di preservare e migliorare la qualità dei suoli del continente, attraverso obiettivi vincolanti sui livelli di inquinamento e sul degrado dei suoli.

La proposta continua tuttavia ad essere fortemente contrastata dai Gruppi parlamentari (come il PPE), che antepongono agli obiettivi gli interessi dell’agribusiness e il modello stesso di produzione industriale in ambito agricolo e di allevamento.

I punti più avversati dagli oppositori (i grandi sindacati dell’agribusiness) della prima proposta della Commissione erano: il ripristino di almeno il 20% dei suoli europei entro il 2030 per poi salire al 100% entro il 2050, target specifici per gli impollinatori e obbligo di tagliare del 50% l’uso di pesticidi.

Attualmente il voto in commissione ambiente è finito pari; se anche il voto in plenaria, previsto per il 10 luglio, dovesse dire di no, la proposta sarebbe automaticamente bocciata. 

fonte:rinnovabili

 

L'IMPATTO SULLA BIODIVERSITÀ PROVIENE SOPRATUTTO DALLA SPECIE UOMO.

"Gli esseri umani sono emersi come il predatore più straordinario del pianeta, facendo cose che altri predatori non fanno, uccidendo o catturando per ragioni diverse dal nutrirsi, oltre a mettere in pericolo contemporaneamente migliaia di specie di prede": così afferma il ricercatore canadese  Chris  Darimont dell’University of Victoriae della Raincoast Conservation Foundation, che insieme ad altri studiosi ha formato un team internazionale, che ha pubblicato (su Communications Biology) il recente studio "Humanity’s diverse predatory niche and its ecological consequences".

Lo studio ha dimostrato che "oltre un terzo di tutte le specie di vertebrati sulla Terra sono utilizzate dalle persone e questo sta causando impatti sproporzionati sugli ecosistemi e sui servizi benefici che la natura fornisce agli esseri umani".

L'impatto sulla biodiversità dell'essere umano è fino a 300 volte maggiore di quello dei principali predatori; secondo i ricercatori "a differenza di altri predatori che cacciano le prede per il cibo, gli umani hanno una vasta gamma di altri utilizzi per gli animali, come animali domestici, cibo, vestiti, per la ricerca o la caccia ai trofei…La cattura di animali terrestri per il commercio di animali da compagnia supera di gran lunga il numero degli utilizzi alimentari di quasi due a uno".

Per lo studioso del team Cooke "la selezione innaturale di animali da parte dei predatori umani potrebbe portare a una serie di ripercussioni sugli ecosistemi. Dalla potenziale perdita di grandi dispersori di semi come il bucero dall’elmo, a megaerbivori come il rinoceronte nero, a predatori migratori come i grandi squali".

Per il team ora "c’è un urgente bisogno di politiche e azioni di conservazione per proteggere i vertebrati" e ha identificato le specie che sono sovrasfruttate e svolgono anche ruoli unici negli ecosistemi. Gli scienziati affermano che "potremmo imparare molto da esempi di relazioni a lungo termine tra gli esseri umani e le loro prede, come la pesca dell’aringa del Pacifico, che è stata sostenibile per migliaia di anni prima del sovrasfruttamento industriale".

L'ultima speranza per proteggere il 30% del pianeta entro il 2030 è riposta nei prossimi impegni internazionali, che secondo il team "possono aiutare a fare più spazio alla natura. Inoltre, come gestire o ridurre l’impatto dell’uomo sulle specie è stato oggetto di recenti negoziati nell’ambito della Convention on biological diversity".

fonte:greenreport

 

LE POPOLAZIONI AUTOCTONE COME LE FORMICHE CI AIUTANO A VALUTARE LA QUALITÀ AMBIENTALE DELLE NOSTRE CITTÀ.

La Citizen Science, ricerca scientifica condotta con la partecipazione non solo dei professionisti, ma del pubblico in generale, produce diversi progetti, anche quelli sulla biodiversità e sulla qualità ambientale; uno di questi è "School of ants: a scuola con le formiche" (nato nel 2012 e portato avanti in particolare dal Laboratorio di Etologia, Ecologia e Sociobiologia degli Insetti dell’Università degli Studi di Parma), che, attraverso la raccolta delle formiche e lo studio sul loro stato,  monitora fenomeni come la diminuzione delle specie autoctone, l’avanzata di quelle invasive e la crisi climatica; mira a valutare gli effetti delle attività umane sulla biodiversità urbana.

L'obiettivo principale del progetto è quello di censire le specie che abitano i centri urbani; le formiche, come oltre 14.000 specie sul pianeta ubiquitarie, diversificate e sensibili al disturbo antropico, vengono usate come indicatori biologici, poiché svolgono importanti ruoli ecologici, migliorando la qualità del suolo, aiutando nella dispersione dei semi, contribuendo al riciclaggio dei composti organici e allo smaltimento dei rifiuti.

In Italia (terza in Europa dopo la Grecia e la Spagna a detenere la maggior biodiversità) esistono oltre 267 specie di microfauna, tra quelle tipicamente nordeuropee, quelle endemiche delle isole, e una decina di specie alloctone; mentre sono 24 le specie presenti nel nostro Paese attualmente considerate minacciate e inserite nella lista rossa della IUCN; una curiosità: nel 2021 è stata scoperta una nuova specie di formica trovata in Sicilia e pubblicata su Zoological Journal of the Linnean Society .

L'attività dello "scienziato" non professionista richiesta dal progetto è quella di scaricare una scheda per costruire il kit di raccolta, leggere le indicazioni per eseguire il campionamento delle specie, individuare una o più zone idonee (un giardino, un cortile, un parco cittadino ) e spedire il tutto in una busta ai ricercatori del laboratorio di Parma, i cui scienziati ,dopo avere analizzato i campioni, invieranno a ogni partecipante una lista delle specie raccolte, con le specifiche sulle principali caratteristiche biologiche ed ecologiche delle specie trovate.

La ricercatrice del laboratorio di mirmecologia dell'Università di Parma e coordinatrice del progetto Cristina Castracani: "Una prima parte del progetto l’abbiamo trascorsa con le classi, fase fondamentale che ci ha permesso di scoprire la necessità sempre più presente da parte dei docenti di insegnare le materie scientifiche in modi diversi coinvolgendo gli studenti in azioni dirette...Le formiche si sono rivelate un soggetto fortemente multidisciplinare, perché permettono agli insegnanti di spaziare dalla biologia, all’educazione civica e alla lingua inglese. Adesso la nostra frontiera è l’extreme citizen science, dove si coinvolgono gli e le studenti lungo tutte le fasi del processo scientifico con l’obiettivo di portarli a formulare loro stessi delle domande scientifiche alle quali poter rispondere seguendo il metodo School of ants…Ne è stata d’esempio una scuola elementare, dove i bambini si sono domandati se nell’area vicino ai bidoni della spazzatura della mensa vivessero le stesse formiche presenti nel loro cortile".

fonte:scienzainrete

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LA PRESENZA DI PLASTICHE E MICROPLASTICHE NELL'AMBIENTE HA ORMAI SUPERATO IL LIMITE; PER IL WWF "NON C’È PIÙ TEMPO DA PERDERE".

In occasione della Giornata dell’ambiente, Wwf ha presentato l'ultimo report "Plastica: dalla natura alle persone. È ora di agire", in cui conferma che l’Italia è tra i peggiori Paesi inquinatori che si affacciano sul Mediterraneo (per esempio ogni anno gettiamo 4mila tonnellate di plastica solo con il consumo degli spazzolini da denti, che non vengono riciclati e non contribuiscono a creare nuovi oggetti) e chiede al governo di non attenersi al solo riciclo degli imballaggi, ma di estendere la raccolta differenziata, che dovrebbe essere gestita in maniera più efficace ed efficiente, essere coordinata e integrata, coinvolgendo tutti gli attori  e agendo in tutte le fasi, dalla produzione, all'impiego e infine allo smaltimento.  

Questo non solo accrescerebbe l'economia circolare, ma soprattutto accelererebbe la transizione verso stili di vita e dinamiche socioeconomiche più sostenibili; Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità del Wwf Italia: "…Per questo vogliamo muovere alle istituzioni richieste più ambiziose. Non c’è più tempo da perdere".

Ogni anno nell'ambiente marino e terrestre entrano più di  40 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica; attualmente la produzione di plastica è responsabile di circa il 3,7% delle emissioni globali di gas serra e si prevede che questa percentuale possa aumentare fino al 4,5% entro il 2060.

Conclude Eva Alessi: "L’obiettivo comune è porre fine all’inquinamento da plastica entro il 2040 e per raggiungerlo è urgente l’adozione da parte delle nazioni del mondo di un Trattato globale sulla plastica, in accordo con il mandato stabilito nella risoluzione del marzo 2022 dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unea) perché i danni all’ambiente causati dalla plastica e dalle sostanze chimiche ad essa associate sono di portata planetaria e trascendono i confini nazionali, avendo effetti sulla salute del pianeta e delle persone di tutto il mondo".

fonte: geagency

 

IL MERCATO DI  KANTAMANTO, (GHANA) UNO DEI MERCATI DI ABBIGLIAMENTO DI SECONDA MANO PIÙ GRANDI DEL MONDO, È DIVENTATO LA MEGA DISCARICA DEI VESTITI USATI E INVENDUTI DELL'EUROPA: SI PARLA GIÀ DI DISASTRO AMBIENTALE.

Il fenomeno del riciclaggio dei vestiti usati o invenduti oggi ha preso una direzione tutt'altro che sostenibile. Quando pensavamo di svolgere un'azione giusta e pro-ambiente buttando i nostri indumenti dismessi, o anche nuovi, negli appositi cassonetti, in realtà, si è scoperto, che arrivano a milioni (oltre 15 milioni) ogni settimana all'enorme mercato di abbigliamento di Kantamanto, (Ghana), ma solo un terzo viene riciclato, il resto va smaltito.

La discarica legale di Adepa, 50 km a nord di Kantamanto, riesce a gestire solo il 30% del totale dei rifiuti di abbigliamento che arrivano sul mercato locale (tra il 2010 e il 2020 almeno dieci discariche legali hanno dovuto chiudere per aver raggiunto il limite di capienza); il restante 70%, come svelato sul Guardian, "finisce in fossati e scarichi, rilasciando coloranti in mare e fiumi, e coprendo le spiagge con vasti grovigli di vestiti", causando una vera e propria "catastrofe ambientale" per la biodiversità marina e arrecando enormi danni alle attività di pesca fondamentali per quel Paese.

Ecco dunque la denuncia dei commercianti di Kantamanto, che sono arrivati fino a Bruxelles per incontrare le autorità Ue, proponendo di introdurre delle misure per garantire che le imprese europee del settore tessile paghino il giusto per i rifiuti che creano  anche al di fuori del blocco; ad oggi risulta che i commercianti di Kantamanto ricevono dai produttori di abbigliamento circa 0,06 centesimi di euro per ogni articolo che trattano, mentre chiedono che l'Ue  fissi una soglia minima obbligatoria di 50 centesimi per articolo e che le imprese Ue si prendano l'onere di bonificare le discariche e  quindi  di ridurre il danno ambientale.

fonte: europa.today

  

IL PARADOSSO DELLE AZIENDE REALMENTE SOSTENIBILI CHE TEMONO DI ESSERE ACCUSATE DI GREENWASHING E  PERDERE CLIENTI: SI CHIAMA GREENHUSHING.

Il greenhushing è un neologismo che indica la propensione da parte delle "aziende impegnate nella sostenibilità a pubblicizzare in modo limitato, o addirittura non comunicare affatto, il proprio impegno e i propri risultati", perché temono di essere accusate di greenwashing e poi perdere clienti.

Questa tendenza oggi si rileva molto negativa, sopratutto perché, secondo Up2You Insight (una startup greentech e B Corp certificata che permette alle aziende di ridurre il proprio impatto ambientale):

- rende difficile il monitoraggio dei progressi compiuti nella transizione verso modi di produzione e consumo più sostenibili;

- evita la comparazione tra le aziende, che potrebbe invece generare un circolo virtuoso di miglioramento continuo per contrastare il surriscaldamento globale;

- aumenta il rischio di non essere scelti dai consumatori che considerano la sostenibilità un fattore decisivo nell'acquisto. Ma questo silenzio ha un impatto negativo sul mercato perché rende difficile capire le reali dimensioni della sostenibilità.

Up2You Insight ha analizzato le aspettative dei consumatori: il 50% pensa che sia il singolo a fare la differenza nella lotta al cambiamento climatico, l’80% si aspetta che siano le aziende a cambiare diventando più sostenibili, il 60% sospetta le aziende di fare greenwashing, in quanto legate esclusivamente al profitto.

Secondo il Global Sustainable Investment Review 2020, nel periodo 2018-2020 l’investimento delle aziende in sostenibilità è cresciuto del 15% (35.300 miliardi di dollari in tutto il mondo); tuttavia, secondo il report Global Strategic Insights 2022, solo il 19% degli acquirenti di prodotti di largo consumo sa con certezza quale sia un marchio concretamente impegnato nella sostenibilità.

Per trovare un sistema che riporti realmente le aziende sostenibili ad un livello di fiducia e di credibilità, è necessaria "una comunicazione trasparente, certificazione dei progetti di sostenibilità, fornire dati precisi ed esempi concreti documentati, mostrare chiarezza delle strategie e dei piani".