A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

PROCESSO PENALE, NEL SEGNO DELLA C.D. RIFORMA CARTABIA: DALLA NASCITA DELLA NOTIZIA DI REATO REGISTRATA, ALLE INDAGINI PRELIMINARI (BREVITER), NEL QUADRO DI UN DISEGNO ANTICELEBRATIVO 

 Autore: Prof. Avv. Carlo Morselli

 

Sommario: 1. Dalla notizia extra formam a quella registrata quale notizia di reato - 2. Il prospettato allineamento sistematico - 3. Le indagini preliminari 4. Il disegno anticelebrativo.

 

1. Dalla notizia extra formam a quella registrata quale notizia di reato

La notizia di reato, originariamente, contiene una materia informe. Nel passaggio all’omonimo registro ex art. 335 c.p.p.  cede il suo carattere extra formam, per ricevere il crisma di illecito penale ed acquistare, quella notizia, una veste ufficiale. Interviene una proprietà transitiva, quella di una relazione fra soggetti: con l’iscrizione della persona nel registro delle notizie di reato la stessa viene pre-incriminata, in quanto sottoposta ad un carico indiziario e quale prodotto della c.d. riforma Cartabia[1].

Si tratta di un corollario, quello della correlazione fra notitia criminis registrata e il soggetto passivo, che figura nell’esergo di quel registro come formalmente “incriminato“, appunto per un fatto penalmente rilevante, vietato da una disposizione penalistica.

Bisogna preservare la notizia di reato - che è intervenuta - (recependola) in un corpus che le assicuri una relativa fissità: scripta manent, verba volant (per denotare la prevalenza della scrittura sull’oralità).

Al pari di un enunciato normativo deve essere consultabile l’episodio narrato, che risulti non più fluido ma in un testo letterale stabilizzato.

Si tratta, così, di registrare la notizia delittuosa, cioè trattarla formalmente e ufficialmente, innestandola, appunto, in un registro ove viene “depositata“.

Inquadramento quale nomen criminis  e trattamento quale modus procedendi: sono le due sfere di appartenenza, le due coordinate di materia e iter.

Una volta veicolata e annessa la notizia nel registro di reato, e non purgata  (esclusa, come per il fenomeno della c.d. cestinazione), interviene la reductio ad unum, però, e diritto penale materiale e processuale appaiono complementari e si fondono: e, con l’operazione di iscrizione, alea iacta est, il procedimento penale  è irreversibile. Non si può tornare indietro (reverteris) con l’ablazione (atto uguale e contrario) ma si deve andare avanti e puntare ad una pronuncia sull’originaria annessione documentale.

È un moto necessario e può assimilarsi a quello di un pendolo, per riassumerlo: bisogna provvedere sulla notizia inizialmente acquisita, di volta in volta controllandola.

Il provvedimento è un responso che provoca la cessazione della pendenza: il pendolo si ferma perché ora l’originaria notizia di reato risulta si registrata che scrutinata.

In questo senso, il registro delle notizie quale impianto ufficiale e  istituto della procedura penale può essere riguardato come una silloge. Il riferimento potrebbe  essere trasferito agli analecta: raccolte di notizia in materia giuridica.

Non esistono, in questo ordine di idee,  notizie di reato “fuori sacco“, al di fuori dei canali ufficiali, lavorate extra schedam.

Al pari della Gazzetta Ufficiale, nel registro si trascrive un atto informativo, ordinatamente e  sine glossa. Si contano così due atti: l’atto di ricezione e l’atto recepito.

 

2. Il prospettato allineamento sistematico

Quella  notizia - “votata“ dal P.M., assegnata alla registrazione perché autentica notitia criminis - costituisce il presupposto del procedimento penale, abbiamo visto: pedissequamente, l’allineamento sistematico poteva assegnare alla notizia di reato la primazia (e simboleggiare quella notizia l’elemento antesignano degli atti, al pari della praerogativa[2]). Il disegno sarebbe stato coerente, di segno compiuto, per l’opera dei compilatori del Codice di procedura penale.

Il primo atto non è la notizia di reato, bensì la sua ricezione ufficiale, la sua iscrizione in un registro apposito chiamato all’art. 335 c.p.p. «Registro delle notizie di reato“» (denominatio legis).

Prima di questo adempimento (ante tempus) quella notizia vive ab extra ma non può dirsi nondum nata: con la iscrizione diventa sapere ufficiale (in hoc signo), per altro verso, con tale passaggio, tuttavia non diviene sapere comune (con l’indagato, ad esempio)  perché sulla stessa scende un “velo“ (un velo ostativo, che la occulta), risultando inserita nel filone degli «atti…coperti dal segreto» (art. 329, co. 1, c.p.p.).

Bisogna impegnare il dibattimento solo delle notizie di reato fondate, e sottolineando e precisando con l’homo novus che il «dibattimento verte non su una questione finanziaria, ma sulla reputazione e posizione  sociale» dell’assoggettato[3]  (infatti il Petitor era l’attore nella causa civile, l’Accusator in quella penale[4]).

 

3. Le indagini preliminari

La notizia di reato - esposta in sede di narratio [5] - deve essere vagliata, escludendosi che possa procedersi (con l’esercizio dell’azione penale) ex abrupto senza, cioè, aver sottoposto a scrutinio investigativo l’originaria informazione, già penalmente rilevante.

La funzione delle indagini condotte dall’organo del P.M. (insieme alla polizia giudiziaria) ruota su  una verifica approfondita della originaria notizia acquisita, indirizzata allo scopo di controllare, appunto,  la notitia criminis e “giudicarla“, al termine della prima fase, “fondata“ o “infondata“. Nel primo caso (di delibazione positiva) il P.M. promuove l’esercizio dell’azione penale (nei termini temporali stabiliti dall’art. 405, co. 2, c.p.p.), nel secondo richiede l’archiviazione degli atti (art. 408 c. p. p e sempre nei limiti temporali), in linea con le finalità dettate nella norma dell’art. 326 c.p.p.

Corrispondentemente, il P.M. incardina e dirige le indagini ai sensi dell’art. 327 c.p.p. (e «dispone direttamente della polizia giudiziaria», in attuazione del principio costituzionale previsto all’art. 109), convogliandole nel novero della raccolta degli elementi e dei dati di conoscenza.

Tale raccolta - segreta come previsto dall’art. 329 c.p.p. e quindi unilaterale e in assenza del contraddittorio (si parla di riserbo investigativo) - di quanto ricercato e cioè l’individuazione delle fonti di prova, deve essere, oltre che “necessaria“ (in conformità con la direttiva dell’art. 326 c.p.p.: l’inventio, ordinata e selettiva, riguarderà solo elementi pertinenti), pure non superficiale e frammentaria (doppio requisito, positivo e negativo).

L’acquisizione deve svilupparsi in modo perspicuo e completo (come può ricavarsi, indirettamente, dalla disposizione delle indagini disposte dal giudice in sede archiviativa, ai sensi dell’art 409 comma 4 c.p.p.) perché è sulle tavole di siffatto materiale che potrebbe la persona sottoposta alle indagini (o assoggettata alle indagini preliminari) scegliere di «chiedere che il processo sia definito all'udienza preliminare allo stato degli atti» con le forme speciali del giudizio abbreviato (art 438 c. p. p.)[6].

D’altra parte l’indagine, perché ha carattere extraistruttorio (spostata in avanti l’istruttoria, nel giudizio dibattimentale), non deve essere appesantita: piuttosto, (relativamente) veloce e documentata (gli elementi di prova, nel tempo, possono deperire e non  arrivare apud iudicem) al pari della nota “inchiesta“ per il cui espletamento vengono concessi 110 giorni (ridotti dall’accusatore a 50)[7].

 

4. Il disegno anticelebrativo

Si è avvertito o segnalato, all’orizzonte della Riforma Cartabia, che «il legislatore si è mosso con un’unica idea: evitare la celebrazione dei processi (disegno anticelebrativo). In quest’ottica vanno lette tutte le novità.

 

In pratica, l’obiettivo non è la semplificazione dell’iter procedimentale del singolo processo, che, anzi, in alcuni casi è assai più complesso, ma piuttosto “l’abbattimento” del numero dei procedimenti. E proprio sul tema delle indagini…il legislatore invita, quasi ossessivamente, a non mettere in moto il procedimento processuale…Si deve iscrivere di meno»[8].

Se questo è il Novum organum (alla Cartabia), l’impostazione è antica e retriva pure: «per quanto da Roma sia stata bandita…pure la consuetudine di indagare con cura sui reati!»[9].

Emergono, nella nuova impostazione implicitamente per scongiurare una mala gestio dei flussi informativi che veicolano le notizia di reato[10], due parole-chiave: criteri di priorità e selezione (è l’attuale parola d’ordine, ex se preoccupante in quanto incide sulla domanda di giustizia penale). Ma si tratta di una endiadi, ricorrendo a due parole per indicare la stessa categoria[11] che è anche di politica giudiziaria allineata al modus procedendi  del vertice politico.

Non più linee ottative, ma criteri semiautomatici imperativi e  in quantitate.

In ogni caso, si tratta di un disegno accentrato ovvero la trattazione di una materia ritenuta alla fonte e non lasciata alla foce territoriale delle Procure.

Tuttavia, si ammantano di nuovo, mascherandole,  griglie selettive vecchie, cioè  in circolazione in precedenza e in costanza di scarsi bacini di risorse, che con l’implementazione dei fondi europei verrebbero superati. Ovviamente, non può dichiararsi apertis verbis che intende esercitarsi un controllo sulle Procure, quando gestiscono le notizie di reato ritenute “responsabili“ di “ingravidare“ oltremodo gli uffici ed apparati delle Procure nel territorio, ingolfandole con “parti multipli“[12].

 

Prof. Avv. Carlo Morselli, Docente Master in Diritto penale e Procedura penale dell’immigrazione, Università degli studi Guglielmo Marconi-Roma. 

 

[1] Art. 335 c.p.p., 1-bis. Il pubblico ministero provvede all'iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito non appena risultino, contestualmente all'iscrizione della notizia di reato o successivamente, indizi a suo carico [Comma inserito dall'art. 15, comma 1, lett. a), n. 2), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022, ai sensi di quanto disposto dall'art. 99-bis, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 150/2022, aggiunto dall'art. 6, comma 1, D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199].

[2] Come il voto della centuria chiamata per prima a votare [v. M. T. Cicerone, Pro L. Murena Oratio (Arringa in difesa di L. Murena), in Le Orazioni, II, dal 69 al 59 a. C., a cura di G. Bellardi, 1981, 850-851]. In occasione dei comizi centuriati, si tirava a sorte l’assegnazione della tribù che doveva iniziare la votazione e la centuria che votava per prima si era chiamata praerogativa.

Ai nostri fini (l’essere la notizia di reato registrata il primo atto che segna la serie, chiamata a delibarla con le indagini: ecco il parallelismo), rileva che il suo voto era espressione di una “direzione“, in quanto ad esso si uniformavano per lo più le altre (tribù), e così aveva carattere predittivo  del risultato finale.

Potere di “voto“ e di “veto“ - si aggiunga - sintetizzano l’alternarsi degli interventi., sulla notizia di reato, dei due magistrati, del P.M. e del G.I.P., il secondo con il suo potere correttivo della c.d. retrodatazione (ora solo accennata: v. art. 335 quater c.p.p.).

[3] M. T. Cicerone, Pro Publio Quinctio Oratio (Arringa in difesa di Publio Quinzio), in Le Orazioni, I, dall’81 al 70 a. C., a cura di G. Bellardi, Torino, 1978, 140-141: «Iudicium esse, C. Aquili, non de re pecuniaria, se de fama fortunisque P. Quincti vides» (Tu vedi, G. Aquilio, che l’attuale dibattimento verte non su una questione finanziaria, ma sulla reputazione e posizione sociale di P. Quinzio).

[4] Cicerone, Pro Publio Quinctio Oratio (Arringa in difesa di Publio Quinzio), in Le Orazioni, I, dall’81 al 70 a. C., cit.,  148-149: «Possumus petitoris personam capere, accusatoris deponere?» (Possiamo assumere la parte di attore e lasciare quella di accusatore?).

[5] Nelle orazioni - Cicerone ad esempio, ma pure Q. Ortensio Ortalo, dominatore dei tribunale (dominati in iudiciis) fin dal 95 a. C., poi in declino con l’ascesa dell’homo novus - si inseriva lo schema delle partitiones: l’inizio (exordium), l’esposizione dei fatti (narratio), la conclusione (peroratio).

[6] Sembra una richiesta imperativa, visti gli automatismi applicativi scanditi dall’art. 438 cit.: «4. Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza con la quale dispone il giudizio abbreviato». Si parla di « diritto potestativo…Per questa via il principio di completezza delle indagini acquista ben altra pregnanza: le investigazioni devono…essere svolte in modo esaustivo, a tal punto da poter   reggere un accertamento sul merito dell’imputazione» (Le indagini preliminari, in A. Camon-M. Daniele-D.Negri-C.Cesari-M.L.Di Bitonto-P.P. Paulesu, Fondamenti di Procedura penale, Padova, Cedam, 2021, 394).

Per la manualistica di P. Tonini-C.Conti, Manuale di procedura penale, XXIII ed., Milano, Giuffrè, 18 luglio 2022, 655: «Il principio di completezza delle indagini trova perfetta rispondenza nella disciplina dell’archiviazione, laddove…è previsto un controllo del giudice che può spingersi fino a ordinare al pubblico ministero di svolgere  ulteriori indagini e nell’analoga disciplina prevista in relazione all’udienza preliminare». Specialmente, v. C. Valentini, La completezza delle indagini, tra obbligo costituzionale e (costanti) elusioni della prassi, in Arch. pen., 2019, n.3, 1 s.

[7] Il riferimento è alla celebre indagine, sostenuta da Cicerone contro Verre: vengono concessi 110 giorni per condurre la sua “inchiesta“, per individuare testimoni e documenti da portare in tribunale, V. In Verrem actio prima, in Le Orazioni, di M. T. Cicerone, I, dall’81 al 70 a.C., cura di Bellardi, Torino, 1994, 440: «Quando a me, signori giudici, ho assunto in questa causa la funzione di accusatore…È per questo che, tenendo conto della mia richiesta di un brevissimo spazio per svolgere le mie indagini in Sicilia…io in 50 giorni ho percorso l’intera Sicilia prendendo conoscenza dei documenti pubblici e privati comprovanti le illegalità compiute a danno delle comunità che dei privati» (Huic ego causae, iudices actor accessi…Itaque cum ego diem inquirendi in Siciliam perexiguam postulavissem…ego in Siciliam totam quinquaginta  diebus sic obi ut omnium  populorum privatorumque litteras iniuriasque cognoscerem).

[8] Cfr. R. Aprati, Le nuove indagini preliminari fra obiettivi deflattivi ed esigenze di legalità, in Giust. Ins., 20 dicembre 2022.

[9] Cicerone, Pro Sex. Roscio Amerino Oratio (Arringa in difesa di Sesto Roscio Amerino), in Le Orazioni, I, dall’81 al 70 a. C., cit.,  198-199: «tametsi  non modo ignoscendi ratio, verun etiam cognoscendi consuetudo iam de civitate sublata est» (per quando da Roma sia stata bandita non solo la nozione di perdono, ma pure la consuetudine di indagare con cura sui reati!).

[10] Qui dicit de uno negat de altero: si innova in quanto il sistema precedente è antiselettivo e non si pone il problema della gestione del carico delle notizia di reato.

[11] Se così è si incorre nello stesso vizio che vuole censurarsi, delle notizie di reato in abbondanza.

Il nuovo ordine, nel breviloquio, potrebbe tradursi così: se sono due, una viva l’altra perisca. Così nel linguaggio dell’Esodo, Oppressine degli Ebrei: «Il re d’Egitto disse alle levatrici degli Ebrei…”Quando assistete le donne ebree durante il parto, osservate bene fra le due pietre: se uno è maschio, fatelo morire, se è femmina, potrà vivere“. Ma le levatrici…no  fecero come aveva loro comandato il re d’Egitto e lasciarono vivere i bambini» (Es., 15-18).

Come per il faraone, sta ora alle Procure “Interpretare“ il comando della legge, pedissequamente o meno.

[12] Espressione evocativa del divieto dei cc.dd. soccorsi multipli dei migranti naufraghi (soccorsi possibili se selettivi), avendo in comune con il nostro tema la parola “flussi“: in materia v., criticamente, L. Masera, Il d.l. Piantedosi sulle operazioni di soccorso in mare: l’ennesimo tentativo di impedire ciò che il diritto internazionale impone e il problema della depenalizzazione come fuga dalla giurisdizione, in Sist. pen., 13 febbraio 2023, sulla conversione in Parlamento del decreto-legge n. 1/2023 (“disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori”), con cui il Governo, di nuovo,  regolamenta ed “imbriglia“ le attività delle ONG che svolgono operazioni di search and rescue (SAR) nelle acque del Mediterraneo centrale. Si tratta di navi umanitarie, di salvataggio di vite umane. Altresì, ed anche ironicamente, v. C. Morselli, Lanciato l’ostracismo alle ONG: alla deriva? Il salvataggio in mare ammesso solo ratione numeris, dopo il primo cetera tolle: il disvalore dell’inedito ”atto di desistenza“ per decreto legge (2.1.2023,n.1, G.U., s.r., 2.1.23,n. 1), in Foroeuropa, 2023.