A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

PER IL CONSIGLIO UE VOTO AD UNANIMITÀ O A MAGGIORANZA QUALIFICATA? UNA DIATRIBA TORNATA DI RECENTE ALLA RIBALTA.

Autore: Prof. Claudio De Rose, Direttore e coordinatore scientifico

 

1.- L’argomento nelle sue linee generali.

L’argomento è tornato alla ribalta verso la metà del 2022 quando diversi leader europei, tra cui la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e l’allora Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, si sono pronunciati per il superamento del principio dell’unanimità nelle determinazioni dell’Unione. E per l’adozione generalizzata, in sua vece, del principio della maggioranza qualificata.

Va subito chiarito che la questione non concerne né le determinazioni della Commissione né quelle del Parlamento europeo, ma esclusivamente quelle del Consiglio europeo e del Consiglio (di seguito indicati entrambi con l’espressione “Consiglio”).

Ed infatti, per quel che riguarda il Parlamento, quest’ultimo, come è proprio delle Assemblee di eletti, rappresentative della volontà e degli interessi dei propri elettori, delibera a maggioranza dei suffragi espressi, come specificato dall’art.231 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (in seguito TFUE). Il secondo alinea di detto articolo precisa che il regolamento interno (sottinteso del Parlamento) “fissa il numero legale”. E la disposizione deve intendersi riferita tanto al quorum delle presenze necessarie per la votazione quanto al quorum richiesto per la validità delle votazioni.

Pe quanto concerne la Commissione, le sue deliberazioni vengono prese a maggioranza del numero dei suoi membri. (art.250 TFUE).

Invece, per il Consiglio, oltre al voto a maggioranza qualificata, è previsto, per talune materie, il voto all’unanimità, per cui, come si diceva, la disputa sul superamento o meno di quest’ultimo concerne esclusivamente il Consiglio.

 

2.- Le materie per le quali è prevista la votazione all’unanimità da parte del Consiglio.

In particolare, come si legge in “Sistema di voto – Consilium.europa.eu” (https://www.consilium.europa.eu>voting-system), il Consiglio deve votare all’unanimità su una serie di questioni considerate sensibili dagli Stati membri. Ad esempio:

-politica estera e di sicurezza comune (esclusi alcuni casi ben definiti che richiedono la maggioranza qualificata, come nel caso della nomina di un rappresentante speciale);

-cittadinanza, con riferimento alla concessione di nuovi diritti ai cittadini UE;

-adesione di un nuovo Stato all’Unione europea;

-armonizzazione della legislazione nazionale in materia di imposte indirette;

-finanze UE (risorse proprie, quadro finanziario pluriennale);

-alcune disposizioni in materia di giustizia e affari interni (Procura europea, diritto di famiglia, cooperazione di polizia a livello operativo, ecc.);

-armonizzazione della legislazione nazionale in materia di sicurezza sociale e protezione sociale.

Inoltre, il Consiglio è tenuto a votare all’unanimità per discostarsi dalla proposta della Commissione quando quest’ultima non è in grado di accettare le modifiche apportate alla sua proposta. Tale norma non si applica agli atti che il Consiglio deve adottare su raccomandazione della Commissione, ad esempio nel settore del coordinamento delle politiche economiche.

In caso di voto all’unanimità, l’astensione di per sé non impedisce l’adozione di una decisione. Quest’ultima, tuttavia non viene adottata qualora l’astensione riguardi almeno un terzo degli Stati membri che totalizzano almeno un terzo della popolazione dell’Unione (art31, par.1 del Trattato sull’Unione europea (in seguito TUE).

 

3.- Elementi conoscitivi della maggioranza qualificata.

Appare utile indicare per sommi capi alcuni elementi conoscitivi della maggioranza qualificata, quale disciplinata dai trattati, per comprendere meglio le ragioni a cui si appellano le tesi favorevoli o contrarie al superamento del voto all’unanimità e, quindi, all’applicazione generalizzata, da parte del Consiglio, della maggioranza qualificata medesima.

Anche in questo caso ci si avvale della fonte informativa dell’Unione, reperibile al link https://www.consilium.europa.eu<7it/cpncil-eu/voting-system/qualified-majority.

Da tale fonte si desume che, nei casi in cui è previsto il voto a maggioranza qualificata (ad esempio quando il Consiglio vota su una proposta della Commissione o dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza), detta maggioranza è raggiunta se sono soddisfatte contemporaneamente due condizioni:

  • Il 55% degli Stati membri vota a favore (in pratica ciò equivale a 15 paesi su 27;
  • gli Stati membri che appoggiano la proposta rappresentano almeno il 65% della popolazione totale della UE.

Questa procedura è nota anche come regola della “doppia maggioranza”, della quale il Consiglio fa ampio uso, ad esempio anche  quando adotta decisioni nell’ambito della procedura legislativa ordinaria, nota anche come “codecisione”, di cui l’altro partner è il Parlamento europeo. Circa l’80%ndi tutta la legislazione UE è adottato secondo tale procedura.

E’ prevista la possibilità di una minoranza di blocco impeditiva del raggiungimento della maggioranza qualificata. Tale minoranza si forma quando almeno quattro membri del Consiglio esprimono voto contrario, ma quando tutti gli Stati membri tranne tre votano a favore la maggioranza qualificata si considera ugualmente raggiunta, anche se i 24 Stati membri che votano a favore rappresentano meno del 65% della popolazione totale.

E’ prevista, altresì, una maggioranza qualificata rafforzata, che può verificarsi quando il Consiglio vota una proposta che non è stata presentata dalla Commissione o dall’alto rappresentante. In tali casi la maggioranza qualificata è raggiunta se sono soddisfatte contemporaneamente due condizioni:

-almeno il 72% degli Stati membri vota a favore (in pratica ciò equivale ad almeno 20 Paesi su 27;

-gli Stati membri che appoggiano la proposta rappresentano almeno il 65% della popolazione dell’Unione europea.

 

4.- Gli argomenti pro o contro l’abolizione del voto all’unanimità.

Coloro che propugnano l’abolizione del voto all’unanimità pongono in evidenza che l’unanimità presuppone la necessità di mettere d’accordo 27 Stati membri, il che rallenta di molto il processo decisionale e non consente di decidere tempestivamente le misure idonee a fronteggiare emergenze come la pandemia da Covid-19 o un conflitto ai confini dell’Unione, come il conflitto russo-ucraino.

Si tratterebbe, quindi, di un meccanismo anacronistico che in passato ha dato i suoi buoni frutti, quando l’assetto comunitario europeo concerneva un numero ridotto di Stati membri, la cui immagine esterna era di compattezza, nei fini, nei mezzi e nelle decisioni.

L’Europa unita non avrebbe più bisogno di dare ulteriori prove di compattezza, ma avrebbe invece necessità di pervenire con prontezza a determinazioni adeguate all’evoluzione della realtà e innovative, anche nei settori in cui è attualmente è previsto il voto all’unanimità.

All’inverso, la critica principale rivolta al voto a maggioranza qualificata è che la sua applicazione implica inevitabilmente l’obbligo per le minoranze di voto, e cioè per gli Stati che hanno votato contro, di sottostare a quanto deciso senza la loro adesione. Più in generale si afferma che a soffrirne di più sarebbero i piccoli Stati che verrebbero ad avere un ruolo irrilevante rispetto agli Stati più grandi, i quali, attraverso intese dirette, riescono facilmente a soddisfare entrambe le componenti della “doppia maggioranza” (rappresentare almeno il 55% degli Stati membri e almeno il 65% della popolazione europea).

Al che si replica, da parte dei sostenitori della tesi opposta, che lo stato attuale dei rapporti delle Istituzioni UE con gli Stati membri e i rapporti tra questi ultimi, come pure l’assetto dei rispettivi poteri, portano ad escludere senz’altro che nell’Europa unita si verifichi una tirannia della maggioranza a danno delle minoranze. Si legge, anzi, nell’editoriale di Sergio Fabbrini, “La tirannia delle minoranze. Un freno per l’Unione europea, un vantaggio per i sovranisti.” In EUROPE,30 settembre 2020(HTTPS://OPEN.LUISS.IT//CATEGORY/EUROPE/) che ,con l’allargamento del processo di integrazione, siamo scivolati nel pericolo opposto, nel senso che in cruciali politiche pubbliche si è affermata una logica decisionale che promuove una tirannia delle minoranze attraverso il voto all’unanimità. Nel senso che le stesse, con il loro voto contrario, possono impedire determinazioni di estremo rilievo come quella della modifica del regolamento di Dublino in tema di flussi migratori. La modifica è stata proposta dalla Commissione per allentare la pressione dei flussi predetti sui Paesi di primo approdo, rendendo obbligatorio il ricollocamento pro quota dei migranti negli altri Paesi membri. Ma l’iniziativa della Commissione è fallita a causa dell’opposizione dei Paesi del Gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia) a cui si sono aggiunti Austria e Slovenia: il tutto in danno dell’Italia e della Grecia, Paesi di primo approdo, il che non sarebbe successo se si fosse votato a maggioranza qualificata.

Altri esempi sono stati posti in evidenza in materia fiscale. Si veda, al riguardo, l’articolo di Valentino Tamburro, “Ue e Fisco, il voto a maggioranza qualificata come e perché”, pubblicato il 31 dicembre 2008 in FiscoOggi, Rivista online dell’Agenzia delle Entrate (https://www.fiscooggi.it/rubrica/analisi-e-commenti/articolo/ue-e-fisco-voto-maggioranza-qualificata-come-e-perchè). Anche questo Autore rileva che, nel sistema attuale di voto del Consiglio, su talune questioni il voto contrario di pochi Stati lede la volontà degli altri Stati dell’Unione europea, i quali  devono attenersi alle scelte di un gruppo minoritario di Paesi. Ciò a fronte di una situazione della fiscalità nell’ambito del mercato unico che non può non tener conto della tutela della concorrenza per conseguire l’obiettivo di rafforzare la potenza economica dell’Europa unita, a vantaggio del benessere economico dei suoi cittadini.

Di qui una sorta di concorrenza fiscale tra gli Stati membri, soprattutto in materia di imposizioni indirette, e che si concreta in termini di aliquote fiscali, agevolazioni, ecc., in base allo stato di salute dei rispettivi bilanci  pubblici, evidenziato dalle differenze spesso rilevanti del rapporto debito-pil. E’ una situazione che la UE cerca  di riequilibrare il più possibile, soprattutto in materia di IVA, per garantire che nell’ambito del mercato comune anche gli aspetti fiscali di talune operazioni siano regolati secondo un comune denominatore.

Ma, osserva l’A. il voto ad unanimità ostacola ogni iniziativa, perché difficilmente uno Stato vota in favore di una decisione che elimini le agevolazioni fiscali per chi opera nel suo territorio. Come nel caso delle doppie imposizioni generate dal differente  regime speciale IVA  per il settore delle agenzie di viaggio sussistente nei vari Stati, con conseguenti distorsioni nel commercio: al riguardo la Commissione ha invano tentato di armonizzare le imposizioni, perché il Consiglio non è riuscito ad approvare la relativa proposta essendo mancata l’unanimità degli Stati membri votanti.

Un altro esempio citato dall’A. è quello delle “frodi carosello”, per il quale l’eventuale costruzione di un  regime dell’IVA comunitaria che preveda la tassazione nel Paese di origine della merce richiederebbe un accordo e una collaborazione tra i vari Stati per modificare la tassazione basata sul principio del  Paese di destinazione, la cui persistenza a causa del non raggiungimento dell’unanimità sulla modifica non fa che procrastinare nel tempo un problema, che invece dovrebbe trovare una efficiente e rapida soluzione.

 

5.- Quali prospettive ha il superamento del voto ad unanimità?

Si è visto che, nonostante l’attendibilità e la rilevanza delle argomentazioni addotte avverso il permanere del voto all’unanimità, c’è ancora molta resistenza al suo superamento e soprattutto è ancora forte il convincimento del perdurare della validità dell’immagine di compattezza dei Paesi europei, che quel tipo di votazione ha per lungo tempo generato negli osservatori geopolitici.

Non meno rilevante è la tendenza dei Paesi più piccoli a resistere a qualsiasi tentativo di privarli del diritto di veto, che viene ad ess garantito dal voto all’unanimità. Nelle considerazioni pubblicate al riguardo da “ilPOst”, intitolate “Perché in Europa si discute di unanimità” (https://www.ilpost.it/2022/05/14/unanimità-unione-europea/), si legge che in un comunicato pubblicato alla fine della Conferenza sul futuro dell’Europa, un esperimento di “democrazia dal basso” che ha coinvolto migliaia di persone, i governi di Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania, Slovenia e Svezia hanno precisato di essere contrari a “sconsiderate e premature” modifiche dei Trattati, che invece sono auspicate in più punti delle raccomandazioni finali della Conferenza.

Tuttavia, la strada  del superamento è intrapresa ed infatti – come si legge nello scritto pubblicato di recente da EURACTIV  (https:euractiv.it/section//futuro-delleuropa/news/il-consiglio-starebbe-violando-i trattati-riguardo-alla-procedura-di-riforma/)- nel giugno 2022, a seguito della citata Conferenza sul futuro dell’Europa, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione ex art.48 TUE che propone modifiche specifiche dei Trattati, tra le quali il superamento dell’unanimità a favore del voto a maggioranza qualificata anche attraverso emendamenti specifici agli art. 29 e 48 TUE, e contemporaneamente chiede al Consiglio europeo di convocare una Convenzione per la riforma dei Trattati.

La proposta è stata appoggiata dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen nel suo discorso sullo stato dell’Unione. Tuttavia, il Consiglio non ha presentato la proposta al Consiglio europeo, né l’ha notificata ai parlamenti nazionali, il che potrebbe indurre il Parlamento europeo a ricorrere alla Corte di giustizia dell’UE contro il Consiglio, per non aver adempiuto all’obbligo di presentare le proposte al Consiglio europeo e di notificarle ai Parlamenti nazionali.

Tale eventualità, pur ritardando ulteriormente la procedura di revisione dei Trattati, come si teme nello scritto citato, tuttavia richiamerebbe l’attenzione generale sull’attualità delle riforme dei Trattati, in particolare sul superamento del voto all’unanimità in favore del voto a maggioranza qualificata.

In realtà, sia il diffondersi del problema nel dibattito generale, sia la progressiva sensibilizzazione sullo stesso delle varie Istituzioni europee non può che giovare alla sua soluzione in senso favorevole al superamento.

Purtroppo i tempi lunghi sono scontati, dal momento che al superamento non può che pervenirsi attraverso il voto all’unanimità, per cui occorre un’ampia maturazione della soluzione a livello politico.

Probabilmente, i tempi si accorcerebbero se anzichè puntare sul superamento in assoluto si puntasse su un superamento parziale e graduale, proponendolo inizialmente nelle materie in cui dovrebbe esservi minore sensibilità degli Stati membri al mantenimento del voto all’unanimità. Ad esempio, in tema di armonizzazione della legislazione nazionale in materia di imposte dirette, per il quale, come si visto al paragrafo 5, occorrono soluzioni immediate che interessano, in una certa misura tutti gli Stati membri, per cui sarebbe più sicuro pervenire alle stesse col voto a maggioranza.

Lo stesso sembra potersi dire a proposito delle determinazioni da prendere  da parte del Consiglio in tema di finanze UE, in cui è ampio e diffuso l’interesse degli Stati membri a decisioni immediate, per garantire alla UE le disponibilità necessarie per finanziare i contributi che essa destina annualmente alle iniziative e ai programmi di interesse nazionale dei vari Stati membri.

Il superamento dovrebbe essere agevole anche con riferimento alle determinazioni del Consiglio in merito alla giustizia e agli affari interni, in cui, a ben vedere, il passaggio alla votazione a maggioranza qualificata non dovrebbe essere avversato da nessuno degli Stati membri.

Nelle more del procedimento di modifica si  potrebbe anche pensare ad un meccanismo che, a norme invariate, renda meno rigido il voto all’unanimità, estendendo al voto contrario le disposizioni sull’astensione di cui all’art.31, paragrafo 1 del TUE: un’interpretazione estensiva resa possibile dal silenzio normativo in merito allo Stato che si oppone.

In concreto, il membro del Consiglio che intende esprimere voto contrario alla determina potrebbe  essere ammesso a motivarla, rendendo così evidenti le ragioni della sua opposizione. Esso non sarebbe obbligato ad applicare la decisione, ma accetterebbe che essa impegni l’Unione. In uno spirito di mutua solidarietà, lo Stato membro interessato si  dovrebbe impegnare ad astenersi da azioni che possano contrastare o impedire l’azione dell’Unione basata sulla decisione e gli altri Stati membri a rispettare la sua posizione.

Una soluzione del genere si baserebbe sul presupposto che nessuna proposta di determinazione portata all’esame del Consiglio può essere così sconvolgente l’ordine comunitario da non potere ottenere quanto precede dal membro che vi si oppone..