REDDITO DI CITTADINANZA, MISURE DI POLITICA ATTIVA DEL LAVORO E DI CONTRASTO ALLA POVERTÀ
Autore: Dott. Dario Porta
L’intervento normativo sul Reddito di Cittadinanza istituito con il decreto legge n. 4 del 28 gennaio 2019, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 4, rappresenta uno strumento allo stesso tempo di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla diseguaglianza e all’esclusione sociale, parte dei livelli essenziali delle prestazioni garantiti a livello nazionale pur nei limiti delle risorse disponibili[1].
Nel 2017 una misura nazionale di contrasto alla povertà era stata introdotta dal legislatore con il Reddito di Inclusione (ReI) di carattere universale, condizionata alla valutazione della condizione economica. Due anni dopo, con l’introduzione del Reddito di Cittadinanza e la Pensione di Cittadinanza (RdC/PdC) sono stati ampliati i criteri di accesso ed incrementato l’importo del beneficio, per garantire una sempre più “universale” copertura delle famiglie in situazioni di povertà assoluta. Il RdC ha inizialmente affiancato il Reddito di Inclusione (ReI), per poi sostituirlo definitivamente[2]. Con l’introduzione del ReI prima e del Reddito di cittadinanza poi, l’Italia si è allineata agli altri paesi europei (e ad altri extraeuropei) nel fornire, sulla base di requisiti e condizionalità, allo stesso tempo “una garanzia di reddito minimo a chi ne è privo e opportunità e strumenti di inclusione sociale e di sostegno alle capacità tramite la formazione, il coinvolgimento in attività di utilità sociale, il rafforzamento delle caratteristiche di occupabilità per chi è in età lavorativa, l'inserimento nel mercato del lavoro per chi non ha un’occupazione”[3]. Il RdC coniuga in sé due dimensioni: il sostegno economico, per permettere ai nuclei in condizione di povertà (valutata secondo la prova dei mezzi in base al principio del cd. “universalismo selettivo”) di dare una prima risposta ai propri bisogni, con la previsione di interventi paralleli e lo sviluppo di un’attività di inclusione attiva (c.d. condizionalità)[4]. I beneficiari maggiorenni del RdC sono indirizzati sulla base di alcune caratteristiche degli individui e dei nuclei beneficiari previste dalla normativa, o ai Servizi per il lavoro Centri per l’Impiego (servizi per il lavoro pubblici) per la presa in carico degli stessi, attraverso la sottoscrizione del “Patto per il Lavoro” ovvero ai Comuni e relativi servizi territoriali per l’adesione al “Patto per l’inclusione sociale”[5]. Aspetto rilevante da considerare è la compatibilità, per i soggetti in età lavorativa, della percezione del RdC con i redditi da lavoro (art. 3, comma 8, del d.l. n. 4/2019).
Nel 2019 i nuclei familiari raggiunti dal programma sono stati 1.041.000 (compresi i beneficiati di Pensione di cittadinanza) con il coinvolgimento di poco più di 2,5 milioni di persone[6]. Si tratta di nuclei che vivono prevalentemente nel Mezzogiorno (60,6 per cento), che sono per il 36 per cento monocomponente e che per l’88 per cento hanno un capofamiglia con cittadinanza italiana. L’Importo medio di 531,7 euro per il Rdc e 493,4 per la Pensione di cittadinanza (dati INPS)[7]. Nei primi nove mesi del 2021, i nuclei beneficiari (per la stragrande maggioranza percettori di RdC) di almeno una mensilità di RdC/PdC erano 1.686.416, per un totale di 3.790.744 di persone coinvolte, fino a raggiungere complessivamente la cifra di 1,7 milioni di nuclei e più di 3,7 milioni di individui[8]. L’importo medio del beneficio è di 577,33 euro per il RdC e 273,53 euro per la PdC. Gli importi medi mensili più elevati sono quelli registrati dalle famiglie beneficiarie residenti nel Mezzogiorno (611 e 279 euro, rispettivamente per RdC e PdC), mentre quelli più bassi sono presenti nel Nord Italia (511 e 253 euro, rispettivamente per RdC e PdC). Si rileva un aumento rispetto ai 12 mesi del 2021, pure caratterizzato dall’impatto della pandemia; nel 2020, i nuclei coinvolti erano stati 1.576.258, per un totale di 3.697.531 individui[9].
Il dibattito sull’efficienza della misura riguarda le due dimensioni che la caratterizzano, quella di sostegno alla povertà e quella finalizzata a promuovere politiche attive per il lavoro. Sulla sua efficacia come strumento di welfare dall’analisi dei dati, riguardo a gran parte dei profili percettori del reddito di cittadinanza, emerge che i destinatari della misura sono difficilmente attivabili, altresì si rileva un’ampia diffusione del lavoro povero in Italia. Molti dei richiedenti dei nuclei familiari richiedenti sono in povertà, anche se occupati[10]. Se si analizzala relazione tra i percettori di RdC e la loro condizione sul mercato del lavoro, si delinea un quadro di forte caratterizzazione verso le occupazioni e i settori low-skilled e, più in generale, una condizione di scarsa occupabilità (dati 2020 e 2021)[11]. La platea dei destinatari è caratterizzata da bassa scolarizzazione e modesto livello di professionalità. Al 30 Settembre 2021 quasi il 72% dei beneficiari soggetti al Patto per il Lavoro presentava, a livello nazionale, un titolo di istruzione di livello non superiore all’istruzione secondaria di I grado; la quota percentuale di coloro che accedono al beneficio e sono in possesso di un titolo di istruzione terziaria costituisce il 2,7% dell’utenza(Dati Focus Anpal n. 6/2021)[12]. I beneficiari presentano poi, nel complesso, basse probabilità di accesso all’occupazione e distanze dal mercato del lavoro crescenti spostandosi verso le regioni meridionali. Significativo in questo senso è l’indice di profiling, che descrive, in termini quantitativi, il profilo personale di occupabilità e riporta il calcolo del livello di svantaggio, cioè della probabilità di non essere occupato: a distanza di 12 mesi: fissato a 1 il grado più elevato di difficoltà nel collocamento, il valore medio per i soggetti chiamati a sottoscrivere il Patto per il Lavoro si attesta a 0,876[13].
Al fine di analizzare la partecipazione al mercato del lavoro, bisogna quantificare la sola occupazione creata in misura, ovvero i nuovi rapporti di lavoro attivati mentre si percepiva il sussidio, non considerando quindi quelli già attivi al momento di ingresso in misura. Se si analizzano i dati dei beneficiari di età compresa tra 15 e 64 anni che presentavano un rapporto di lavoro attivo fin dall’ingresso in misura o che hanno attivato un nuovo rapporto di lavoro dopo l’accesso al beneficio e mentre erano in misura - i beneficiari della misura che fanno parte di nuclei che almeno una volta hanno fatto richiesta di Rdc dal marzo 2019 al marzo 2021 - si può constatare che solo il 33% presenta estratti contributivi nel 2018 e 2019, la gran parte con lavori precari. Due terzi dei beneficiari sono estranei al mercato del lavoro e esclusi da qualsiasi prestazione sociale[14]. Dal più recente rapporto ANPAL. risulta che 724.494 beneficiari, pari al 40,1% della platea considerata, hanno avuto almeno un rapporto di lavoro attivo mentre erano in misura o erano occupati al momento del primo accesso al sussidio, con una movimentazione complessiva di oltre 1,5milioni di rapporti di lavoro[15]. Se consideriamo i soli beneficiari con nuovi rapporti attivati mentre erano in misura, il numero si attesta a soli 546.598 unità, pari al 30,2% del totale, e per i quali si registrano complessivamente 1,214 milioni di nuovi rapporti di lavoro attivati[16]. Inoltre, se si considera la criticità che caratterizza i percettori del RdC nella fase della ricollocazione nel mercato del lavoro è rinvenibile la loro debole occupabilità: il 75%, pari ai tre quarti dei percettori, risulta non occupato nel 2019 (dati INPS)[17]. Si possono ricostruire le loro storie contributive relative alle settimane figurative versate in indennità di disoccupazione soltanto per il 9%; il restante 66%, sono individui completamente fuori dal mercato del lavoro. L’ammontare medio del reddito imponibile è, in media, pari a 4.148 € per il 25% dei percettori occupati[18].
L’analisi dei beneficiari del Reddito di cittadinanza di persone tra 18 e 64 anni mostra chiaramente l’ampia diffusione del lavoro povero in Italia e che gran parte degli stessi sono parte di nuclei familiari in condizione di povertà. La percentuale degli individui beneficiari con estratti contributivi è ridotta al 33% considerando le sole domande accolte. In effetti i due terzi dei beneficiari sono estranei al mercato del lavoro e di conseguenza alle collegate prestazioni di sostegno al reddito descrivendo un quadro di notevole esclusione sociale per i beneficiari della misura (Fonte INPS)[19]. Il RdC ha funzionato come rete di salvaguardia dalla povertà anche e soprattutto per i cosiddetti lavoratori poveri (oltre che coinvolti in settori maggiormente colpiti dalla pandemia), precari e non, con delle retribuzioni tanto basse da rappresentare una quota pari al 12% delle retribuzioni annue medie dei lavoratori del settore privato in Italia (35.050 €, ISTAT 2018)[20]. Infatti, se per quel che riguarda dimensione del RdC, finalizzata a promuovere politiche attive per il lavoro, i risultati appaiono al momento largamente insoddisfacenti lo strumento, già a un anno di distanza dall’approvazione, si conferma invece in grado di fornire un buon contributo al contrasto della povertà assoluta. Come afferma la Corte dei Conti, nel 2019 grazie al Reddito di cittadinanza (RdC), il tasso di povertà assoluta potrebbe essersi abbassato di 1,5 punti (dall’8,4 al 6,9 per cento), con effetti anche in termini di distribuzione del reddito: l’indice di Gini, che ne misura il grado di concentrazione, dovrebbe essersi ridotto al 31,4 per cento, dal 32,5 nel 2018. (Corte dei Conti).[21] La conferma è arrivata da recenti stime dell’ISTAT: l’effetto combinato del RdC e della dalle Cassa Integrazione (CIG) ha determinato un abbassamento dell’indice di Gini di 1,2 punti percentuali e di quasi un punto del rischio di povertà[22].
Come conferma la chiara presa di posizione del recente rapporto del gruppo di lavoro istituito dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nei confronti dell’aumento della povertà lavorativa, le politiche pubbliche italiane non sembrano essersi mosse “direttamente” per affrontare tale fenomeno al fine di arginare le cause delle basse retribuzioni[23]. Per questo motivo anche se il problema del lavoro povero è in effetti centrale quando si parla percettori di Rdc attivi, tuttavia, il dibattito sull’argomento dovrebbe essere esteso anche ai tanti altri lavoratori poveri che, per un motivo o per l’altro, in Italia non percepiscono alcun sostegno. In Italia In effetti, solo il 50 per cento dei lavoratori sottopagati o “working poor” in Italia percepisce prestazioni di sostegno al reddito, un valore molto inferiore rispetto alla media Ue (65 per cento), e superiore solo a Spagna, Portogallo, Croazia e Repubblica Ceca[24]. Tra il 2015 e il 2018 la maggior parte dei Paesi dell’UE è intervenuta con delle riforme delle politiche del lavoro con un impatto diretto o indiretto sulla povertà[25]. In Italia in confronto con altri Paesi europei mancano prestazioni di sostegno al reddito non contributivi rivolte ali lavoratori poveri. Nel caso non avessero più diritto alla prestazione o fosse privo di sufficiente contribuzione i lavoratori hanno bisogno di tutele. Nel 017 l’incidenza di povertà lavorativa è cresciuta al 12,1% per chi lavora prevalentemente come dipendente, al 17,1% per chi è in prevalenza autonomo[26].
Il Ministero del lavoro e delle Politiche sociali auspica finalmente una strategia complessiva di lotta alla povertà lavorativa e si concentra su alcune proposte già dibattute in ambito scientifico: due proposte predistributive (che agiscono, cioè, sui redditi di mercato), una redistributiva e due trasversali[27]. Per quanto riguarda le prime si prevede la garanzia di minimi salariali adeguati potenziando anche l’azione di vigilanza documentale, cioè basata sui dati che le imprese e i lavoratori comunicano alle Amministrazioni pubbliche; relativamente alle seconde l’introduzione di in-work benefit, letteralmente trasferimento a chi lavora, non solo permetterebbe di aiutare chi si trova in situazione di difficoltà economica pur lavorando, ma rappresenterebbe anche un significativo incentivo finanziario al lavoro con effetti positivi sull’occupazione regolare. Le Proposte trasversali: incentivare il rispetto delle norme da parte delle aziende e aumentare la consapevolezza di lavoratori e imprese, promuovere una revisione dell’indicatore UE di povertà lavorativa[28].
Sul piano dell’attivazione dei beneficiari del Rdc è emerso che una efficace implementazione della misura ha bisogno di correttivi normativi che non può prescindere dall’integrazione della dimensione monetaria e dal mancato rafforzamento delle risorse umane e materiali dei centri per l'impiego con un inserimento delle agenzie private nella parte di attivazione dei percettori, come prevista dalla legge di bilancio, nel quadro di una riforma sistemica delle politiche attive del lavoro attraverso il Programma “Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori” (GOL).
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) italiano prevede il perseguimento di traguardi ed obiettivi, diretti alla componente “politiche attive del lavoro”, nell’ambito della missione politiche sociali per l’occupabilità e l’inclusione. Tali interventi hanno come obiettivo principale quello di riformare il sistema di politiche attive del lavoro e della formazione professionale al fine di introdurre e implementare livelli essenziali delle prestazioni e favorire l’occupabilità dei lavoratori in transizione e delle persone disoccupate e inoccupate, con particolare attenzione ai soggetti cosiddetti vulnerabili e più distanti dal mercato del lavoro. In particolare si intende rivedere: le politiche attive del lavoro con l’istituzione di un programma nazionale “Garanzia di occupabilità dei lavoratori” - GOL”, che prevede un sistema di presa in carico unico dei disoccupati e delle persone in transizione occupazionale (percettori di RdC, NASPI, CIGS)si rafforzano, inoltre, i centri per l’impiego, proseguendo un percorso avviato con risorse nazionali, finalizzato a rinnovare la rete nazionale dei servizi per il lavoro, migliorare l’integrazione dei sistemi informativi regionali con il sistema nazionale; si promuove l’occupazione dei giovani e l’acquisizione di nuove competenze tecniche e traversali, con il potenziamento del sistema duale e l’istituto dell’apprendistato, in un’ottica di matching tra istruzione e formazione e lavoro (Piano Nazionale Nuove Competenze e Investimento “Sistema Duale”)[29].
Indubbiamente le politiche attive del lavoro in Italia come in altri Paesi europei si integrano con misure dirette ai lavoratori senza alcuna tutela, molti dei quali per via del crescente numero di carriere lavorative discontinue, alcune volte senza nemmeno il Rdc. La mancanza di strumenti al sostegno al reddito non contributivi rivolti ai lavoratori poveri (nel periodo di attività lavorativa e nei periodi di disoccupazione) li espone a situazioni di disagio economico e sociale. Fenomeno aggravato negli anni da salari stagnanti, l’aumentata instabilità delle carriere e l’esplosione del tempo parziale “involontario”, oltre che determinata dalla debolezza della struttura economica italiana (e quindi la crescita di “lavoretti” a basso valore aggiunto) ma anche da cambiamenti strutturali, e dei cambiamenti nella domanda di competenze che le imprese esprimeranno nei prossimi anni.
La riforma degli ammortizzatori sociali delineata dal Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali[30], supportata dalle misure previste dal PNRR[31], va nella direzione di contrastare l’aumento della povertà lavorativa in Italia e anche di massimizzare l’occupabilità dei lavoratori e la loro ricollocazione nel mercato del lavoro.
Dott. Dario Porta, Consulente in materia di diritti umani e della persona.
[1] Art. 1 Decreto-Legge 28 gennaio 2019, n. 4 - Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni, convertito con modificazioni dalla L. 28 marzo 2019, n. 26 (in G.U. 29/03/2019, n. 75).
[2] Nel 2020, interessando 1,6 milioni di nuclei familiari, il RdC ha erogato circa 7,2 miliardi di euro, a fronte dei 3,8 attribuibili a RdC nel 2019. CNEL XXIII RAPPORTO MERCATO DEL LAVORO E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA, 2021.
Nella prima fase con il Rei si è arrivati a poco meno di 400 mila nuclei interessati. Con l’avvio del Rdc – e in rapida sostituzione del Rei – la consistenza dei nuclei interessati si è rapidamente innalzata a poco meno di 1 milione di nuclei, quindi la crescita ha proseguito su ritmi progressivamente più modesti, superando di poco nel corso dei mesi del terzo trimestre 2020 quota 1,2 milioni. A ottobre 2020 i nuclei fruitori di Rdc sono diminuiti, a causa della conclusione per la prima coorte dei 18 mesi di fruizione, per risalire poi a novembre, attestandosi a dicembre ancora a quota 1,2 milioni. ISTAT, Mercato del Lavoro 2020, Il Rapporto è frutto del lavoro congiunto del Gruppo di lavoro tecnico e del Comitato d’Indirizzo dell’Accordo tra Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Istat, Inps, Inail e Anpal, 2020.
[3] Relazione del Comitato Scientifico per la valutazione del Reddito di Cittadinanza, Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, ottobre 2021.
“Nel corso del 2020 si conclude il primo triennio di attivazione di strumenti nazionali di contrasto alla povertà. Il Rei (Reddito di inserimento), attivato a gennaio 2018 si è esaurito ad agosto 2020; ad aprile 2019 è stato attivato il Rdc (Reddito di cittadinanza), a maggio 2020 il Rem (Reddito di emergenza). Con il Rei il numero di nuclei interessati si è attestato a poco meno di 400 mila, con l’avvio del Rdc la consistenza dei nuclei è cresciuta attestandosi intorno al milione, per arrivare con l’introduzione del Rem a circa 1,5 milioni”. Il Mercato del lavoro 2020 una lettura integrata.
[4] CNEL, XXIII RAPPORTO MERCATO DEL LAVORO E CONTRATTAZIONE COLLETTIVA, 2021.
[5] L’art. 4 stabilisce i criteri di suddivisione dei beneficiari: La convocazione rispecchia le diverse caratteristiche dei servizi offerti: i Servizi sociali prendono in carico il nucleo nella sua complessità e che sono esclusi dagli obblighi di condizionalità finalizzati ad un inserimento lavorativo, i CpI si rivolgono solo ai componenti adulti che si suppone possano esser avvicinati al mercato del lavoro.
Per il 49% dei nuclei beneficiari i componenti del nucleo tenuti agli obblighi sono indirizzati ai CpI.
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Primo rapporto di monitoraggio del RdC Rapporto Annuale 2020 relativo all’anno 2019 del, https://www.lavoro.gov.it/notizie/Documents/Rapporto-annuale-.
[6] Corte dei Conti, Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica Sintesi, 2020.
[7] Ibidem.
[8] L’incidenza maggiore, per quanto riguarda i nuclei, è stata registrata nelle regioni del Sud (60%), rispetto al Centro Nord. Nonostante ciò, il Lazio, con il 10% dei nuclei beneficiari, e la Lombardia, con il 9%, hanno avuto un ruolo importante nella ripartizione. La PdC ha raggiunto 161 mila nuclei familiari (10% del totale) e 182 mila individui CNEL 2021.
[9] Nel 2020, interessando circa 1,6 milioni di nuclei familiari, il RdC ha erogato circa 7,2 miliardi di euro, a fronte dei 3,8 attribuibili a RdC nel 2019. CNEL 2021.
[10] Nel 2003 un nuovo indicatore di “in work poverty risk” è sato aggiunto al portfolio degli indicatori sociali. La sua adozione riconosce che mentre essere occupati sembra essere la migliore prevenzione contro il rischio di povertà, la sua adozione può non essere sufficiente (cf. Bardone and Guio, 2005). Tala indicatore è misurato come il tasso di rischio di povertà tra individui che sono “in work”, ciò significa che individui che lavorano per più che metà del periodo di riferimento, prendendo in considerazione sia il redito familiare che il mercato del lavoro. I working poor sono lavoratori che percepiscono un salario inferiore ad una soglia di povertà relativa, definita come i 2/3 del salario mediano. In-work poverty fa riferimento ai nuclei familiari che si trovano in condizioni di povertà relativa (reddito familiare equivalente inferiore al 60% del reddito equivalente mediano) nonostante almeno uno dei componenti sia occupato.
In-work poverty in the EU Eurostat 2010 e Peña-Casas R. and M. Latta, 2004, Working poor in the European Union, Dublin: Eurofound.
[11] Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Relazione del Comitato Scientifico per la valutazione del Reddito di cittadinanza, ottobre 2021; CNEL, XXII Rapporto mercato del lavoro e contrattazione collettiva, 2020.
[12] Ibidem.
[13] “Il profilo di occupabilità viene assegnato dopo la presentazione della dichiarazione di immediata disponibilità (DID), e aiuta a personalizzare i percorsi di politica attiva che verranno proposti durante la disoccupazione, per una maggiore possibilità di inserirsi o reinserirsi nel mondo del lavoro”. Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Relazione del Comitato Scientifico per la valutazione del Reddito di cittadinanza, ottobre 2021.
[14] CNEL, XXII Rapporto mercato del lavoro e contrattazione collettiva, 2020, CNEL, XXIII Rapporto mercato del lavoro e contrattazione collettiva, 2021; De Minicis Massimo e Marucci Marco, Reddito di cittadinanza: il problema è il lavoro povero, 11 ottobre 2021, https://www.lavoce.info/archives/89474/il-reddito-di-cittadinanza-nella-sua-applicazione/
[15] “Pare opportuno sottolineare che, di per sé, l’accesso all’occupazione non comporta necessariamente l’uscita dalla misura. Il reddito di cittadinanza, infatti, agisce non sul singolo individuo, ma sull’intero nucleo familiare. Non necessariamente, quindi, l’occupazione di un componente determina, per il nucleo familiare di riferimento, il superamento della soglia reddituale utile per l’accesso alla misura stessa. Si consideri, infine, che la presenza di un rapporto di lavoro con retribuzione inferiore a specifiche soglie reddituali, non comporta la sospensione del regime di condizionalità, mantenendo, almeno da un punto di vista amministrativo, l’individuo in una condizione di disoccupato.
Ai sensi dell’articolo 4, comma 15-quater del DL 4/2019, sono considerati disoccupati anche i lavoratori a basso reddito, ovvero i dipendenti con redditi da lavoro inferiori a circa € 8.000 e i lavoratori autonomi con redditi inferiori a circa €4.800”. ANPAL, REDDITO DI CITTADINANZA Condizione occupazionale dei beneficiari RdC, NOTA N°7/2021, dicembre 2021.
[16]Ibidem.
[17]CNEL, XXIII Rapporto mercato del lavoro e contrattazione collettiva, 2021.
[18] “Rispettivamente il 4,8% e il 4,1% dei percettori risultano lavoratori nel settore della ristorazione/alberghi e società di noleggio. Tra questi, poco meno di un terzo sono a tempo indeterminato e, per quanto riportino un reddito imponibile sensibilmente più elevato rispetto alle loro controparti “precarie”, il reddito da lavoro annuo lordo risulta comunque assai ridotto (5.358 € e 6.095 €)”. Ibidem.
[19] CNEL, XXIII Rapporto mercato del lavoro e contrattazione collettiva, 2021. De Minicis Massimo e Marucci Marco, Reddito di cittadinanza: il problema è il lavoro povero, 11 ottobre 2021, https://www.lavoce.info/archives/89474/il-reddito-di-cittadinanza-nella-sua-applicazione/
[20] CNEL 2021 p. 285.European Commission, European Social Policy Network (ESPN),ESPN Thematic Report on In-work poverty Italy 2019 Raitano, M., Jessoula M., Pavolini, E., Natili, M., Brussels 2019.
[21] Corte dei Conti, Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica Sintesi, 2020.
[22] ISTAT, La redistribuzione del reddito in Italia, anno 2020, 27 luglio 2021.
[23] Gruppo di lavoro “Interventi e misure di contrasto alla povertà lavorativa” istituito con Decreto Ministeriale n. 126 del 2021, Relazione del gruppo di lavoro sugli interventi e le misure di contrasto alla povertà lavorativa in Italia, novembre 2021.
[24] Baldini Massimo e Pacifico Daniele, Per i lavoratori poveri va ripensato tutto il sistema di sostegno, 26 ottobre 2021, https://www.lavoce.info/archives/89474/il-reddito-di-cittadinanza-nella-sua-applicazione/
[25] Peña-Casas R., Ghailani D., Spasova S. and Vanhercke B. (2019). In-work poverty in Europe. A study of national policies, European Social Policy Network (ESPN), Brussels: European Commission.
[26] Gruppo di lavoro “Interventi e misure di contrasto alla povertà lavorativa” istituito con Decreto Ministeriale n. 126 del 2021, Relazione del gruppo di lavoro sugli interventi e le misure di contrasto alla povertà lavorativa in Italia, novembre 2021
[27] Ibidem.
[28] Ibidem.
[29] Presidenza del Consiglio dei Ministri, PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA, Italia Domani, 5 Maggio 2021.
[30] Riforma degli ammortizzatori sociali avviata dalla legge Bilancio 2022, legge 30 dicembre 2021 n. 234 e poi modificata ed integrata dal decreto Sostegni ter, Decreto-Legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito in legge 18 marzo 2022.
[31] Attuazione Interventi PNRR (lavoro.gov.it)