A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

Nota della Direzione:

"Pubblichiamo, su sua gentile concessione, la lezione sulla Demografia che la Professoressa Alessandra De Rose ha tenuto di recente su Raiplay, nella trasmissione intitolata "Maestri". La lezione è importante e attualissima, del momento che la componente demografica è oggi più che mai al centro dei fattori esistenziali di cui occorre tener conto per organizzare la convivenza umana e quindi anche per la "ripartenza" su cui tanto si spera, soprattutto nel contesto dell'Unione europea. Ma la demografia è una scienza complessa, per cui a parlarne non possono essere che i suoi Maestri e tale è, infatti, la Professoressa Alessandra De Rose, che insegna la materia come Docente Ordinario presso la Facoltà di Economia dell'Università "Sapienza" di Roma.

 

LA DEMOGRAFIA: COS’È E PERCHÉ È IMPORTANTE

Autore: Prof.ssa Alessandra De Rose

 

  1. Definizione di Demografia

La Demografia parla di noi, della nostra collettività di essere umani, di quanti siamo e come siamo.

Più nello specifico, la Demografia è la scienza che studia gli aspetti quantitativi della popolazione, la sua struttura (per età, genere, tipo di famiglia, livello di istruzione, situazione occupazionale e così via) e le sue modifiche dovute a nascite, morti, movimenti migratori.

 

  1. Il modello della transizione demografica

Per illustrare sinteticamente l’evoluzione della popolazione collocandola nei cambiamenti profondi economici, sociali e culturale avvenuti nella storia dell’umanità, utilizziamo il modello della TRANSIZIONE DEMOGRAFICA che evidenzia l’andamento nel tempo di numero di nati e numero di morti rispetto alla popolazione.

Per transizione demografica si intende il passaggio dal regime demografico antico – in cui la natalità e la mortalità sono entrambe molto elevate – al regime demografico moderno - in cui la natalità e la mortalità sono di nuovo molto simili tra loro ma entrambe molto basse.

Il regime demografico antico si caratterizza per una situazione di “demografia naturale”, in cui cioè la natalità e la mortalità si verificano secondo le leggi della natura – come per le altre specie animali – senza alcun controllo da parte dei singoli e della collettività. Viene detta la fase del “disordine” e dello “spreco” perché si producono tante risorse umane che però vengono rapidamente perdute a causa della mortalità elevata soprattutto infantile (ancora alla fine dell’800 in Italia fino a 1 bambino su 3 non arrivava a compiere un anno). In questa fase, la fame, le carestie, le epidemie, le guerre falcidiano l’umanità.  Nascite e morti si compensano tra loro e la popolazione non cresce.

Quando avvengono i primi progressi in campo agricolo, industriale, tecnologico e soprattutto medico-sanitario, come è successo in Europa a partire dalla fine del XVIII secolo, la mortalità comincia a diminuire (entriamo nella seconda fase della transizione demografica). Fondamentale in questa fase è l’aumento della produzione di cibo, il susseguirsi di lunghi periodi di pace, la disponibilità di luoghi sani e puliti in cui vivere (la costruzione delle fogne nelle città, per esempio), l’adozione di norme igieniche adeguate (l’uso del sapone) e poi naturalmente le grandi scoperte della medicina, pensiamo ai vaccini per tenere sotto controllo le gradi epidemie (iniziati con la scoperta di Jenner contro il vaiolo alla fine del ‘700) e alla penicillina scoperta da Fleming nei primi del ‘900, che diede il via alla produzione di antibiotici necessari a contrastare le infezioni. In questa fase, la natalità resta su livelli elevati e quindi la popolazione cresce rapidamente.

A mano a mano che le migliori condizioni di vita si estendono a strati più estesi della popolazione, e gli individui si sentono rassicurati sulla propria capacità di sopravvivenza e su quella dei propri figli, aumenta anche l’investimento in capitale umano, con aumento dei livelli di scolarizzazione e ciò porta con sé cambiamenti importanti nei modelli ideologici e culturali, in particolare per ciò che riguarda il ruolo della donna, i rapporti di coppia, il valore attribuito ai figli. Si entra così nella terza fase della transizione demografica: le donne e le famiglie cominciano a controllare il numero di figli che vogliono avere e pertanto la natalità comincia a diminuire, e il ritmo di crescita della popolazione si riduce.

Quando entrambe la natalità e la mortalità arrivano a livelli molto bassi – e di nuovo molto vicini tra di loro – siamo giunti alla fine della transizione demografica, la quarta fase, quella del pieno controllo. Questa fase è detta anche dell’”ordine” o dell’efficienza, perché le (poche) risorse umane prodotte – i nuovi nati – non vanno sprecate, ma vengono adeguatamente investite. In questa fase la popolazione non cresce più ed anzi, in alcune circostanze, entra addirittura in declino.

 

  1. Gli squilibri demografici in atto

Tutti i paesi del Mondo hanno iniziato la transizione demografica e si trovano oggi in una delle fasi del modello, esclusa la prima fase, quella della demografia naturale, in cui non troviamo nessuna popolazione attuale.

Nella seconda fase troviamo gran parte delle popolazioni Africane, in cui è iniziato il declino della mortalità ma ancora molti passi sono da compiere per ridurre i livelli ancora troppo alti di mortalità infantile e aumentare i livelli di sopravvivenza per tutti. Qui, specie nell’Africa sub-sahariana la fecondità, cioè il numero medio di nati per donna è ancora molto alto, anche superiore a 6 figli per donna e la popolazione è in forte crescita.

Gran parte dei paesi Asiatici invece e dell’America Latina sono nella terza fase, grazie anche all’impegno importante da parte dei Governi per contenere la popolazione (pensiamo per esempio alle politiche attuate in Cina).

L’America settentrionale e tutti i paesi della vecchia Europa, dove prima è iniziata la transizione, sono giunti alla quarta fase, ed alcuni – come l’Italia – sono addirittura in declino. Qui, infatti, la fecondità ha raggiunto livelli molto bassi (1,3 figli in media nel 2019) – al di sotto dei 2 figli per donna che assicura il rimpiazzo delle generazioni – e anche al di sotto del numero desiderato di figli. Gli stili di vita frenetici e soprattutto il ritardo e la difficoltà dei giovani a formare una nuova famiglia così come la relativa mancanza di servizi e di sostegno adeguato alle coppie con figli, spiegano la contrazione tanto forte del numero di nascite. Contemporaneamente, la longevità ha raggiunto livelli altissimi, con aspettative di vita di oltre 80 anni sia per gli uomini e ancora più alti per le donne. Il risultato di queste tendenze è una struttura per età della popolazione invecchiata, cioè in cui il peso delle persone anziane (convenzionalmente quelle con più di 65 anni) è maggiore di quello degli individui più giovani.

I grandi squilibri demografici tra paesi in forte crescita demografica e paesi in declino trovano una parziale ricomposizione nei movimenti migratori, che potrebbero livellare l’ammontare della popolazione nelle diverse aree del mondo (secondo il principio dei vasi comunicanti), se fossero adeguatamente governati e se non fossero oggetto di speculazione e sfruttamento o resi necessari dalla fame e da sconvolgimenti politici e climatici, come purtroppo è accaduto spesso nella Storia dell’umanità, lontana ma anche recente.

 

  1. Uno sguardo al futuro

Dove sta andando la popolazione? A livello mondiale, la popolazione è cresciuta molto lentamente fino al XIX secolo, per poi “esplodere” nel XX. Oggi siamo circa 8 miliardi di individui e secondo le previsioni formulate dalla Nazioni Unite potremmo superare i 10 miliardi già nel 2060.

Tuttavia, la velocità con cui si accresce la popolazione è in forte riduzione: cioè la popolazione, pur continuando a crescere sotto la spinta di una forza inerziale, lo fa sempre più lentamente per effetto del proseguire di tutti i paesi nel processo di transizione demografica prima illustrato.

Il rallentamento della crescita della popolazione avrà degli effetti benefici soprattutto sull’ambiente, messo a dura prova, come ci dicono da tempo gli ambientalisti, non solo e non tanto dalla pressione demografica quanto soprattutto dallo sfruttamento scellerato delle risorse.

Per accelerare questo processo di contenimento della popolazione occorre accelerare la transizione ecologica, tecnologica e culturale, che passa per l’affrancamento di tutti i popoli dalla povertà, per l’aumento generalizzato del livello di istruzione e per l’empowerment delle donne.

Per realizzare questi obiettivi, che sono in effetti gli obiettivi dello sviluppo sostenibile, è necessario l’impegno di tutti i governi nazionali e un deciso sostegno ai programmi di cooperazione internazionale. Solo così si potrà assicurare a tutti gli abitanti della Terra di vivere a lungo e in buona salute, di avere la famiglia e il numero di figli che desiderano, di poter crescere e lavorare nel proprio paese, oppure di emigrare, se questa è una scelta e non il frutto della disperazione.

 

Prof.ssa Alessandra De Rose, Ordinario di Demografia, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di metodi e modelli per l’economia, il territorio e la finanza – Chairholder Cattedra UNESCO “Population, Migrations and Development”.

 

Per chi volesse ascoltare in viva voce la lezione, il link con Raiplay è il seguente: https://www.raiplay.it/video/2021/06/Maestri-pt79-a228e8d3-8001-44a1-b1c3-8c42a9843.html