A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

L’EVOLUZIONE DELLA POLITICA DI COMUNICAZIONE 

NEL MINISTERO DELLA DIFESA

Autore: Dott.ssa Francesca Abete[*]

 

Le relazioni pubbliche – La comunicazione nell’ambito militare – La nuova politica di comunicazione della Difesa – La fine (sospensione) della leva obbligatoria – La comunicazione sul web– La particolare attività di comunicazione dell’Arma dei Carabinieri – Conclusioni.

 

Le relazioni pubbliche. Nella conquista del mercato, le strategie delle aziende non si possono limitare alla distribuzione a prezzi di concorrenza, ma devono conquistare la stima e la fiducia del cliente.

Prima in maniera approssimativa, legata a capacità e sensibilità individuali, poi con metodi sempre più scientifici e perfezionati, sono state sviluppate tecniche per affinare le attività preposte al raggiungimento di un interesse economico. Questa attività è conosciuta come “relazioni pubbliche”.

Negli ultimi anni, anche gli enti istituzionali si sono posti su questa strada per meglio raggiungere i loro obiettivi. La differenza è che essi non perseguono fini puramente patrimoniali perchè operano in condizioni di monopolio naturale, senza i problemi tipici dell’economia concorrenziale.

Nella Pubblica Amministrazione energie e capitali si impiegano per superare lo storico antagonismo tra amministrato ed amministratore e per costruire un clima di fiducia e di collaborazione, al fine di migliorare lo sviluppo economico ed il progresso civile della comunità.

In questo ambito, però, non è possibile ignorare gli aspetti politici di ogni attività istituzionale; se la presenza degli enti pubblici, infatti, è giustificata dall’esigenza di costruire una società ben organizzata e di farla progredire, le “pubbliche relazioni” non possono essere soltanto un utile strumento per il conseguimento di questi fini, ma devono tradursi in una forma mentis, in una scelta politica. Quando si utilizza il denaro pubblico, infatti, lo scopo deve essere esclusivamente legato a fini socialmente e politicamente apprezzabili.

Nelle relazioni pubbliche, poi, è fondamentale la pubblicità: il suo scopo è portare i “clienti” a scegliere un prodotto o un servizio utilizzando messaggi ed immagini. Due sono le tipologie fondamentali: la pubblicità istituzionale (corporate) per conoscere l’azienda attraverso la diffusione della sua immagine, quella di prodotto o servizio (brand), invece, è generalmente orientata alla vendita.

Tra le tecniche di comunicazione, dunque, la pubblicità è uno dei più validi mezzi di influenza perchè sa utilizzare tutti gli strumenti per dirigere il consumatore verso il mercato.

 

La comunicazione nell’ambito militare. Dalla fine della seconda guerra mondiale, anche a causa della pesante sconfitta militare, le Forze Armate sono state quasi “invisibili”; la loro stessa esistenza sfuggiva a chiunque non vi fosse in qualche modo collegato.

Una piccola finestra di attenzione si apriva nelle famiglie quando il figlio partiva per la leva obbligatoria, ma si trattava di una parentesi momentanea che quasi mai offriva un panorama entusiasmante.

Fu la Marina, negli anni settanta, a porsi il problema di uscire dal ghetto e lo fece per ragioni di necessità: di lì a qualche anno non avrebbe più avuto una flotta e probabilmente sarebbe scomparsa. Lo Stato Maggiore comprese che il supporto politico tradizionale delle Forze Armate non appariva scontato: occorreva guadagnarsi, giorno per giorno, la fiducia e l’appoggio di chi si succedeva alla guida del Paese e dell’Amministrazione della Difesa. I valori di efficienza assunsero valenza fondamentale e le attività svolte furono adeguatamente pubblicizzate.

Successivamente fu l’Esercito a muoversi in maniera stabile e professionale; nelle emergenze del Vajont, dell’alluvione di Firenze e del terremoto del Friuli seppe rispondere con grande prontezza, dimostrando efficienza e consolidando contemporaneamente l’immagine dell’identità militare.

La svolta vi fu nel 1982 con la spedizione italiana in Libano che, partita sotto i peggiori auspici, divenne un inaspettato trionfo in cui non andò male una sola cosa. L’opinione pubblica scoprì che i soldati italiani erano bravi non soltanto dal punto di vista militare, ma anche nella capacità di comunicare. Ed i giornali lo scrissero.

Le strutture militari fecero uno straordinario lavoro: il grande successo fu saper concentrare gli sforzi organizzativi verso un determinato obiettivo, appianando ogni ostacolo e dimostrando sempre unitarietà di indirizzi.

Dal Libano l’immagine complessiva delle Forze Armate ebbe una svolta perchè si comprese che lo strumento militare era indispensabile per prevenire i conflitti e ristabilire la pace.

Questo migliorato rapporto con i cittadini veniva però gravemente compromesso ogni qualvolta si verificava un episodio riconducibile al “nonnismo”. In quelle circostanze, comportamenti ispirati al silenzio riaccendevano le polemiche verso un’Istituzione che sembrava retta da regole diverse da quelle della società civile.

Quando però si verificarono alcuni gravissimi episodi, messi in forte risalto dai mezzi di comunicazione, lo Stato Maggiore della Difesa comprese che per affrontare direttamente il fenomeno era indispensabile aprire le caserme ai mezzi di informazione ed al mondo giovanile.

Solo tramite il collegamento con la realtà civile, infatti, le Forze Armate potevano lasciarsi definitivamente alle spalle comportamenti dannosi di fronte all’opinione pubblica e deleteri nei rapporti con i giovani.

Poiché la leva non poteva più svolgere le vecchie funzioni di aggregazione sociale, la nuova politica comunicativa presentò il reclutamento volontario come la base di un’organizzazione militare efficiente, i cui valori fondanti erano la solidarietà umana e la disciplina. Si era finalmente compresa la necessità di un progetto che realizzasse il passaggio dalla semplice “pubblica informazione” ad una vera e propria politica comunicativa.

Con la sospensione della leva obbligatoria si è reso necessario integrare il messaggio da trasmettere con iniziative maggiormente personalizzate: accanto agli opuscoli informativi sono nati gli Uffici Relazioni con il Pubblico, il numero verde, le pagine del Televideo RAI, i siti web e -successivamente- i cd. social media.

Il progetto per pubblicizzare il servizio permanente doveva comunque tener conto della peculiarità della professione militare che, accanto al rispetto della disciplina e degli ideali, presentava delle difficoltà superiori agli altri impieghi.

Le nuove strategie per reclutare volontari in servizio permanente, quindi, dovevano puntare ad un potenziamento della motivazione e del sentimento di appartenenza ad un’organizzazione prestigiosa.

Successivamente, i mutamenti interni ed internazionali hanno obbligato a progettare un nuovo modello di difesa basato su Forze Armate interamente professionali. Per questa ragione si è reso necessario uno strumento militare altamente specializzato, costituito secondo la formula “più qualità, meno quantità”, da utilizzare nei sempre più numerosi ed impegnativi compiti.

In tale ottica, dunque, è diventato importante il nuovo ruolo del "volontario": non più chi sceglie la ferma prolungata per necessità, ma colui che è cosciente del compito assegnato e volenteroso di svolgerlo al meglio.

 

La nuova politica di comunicazione della Difesa. Il passaggio a Forze Armate interamente professionali ha imposto una modifica dell’attività di comunicazione e di propaganda. Partendo da queste riflessioni, la comunicazione della Difesa è diventata “comunicazione di marketing” per il reclutamento volontario.

Intesa come funzione strategica e risorsa primaria, la Difesa ha utilizzato per la prima volta tecniche e strategie di mercato progettate con l’ausilio di personale qualificato, anche proveniente dal mondo “civile”.

In questo contesto, si è ritenuto che reclutare il previsto numero di personale volontario sarebbe stato possibile solo con un trattamento economico-giuridico più adeguato, con significativi sviluppi di carriera e con un’efficace promozione dell’Istituzione militare.

Allo stato attuale il progetto comunicativo appare riuscito; tuttavia l’“appetibilità” della professione militare dovrà saper reggere il confronto anche quando il mondo del lavoro consentirà di trovare occupazione in settori meno impegnativi.

Con il passaggio a uno strumento militare professionistico e a compiti di protezione sociale, le Forze Armate sono state chiamate ad operare in ambienti totalmente diversi da quelli tradizionali, per i quali si è reso necessario ricercare ed ottenere il consenso esterno.

L’opera di sensibilizzazione si è realizzata con il miglioramento delle relazioni sociali e con la divulgazione dell’apporto dato all’industria ed all’economia del Paese.

A partire dall’operazione in Libano, la comunicazione ha segnato una svolta fondamentale, concentrandosi sulle “storie”: i giornalisti, aggregati alle truppe nel corso delle operazioni, hanno potuto visitare i luoghi degli interventi, raccontando la vita quotidiana dei soldati, i loro compiti e le loro emozioni.

L’immagine positiva che ne è derivata ha prodotto due importanti risultati: all’interno ha favorito la condivisione degli obiettivi comuni; all’esterno ha permesso all’opinione pubblica di essere finalmente consapevole dell’utilità della struttura militare.

Si è passati in tal modo dal “soldato della guerra” al “soldato per la pace”, chiamato ad intervenire a prescindere dai confini e dall’autorità territoriale.

Lo strumento militare, inoltre, è stato finalizzato a dare credibilità e spessore alla politica internazionale: se si vuole “contribuire” alle decisioni mondiali, infatti, è necessario partecipare alle forze multinazionali che devono garantire condizioni di sicurezza.

Per questo si è reso necessario un notevole sforzo informativo: le iniziative in tal senso si sono moltiplicate per informare dettagliatamente l’opinione pubblica sulla natura delle operazioni e sui successi conseguiti.

 

La fine (sospensione) della leva obbligatoria. Con la nuova politica di reclutamento, l’Amministrazione ha ripensato le strategie di comunicazione per “attirare” risorse valide da inserire tra i propri ranghi. Si è reso necessario, quindi, un confronto competitivo con il mercato “civile” del lavoro.

Per vincere questa sfida è stata valorizzata soprattutto la peculiarità e l’utilità sociale della professione militare: in particolare è stata ripensata l’intera Organizzazione, impiegando i volontari esclusivamente in compiti ad alta professionalità.

Il programma di comunicazione del Ministero, poi, ha previsto la partecipazione alle più importanti manifestazioni di settore.

Per queste occasioni è stato organizzato uno stand per consentire ad ogni Forza Armata di pubblicizzare autonomamente il proprio reclutamento. A supporto, la Direzione Generale per il Personale Militare ha fornito le informazioni necessarie sui requisiti richiesti ai volontari e sulle prospettive di carriera.

Particolarmente curata, poi, è stata l’attività sportiva, anche se già esistevano squadre di atleti militari che avevano conseguito straordinari successi in campo internazionale.

La sua esistenza era inizialmente prevista per mantenere gli atleti in servizio in una buona condizione psico-fisica e per beneficiare del loro contributo nell’ambito dello sport nazionale. La trasformazione in “esercito professionale”, però, aveva provocato la fine dello “sport militare di base”.

Con la nuova politica, invece, lo sport è stato inserito in progetto comunicativo globale per avvicinare sempre di più la vita quotidiana dei volontari a quella “civile”.

 

La comunicazione sul web. Con l’avvento dell’era internet anche il Ministero della Difesa ha dovuto progettare la sua presenza sul web; i primi passi tuttavia sono stati confusi e contraddittori, tenuto conto dell’impreparazione culturale dell’Organizzazione.

Poiché non era stata ideata una strategia comunicativa uniforme per tutti gli Enti interessati, ognuno aveva adottato soluzioni personalizzate che non tenevano conto delle capacità del destinatario del messaggio.

Il risultato fu un’architettura basata unicamente sulle capacità del personale a disposizione. La cronica mancanza di fondi, infatti, impediva di ricorrere a professionalità esterne che avrebbero potuto fornire i necessari elementi di esperienze e di conoscenza.

Dal lavoro fatto risultò una molteplicità di presenze diversissime tra loro (23 siti web riconducibili a vario titolo ad Enti della Difesa) con linguaggi tecnici per addetti ai lavori, spesso incomprensibili al comune cittadino. Se ne riceveva un’impressione di frammentarietà e confusione che impediva quasi sempre di orientarsi correttamente verso il settore d’interesse.

Consapevole di questa situazione, dal 14 luglio 2004 lo Stato Maggiore della Difesa ha unificato la comunicazione internet in un unico sito, semplificando l’accesso a tutte le informazioni sia per il cittadino che per l’addetto ai lavori.

Da allora si è cominciato a riconoscere il ruolo sempre più centrale dei mezzi di comunicazione di massa, quali agenti “formativi” della società e dell’individuo, sino a divenire -oggi- un tassello importante nella crescita delle nuove generazioni e, in generale, di ogni persona.

Le nuove generazioni, infatti, si stanno caratterizzando come generazioni digitali, legate ai molteplici strumenti tecnologici che servono a divulgare i messaggi dei mass media e stanno evolvendo con nuovi ideali e valori, che spesso derivano da quanto appreso attraverso i messaggi diffusi da internet, televisioni, radio e -in misura purtroppo minore- libri e giornali.

Da altro punto di vista, anche molti adulti oggi scelgono di acquisire informazioni e aggiornamenti principalmente attraverso i mass media.

Il cittadino, dunque, a qualunque età, diviene un interlocutore che partecipa attivamente alla discussione, condivide opinioni e fornisce feedback.

In questo contesto, anche in ambito militare si è reso necessario definire quale rilevanza debba avere (e come debba adattarsi) la comunicazione istituzionale per raggiungere e per coinvolgere efficacemente i diversi interlocutori.

Proprio a questo fine, il Ministero Difesa redige annualmente un Programma di Comunicazione che sintetizza, in una visione unitaria e coordinata, i piani di comunicazione elaborati dalle singole articolazioni del Dicastero sui temi ritenuti prioritari.

Inoltre, per garantire la maggiore efficacia delle campagne di comunicazione su target differenziati, i contenuti di comunicazione sono diversificati a seconda dello strumento o della piattaforma utilizzata. Le attività di comunicazione sono realizzate all’insegna della massima sinergia e ottimizzazione possibile tra canali tradizionali e strumenti della comunicazione digitale, dei social media e/o della Web TV.

Per quanto riguarda l’uso delle piattaforme digitali, la policy dell’Amministrazione Difesa è basata sull’obiettivo di conseguire la maggiore uniformità possibile di comunicazione, attraverso un’attenta attività di pianificazione, coordinamento e controllo “accentrati”, in modo da escludere quelle differenziazioni che indeboliscono lo sforzo comunicativo unitario.

Oggi, con il “nuovo portale” della Difesa, i canali della Web TV, le App e i Social Media istituzionali è possibile essere costantemente aggiornati su tutti i concorsi, ricevere le news, conoscere iniziative e progetti, consultare l’editoria e la pubblicistica della Difesa, effettuare interrogazioni all’interno della banca dati dei caduti e dei dispersi in guerra, essere al corrente dei principali dettagli delle operazioni militari nazionali/internazionali in corso nonché avere il riepilogo di quelle concluse, “sfogliare” le immagini della Difesa, consultare la galleria multimediale delle Forze Armate, ricercare le agevolazioni per l’inserimento nel mondo lavorativo dei volontari congedati e conoscere anche le previsioni meteo.

Inoltre, ogni singola Forza Armata e il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, attraverso i relativi link, può “personalizzare” la presenza per pubblicizzare le proprie attività e ricordare storia e tradizioni.

Secondo quanto previsto nel Programma di Comunicazione del Ministero della Difesa per il 2019, dovrà in ogni caso essere sempre tenuta in prioritaria considerazione la necessità di salvaguardare il decoro istituzionale e il connotato di neutralità delle Forze Armate rispetto a qualsiasi orientamento politico, partitico o confessionale.

In particolare, con specifico riferimento alle celebrazioni di maggiore rilevanza istituzionale, quali la “Giornata Nazionale della Bandiera” (7 gennaio), l’“Anniversario dell’Unità d’Italia” (17 marzo), l’“Anniversario della Liberazione” (25 aprile), la “Festa della Repubblica” (2 giugno), il “Giorno dell’Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate” (4 novembre) e alla commemorazione della “Giornata nazionale della memoria per i caduti civili e militari delle missioni internazionali di pace” (12 novembre), dovranno essere attivate iniziative sinergiche con quelle predisposte dalla Presidenza del Consiglio, per celebrare tali ricorrenze utilizzando al meglio tutti i mezzi di comunicazione.

Dunque, un poderoso sforzo comunicativo “a tutto tondo” in favore del Cittadino che   -così- risulta essere informato, coinvolto, partecipe e consapevole delle scelte e delle attività istituzionali, in un processo circolare al cui interno anche il Comparto Difesa è aperto all’ascolto.

 

La particolare attività di comunicazione dell’Arma dei Carabinieri. L’Arma dei Carabinieri ha sempre mostrato attenzione al settore della comunicazione: in particolare, ha saputo coniugare i valori e l’efficienza della propria organizzazione con l’efficacia del messaggio pubblicitario, nonostante per attività e tradizione essa sia orientata ad una naturale riservatezza.

Le attività di comunicazione e di informazione sono assolte direttamente dal Comando Generale attraverso l’Ufficio Pubblica Informazione, il cui compito è il consolidamento dell’immagine istituzionale. Con l’Ufficio del Cerimoniale e Attività Promozionali, poi, vengono gestiti gli impegni protocollari e di rappresentanza.

L’Ufficio Relazioni con il Pubblico, infine, assicura un servizio di risposta sollecita all’utenza, garantendo la tradizionale vicinanza dell’Arma alla società. Esso coordina anche l’attività dei Nuclei costituiti presso ogni Comando Regione.

Ma la forza comunicativa dell’Arma è stata quella di saper apparire in tutte le forme espressive presenti nella società.

Nel cinema, infatti, la figura del carabiniere è stata interpretata da tutti i più grandi attori italiani, che hanno creato personaggi di grande umanità. Tra gli altri, merita menzione l’interpretazione di Totò (ne “I due marescialli”, con Vittorio De Sica) che, ladruncolo pavido ed imbelle, con l’uniforme di Maresciallo dell’Arma, trova il coraggio di affrontare senza paura un plotone di esecuzione nazista.

Un ulteriore elemento pubblicitario che i Carabinieri utilizzano è il festeggiamento dell’anniversario che si svolge in piazza di Siena a Roma, alla presenza delle più alte Autorità dello Stato (ad una delle celebrazioni ha anche assistito la Regina Elisabetta II d’Inghilterra).

Sul piccolo schermo, poi, si ricordano “Il maresciallo Rocca” interpretato da Gigi Proietti che ha ottenuto grande successo di pubblico, “R.I.S. - Delitti imperfetti” dedicato alle tecniche scientifiche di indagine, ma anche il non meno popolare Maresciallo Cecchini, interpretato da Nino Frassica, in Don Matteo.

La divisa della “Benemerita” è stata indossata anche da note figure femminili, tra le quali spiccano Manuela Arcuri (Maresciallo Paola Vitali nella fiction “Carabinieri”) e Vanessa Incontrada (Capitano CC Maria Guerra nella serie “Il Capitano Maria”). Va sottolineato come entrambe le fiction hanno riscosso grande successo con ascolti record.

In tutte queste storie di uomini come di donne in divisa si ritrova una miscela unica di privato e vita professionale, eroismo, dedizione e -al tempo stesso- grande umanità, che è diventata la carta vincente agli occhi del pubblico. Va, infatti, riconosciuto all’Arma il merito di aver raccontato attraverso i Carabinieri non solo una divisa ma le persone che la indossano, con la loro umanità e, insieme, con i valori cardine di un Paese in cui tutti noi viviamo.

Anche l’arte e la letteratura, infine, si sono interessate all’Arma dei Carabinieri: ad esempio, le copertine della “Domenica del Corriere” di Achille Beltrame che esaltano la figura del carabiniere nei suoi interventi a favore della popolazione.

 

Conclusioni. Oggi la comunicazione ha assunto un ruolo sempre più determinante in quanto, oltre a conferire legittimità all’Organizzazione, deve contribuire ad avvicinare maggiormente la Difesa ai cittadini, interpretandone le giuste esigenze di conoscenza e la loro reale percezione delle tematiche della sicurezza e della difesa.

D’altra parte, già nel 2002, veniva scritto che: “la comunicazione pubblica cessa di essere un segmento aggiuntivo e residuale dell’azione delle pubbliche amministrazioni, e ne diviene parte integrante, così come accade da decenni alle imprese che agiscono nel mercato dei prodotti e dei servizi” (dalla premessa alla Direttiva ministeriale 7 febbraio 2002 del Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri).

La comunicazione è considerata un elemento decisivo di successo per ottenere il sostegno dell’opinione pubblica sia nelle missioni all'estero che sul territorio nazionale. Per questa ragione, serve a sensibilizzare e attrarre l'attenzione della pubblica opinione verso i temi (interni ed esterni) della sicurezza e della Difesa.

Lo scenario globale è in rapida evoluzione; dagli anni ‘90 ad oggi il contesto geopolitico è fortemente cambiato. Siamo difronte a minacce ibride, alla progressiva integrazione dell’elemento umano con elementi tecnologici sempre più complessi; se si considera che il terrorismo, le crisi regionali, la proliferazione nucleare (nonché la questione ambientale) imporranno sempre più spesso interventi di peace-keeping al di fuori dei confini nazionali, l’importanza del consenso per queste scelte sarà fondamentale.

La Difesa dei prossimi anni non sarà più uno strumento “esclusivamente militare”, ma diverrà un elemento integrato all’interno di un più ampio concetto di “sicurezza collettiva” del Paese, nel cui ambito tutti i dicasteri dovranno condividere le proprie capacità nell’esclusiva tutela degli interessi nazionali.

A questo proposito, durante un evento dimostrativo svoltosi il 7 maggio 2019 a Pratica di Mare (Roma), il Ministro Elisabetta Trenta ha dichiarato: “Nel corso dell’ultimo decennio, alla Difesa è stato chiesto sempre più spesso di mettere a disposizione degli altri dicasteri le proprie competenze e capacità per lo svolgimento di compiti non prettamente militari, proprio nell’ambito più ampio del concetto di resilienza nazionale”.

“Oggi -ha aggiunto- vogliamo fare in modo che la Difesa venga considerata come un vero e proprio Sistema integrato, connesso a più livelli, che opera in piena sinergia con le altre articolazioni dello Stato, per consentire al Paese di accrescere la sua capacità di risposta nei confronti di tutte quelle emergenze di vario tipo che possano turbare la vita quotidiana dei cittadini”.

In sintesi, un approccio “a 360 gradi” che veda lo strumento militare in grado di interfacciarsi con tutte le realtà che si occupano di sicurezza nell’interesse della collettività; nessuna sovrapposizione, ma un’azione coordinata e pienamente integrata.

Attraverso l’informazione e la comunicazione, il Ministero della Difesa dovrà essere capace di fornire al Cittadino una chiara, esaustiva e coerente motivazione di tutte le azioni intraprese, utilizzando gli strumenti che la tecnologia ed il processo scientifico metteranno a disposizione per il raggiungimento dell’obiettivo.

 

[*] Avv. Francesca Abete, Funzionario amministrativo presso la Direzione Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa.