A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA: VIOLA IL PRINCIPIO DI TRASPARENZA SANCITO DALL’ART. 5 DELLA DIRETTIVA 93/13/CE LA CLAUSOLA DI UN CONTRATTO DI MUTUO CHE NON SIA FORMULATA IN MODO CHIARO E COMPRENSIBILE PER IL CONSUMATORE (CGUE 30 APRILE 2025, C-699/23).

Autore: Avv. Teresa Aloi

              

L’ottava sezione della Corte di Giustizia dell’Unione europea, con sentenza del 30 aprile 2025, si è pronunciata riguardo al controllo circa il carattere abusivo, per violazione dell’obbligo di trasparenza, di una clausola, contenuta in un contratto di mutuo, che imponga al mutuatario il pagamento di una commissione di apertura, che remuneri le spese per l’esame, la concessione o il trattamento del mutuo o del credito ipotecario.

Tale sentenza ha suscitato una particolare attenzione nel mondo giuridico e finanziario. Essa si basa sull’interpretazione di direttive europee in materia di contratti di credito che prevedono che le clausole contrattuali debbano essere formulate in modo chiaro e comprensibile per il consumatore il quale deve essere posto in condizioni di poter comprendere le conseguenze di quanto sottoscritto.

La Corte di Giustizia UE, nella sentenza in commento, ha ribadito che il principio della trasparenza nei contratti di mutuo, ex art. 5 della Direttiva 93/13/CEE, è fondamentale per proteggere il consumatore e garantire che questi possa comprendere pienamente le condizioni del contratto che intende sottoscrivere. Tale Direttiva fa riferimento al concetto di “buona fede” al fine di evitare qualsiasi significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi reciproci delle parti di un contratto.

La vicenda sottesa alla pronuncia attiene ad un contratto di mutuo con garanzia ipotecaria stipulato tra un soggetto privato e la Caja Rural de Navarra (Cooperativa di credito con sede a Pamplona, Spagna). Tale contratto all’art. 4 prevedeva che il mutuatario dovesse versare alla firma una commissione di apertura pari allo 0,35% dell’importo totale del mutuo (euro 588,70). Secondo il diritto spagnolo si possono addebitare spese o percepire commissioni unicamente per servizi connessi ai mutui che siano stati richiesti o accettati espressamente da un mutuatario ed a condizione che corrispondano ai servizi effettivamente forniti. Tutte le spese per l’esame del contratto di mutuo, per la concessione o il trattamento del mutuo ipotecario o altre spese analoghe inerenti all’attività dell’ente mutuante occasionata dalla concessione del mutuo, devono essere obbligatoriamente integrate in una commissione unica, denominata commissione di apertura, pagabile una sola volta.

Nel caso di specie, il mutuatario, ritenendo che la clausola di commissione di apertura contenuta nel contratto sottoscritto fosse abusiva, proponeva ricorso davanti al Tribunale di primo grado di San Sebastian n. 8, giudice del rinvio.

Tale giudice sottolineava come i vari giudici nazionali nel corso del tempo avevano emesso, in materia di clausole abusive, decisioni contraddittorie pertanto, decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre all’attenzione della Corte di Giustizia UE una serie di questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione degli artt. da 3 a 7 della Direttiva 93/13/CEE (diretta a proteggere i consumatori dell’Unione europea da clausole e condizioni abusive che potrebbero essere incluse in un contratto di adesione per i beni ed i servizi che acquistano) e dell’art. 7 della Direttiva 2014/17/UE (diretta a realizzare un mercato interno più trasparente, efficiente e competitivo. I consumatori devono ricevere informazioni personalizzate attraverso un linguaggio semplice e comprensibile, in tempo utile prima della conclusione del contratto di credito, in modo da poter confrontare e riflettere sulle caratteristiche dei prodotti di credito da acquistare).

Da una lettura complessiva della domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il giudice del rinvio ha definito in modo sufficientemente preciso il contesto di fatto e di diritto della controversia principale, nel quale si inserisce tale domanda, al fine di consentire sia alle parti interessate di presentare osservazioni, conformemente a quanto previsto dallo Statuto della Corte di Giustizia dell’Unione europea, sia alla Corte di rispondere utilmente a tale domanda.

La Corte UE ha sottolineato come il requisito della trasparenza di cui all’art. 5 della Direttiva 93/13/CEE non può essere limitato unicamente al carattere comprensibile sul piano formale e grammaticale delle clausole contrattuali, ma che, al contrario, tale obbligo deve essere inteso in maniera estensiva poiché il sistema di tutela istituito dalla Direttiva stessa poggia sull’idea che il consumatore versi in una situazione di inferiorità nei confronti del professionista per quanto attiene, in particolare, il livello di informazione. Il contratto, pertanto, deve esporre in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo al quale si riferisce la clausola di cui trattasi, nonché, se del caso, il rapporto tra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole, di modo che il consumatore sia posto in grado di valutare, sulla base di criteri precisi ed intellegibili, le conseguenze economiche che gliene derivano.

La Direttiva 93/13/CEE, infatti, è diretta a garantire al consumatore, una tutela tale da consentirgli di conoscere e comprendere la natura dei servizi che gli vengono forniti e verificare che non vi sia una sovrapposizione tra le diverse spese o tra i servizi che quest’ultime remunerano attraverso una conoscenza del contratto che intende sottoscrivere, nel suo complesso.

A tale riguardo, la Corte UE, ha precisato che spetta al giudice nazionale verificare che l’istituto finanziario abbia comunicato al consumatore gli elementi sufficienti affinchè egli venga a conoscenza del contenuto e del funzionamento della clausola che gli impone il pagamento di una commissione di apertura nonché del suo ruolo nel contratto di mutuo. In tal modo, il consumatore sarà in grado di conoscere i motivi che giustificano la remunerazione corrispondente a tale commissione e potrà valutare, pertanto, la portata del suo impegno; in particolare, il costo totale del contratto di mutuo. Il carattere chiaro e comprensibile di una clausola, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, deve essere valutato dal giudice competente alla luce di tutti gli elementi di fatto pertinenti, tra cui: a) la formulazione della clausola esaminata; b) le informazioni che l’istituto finanziario ha fornito al mutuatario, comprese quelle che è tenuto a fornire in conformità alla normativa nazionale pertinente; c) la pubblicità realizzata da tale istituto in merito al tipo di contratto sottoscritto, tenendo conto del livello di attenzione che ci si può attendere da un consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto.

Per quanto attiene al momento in cui deve avvenire l’informazione del consumatore, la Corte di Giustizia UE ha dichiarato che è di fondamentale importanza prima della conclusione del contratto, che il consumatore sia messo nelle condizioni di conoscere e comprendere integralmente le condizioni contrattuali e le conseguenze che possono derivare dalla sua sottoscrizione. E’ proprio sulla base di tali informazioni che egli decide se vincolarsi alle condizioni contrattuali preventivamente redatte dal professionista, dal momento che è l’insieme delle clausole del contratto che determinerà i diritti e gli obblighi incombenti sul consumatore in forza di esse.

Nel caso di specie, la clausola che impone al mutuatario una commissione di apertura pari allo 0,35% dell’importo del mutuo concesso, è definita dalla normativa nazionale come la remunerazione dei servizi connessi all’esame, alla concessione o al trattamento del mutuo o del credito ipotecario o di altri servizi analoghi.

Il requisito di trasparenza non comporta l’obbligo, per l’istituto bancario, di specificare con precisione la natura di tutti i servizi forniti in cambio della commissione di apertura, né il volume orario dedicato alla fornitura di ciascuno di tali servizi, dal momento che tali elementi non incidono sull’importo totale della remunerazione da pagare in correlazione a tale commissione e sulla facoltà del consumatore di comprendere i motivi che giustificano tale remunerazione. Il pagamento della commissione di apertura avviene in un’unica soluzione, al momento della concessione del mutuo e la fatturazione avviene dopo la firma del contratto.

E’ necessario evidenziare come la valutazione del carattere “chiaro e comprensibile” di una clausola contrattuale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, ai sensi dell’art. 5 della Direttiva 93/13/CEE, deve essere effettuata dal giudice nazionale alla luce di tutti gli elementi di fatto pertinenti e tenendo conto di tutte le circostanze che riguardano la conclusione del contratto.

Tale esame risulta importante in quanto il carattere trasparente di una clausola contrattuale costituisce uno degli elementi da prendere in considerazione nell’ambito della valutazione del carattere abusivo di essa. L’abusività non può essere presunta, poiché tale qualificazione dipende dalle circostanze specifiche della conclusione di ciascun contratto, comprese le informazioni particolari fornite da ciascun professionista a ciascun consumatore nonché dalla realtà dei servizi effettivamente forniti.

In forza dell’art. 3. Paragrafo 1, della Direttiva, una clausola si considera abusiva se in contrasto con il principio della buona fede,, determina a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto. Tale squilibrio può risultare dal mero fatto di un pregiudizio sufficientemente grave alla situazione giuridica in cui il consumatore viene a trovarsi in forza delle disposizioni nazionali applicabili, sia esso in forma di restrizione al contenuto dei diritti che egli trae dal contratto o di ostacolo all’esercizio dei medesimi o ancora dell’imposizione di ulteriori obblighi non previsti dalla normativa nazionale.

La Corte UE ritiene che una clausola contrattuale, come quella in esame, che stabilisce una commissione di apertura, non risulta idonea ad incidere in modo sfavorevole sulla posizione giuridica del consumatore a meno che i servizi forniti in cambio di essa non rientrano ragionevolmente nelle prestazioni o che l’importo posto a carico del consumatore a titolo di tale commissione sia sproporzionato rispetto all’importo del mutuo. Pertanto, una clausola che preveda una commissione di apertura che sia espressa sotto forma di percentuale applicata all’importo del mutuo concesso non può essere considerata abusiva se il consumatore sia stato effettivamente posto in grado di valutare le conseguenze economiche che gli derivano da tale clausola, di comprendere la natura dei servizi forniti in cambio delle spese previste da tale clausola e di verificare che non vi sia sovrapposizione tra le varie spese previste dal contratto.

In caso di esito negativo, una simile clausola non può creare, a danno del consumatore, un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto di mutuo. Nel valutare l’esistenza di tale eventuale squilibrio, il giudice competente può tenere conto anche di statistiche nazionali che determinino il costo medio delle commissioni di apertura su un dato periodo.

La Corte di Giustizia dell’Unione europea conclude nel senso di ritenere che in base a quanto indicato dalla Direttiva 93/13/CEE una clausola contrattuale che preveda, conformemente alla normativa nazionale pertinente, il pagamento da parte del consumatore di una commissione di apertura destinata a remunerare i servizi connessi ad una domanda di mutuo, può non creare a danno del consumatore un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto stesso.

Il professionista non è tenuto a precisare la natura dei servizi remunerati da tale commissione, né il costo di ciascuno di essi, a condizione che l’eventuale esistenza di uno squilibrio possa essere oggetto di un controllo da parte del giudice competente, se necessario confrontando l’importo di una commissione di apertura imposta al mutuatario ed il costo medio delle commissioni di apertura rilevate in un periodo recente, cioè basandosi su dati che coprono necessariamente il periodo di applicazione della Direttiva 93/13/CEE.

Spetta sempre al giudice competente assicurarsi del rispetto della buona fede e del fatto che una clausola possa determinare uno squilibrio nei diritti e negli obblighi delle parti di un contratto, verificando, in particolare, che le spese poste a carico del consumatore corrispondano a servizi effettivamente forniti dal professionista e non siano sproporzionate rispetto all’importo del mutuo.

 

Avv. Teresa Aloi, Foro di Catanzaro.