A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

REATO AUTONOMO DEL “FEMMINICIDIO”: RIVOLUZIONE COPERNICANA O DISFATTA DELLA COSTITUZIONE?

Autore: Prof. Fabrizio Giulimondi

 

Sommario

  1. La proposta del nuovo reato autonomo di “Femminicidio” e diritto comparato. – 2. Il diritto penale emozionale versus i principi costituzionali di ragionevolezza e proporzionalità. – Nuovo reato di “Femminicidio” e fumus di illegittimità costituzionale (violazione dei principi di tassatività e di eguaglianza). – 4. Simbolismo repressivo e irrazionalità.

Abstract

Il disegno di legge - approvato dal Consiglio dei Ministri il 7 marzo 2025 - sui reati del "codice rosso" (rafforzando la tutela delle vittime) introduce, tra l'altro, il reato autonomo e specifico di "femminicidio", punibile con l'ergastolo. Questa proposta di modifica solleva numerose problematiche in relazione ai principi costituzionali di specificità (o determinatezza), ragionevolezza e parità tra uomini e donne. L'articolo affronta il tema fornendo anche uno sguardo al diritto di alcuni Stati membri dell'Unione Europea e di alcuni Paesi dell'America Latina, oltre a riferimenti al diritto inglese e tedesco.

Abstract

The bill - approved by the Council of Ministers on March 7, 2025 - on "red code" crimes (strengthening the protection of victims) introduces, among other things, the autonomous and specific crime of "Femicide" punishable, moreover, with a life sentence. This proposed amendment raises many problems in relation to the constitutional principles of specificity (or determinacy), reasonableness and equality between men and women. The article addresses the topic by also providing a look at the law of some Member States of the European Union and some countries belonging to Latin America, as well as references to English and German law.

Parole chiave: Femminicidio – Reato autonomo – Specificità – Determinatezza - Ragionevolezza – Proporzionalità – Eguaglianza uomo/donna – Legge maltese – Legge belga – Legge croata – Legge cipriota – Ergastolo – Giudizio abbreviato.

 

1. La proposta del nuovo reato autonomo di “Femminicidio” e diritto comparato.

Questa riflessione ha in animo di scandagliare l’ultima creatura normativa conseguente alla congiunzione tra fenomenologia sociologica, approccio politico e valutazione giuspenalistica: il femminicidio[1].

In data 7 marzo 2025 il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di disegno di legge recante "Introduzione del delitto di femminicidio e altri interventi normativi per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne e per la tutela delle vittime", proposto dai ministeri della Giustizia, dell'Interno, per la Famiglia Natalità e Pari Opportunità, per le Riforme istituzionali e Semplificazione normativa[2].

La proposta di disegno di legge di iniziativa governativa, al fine di contrastare il terribile e diffuso crimine dell’omicidio di donne[3][4][5] per mano prevalentemente maschile susseguente a comportamenti tirannici, oppressivi, di obnubilante gelosia, introduce un nuovo reato, il femminicidio, ovverosia una autonoma fattispecie rispetto al reato di omicidio doloso ex art. 575 c.p., sanzionata con la pena dell’ergastolo. Con il (nuovo) articolo 577-bis c.p. (femminicidio) si prevede il “il fine pena mai” per “chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità”.

In aggiunta il disegno di legge governativo prevede: un autonomo sistema di bilanciamento delle circostanze attenuanti e aggravanti; che le stesse circostanze di commissione del reato di femminicidio siano considerate aggravanti per i delitti come la violenza sessuale, i maltrattamenti in famiglia e lo stalking; la presunzione di adeguatezza delle misure cautelari della custodia carceraria e degli arresti domiciliari per queste categorie delittuose; l’audizione della persona offesa effettuata personalmente dal pubblico ministero e non da parte della polizia giudiziaria, laddove vi sia richiesta in tal senso; specifici obblighi informativi in favore della persona offesa da questi reati, nonché dei prossimi congiunti della vittima di femminicidio (ad esempio, in caso di revoca di misure cautelari coercitive e interdittive); per i reati del codice rosso, il parere (non vincolante) della persona offesa in caso di patteggiamento e il connesso onere motivazionale del giudice che spieghi perché non abbia ritenuto fondato il parere della vittima; limiti alla concessione dei permessi premio e delle misure alternative alla detenzione; l’avviso alla persona offesa o ai prossimi congiunti dell’uscita dal carcere dell’autore di reati da codice rosso; l’incremento degli obblighi formativi dei magistrati in materia di contrasto alla violenza sulle donne e alla violenza domestica[6].

Il presente lavoro non intende affatto entrare in dibattiti di natura psicologica, criminologica, psichiatrica, sociologica, antropologica, politica ostorica, come non intende affrontare in termini penali le figure delittuose limitrofe, al pari dello stalking, dei maltrattamenti in famiglia e di tutta la galassia delinquenziale roteante intorno al c.d. codice rosso ed a reati “ambientati” sul web o sui cellulari.

Qualora approvato, il reato autonomo di femminicidio- che si aggiunge al delitto di omicidio - sarebbe un unicum in seno ai Paesi Membri della Unione europea. Negli ultimi anni gli stati di Croazia[7], Cipro[8] e Malta[9][10] si sono mossi in direzione diversa, individuando la soluzione penale mediante del riconoscimento di un’aggravante in presenza di femicidal circumstances, aggravante, come nel caso cipriota, che può giungere persino all’ergastolo. Una strada ancora diversa è invece quella approvata dal Parlamento belga nel luglio del 2023[11]. L’articolato belga distingue fra quattro diversi tipi di femminicidio: il “femminicidio intimo”, ossia l’uccisione del partner; il “femminicidio non intimo”, come l’uccisione di una prostituta; il “femminicidio indiretto”, conseguente ad un precedente reato e, infine, l’”omicidio di genere”, inteso come l’eliminazione, ad esempio, di persone transgender.

 

2. Il diritto penale emozionale versus i principi costituzionali di ragionevolezza e proporzionalità.

La proposta di introduzione del femminicidio in veste di reato autonomo, specifico ed indipendente dall’omicidio “comune”, pur essendo certamente una novità, non solo nello scenario giuspenalistico italiano, ma anche in quello europeo, non lo è sotto l’aspetto della “pulsione” che ha indotto il Legislatore a varare questo nuovo profilo criminoso.

Sono oramai anni che vengono immessi nel tessuto connettivo dell’ordinamento giuridico penale figure delittuose del tutto prive di ragionevolezza e proporzionalità - principi permeanti ogni branca del diritto[12] -, logica e coerenza con il sistema normativo penale. La produzione di questi reati di nuovo conio è piuttosto originata da spinte emozionali ed emotive provenienti dalla “piazza”, a sua volta fomentata dai mass media e dai social. Sono i fatti di cronaca le fonti primarie (e probabilmente uniche) di parte della normazione contemporanea. Sono i fatti di cronaca ad imporsi all’attenzione del Governo e del Parlamento. La fanfara mediatica, potenziata dal World Wild Web, dai microcosmi social e le piattaforme digitali, seleziona i comportamenti su cui occorre normare e normare in una specifica maniera. Conta certamente la diffusione di determinati accadimenti, ma conta ancor di più l’emozione che questi suscitano nella opinione pubblica, avendo predominante rilevanza il dato emozionale diffusosi fra la popolazione. È del tutto evidente che il ruolo della comunicazione risulta essere fondamentale svolgendo essa stessa il ruolo primario – consapevole o meno, voluto o no – di indurre il Legislatore ad interessarsi di alcuni fatti di cronaca e non di altri. Il Legislatore non eserciterà alcuna funzione razional-normativa ma unicamente di risposta impulsiva a tali sollecitazioni social, massmediatiche, (spesso) irrazionali e non popolari ma populiste.

Come vedremo da qui a poco le norme già prevedono aggravanti, ma la loro dicitura asettica e tecnica non sfamava sufficientemente la bramosia di giustizia (di pancia e nonsense in quanto la sanzione punitiva codicistica già esisteva). Le aggravanti comuni poste a presidio specifico dei medici e degli operatori sanitari, del personale docente e di quello scolastico (ad esclusione dei professori universitari in quanto non coinvolti da fatti di cronaca nera) costituiscono la cartina tornasole di questa evoluzione/involuzione del diritto penale.

A fianco dei reati orwelliani[13] si vanno a stagliare i reati emozionali, non dettati affatto da razionali ragioni di politica criminale ma soltanto da motivazioni emozionali ed enfatiche, create ad arte dai media o sfuggite al controllo dei social.

Prima di affrontare i profondi dubbi che gravano sull’introducendo reato autonomo di femminicidio, è necessario compiere una riflessione critica sulle recenti e reiterate novellazioni dell’art. 61 c.p. in tema di circostanze aggravanti comuni.

L’inesauribile fantasia del legislatore, sempre pronto ad accogliere le più disparate istanze populistiche, riversandole, sempre a costo zero, nel sistema penale ha generato tre (inutili) interventi introdotti con la legge 25/2024 pubblicata in Gazzetta ufficiale n. 63 del 15 marzo 2024.Il velleitario catalogo delle circostanze aggravanti comuni (art. 61 c.p.) si arricchisce di un comma 11- novies), sulla falsariga del pur recente 11-octies che era pensato a beneficio degli «esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie»; in questo caso l’aggravante è concepita per i fatti commessi contro «un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico o ausiliario della scuola, a causa o nell’esercizio delle loro funzioni».[14]

La norma penale “emozionale” che si fa dettare l’agenda dai fatti di cronaca mediati dalla informazione tv-radio-carta stampata-social è fatalmente depotenziata nella propria funzione e natura.

La Costituzione mette al centro la “persona”, l’individuo”, l’”essere umano”, nella sua costruzione identitaria frutto della elaborazione giusnaturalistica. La Costituzione non frammenta, non parcellizza, non decompone, non destruttura la persona in diverse tipizzazioni, in variegate forme di persone: il concetto di persona è sufficiente per coprire tutte le differenze che caratterizzano l’essere umano. La persona nella Costituzione certamente non è considerata nella sua portata professionale perché ad essere riconosciuti e garantiti sono “i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (art. 2 Cost). È l’essere umano ad essere riconosciuto e garantito nelle sue molteplici sfaccettature. La figura della donna – in ragione delle naturali peculiarità biologiche -  è presa in considerazione autonomamente in veste di lavoratrice, madre e moglie, all’art. 37 Cost.[15]; nel periodo aggiunto al termine dell’art. 51, comma 1, Cost., dalla legge cost. 30 maggio 2003, n. 1[16], nel quale la duplicità dei sessiè messa “in chiaro” e in chiave paritetica; nell’incipit dell’art. 31, comma 2, Cost.[17]. Nell’esaminare, quindi, l’articolato della Carta appuriamo che, ad eccezione di ipotesi razionalmente - e direi secundumnaturam – giustificate, ad essere protetto, tutelato e garantito è l’uomo inteso in via onnicomprensiva come essere umano.

Il bene-interesse primario difeso dalle legislazioni penali è quello legato alla persona: che senso ha frantumare la persona in mille rivoli “professionali”? L’aggressione fisica e morale ad un individuo è costituzionalmente ragionevole sia sanzionata a seconda del ruolo sociale che egli ricopra? E in termini sanzionatori e di tecnica legislativa è parimenti corretto?

L’art. 5, comma 1, l. 14 agosto 2020, n. 113, ha aggiunto al già lungo elenco di aggravanti comuni contenuto nell’art. 61, comma 1, c.p., il n. 11-octiesche recita nel seguente modo:”l'avere agito, nei delitti commessi con violenza o minaccia, in danno degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nonché di chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, a causa o nell'esercizio di tali professioni o attività.”.

Siamo dinanzi ad un palese inseguimento di fatti di cronaca che vedono medici aggrediti nei pronti soccorsi o in corsia da familiari, parenti ed amici del paziente[18].

Alla stessa stregua si pone l’ulteriore aggravante comune inerente le aggressioni fisiche e verbali avverso il personale docente e scolastico[19]. L'art. 4, comma 1, l. 4 marzo 2024, n. 25, ha aggiunto sempre all’art. 61, comma 1, c.p., il n. 11-novies, ossia: “l'avere agito, nei delitti commessi con violenza o minaccia, in danno di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico o ausiliario della scuola, a causa o nell'esercizio delle loro funzioni.”.

Non mi soffermo sulla evidenza che siffatta disposizione riguardi soltanto il personale in servizio presso istituti di istruzione che non vadano oltre quelli liceali (nessuna tutela “aggravata”, pertanto, per il corpo docente e l’apparato amministrativo nelle università), ma faccio mie le argomentazioni di Granozio[20] indirizzate alla circostanza aggravante circa il personale docente e scolastico, argomentazioni che possono essere de plano estese anche al personale medico e sanitario: “La circostanza determinerà un aumento di pena fino ad un terzo, esattamente come previsto dal comma 10 per i fatti commessi contro un pubblico ufficiale (come il dirigente e gli insegnanti, per giurisprudenza costante) o una persona incaricata di pubblico servizio (come il personale amministrativo, tecnico o ausiliario della scuola). Due ulteriori circostanze ad effetto speciale sono poi previste per i reati di ‘violenza o minaccia a pubblico ufficiale’ (art. 336 c.p.) e‘ oltraggio a pubblico ufficiale’ (art. 341-bis c.p): in entrambi i casi la pena è aumentata fino alla metà «se il fatto è commesso dal genitore esercente la responsabilità genitoriale o dal tutore». In tal caso, esclusa l’operatività dell’aggravante comune, il legislatore individua i destinatari di tali aggravanti in relazione ad un soggetto terzo (il figlio o, comunque, il minore sottoposto a tutela). Nel primo caso (art. 336 c.p.) l’aggravante è prevista se il fatto è commesso «nei confronti di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico o ausiliario della scuola», nel secondo caso (art. 341-bis c.p.) se commesso «nei confronti di un dirigente scolastico o di un membro del personale docente, educativo o amministrativo della scuola» con esclusione del personale tecnico o ausiliario. Privi di apprezzabili effetti concreti, può ritenersi che tali interventi, applicabili dal 30 marzo 2024, siano la oramai consueta risposta pavloviana in relazione alla cronaca.”.

Paucisverbis, le aggravanti ex art. 61,nn.11-octies e 11-nonie, c.p. erano già previste nella prima parte del n. 10 (“l'avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di un pubblico servizio”), poiché i profili professionali elencati nelle prime due aggravanti non sono altro che una esemplificazione di quanto contenuto nella terza tipologia di aggravante: medici, operatori sanitari, personale docente e scolastico sono già sussumibili per interpretazione giurisprudenziale nella categoria dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio e, di conseguenza, già beneficiati dalla aggravante della pena laddove parti offese di un reato[21].

Perché allora nonostante fosse già normato il Legislatore è intervenuto lo stesso? Per ragioni politiche, non di politica criminale, ma puramente politiche, che spingono la sfera politica ad utilizzare gli organi deputati all’esercizio della funzione legislativa per rispondere alle istanze che sorgono nei luoghi della informazione e della formazione delle emozioni, spazi generalmente virtuali che innalzano singoli fatti di cronaca a condizioni necessitanti una normazione specifica: norme emozionali, o se si preferisce, populiste o simboliche. Talora, sembrerebbero più utili misure di tipo preventivo e/o precauzionale, potendo risultare sul medio e lungo periodo maggiormente efficaci per il contrasto di alcuni fenomeni[22].

Invero, nulla è simbolico in una norma, perché la norma può condurre l’indagato-imputato-condannato in vinculis, oltre a creare un cambio di concezione e di percezione della realtà.

 

3. Nuovo reato di “Femminicidio” e fumus di illegittimità costituzionale (violazione dei principi di tassatività e di eguaglianza).

Ora possiamo passare alla valutazione del delitto di femminicidio che, certamente, è anch’esso ascrivibile fra i reati emozionali per come sono state costruite le parti precettive e sanzionatorie, nonché per l’opzione legislativa di configurarlo come reato autonomo rispetto all’omicidio ex art. 575 c.p. e alle conseguenziali circostanze aggravanti ex artt. 576 e 577 c.p.

Fiandaca[23] ha tracciato il duplice percorso che conduce alla probabile illegittimità costituzionale del proposto art. 577-bis c.p.: la indeterminatezza della formulazione e la violazione del principio di eguaglianza basato sul sesso.

Il principio di tassatività (o di determinatezza) presiede alla tecnica di formulazione della legge penale. Esso sta ad indicare il dovere del legislatore di procedere, al momento della creazione della norma, ad una precisa determinazione della fattispecie legale affinché risulti tassativamente stabilito ciò che è penalmente lecito e ciò che è penalmente illecito: nullum crimen sine lege poenali scripta et stricta[24].

Nella Costituzione italiana il principio di tassatività – che domina l’intero diritto penale -  è desumibile in modo implicito ma certo dalla ratio dell’art. 25 Cost., quale corollario dei principi di riserva di legge, di divieto di analogia in malampartem e di irretroattività. Il principio d tassatività (o di determinatezza) rende incompatibili con l’art. 25 Cost. le formulazioni delle fattispecie penali incriminatrici contenenti termini vaghi, dai confini incerti, ondivaghi e fumosi, che rimandano a discipline prive di elementi di certezza e scientifici - quali la psicologia - oevocanti stati emozionali. Ci corre in aiuto a tal proposito il Tribunale costituzionale federale tedesco. Nel suo nucleo essenziale il principio di determinatezza (Bestimmtheitsgebot)[25] garantisce che “i presupposti della punibilità siano descritti in maniera tanto concreta che l’ambito applicativo e la portata delle fattispecie penale emergano dalla lettera o, in ogni caso, siano accertabili mediante interpretazione.[26].

Il rispetto di questo principio, avente a baluardo costituzionale l’art. 25 Cost., non è in nulla riscontrabile nella redazione del proposto art. 577-bis c.p.[27]: “Già a prima vista risalta la notevole indeterminatezza, esposta a obiezioni di incostituzionalità, della formulazione testuale della condotta punibile. Colpisce, non secondariamente, la declinazione in chiave psicologistica e di censura morale del disvalore del femminicidio, che si presume più grave di quello relativo all’omicidio comune. Come dovrebbe il giudice accertare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la motivazione discriminatoria o il sentimento di odio (della donna in quanto donna) sottostante all’atto omicidiario? Esistono criteri di giudizio sicuri in proposito? Temo che neanche il più esperto degli psicologi potrebbe distinguere con certezza le motivazioni suddette da motivazioni di altro tipo. È dunque da prevedere che l’accertamento giudiziario di così scivolose pulsioni motivazionali finirebbe, inevitabilmente, col risentire dei pregiudizi e delle impressioni soggettive di chi di volta in volta giudica.”[28].

Di conseguenza, è elevato il rischio che il testo di questo nuovo reato, così come approvato dal Consiglio dei Ministri dello scorso 7 marzo, sia viziato da illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 25 Cost.

Ora passiamo alla seconda probabile eccezione di incostituzionalità: la violazione del principio di eguaglianza basato sul sesso, uno dei sette parametri (invero il primo) esplicitamente menzionato dal primo comma dell’art. 3 Cost. che lo Stato-Istituzione e lo Stato-Comunità devono obbligatoriamente rispettare in ogni comportamento realizzato o atto emanato.

Non sussiste solo il sospetto della violazione dell’art. 3, comma 1, Cost., ma anche dell’art. 117, comma 1, Cost. (“La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”) per contrasto alle disposizioni similari contenute in Atti unionali ed internazionali.

In via esemplificativa, si ritiene opportuno citare le norme (interposte) di maggiore rilievo: art. 2 TUE[29]; art. 14 CEDU[30]; art. 21, comma 1, CDFUE[31]; art. 2 della Dichiarazione universale dei diritti umani[32]; art. 2, comma 1, del Patto internazionale sui diritti civili e politici[33].

A proposito del principio di eguaglianza e della sua lesione la Consulta nella sentenza n. 67 dell’11 aprile 2023 enuncia: “Come questa Corte ha costantemente affermato, una violazione del principio di eguaglianza sussiste qualora situazioni omogenee siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso”[34]; a complemento ed integrazione di questo costrutto ermeneutico la Corte con la statuizione 85/2013 chiarisce: “Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264 del 2012). Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona … La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi.”[35].

La norma esaminata si riferisce soltanto al genere femminile. E se dovesse accadere l’inverso? Ossia, seguendo un argomentum a contrario, se dovesse verificarsi nella vita reale quanto descritto nel proponendo art. 577-bis c.p. in cui però la vittima è un uomo? Se un uomo o una donna, in odio all’uomo inteso come “maschio”, uccidesse un appartenente al genere maschile cosa accadrebbe? Accadrebbe fatalmente che questo omicidio rientrerebbe nell’ambito di applicazione della fattispecie criminosa ex art. 575 c.p., che vede come pena edittale minima ventuno anni di reclusione e come pena edittale massima trenta anni di reclusione, con eventuale riduzione di un terzo della pena di reclusione in caso di accesso dell’imputato al rito abbreviato, a mente del combinato disposto degli artt.438 e 442 c.p.p.; stante le medesime condizioni descritte nell’art. 577-bis se vi fosse un “maschicidio” si potrebbe giungere alla pena dell’ergastolo solo e soltantosi verificasse quanto previsto negli artt. 576 e 577 c.p. È necessario sottolineare, altresì, che per i delitti puniti con la pena dell’ergastolo il giudizio abbreviato non è ammesso (art. 438, comma 1 bis, c.p.p.[36]).

Ricapitoliamo: nell’ipotesi di femminicidio è prevista tout court la pena dell’ergastolo con conseguente divieto di ammissione al giudizio abbreviato, mentre nell’ipotesi opposta, il “maschicidio” (uccidere un maschio perché maschio utilizzando gli stessi termini dell’introducendo art. 577-bis c.p.) non avrebbe alcuna cittadinanza nell’ordinamento giuridico penale italiano, in quanto non previsto affatto nella cennata norma. Il “maschicidio” rientrerebbe “solo” nel perimetro dell’omicidio “comune” ex art. 575 c.p., punibile dai 21 anni di reclusione in poi (sino ai trenta) con possibilità di ammissibilità del rito abbreviato e, quindi, riduzione della pena di un terzo. L’ergastolo per il “maschicidio” sarebbe applicabile segnatamente nelle ipotesi previste dagli artt. 576 e 577 c.p. (con conseguente inammissibilità del giudizio abbreviato).

Non si possono, inoltre, escludere problematiche legate alle questioni riferibili al mondo LGBTQ+, con la possibilità (direi probabilità) che uomini parti offese, se in fase di transizione, o “percipientisi” donne, o, comunque, rientranti nella multiforme galassia transgender, potrebbero suscitare criticità di non poco momento di natura costituzionale oltre di ordine applicativodella norma nelle aule giudiziarie.

Riprendendo quanto riportato in precedenza, la Consulta nell’affermare che “situazioni omogenee siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso” esamina proprio questi tranci di realtà. Come si fa a non vedere il determinarsi di una marchiana violazione del principio di eguaglianza basato sul sesso ex art. 3 Cost.? E anche una marchiana violazione dell’art. 117, comma 1, Cost. per violazione delle sopra cennate disposizioni di diritto unionale ed internazionale?

 

4. Simbolismo repressivo e irrazionalità.

Chi vede nella novellazione codicistica uno sprone simbolico al contrasto all’ignobile omicidio di donne cade in un terribile quanto pericoloso errore. Atteso che è vero, come già sostenuto in precedenza, che le disposizioni di legge creano – o dovrebbero creare - un sistema valoriale, una diversa weltanschauung di una dimensione esistenziale, un nuovo angolo prospettico da cui osservare un accadimento, strutturare in modo così radicale la figura delittuosa del femminicidio causa – seppur certamente in modo involontario –la deminutio del valore della vita dell’uomo (maschio) e l’upgrade di quello della donna: credo non sfugga a nessuno l’abnormità di questa operazione politico-giuridica. Per operare un giusto contrasto ad un fenomeno angosciante si immette surrettiziamente (e poco cripticamente) nel sistema un immane disvalore che lede le basi stesse della civiltà giuridica italiana, europea ed occidentale. Mutuando il linguaggio civilistico, si simula (volontariamente) un’azione benigna dissimulando (certamente involontariamente) un’azione maligna: accanto alla giusta volontà politica di contrastare, ridimensionare e cercare di azzerare il numero di femminicidi, si associa una (certamente non voluta) iniziativa di degradazione valoriale dell’uomo/maschio.

Credo siano ben appropriate le parole che descrivono il principio di irragionevolezza nella tradizione giudiziaria inglese: “So absurd that no sensible person could ever dream that it lay within the power of the authority[37]; e ancora “So outrageous in its defiance of logic or accepted moral standards that no sensible person who had applied his mind to the question to be decided could have arrived at it.[38].

Forse sarebbe più razionale, ragionevole, proporzionale ed efficace approdare ad una riforma che punisca con l’ergastolo l’omicidio di qualsiasi genere, abrogando quest’ultimo il bene più prezioso della persona, il diritto dei diritti, il diritto prima di tutti gli altri diritti, il diritto senza il quale gli altri diritti non esistono, il diritto umano primario e fondamentale per eccellenza: il diritto alla vita[39]. Si dovrebbe intervenire sull’aspetto sanzionatorio previsto nell’art. 575 c.p., prevedendo in ogni caso la pena dell’ergastolo e abrogando, di conseguenza, le figure aggravate di omicidio sanzionate con l’ergastolo (artt. 576 e 577 c.p.), riconducendo così la materia ad una organica, razionale e unitaria disciplina davvero costituzionalmente orientata, nella quale uomini e donne siano posti sullo stesso piano sia come autori che come vittime del reato.

Mi auguro che in sede di esame del testo durante l’iter parlamentare nei due rami delle Assemblee questa, come altre opzioni emendative, siano prese in debita considerazione per pervenire ad un articolato definitivo maggiormente rispettoso dei paradigmi costituzionali e del geist dei Padri costituenti.

 

Prof. Fabrizio Giulimondi (Preside del Collegio di scienze giuridiche di Lublino della Nicolaus Copernicus Superior School di Varsavia).

 

[1] Per un ampio excursus sul “femmicidio” e sul “femminicidio” e sulle origini semantiche, sociologiche e storiche di questi due vocaboli, cfr. M.Anziani, I concetti di femmicidio e femminicidio, in “centrodirittiumani.it”, Padova, Centro di Ateneo per i diritti umani Antonio Papisca, Università di Padova, 29.04.2015.

[2] V.Com.st.Cons.Min, 117/7.03.2025, consultabile in https://www.interno.gov.it/it/notizie/femminicidio-diventa-reato-approvato-schema-ddl”.

[3] Per una rilevazione statistica esauriente, articolata, aggiornata e puntuale dei femminicidi compiuti in Italia, v. https://www.interno.gov.it/it/stampa-e-comunicazione/dati-e-statistiche/omicidi-volontari-e-violenza-genere”.

[4] Di grande interesse scientifico, sia a livello sociologico che antropologico e giuridico, è lo studio statistico diquanto accade al di fuori dei nostri confini nazionali; uniformare qualitativamente i dati nell’Unione europea sul numero di femminicidi, però, è particolarmente complesso perché non tutti i Paesi classificano i reati di genere allo stesso modo. Inoltre, non sempre sono a disposizione statistiche aggiornate e, quindi, i dati possono risultare non omogenei, non scientificamente attendibili né particolarmente attuali. Un  rapporto di indagine certamente scientifico sulla violenza di genere, frutto della elaborazione dei  dati provenienti dai 27 Stati membri della UE, è stato pubblicato dall’Eurostat (“https://ec.europa.eu/eurostat/web/products-statistical-reports/w/ks-01-24-013”) nel settembre 2024, EU Gender-BasedViolenceSurvay – KeyResults (“https://ec.europa.eu/eurostat/documents/7870049/20464303/KS-01-24-013-EN-N.pdf/052adbe2-40bd-9472-87c0-ed14c7106bfa?version=1.0&t=1732193841491”); il rapporto relaziona dettagliatamente i dati relativi ai 27 Sati Membri della Unione  europea relativamente alla  violenza fisica, incluso l’omicidio, alla violenza psicologica (minacce et alia)  e alla  violenza sessuale da parte di qualsiasi autore, dal marito, al coniuge de facto, al fidanzato, al partner di qualsiasi tipo, all’amico nonché all’estraneo, oltre alle molestie sessuali sul lavoro.

[5]

[6] In attuazione dell’art. 15, Conv. “on preventing and combating violence againstwomen and domestic violence”, Istanbul, Council of Europe, 11.05.2011, in CETS 210 (Art. 15 – Training of professionals: “1 Parties shall provide or strengthen appropriate training for the relevant professionals dealing with victims or perpetrators of all acts of violence covered by the scope of this Convention, on the prevention and detection of such violence, equality between women and men, the needs and rights of victims, as well as on how to prevent secondary victimization. 2 Parties shall encourage that the training referred to in paragraph 1 includes training on coordinated multi-agency co-operation to allow for a comprehensive and appropriate handling of referrals in cases of violence covered by the scope of this Convention.”).

[7] L. croata di modifica e integrazione del codice penale, 14.03.2024, pubbl. in G.U. croatann 36/2024 (25.3.2024), (consultabile in lingua croata e italiana su ”https://www.zakon.hr/c/zakon/60394/nn-36-2024-%2825.3.2024.%29%2C-zakon-o-izmjenama-i-dopunama-kaznenog-zakona”).

[8] L. cipriota 117(I)/2022 del 7.07.2022, pubbl. in E.E., Par.I(I), n. 4904, 22/7/2022, che ha introdotto l’art.10 A alla l.115(I)/2021)del 13.05.2021 in tema di prevenzione e  lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica e questioni correlate (consultabile in lingua greca su “http://www.cylaw.org/nomoi/enop/ind/2021_1_115/section-sc35433b3a-a6be-a432-3fd5-8ad5b11370fe.html”).

[9] L. maltesen. 2022/ X di modifica del cap. 9 c.p. maltese, approvata dalla Camera dei Rappresentanti nella seduta n. 19 del 20.06. 2022, pubbl. in G.U. maltese, suppl., n. 20.882 del 28.06.2022, sez. A (consultabile in lingua maltese su”https://parlament.mt/media/117820/act-x-criminal-code-amendment-no-3-act.pdf”)

[10] Nel perimetro dei Paesi extra-europei è opportuno evidenziare l’introduzione del concetto giuridico di femminicidio, con i conseguenti risvolti di natura penale, negli ordinamenti giuridici dei Paesi dell’America latina, dove secondo i dati allarmanti della Commissione economica delle Nazioni Unite per l’America Latina e i Caraibi (ECLAC), nel 2023 sono state almeno 3.897 le donne assassinate, ovvero una media di 11 al giorno.Attualmente sono diversi gli stati sudamericani che sanzionano il reato di femminicidio: Messico, Costa Rica, Guatemala, Cile, El Salvador, Perù, Nicaragua, Bolivia e Argentina; per un’ampia panoramica sulla legislazione penale in subiecta materia,cfr.R.Bitto, Reato di femminicidio: una fattispecie necessaria nel nostro ordinamento penale?, in “Dirittoconsenso.it”, 19.02.2025; in merito al sistema penale argentino bisogna prendere in considerazione l’art. 80, c. 11 c.p. argentino (comma aggiunto dall'art. 2, l. n. 26.791 BO 14.12.2012), che recita così: (“È punito con l'ergastolo o con la reclusione a vita, e possono essere applicate le disposizioni dell'articolo 52, chiunque uccide”) “Una donna quando l'atto è perpetrato da un uomo e implica violenza di genere”. Il Presidente argentino Javier Milei - supportato dal Ministro della Giustizia Mariano Cúneo Libarona - ha proposto di espungere dal codice penale siffatto reato per la palese redazione della norma in chiave decisamente discriminatoria, in ragione del fatto che qualifica il reo e la vittima sotto uno specifico genere sessuale (il reo specificamente come uomo e la vittima specificamente come donna).

[11] L. belga 13.07.2023, pubbl. in G.U. belga del 31.08.2023, di cui la gran parte è entrata in vigore il 1°.10.2023, mentre gli artt. 12 § 2, 12 § 4 e 13 sono entrati in vigore il 1°.10.2024 e gli artt. 9, 10, 11, 12 § 1 e 12 § 3 entreranno in vigore il 1°.10.2025.

[12] M. Cartabia, I principi di ragionevolezza e proporzionalità nella giurisprudenza costituzionale italiana, in AA.VV., “Il principio di ragionevolezza nella giurisprudenza della Corte costituzionale - Atti del seminario svoltosi in Roma, Palazzo della Consulta, 13-14.10.1992”, Milano, Giuffré, 1994, pp.1-2: “Il principio di ragionevolezza ha ormai guadagnato una propria autonomia rispetto al testo della Costituzione; forse, più correttamente, si potrebbe dire che oggi il principio di ragionevolezza è utilizzato come complemento e in appoggio a qualunque altro principio costituzionale richiamato a parametro del giudizio della Corte. Il  principio di ragionevolezza ha assunto un connotato conformativo rispetto ad ogni parametro costituzionale; di qui deriva la pervasività del canone della ragionevolezza, principio costante e onnipresente nella giurisprudenza costituzionale, come da più parti è stato osservato … Ai fini delle presenti riflessioni è bene sottolineare che la Corte costituzionale italiana non opera alcuna distinzione tra principio di ragionevolezza e principio di proporzionalità, i quali sono spesso usati in modo del tutto fungibile l’uno rispetto all’altro.”.

[13] Per questa novella dommatica mi sia consentito rimandare a F. Giulimondi, Cervelli all’ammasso e legislazione penale orwelliana, in “Statiunitiditalia.it”, 21.07.2020.

[14] L. Granozio, Nuovo intervento sulle circostanze aggravanti, in “penaledp.it”, 9.04.2024.

[15] Art. 37, c. 1, Cost.: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.”.

[16] Art.51, c. 1, Cost.: “Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.”.

[17] Art. 31, c.2, Cost.: “Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.”.

[18] Le aggressioni al personale sanitario in Italia hanno visto un incremento medio nel 2024 del 33% rispetto all’anno precedente; secondo i dati Amsi, Umem e Uniti per Unire, il Nord Italia è l’area più colpita, con il 63% degli episodi di violenza, mentre il Sud registra il 26% e il Centro l’11%. Lombardia, Campania, Puglia, Lazio e Sicilia emergono come le regioni con il maggior numero di aggressioni; per una rilevazione statistica del fenomeno delle aggressioni ai medici e agli altri operatori sanitari, cfr: “https://nursetimes.org/aggressioni-al-personale-sanitario-lindagine-di-amsi-umem-uniti-per-unire”.

[19] Secondo un monitoraggio interno al Ministero dell'Istruzione effettuato dal Dipartimento dell’Istruzione, nell'anno scolastico 2022/2023 sono stati 36 gli episodi di violenza avvenuti a livello nazionale all'interno dell'ambiente scolastico; 68 nel 2023/2024; e 19 nel corrente 2024/2025 (dato aggiornato a dicembre 2024). I dati sono stati illustrati durante la “Giornata di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti del personale scolastico” che si è svolta in data 12.12.2024 al Ministero dell’Istruzione e del Merito. Gli eventi interessano quasi tutte le Regioni (spicca la Lombardia con 15 episodi, pari al 12,2%), in particolare il II ciclo di istruzione, mentre le vittime più numerose sono i docenti e gli autori principali familiari e studenti; cfr. “www.ilsole24ore.com/art/violenze-scuola-123-episodi-3-anni-insegnanti-sono-piu-colpiti-AGGsv2iB”.

[20] L. Granozio, op.cit.

[21] Per il settore sanitario funditus sul tema della qualificazione di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio, inclusiva di Dottrina e giurisprudenza, cfr. R. Bin, D. Donati, G. Pitruzzella, Lineamenti di diritto pubblico per i servizi sociali e sanitari, Torino, G. Giappichelli, 28.09.2021, 4° ed.; per il settore scolastico funditus sul tema della qualificazione di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio, inclusiva di Dottrina e giurisprudenza, cfr. M. Falanga, Nuovo diritto scolastico. Analisi e profili, Brescia, Scholé, 28.06.2024.

[22] A seguito di numerose aggressioni a conducenti di veicoli destinati al trasporto pubblico di linea, il Legislatore, seguendo regole di maggiore saggezza, lungimiranza ed efficacia, ha affrontato la questione in chiave preventiva, prevedendo mezzi di protezione volti a garantire la sicurezza e l’isolamento degli operatori di guida da ogni rischio di violenze o interferenze da parte dell’utenza o di soggetti estranei, con l’adozione del DM, MIT, 17.04.2024, pubbl. in GURI 128 del 3.06.2024.

[23] G. Fiandaca, Cari prof.di Diritto penale, è ora di protestare contro il delitto di femminicidio, in “Il Foglio”, 13.03.2025.

[24] F. Mantovani, Diritto penale, Padova, Cedam, 1989, p.97.

[25] Nell’ordinamento tedesco il principio di determinatezza (Bestimmtheitsgebot), riconosciuto a livello costituzionale dall’art. 103 II GG e a livello legislativo dal § 1 StGB, ha un contenuto assimilabile a quello assegnatogli nel diritto italiano; cfr. A. Nisco, Principio di determinatezza e interpretazione in diritto penale: considerazioni teoriche e spunti comparatistici, in “Arch.pen”, 2017, 3, p. 24.

[26] Sono parole del Bundesverfassungsgericht riportate da C. Roxin, Der Grundsatzder Gesetzesbestimmtheitimdeutschen Strafrecht, in E. Hilgendorf (cur.), “Das Gesetzlichkeitsprinzipim Strafrecht”, Tübingen, Mohr Siebeck, 2013, p. 133.

[27] Per maggiore comodità del lettore si ripropone il testo: “Chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità.”.

[28] G. Fiandaca, op.cit.

[29] Art. 2 TUE: “L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.”.

[30] Art. 14 CEDU (“Divieto di discriminazione”): “Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza auna minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione.”.

[31] Art.21, c. 1, Carta dei diritti fondamentali della Unione europea (“Non discriminazione”): “1.È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, ilpatrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.”; La Carta è stata proclamata ufficialmente a Nizza il 7.12.2000 dal Parlamento europeo, dal Consiglio dell’Unione europea e dalla Commissione ed è diventata giuridicamente vincolante con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona il 1°.12.2009 (firmato il 13.12.2007), acquisendo la stessa efficacia giuridica dei Trattati (Tue e TFUE).

[32] Art. 2, Dichiarazione universale dei diritti umani: “Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.

Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.”.

[33] Art. 2, c. 1, Patto internazionale sui diritti civili e politici: “Ciascuno degli Stati Parti del presente Patto si impegna a rispettare ed a garantire a tutti gli individui che si trovino sul suo territorio e siano sottoposti alla sua giurisdizione i diritti riconosciuti nel presente Patto, senza distinzione alcuna, sia essa fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione, l’opinione politica o qualsiasi altra opinione, l’origine nazionale o sociale, la condizione economica, la nascita o qualsiasi altra condizione.”.

[34] Corte cost., sent., n. 67 dell’9.03-11.04.2023, pres. Sciarra, rel. Amoroso, pubbl. in GURI n. 15 del 12.04.2023, s.spec., pt. 6.

[35] Corte cost., sent., n. 85 dell’9.04-9.05.2013, pres.Gallo, rel.Silvestri, pubbl. in GURI n. 20 del 15.05.2013, s.spec., pt. 9.

[36] L'art. 1, c.1, lett. a), l. 12.04.2019 n. 33, ha introdotto il comma 1 bis all’art. 438 c.p.p.; altresì, gli ultimi due periodi del comma 2 dell’art. 442 c.p.p. (che prescrivevano le “riduzioni” di pena in caso di applicazione del giudizio abbreviato ai reati sanzionati con l’ergastolo: “Alla pena dell'ergastolo è sostituita quella della reclusione di anni trenta. Alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato continuato, è sostituita quella dell'ergastolo”) sono stati abrogati dall'art. 3, c.1, della stessa legge.

[37] Englad and Wales Court of Appeal (Civil division), nov.10, 1947, Associated Provincial Picture Houses Ltd v Wednesbury Corporation (1948) 1 KB 223.

[38] United Kingdom House of Lords, nov.22, 1984, Council of Civil Service Unions v. Minister for the Civil Service (1985) AC 374, 410.

[39] Mi si consentarinviare a F.Giulimondi, Il diritto alla vita nelle Carte costituzionali degli Stati Membri dell’Unione europea, Roma,Istituto di studi europei “A. De Gasperi”, 1994.