CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA: RESPONSABILITÀ IN SOLIDO DEL PRODUTTORE E DEL FORNITORE IN CASO DI DANNI PROVOCATI DA PRODOTTI DIFETTOSI (CGUE 19 DICEMBRE 2024, C-17/23).
Autore: Avv. Teresa Aloi
Nel caso di danni causati da prodotti difettosi, un fornitore può essere considerato produttore se il suo nome coincide con il marchio apposto sul prodotto dal fabbricante, per cui può essere considerato responsabile alla stregua del produttore.
Questo è il principio enunciato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea con la sentenza del 19 dicembre scorso, nella quale essa ha accolto un’interpretazione estensiva della nozione di “produttore” di cui all’art. 3, paragrafo 1, della Direttiva 85/374/CEE sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi (recepita nell’ordinamento giuridico italiano con il decreto del Presidente della Repubblica del 24 maggio 1988, n. 224), ampliando i confini di tale forma di responsabilità ed includendo in essa, in determinate circostanze, anche i fornitori che si presentano come produttori agli occhi del consumatore.
La vicenda sottesa alla pronuncia della Corte UE ha origine nel luglio del 2001 ed ha come protagonista un consumatore, acquirente di un’autovettura di marchio Ford presso un concessionario italiano di tale marchio. Il veicolo era stato fabbricato dalla Ford Wag, una società con sede in Germania e distribuito in Italia da “Alfa” Italia Spa (la Ford Wag e la Ford Italia appartengono allo stesso gruppo societario).
Nel dicembre dello stesso anno il consumatore era stato vittima di un incidente in occasione del quale l’airbag in dotazione del veicolo non aveva funzionato. Egli, pertanto, aveva proposto ricorso davanti al Tribunale di Bologna (Italia) contro la concessionaria presso la quale aveva acquistato l’auto e la Ford Italia al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa del difetto presentato dal veicolo. La Ford Italia, a sua difesa, sosteneva di non essere responsabile del difetto dell’airbag in quanto non era stata lei a fabbricare il veicolo, essendone solo il fornitore mentre il produttore e, quindi, il vero responsabile, sarebbe stata la Ford Wag. Sottolineava, inoltre, come espressamente sulla fattura di vendita era stato indicato che la Ford Italia non poteva essere considerata produttore ai sensi dell’art. 3, paragrafo 3, della Direttiva 85/374/CEE, né si sarebbe accollata la responsabilità in cui incorre il produttore ai sensi di tale Direttiva.
Il Tribunale di Bologna, con decisione del novembre 2012, ha riconosciuto la responsabilità extracontrattuale della Ford Italia per il difetto di fabbricazione dell’airbag.
Contro tale decisione, la Ford Italia ha proposto appello davanti alla Corte d’Appello di Bologna, sostenendo che il giudice di primo grado, erroneamente, avesse ritenuto che essa fosse tenuta a chiamare in causa il produttore, mediante un intervento coatto, per poter essere estromessa dal giudizio. Il Tribunale, inoltre, avrebbe statuito ultra petita, nella parte in cui sarebbe stata condannata in quanto fornitore del veicolo in questione, mentre il consumatore avrebbe chiesto la sua condanna in quanto produttore del veicolo stesso.
La Corte d’Appello, con sentenza del dicembre 2018, respingeva il ricorso della Ford Italia ritenendola responsabile dei danni prodotti dall’airbag difettoso, in quanto la sua posizione era da equiparare a quella del produttore, ed inoltre, avendo omesso di chiamare in causa la Ford Wag, non avrebbe potuto pretendere di essere estromessa dal giudizio ai sensi dell’art. 3, paragrafo 3, della Direttiva 85/374/CEE.
La Ford Italia decide di impugnare tale decisione davanti alla Corte di Cassazione (Italia), giudice del rinvio.
La Suprema Corte chiamata a pronunciarsi, solleva dubbi circa l’interpretazione della definizione di “produttore” fornita dalla Direttiva 85/374/CEE sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi. In particolare, i dubbi attengono all’interpretazione dell’espressione “apponendo il proprio nome” contenuta nell’art. 3, paragrafo 1, della Direttiva.
Essa si chiede se, l’estensione della responsabilità del produttore al fornitore del prodotto sia limitata al caso in cui l’ ”apposizione” consista, per il fornitore, nell’imprimere materialmente il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto, con l’intenzione di sfruttare una confusione tra la sua identità e quella del produttore o se tale estensione sia applicabile anche qualora esista una semplice coincidenza dei dati identificativi, come avverrebbe nel caso di specie.
In tali circostanze, la Corte di Cassazione decide di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Unione europea la seguente questione pregiudiziale: se sia conforme all’art. 3, paragrafo 1, della Direttiva l’interpretazione che estende la responsabilità del produttore al fornitore anche se quest’ultimo non abbia apposto materialmente sul bene il proprio nome, marchio o altro segno distintivo in tutto o in parte coincidenti con quello del produttore.
La Corte di Giustizia dell’Unione europea analizza la questione sollevata partendo dalla considerazione che l’art. 1 della Direttiva 85/374/CEE imputa al produttore la responsabilità per danno da prodotti difettosi, mentre l’art. 3, paragrafo 1, definisce con il termine “produttore” il fabbricante di un prodotto finito, il produttore di una materia prima o il fabbricante di una parte componente, nonché, ogni persona che, apponendo il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto si presenta come produttore dello stesso. A questo proposito si deve considerare che le persone contro le quali il consumatore ha diritto di intentare un’azione in base al regime di responsabilità previsto dalla Direttiva 85/374/CEE sono espressamente enumerate nei suoi articoli 1 e 3. Poiché tale Direttiva persegue, sugli aspetti che disciplina, un’armonizzazione normativa completa, l’enumerazione delle persone menzionate deve essere considerata tassativa.
In sostanza, sebbene in forza dell’art. 1 il legislatore europeo abbia scelto di imputare, in linea di principio, al produttore la responsabilità per i danni causati dai suoi prodotti difettosi, l’art. 3 designa, tra gli operatori che hanno partecipato ai processi di fabbricazione e di commercializzazione del prodotto in questione, quelli che possono parimenti doversi assumere la responsabilità disciplinata da tale Direttiva. Occorre constatare che, l’art. 3, paragrafo 1, della Direttiva contiene in sostanza, un’alternativa, di cui solo la prima parte riguarda la persona che è, almeno parzialmente, coinvolta nel processo di fabbricazione del prodotto interessato. Per contro, la seconda parte dell’alternativa, designa una persona che si presenta come produttore (cosiddetto produttore apparente) apponendo su tale prodotto il proprio nome, marchio o altro segno distintivo.
Dal tenore della norma risulta che, la partecipazione della persona che si presenta come produttore nel processo di fabbricazione del prodotto, non è necessaria affinchè quest’ultima sia qualificata come “produttore”. Un soggetto come, nel caso di specie, la ricorrente nel procedimento principale, che non fabbrica veicoli ma che si limita ad acquistarli dal proprio fabbricante per distribuirli in un altro Stato membro, può essere considerato “produttore” ai sensi dell’art. 1 della Direttiva se, conformemente all’art. 3, paragrafo 1 della stessa, si è presentato come tale avendo apposto sul veicolo in questione il proprio nome, marchio o altro segno distintivo.
Questa forma di presentazione dà l’impressione che il soggetto sia implicato nel processo di produzione o comunque di assumersene la responsabilità. Per tale soggetto, pertanto, l’utilizzo di tali menzioni equivale ad utilizzare la propria notorietà al fine di rendere il prodotto più attraente agli occhi del consumatore e, in tal senso, trova giustificazione il fatto che, in cambio, la sua responsabilità possa sorgere a seguito di tale utilizzo. Ciò posto, la controversia principale solleva la questione della responsabilità del distributore ufficiale in Italia, che non ha materialmente apposto esso stesso il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto, in quanto il marchio figurante su quest’ultimo, vale a dire Ford, è stato apposto nel corso del processo di fabbricazione dell’auto e corrisponde al nome del fabbricante del veicolo. Occorre verificare, pertanto, se, il fatto che tale marchio corrisponda anche ad un elemento distintivo del nome di tale distributore, sia sufficiente affinchè quest’ultimo possa essere qualificato come “persona che si presenta come produttore” ai sensi dell’art. 3, paragrafo 1, della Direttiva 85/374/CEE.
Quando tale soggetto fornisce il prodotto in questione, è indifferente che abbia materialmente apposto tale elemento sul prodotto o che il suo nome contenga la menzione che è stata apposta su di esso dal fabbricante e che corrisponda al nome di quest’ultimo. In entrambe le ipotesi, il fornitore sfrutta la coincidenza tra la menzione di cui trattasi e la propria denominazione sociale per presentarsi al consumatore come responsabile della qualità del prodotto e suscitare nel consumatore una fiducia paragonabile a quella che questi nutrirebbe se il prodotto fosse venduto direttamente dal suo produttore. In entrambi i casi il fornitore deve essere considerato una persona che “si presenta come produttore” ai sensi della Direttiva. Al riguardo, dall’art. 5 della Direttiva 85/374/CEE emerge che il legislatore europeo ha adottato una accezione ampia della nozione di “produttore” al fine di tutelare il consumatore. Tale scopo esige che la responsabilità di “chiunque” si presenti come produttore apponendo il proprio nome, marchio o qualsiasi altro segno distintivo sul prodotto sussista allo stesso titolo della responsabilità del vero produttore. Di conseguenza, la responsabilità del soggetto che si presenta come produttore non è diversa da quella a cui è sottoposto il vero produttore e che, pertanto, il consumatore può scegliere liberamente di chiedere il risarcimento integrale del danno sofferto ad uno qualsiasi dei responsabili, essendo la loro una responsabilità solidale.
Il legislatore dell’Unione ha ritenuto che la tutela del consumatore non sarebbe sufficiente se il distributore potesse rinviare al produttore ogni forma di responsabilità, con il rischio che quest’ultimo possa non essere conosciuto dal consumatore. L’art. 3, paragrafo 1, della Direttiva 85/374/CEE, che ha lo scopo di facilitare l’onere di dover determinare il vero produttore del prodotto difettoso di cui trattasi, secondo la Corte di Giustizia UE, deve essere interpretato alla luce del contesto nel quale si inserisce la norma e del fine perseguito dalla normativa di cui essa fa parte. In tal senso, pertanto, nella nozione di “persona che si presenta come produttore” non può ricomprendersi esclusivamente il soggetto che ha materialmente apposto il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto. Decidere diversamente determinerebbe una restrizione della portata della nozione di “produttore” e comprometterebbe la tutela stessa del consumatore.
In particolare, si deve ritenere che il fornitore di un prodotto si presenta come produttore quando il nome di tale fornitore o un elemento distintivo di quest’ultimo coincida, da un lato, con il nome del fabbricante e, dall’altro, con il nome, il marchio o un altro segno distintivo apposto sul prodotto da quest’ultimo. Dato che la persona che si presenta come produttore ed il fabbricante del prodotto difettoso sono responsabili in solido, il fatto che il consumatore faccia valere la responsabilità di tale prima persona lascia impregiudicate le disposizioni di diritto nazionale relative al diritto di rivalsa, in particolare le disposizioni che consentono a tale persona di far valere, a sua volta, la responsabilità del fabbricante del prodotto difettoso.
Alla luce delle considerazioni esposte la Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la sentenza in commento, ha ritenuto che l’art. 3, paragrafo 1, della Direttiva 85/374/CEE relativa al riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno derivante da prodotti difettosi, deve essere interpretato nel senso che il fornitore di un prodotto difettoso deve essere considerato una persona che si presenta come produttore di tale prodotto, qualora non abbia materialmente apposto il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto stesso, ma il marchio apposto dal produttore coincida da un lato, con il nome o con un elemento distintivo del fornitore e, dall’altro, con il nome del produttore.
Secondo la sentenza della CGUE, non fa differenza se il fornitore ha apposto personalmente il proprio nome, marchio o altro elemento distintivo sul prodotto o se il suo nome contiene la dicitura apposta dal produttore, che corrisponde al nome del produttore. Il fattore decisivo è l’impressione suscitata nei consumatori - dalla somiglianza tra la dicitura in questione e la ragione sociale del fornitore - che la persona sia coinvolta nel processo di produzione o si assuma la responsabilità della qualità del prodotto, infondendo così una fiducia paragonabile a quella che si avrebbe se il prodotto fosse venduto direttamente dal produttore.
La sentenza della Corte europea rafforza il principio cardine della Direttiva 85/374/CEE: l’accessibilità rapida al risarcimento del danno da prodotto difettoso e la protezione del consumatore il quale può agire contro il soggetto responsabile più facilmente individuabile senza dover risalire a complicate strutture societarie internazionali. Un livello di tutela più elevato incentiva la concorrenza basata sulla qualità e la sicurezza del prodotto, in linea con gli obiettivi dell’Unione europea di armonizzazione e protezione dei consumatori.
La sentenza costituisce un tassello fondamentale per comprendere l’evoluzione del concetto di “produttore” all’interno della normativa europea sulla responsabilità da prodotti difettosi. Estendendo la responsabilità a coloro che si presentano come produttori, la Corte europea, intende offrire una maggiore tutela ai consumatori, semplificando le procedure di risarcimento, promuovendo standard elevati di qualità e sicurezza dei prodotti lungo l’intera filiera, favorendo l’armonizzazione giuridica tra gli Stati membri, uniformando le regole e contribuendo a regolarizzare un mercato europeo più equo e trasparente.
Per distributori, rivenditori e fornitori diviene essenziale rivedere le proprie strategie di branding e posizionamento così da evitare di incorrere in responsabilità non previste. Per tali soggetti diviene fondamentale valutare con attenzione come i prodotti vengono presentati sul mercato e garantire che il consumatore sappia con certezza chi sia il reale produttore. Nel caso in cui tale informazione non fosse trasparente, scatterebbe la responsabilità solidale prevista dalla Direttiva, oltre ad ulteriori sanzioni, ad esempio, per violazione della disciplina in materia di pratiche commerciali.
Tale finalità comporta la necessità di tutele contrattuali, nel senso che per ridurre il rischio economico, i fornitori dovrebbero stipulare accordi chiari con i produttori in merito ad eventuali richieste di risarcimento predisponendo contratti di rivalsa solidamente strutturati.
La sentenza conferma come il diritto dell’Unione europea si ponga al fianco del consumatore, continuando a rafforzarne la tutela attraverso interpretazioni estensive delle Direttive vigenti.
Sebbene non sia facile allo stato attuale prevedere in che misura i tribunali nazionali seguiranno l’interpretazione del giudice europeo, è possibile attendersi che la sentenza in commento avrà un impatto significativo in diversi settori (non solo quello automobilistico). In particolare, su società che fanno parte di gruppi multinazionali e che operano quali distributori di prodotti fabbricati da altre società del gruppo in Europa. Non è raro, infatti, che le entità locali di gruppi multinazionali dedicate alla distribuzione abbiano una ragione sociale che coincide, in tutto o in parte, con il marchio dei prodotti distribuiti e/o con il nome del relativo produttore. In proposito, si ricorda che i criteri interpretativi espressi dalla CGUE sopravviveranno quasi certamente al nuovo regime introdotto dalla Direttiva (UE) 2024/2853, che contiene all’art. 4 paragrafo 10, lettera b) la medesima definizione di produttore apparente.
Tale Direttiva ha abrogato la Direttiva 85/374/CEE, con effetto a decorrere dal 9 dicembre 2026, riscrivendo il corpus delle norme sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi, nella duplice ottica di garantire il corretto funzionamento del mercato interno, impedendo che la concorrenza sia falsata da prodotti difettosi aventi effetti distorsivi sulle dinamiche del libero mercato e di assicurare piena tutela al cittadino consumatore, lasciando immutato il criterio della responsabilità oggettiva degli operatori economici.
Avv. Teresa Aloi, Foro di Catanzaro.