UNA SILLOGE IN PARTES TRES: «L’AVVENIRE DEL PROCESSO PENALE. TRE VOCI A CONFRONTO» (LP.,2021). L’INGIUSTIFICATA AVVERSIONE DI UN AUTORE PER L’ABUSO DEL DIRITTO, OMETTENDO QUELLO DIFENSIVO E DEL PROCESSO – II CROLLA L’ASTRATTISMO DEL «PROCESSO PENALE COME “FORNITORE” DI VERITÀ APPARENTE» (C. VALENTINI) E NEL TERRENO DEL PROCESSO MINISTERIALE A MATTEO SALVINI – DIRITTO AL SILENZIO: CRITICHE
Autore: Prof. Avv. Carlo Morselli
Sommario: 1. Franco Cordero, il Maestro della procedura penale in Italia - 2. La silloge intrecciata in rivista - 3. Esempio di una forma di abuso del diritto di difesa e del processo - 4. Un titolo imbarazzante e ospitato in un lavoro collettaneo: «Il processo penale come “fornitore” di verità» e «come luogo della verità apparente», che però può diventare verità-abusiva - 5. Il processo ministeriale a Matteo Salvini approda (dopo tre anni e al pari di una distorsione) ad «una verità apparente, compiacentemente adagiata sul risultato più agevole da raggiungere al vasto pubblico dei fruitori mediatici» (C. Valentini)? - 6. Diritto al silenzio (O.Mazza; C. Scaccianoce) sulla scia dello scolasticismo
Abstract: L’Autore, trattando la materia dell’abuso del diritto e del processo, enuclea una nuova appartenenza: quando il difensore abusa del mandato difensivo, dello stesso processo e della sua durata, nonché dei costi, sia individuali dell’imputato, sia avuto riguardo a quelli del pubblico processo. Un titolo imbarazzante ospitato in un lavoro collettaneo: «Il processo penale come “fornitore” di verità» e «come luogo della verità apparente», che però può diventare verità-abusiva, nel filtro del noto processo Salvini. L’esercizio del diritto al silenzio, alla menzogna, a non partecipare ai lavori istruttori e compatibilità o meno con il mantenimento della vocazione del processo penale quale sede dell’accertamento veritiero della c.d. quaestio facti.
Abstract: The Author, dealing with the matter of abuse of rights and of the process, enumerates a new belonging: when the defender abuses the defensive mandate, the process itself and its duration, as well as the costs, both individual of the accused, and with due regard to those of the public trial. An embarrassing title hosted in a collective work: «The criminal trial as a “provider” of truth» and «as a place of apparent truth», which however can become abusive truth, in the filter of the well-known Salvini trial. The exercise of the right to silence, to lie, not to participate in the investigative work and compatibility or otherwise with the maintenance of the vocation of the criminal trial as the venue for the truthful assessment of the so-called question of facts.
Parole chiave: Abuso del diritto – Abuso del processo – Abuso del mandato difensivo – Giusto processo - Verità apparente – Diritto al silenzio nel suo rapporto con l’accertamento veritiero.
1. Franco Cordero, il Maestro della procedura penale in Italia
Vi sono scritti che ne presuppongono altri, nel senso, specifico, che tematizzano istituti non espressamente individuati, nel (l’involucro del) nomen iuris. Una recente ricerca del 2024 mostra un esempio di straordinaria portata, mirabilmente fissato e consegnato alla comunità scientifica:
«1.L’abuso del processo nel pensiero di Franco Cordero. Benché non lo avesse qualificato come “abuso del processo”, Franco Cordero è stato uno dei primi processual penalisti ad occuparsi dello sviamento dalla funzione attribuita dal legislatore ai singoli istituti processuali»; e quindi «il pensiero del Maestro in materia è trattato, seppur non esplicitamente, in opere di carattere generale»[1]. A volte quindi l’esergo del testo risulta reticente, impegnando l’interprete a ricostruirlo nella sua interezza: nel solco del dedotto e nell’orbita del deducibile.
2. La silloge intrecciata in rivista
Nel 2021 è apparsa una silloge in partes tres, pubblicata in una rivista specialistica ed inserita nella seguente cornice onomastica, eccentrica nel suo tenore liturgico, nel tratto dell’incipit: «L’avvenire del processo penale. Tre voci a confronto»[2].
Le movenze articolate nelle sequenze di una intervista sono innestate nel telaio distributivo delle domande, formulate da uno studioso di spicco del processo penale, il quale ritiene che oramai è attestata (cioè, opinione diffusa[3]) la consapevolezza di un divario tra piano costituzionale ed esperienza di matrice codicistica, e quindi tra giusto processo (art. 111 Cost.) e risposta della macchina del rito penale alla domanda di giustizia.
L’intervistatore invita i “relatori“, in una specie di tavola rotonda, a individuare i “vizi” del sistema. Uno di loro - che apre i lavori con un irrilevante quanto vistoso infortunio linguistico[4] - denuncia «la comparsa della figura dell’abuso del diritto»[5], inserita nella famiglia (di incerto conio, però) delle «distorsioni della prassi giudiziaria, nel tradimento quotidiano del precetto che vuole il processo “giusto”» (D. Negri). Anche in questo caso l’autore ricerca uno sdoppiamento, originato dal diritto applicato.
L’intervistato presenta ed ostenta, appunto, la figura abusiva, «segnale inequivoco della volontà di rompere definitivamente gli argini contrapposti, col principio di legalità, all’ingresso nella sfera giuridica di pulsioni esterne a carattere etico, di riprovazione verso strategie ostruzionistiche della difesa»[6].
Seppure non tratti funditus la materia (della difesa, solo accennata), ricostruendola, la stessa per noi rappresenta il sottotesto dell’intervista (al pari del richiamato autore[7] che tratta dell’abuso del processo, ma non espressamente).
3. Esempio di una forma di abuso del diritto di difesa e del processo
Formuliamo un esempio tratto dalla prassi, proprio quella prassi additata dal richiamato autore come fonte di tutti i mali processuali (magna pars, almeno), ma in una raffigurazione probabilmente inaspettata[8].
L’ipotesi è quella di un avvocato difensore che assista l’imputato per il reato di omicidio colposo, incardinato da un Pubblico ministero “attrezzato“, cioè che si sia avvalso di una accurata consulenza tecnica affidata ad un noto professionista. All’opposto, la difesa “nulla oppone” e si estranea dal processo: non contrappone a quella “pubblica consulenza” una privata consulenza (la c.d. consulenza di parte) né presenta una discolpa (né significativa né scheletrica) dell’indagato-imputato, mai presente in aula. Il difensore non si avvale di uno dei riti speciali (per esempio, del rito abbreviato) e così si apre il pubblico dibattimento, ove vengono pubblicamente acquisite le prove nel contraddittorio.
L’imputato viene condannato. Impugna la sentenza, ma viene nuovamente condannato. Ricorre in Cassazione e viene condannato per la terza volta.
Emergono diversi interrogativi, a carico della difesa[9] che con la condanna del Giudice di legittimità chiude in profondo deficit, al pari di un disastro difensivo (la condanna ricomprende anche le parti civili). Il difensore lascia irriducibile l’accusa, non contrastata (o rintuzzata) appunto, sulla dinamica della morte, da una propria ricostruzione tecnica (non quella esposta nella discussione finale dal difensore, ma) affidata ad un tecnico, un professionista della materia coinvolta (ignota all’avvocato, per definizione, perché risalente ad un sapere specialistico). Privo del “bagaglio a mano” della consulenza tecnica di parte e in assenza di una qualsivoglia discolpa dell’inquisito, il difensore ha “viaggiato” lungo i tre livelli (due di merito, uno di legittimità) senza prospettive, come in una navigazione a vista. La condanna era prevedibile ma il difensore non l’ha scongiurata in nessun modo e in nessuna forma o misura (anche per la pena, in quantitate).
Nel caso che precede, è censurabile o no - nel parere dell’intervistato - il difensore per avere abusato del mandato difensivo[10], dello stesso processo[11] e della sua durata (se avesse scelto un rito semplificato, il processo poteva esaurirsi in primo grado e addirittura forse senza la necessità di aprire il pubblico dibattimento), nonché dei costi, sia individuali dell’imputato, sia avuto riguardo a quelli del pubblico processo (come insegna la Corte costituzionale[12]), nel caso riportato, sempre che si sia disposti a riconoscere una forma di abuso? Il modus procedendi del difensore “di fiducia” dell’imputato è giustificato o ha “tradito” il compito affidatogli dal cliente[13], esercitato nel regime distorto di una mala gestio? Ha svolto i lavori del processo con lealtà, probità[14], proficuità, oppure la sua condotta “evasiva” è assimilabile a quella del difensore che “si assenta” dall’udienza ancorché sine strepitu[15]? L’interrogativo è se può parlarsi di marcato lassismo difensivo, per la forbice aperta in ordine ad una regiudicanda abusivamente[16] moltiplicata per tre livelli giurisdizionali e se così può dirsi.
Quanto precede, pone un “problema” (alla Popper[17]) per la procedura penale che dovrebbe occuparsi oltre che dell’efficienza del processo pure dell’efficienza della difesa penale[18] (absit iniuria verbis).
4. Un titolo imbarazzante e ospitato in un lavoro collettaneo: «Il processo penale come “fornitore” di verità» e «come luogo della verità apparente», che però può diventare verità-abusiva
Si assicura una copertura integrale all’imputato anche per mano della Corte costituzionale (attraverso una sua decisione tecnicamente erronea, come si è dimostrato[19]) circa il diritto di mentire “su tutta la linea”[20]. Il contesto di riferimento di quella prerogativa è il processo penale, sede di accertamento della verità processuale (sebbene “relativa”[21]), salvo, molto più radicalmente[22], scrivere che neppure questa appartenga al processo penale (rispetto alla verità assoluta o materiale, tipica, si dice, dei regimi inquisitori), potendosi procurare solo una “verità apparente”[23].
Quest’ultima ed inaspettata versione della verità[24] (che simboleggia la negazione della verità, un postulato critico[25]) riferita al rito penale equivale a farne la caricatura[26], sul presupposto dell’incapacità dei suoi meccanismi e lavori istruttori ad approdare ad esiti reali ed attendibili (come se il rito penale non consistesse, invece, in un accertamento), ciò che non si verifica in campo civile, sul diritto di difesa, la quale resta pienamente libera di avvalersi dei mezzi offerti dall’ordinamento al fine di pervenire all’accertamento della verità[27].
Nell’ambito della giurisprudenza civile le prove false sono osteggiate[28], nel campo penale la menzogna dell’imputato appare “un bene protetto”, oggetto di tutela[29]. Invece, bisogna separare il grano della verità dal loglio della falsificazione, dalla tossicità del loglio che macula il tessuto giudiziario, tenendo presente che nel modello accusatorio «il sistema delineato, che può essere definito “separazione delle funzioni processuali”, vuole evitare che l’uso di un potere degeneri in abuso»[30].
Se «il processo penale è una risorsa scarsa, che implica costi ingenti a carico di tutte le persone coinvolte, in termini materiali ed “esistenziali” (sentenza n. 149 del 2022, punto 5.1.1. del Considerato in diritto), oltre che oneri economici importanti per l’intera collettività… una risorsa, dunque, da utilizzare con parsimonia, e che il legislatore ha inteso, non certo irragionevolmente, sottrarre alla disponibilità tanto della persona sottoposta alle indagini, quanto della stessa persona offesa» [31], dovremmo esigere una riserva. Il suo significato dovrebbe tradursi nell’esigere, selettivamente, che l’indicata risorsa scarsa non venga consumata nei lavori processuali per approdare ad un vaglio del c.d. fatto di reato solo apparente, non veritiero, come per un racconto o «una storia largamente romanzata»[32], e quindi del tutto inattendibile. Si abuserebbe di una risorsa scarsa e dello stesso rito. L’abuso sarebbe doppio, dunque, e il rischio sarebbe il dissesto nel settore giudiziario (divenuto presidio inutile), del sapere giudiziario e con cui dovrebbero confrontarsi le generazioni future. Bisogna, piuttosto, coltivare l’etica della logica della verità[33], nel terreno del «cognitivismo etico» nella cornice del garantismo penale[34] e a parte «l’alternativa epistemologica tra due modelli»[35].
Si consideri, ancora, che con le sentenze penali, specie per quelle riferibili a soggetti istituzionali (e poi a quelli di primo piano, e in assoluto), si scrive la storia giudiziaria d’Italia, e questa è sottratta ai soggetti individuali. Anche la collettività, parte integrante dell’intera comunità nazionale, ha una sua aspettativa e la stessa non può essere delusa da un esito giudiziario pressoché “nullo”, in quanto solo apparente, e avuto riguardo propriamente ad un giudizio di merito che conclude il corrispondente grado di giudizio. Pure la dottrina più recente scrive che «ogni Paese democratico delinea un percorso conoscitivo - ritenuto il meno imperfetto, nel momento culturale e scientifico dato - in modo che la collettività possa riconoscersi nella giustizia amministrata in suo nome. Il processo penale può essere figurativamente visto come una sorta di ponte tibetano che conduce dalla res iudicanda alla res iudicata, che pro veritate habetur»[36].
Sarebbe la constatazione del fallimento della giustizia penale, del tutto inaffidabile nei suoi giudizi, incentrati nella ricostruzione di vicende storiche, se non riuscisse ad accertare il fatto[37]. Proprio la ricostruzione fattuale è la chiave di volta della struttura e della funzione dell’accertamento penale e quella ricostruzione non può che essere veritiera, anche nei termini accennati dalla Corte costituzionale del 2024[38]. Siffatta Corte «con tre sentenze abbatté un pilastro del processo accusatorio, ritenendo il contraddittorio nella formazione della prova un metodo inidoneo alla ricerca della verità»[39]. Questa c.d. svolta inquisitoria del 1992 (Ferrua) è la stessa, nei contenuti, della visione di Valentini, fautrice della “verità apparente”, quale prodotto dei lavori del dibattimento penale? Si avverte che se avesse ragione la citata dottrina, la c.d. apparenza avrebbe una valenza eponima, poiché non avrebbe solo un carattere partitivo[40] ma, molto più estesamente, assorbente, coinvolgente il processo penale quale pubblica istituzione, in toto.
La soluzione interpretativa, che vorrebbe essere originale, è solo mistificante ritenendo, (eccentricamente) in accordo con le pessime decisioni della Corte costituzionale del 1992, che la garanzia del contraddittorio può assicurare, della celebrazione del processo penale, solo una “verità apparente”[41].
5. Il processo ministeriale a Matteo Salvini approda (dopo tre anni e al pari di una distorsione) ad «una verità apparente, compiacentemente adagiata sul risultato più agevole da raggiungere al vasto pubblico dei fruitori mediatici» (C. Valentini)?
L’accertamento giudiziale e giurisdizionale - proseguendo nell’analisi - può concludersi, ad esempio, con una sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste”, come si è recentemente verificato per il processo-Salvini[42]. Può ritenersi che si tratti d una “verità apparente“ quella dichiarata, nel dictum della decisione finale, per il Ministro Matteo Salvini?
Si è concluso così il primo grado del processo noto alle cronache come Open Arms dopo tre anni di processo, 24 udienze, 45 testimoni ascoltati. Nell'aula bunker del carcere Pagliarielli di Palermo il presidente del Collegio Roberto Murgia non ha autorizzato né riprese né fotografie.
Può riguardarsi quella assoluzione come una assoluzione-apparente, nel suo diretto rapporto di filiazione con la classe della verità apparente[43], secondo il nuovo pseudo paradigma, del tutto opaco se non incontrollato nel suo tenore, che coinvolge il primo e il terzo potere nella «logica d’apparenza»[44], che diventa d’appartenenza del potere legislativo e giudiziario?[45].
Si ricordi, quale cornice istituzionale, che era stato lo stesso Senato che il 30 luglio 2020 ha concesso l'autorizzazione a procedere per Matteo Salvini (al momento dei fatti ministro dell’Interno), prevista per i procedimenti a carico dei ministri anche se cessati dalla carica ex art. 96 della Costituzione (possono essere sottoposti alla giurisdizione ordinaria per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni previa autorizzazione della Camera o del Senato).
Sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio erano i reati contestati dalla Procura della Repubblica: si contestava di avere negato/rifiutato lo sbarco, da titolare del ministero dell’Interno, per diciannove giorni a 147 migranti, tra cui 27 minori, soccorsi in dalla ong spagnola Open Arms. La Procura nella sua requisitoria Marzia Sabella, procuratore aggiunto, sosteneva che «almeno dal 14 agosto 2019, Salvini» era consapevole di avere «chiaro obbligo» di assegnare all'imbarcazione un porto sicuro. E che avesse omesso di compiere questo atto con «intenzionale e consapevole spregio delle regole», violando volontariamente «la libertà personale di 147 persone»[46].
Per questo caso processuale, così importante e assai noto, può concludersi che integri «una nuova “forma“ di processo penale, che ha come scopo non più il raggiungimento della verità assoluta, auspicata al processo inquisitorio o misto, e neppure quello della cosiddetta verità probabile del processo accusatorio, ma una verità apparente, compiacentemente adagiata sul risultato più agevole da raggiungere al vasto pubblico dei fruitori mediatici»[47]?
Stiamo mettendo sotto la lente di ingrandimento di uno scrutinio il rapporto di coerenza tra la teorica o visione sulla “verità apparente“ con l’accertamento giudiziale che si conclude, come nel caso del ministro Salvini, con un sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste”. Si può redigere una sentenza retta da siffatta formula ufficiale, che procede dalle prove assunte in dibattimento con la tecnica universalmente riconosciuta come indubbia della cross-examination, se neppure questa assicura i suoi risultati?
Quando una decisione si ponga all’esterno - al popolo italiano, cui è rivolta e nel cui nome si amministra giustizia, e che rappresenta lo Stato-collettività - con tali risultati, non convalidabili in termini di verità (processuale), ci accostiamo alla «prova apagogica “è sì in grado di apportare certezza, ma non la comprensione della verità“»[48].
6. Diritto al silenzio (O.Mazza; C. Scaccianoce) sulla scia dello scolasticismo
Può diventare marcata l’accusa di scolasticismo, nel senso deteriore del termine ed estensivamente: indica il livellamento e l’uniformità di pensiero ridotti al dogmatismo, derivante dalla passiva dipendenza da altri testi, seguendo una moda. Questi vengono accolti sine glossa, all’origine dell’ottundimento dello spirito critico. Nel metodo popperiano, all’opposto, la filosofia dovrebbe segnalare problemi e paradossi: «tuttavia, alcuni filosofi invece di dedicarsi a scoprire siffatti problemi e paradossi trascorrono il loro tempo a seppellirli “sotto il diluvio di parole”. Essi sono vittime dello scolasticismo (nel senso peggiore del termine»)[49].
Similmente, nel campo procesual penalistico, sempre alla cornice del tema trattato in questa sede in merito alla verità e alla sua versione degenere della “verità apparente”, si segnala il paradosso dell’indirizzo interpretativo del tutto maggioritario - e così riaffermato nel 2025 - improntato all’assolutizzazione del c.d. diritto al silenzio dell’imputato, trattato al pari di un diritto fondamentale[50], e implicitamente ritenuto non dissonnante rispetto al mantenimento della vocazione del processo penale quale sede di accertamento della quaestio facti, confinante con l’accertamento della verità. Attraverso tale prerogativa, l’imputato può non partecipare ai lavori istruttori, si ritiene.
Ora, vari e insistenti interventi della dottrina, sulla teorizzazione di un generale diritto dell’imputato a non collaborare nel processo penale, recentemente riaffermato (nel 2024[51]), sono oramai espressione di una cristallizzata impostazione (non è più solamente una voce).
La riaffermazione del silenzio gioca un ruolo rilevante nel quadro di una impostazione che accredita un vero e proprio diritto a non collaborare, da parte dell’imputato, del condannato.
Il silenzio è diventato ancora più noto, nel filtro della decisione della Corte costituzionale del 2023.
La Corte Costituzionale nel giudizio di legittimità costituzionale reso in via incidentale, con la sentenza 5 giugno 2023 n. 111, ha dichiarato illegittimo l’art. 64, comma 3, c.p.p., nella parte in cui non prevede che, quando l’Autorità Giudiziaria richiede alla persona sottoposta alle indagini o all’imputato le circostanze personali di cui all’art. 21 delle Norme di attuazione del codice di procedura penale, deve prima dare avvertimento dell’utilizzabilità nei suoi confronti delle dichiarazioni rese, della facoltà di non rispondere ad alcuna domanda (salvo le generalità personali di cui all’art. 66 comma 1 c.p.p.) considerato che il procedimento seguirà il suo corso e che le eventuali dichiarazioni su fatti che riguardino la responsabilità di altri comportano l’assunzione dell’ufficio di testimone in ordine a tali fatti (salve le incompatibilità previste dall’articolo 197 e le garanzie di cui all’articolo 197-bis c.p.p.)[52].
Si tratta della estensione del diritto al silenzio[53] dell’inquisito mentre pende il procedimento penale in un settore extrafattuale e l’art. 21 disp. att. c.p.p. prevede l’adempimento dichiarativo relativo a soprannome o pseudonimo.
L’errore della Corte costituzionale 111/2023[54], emerge chiaramente: l’identificazione onomastica non appartiene all’ordine pubblico (confinante piuttosto con l’ordo privatorum), bensì al libero potere dispositivo del sottoposto all’autorità, la quale deve avvertirlo che non è tenuto alla completa identificazione onomastica. Si tratta del presupposto generale dell’impostazione della Corte.
A nostro avviso, sono necessari, ai fini identificativi, nome e soprannome, il secondo pure rilevante avuto riguardo al soggetto interrogando. Proprio attraverso il soprannome l’accertamento potrà fare un passo in avanti. Rappresenta un accertamento tipico della prima fase, quella delle indagini.
“Diritto al silenzio o dovere di collaborazione?”, quale dovere civico[55].
La dottrina al riguardo perspicuamente analizza l’aliud agere rispetto al preteso diritto al silenzio, ancorché non espressamente richiamato: «collaborare con l’amministrazione della giustizia è un dovere civico oltre che - nei congrui casi - un obbligo giuridico…il codice del 1988 attribuisce al p.m. e alla p.g. non solo il tradizionale ruolo passivo di destinatari delle notizie di reato, da chiunque trasmesse o presentate, ma anche un ruolo attivo…con ciò volendosi sottolineare come non possa essere considerato un ostacolo la carenza di contributi informativi dovuta a ragioni di omertà comunque determinate»[56].
C’è chi ha già segnalato un grosso limite e cioè che «il diritto al silenzio, quale espressione del diritto di difesa personale ex art. 24 c.2 Cost., conferisce a vari soggetti il diritto di sottrarre al processo notizie che potrebbero servirvi all’accertamento della verità»[57].
Al riguardo, si è recentemente ritenuto che nella riforma Cartabia, organizzata in senso efficientista, tale obiettivo «si raggiunge mediante il proporzionale distacco dal concetto di giustizia fondato sulla verità quantomeno giudiziale. Questo è, in ultima analisi, il prezzo pagato sull’altare del PNRR e dell’orribile neologismo dell’efficientamento processuale: un processo senza verità»[58].
Ma è dello stesso autore il «riconoscimento del fondamentale diritto di mentire quale componente essenziale del diritto di autodifesa»[59], senza chiedersi il medesimo autore che mostra di dolersi delle aree di abbandono della ricerca della verità nel processo penale se tale, assoluta, prerogativa del solo imputato (e non della persona offesa dal reato) di introdurre la menzogna nei lavori istruttori sia compatibile o meno con il mantenimento della configurazione della giustizia penale come sede di un accertamento veritiero.
L’interrogativo neppure trova posto, segno dell’incoerenza di quella posizione, priva di originalità.
Prof. Avv. Carlo Morselli, Docente Master in Diritto penale e Procedura penale dell’immigrazione, Università degli studi Guglielmo Marconi-Roma.
[1] F. Giunchedi, Franco Cordero e l’abuso del processo, in Arch. Pen, 23 gennaio 2024. Il riferimento è ai contributi di Cordero che trattano l’abuso del processo: F. Cordero, Le situazioni soggettive nel processo penale, Torino, 1956; Id., Nullità, sanatorie, vizi innocui, in Riv. it. dir. proc. pen., 1961, 704 ss.; Id., Chi abusa del processo, in Dir. pen. proc., 2007, 1421.
L’inferenza, per esempio, simboleggia una derivata, come derivazione di proposizioni da altre proposizioni.
[2] Intervista di Paolo Ferrua, a Marcello Daniele, Daniele Negri e Sergio Lorusso, in Legisl. pen., 10 aprile 2021. Il titolo è, curiosamente, di carattere liturgico (tempo di avvento).
[3] Per evitare l’accusa di wellerismo sarebbe stato necessario indicare almeno tre esponenti, di quell’assunto. Così il discorso di Ferrua diventa incontrollabile e lacunoso, oppure semplicemente autoreferenziale.
[4] D. Negri: «Il problema principale non è l’assetto del processo penale, né risiede nel codice di rito» (p.5). L’A. tratta separatamente ed autonomamente “assetto” e “codice” e senza giustificare la bipartizione: in realtà i due termini non sono dissimili (come nell’endiadi), ma, nell’appartenenza, solcano un terreno comune (c. d. reductio ad unum). L’infortunio è trascurabile, ma rimane (lo sdoppiamento) una spia sulla lucidità dello scritto.
Ammoniva, significativamente, S. Satta «quando il giurista continua imperterrito a giocare ai dadi dei suoi concetti…Non basta studiare e conoscere le leggi (con questo di diventa al massimo professori, e sia pure buoni professori)», Introduzione. Soliloqui e colloqui di un giurista, Padova, 1968, XVIII e XX.
[5] Negri, cit., p. 6.
[6] Negri, loc.cit. Un linguaggio complicato e opaco, certamente non originale (“risaputo” piuttosto, nella “prosa altisonante non immune da improvvisi scarti logici e tematici”). Scrive L. Wittgenstein, Tracttus logico-philosophicus e Quaderni del 1914-1916, Torino, 1997, 35: «La proposizione ove di parla d’un complesso sarà, se questo non esiste, non insensata, ma semplicemente falsa».
[7] Ut supra nella nota d’esordio: si parva licet componere magnis, ovviamente nel riferimento allo studioso ritenuto un grande Maestro.
[8] O rovesciata.
[9] Sul diritto di difesa e al contraddittorio, v., da ultimo, Cass., sez. V, sent. 3 gennaio 2025,n. 0131.
[10] L’abuso è figura di carattere generale: v. C. Salvi, Abuso del diritto (voce), I) Diritto civile, in Enc. Giur. Treccani, Roma, 1988, 1; M. Barcellona, L’abuso del diritto: dalla funzione sociale alla regolazione teleologicamente orientata del traffico giuridico, in Riv. dir. civ., 2/2014, 468; G. Pino, L’esercizio del diritto soggettivo e i suoi limiti. Note a margine della dottrina dell’abuso del diritto, in Ragion pratica, 24/2005, 161, nonché U. Natoli, Note preliminari ad una teoria dell’abuso del diritto nell’ordinamento giuridico italiano, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1958, 37; G. Visintini (a cura di), L’abuso del diritto, Napoli, 2016, 31; V. Giorgianni, L’abuso del diritto nella teoria della norma giuridica, Milano, 1963.
Da ultimo, v. M. Crisafi, Ricorso infondato sulla pec: 5mila euro per abuso del processo, nel breve commento di Cass. civ., sez. V, ord, 6 marzo 2024, n. 6040, in Norme & Trib., 3 maggio 2024.
Non è consentito al P.M. di contestare una circostanza aggravante al solo fine di superare la preclusione alla revoca della sentenza di non luogo a procedere derivante dalla avvenuta estinzione del reato, ritiene Cass., sez. IV, sent. 10 luglio 2024, n. 27181, all’interno di una approfondita ed ampia motivazione «quando il diritto viene esercitato con modalità e per finalità che travalicano le ragioni per le quali viene riconosciuto. Le diverse manifestazioni vengono ricondotte al concetto di abuso del diritto, che, nel peculiare contesto del processo penale, si propone come abuso del processo. La giurisprudenza di legittimità, nella sua massima espressione, ne ha fornito una definizione… Più di recente si è scritto che "L'abuso del processo consiste in un vizio per sviamento della funzione ovvero in una frode della funzione e si realizza allorché un diritto o una facoltà processuali vengono esercitati per scopi diversi da quelli per i quali l'ordinamento processuale astrattamente li riconosce, con la conseguenza che la parte che ha perpetrato tale abuso non può invocare la tutela di interessi che non sono stati lesi e che non erano in realtà effettivamente perseguiti" (Sez. 5, n. 20891 del 17/03/2021, Maier Rian, Rv. 281311-02)…In un processo di Parti non può escludersi che, in linea ipotetica, anche il P.M. possa dare corso ad un abuso del processo».
[11] In dottrina, v., specialmente, E. M. Catalano, L’abuso del processo, Milano, 2004.
[12] V. infra nota 30.
[13] Una ricca casistica di esempi di forme di abuso del processo da parte di p.m. e giudice è allestita da C. Santoriello, L’abuso del processo, Pisa, 2018, 111 s. e 195 s. Da ultimo, v. C. Morselli, Dizionario di procedura penale – Abuso del processo – Vizi (extra-codicem) Testo di procedura penale per esami e concorsi Con «Quesiti» posti e risolti per vari voci, Napoli,2014.
[14] G. Scarselli, Lealtà e probità nel compimento degli atti processuali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, 196. Abuso del processo tra doveri di buona fede, principi di solidarietà e giusto processo- Secondo la Cassazione, confrontando determinati contenuti del Codice civile con gli articoli della Costituzione, emergono alcuni fattori che permettono di circostanziare i casi in cui i procedimenti portano un dannoso aggravio al sistema giudiziario. Abuso del processo tra doveri di buona fede, principi di solidarietà e giusto processo.
Alcune recenti sentenze della Corte di Cassazione (Cass. 17/03/2021 n. 7409; Cass. 24/05/2021 n. 14143; Cass. 11/02/2022 n. 4430) in materia di abuso del processo dovrebbero contribuire a riaprire tra gli studiosi di diritto civile (e non solo) una riflessione sull’esercizio dei propri diritti in ambito giurisdizionale che va sempre bilanciato con il bene comune (il sistema giustizia), che non deve essere leso da condotte contrarie a buona fede, correttezza e ai principi di solidarietà e del giusto processo affermati dagli articoli 2 e 111 della Costituzione (Cass. 02/10/2013 n. 22502; Cass. 19/10/2017 n.24698; Cass. ordinanza n. 30539 del 26/11/2018). Abuso processuale?
Sui doveri del difensore, v. C.N.F., sent. R.G. n. 243/20 RD n. 142 /24. In tema di plurime obbligazioni pecuniarie relative al medesimo rapporto di lavoro, a fronte di un unitario fatto illecito produttivo di danni, è configurabile un abusivo frazionamento della domanda, in contrasto con il generale dovere di correttezza e buona fede, qualora vi sia la proposizione di un'azione per il risarcimento dei danni non patrimoniali successivamente a quella per il risarcimento dei danni patrimoniali, salvo che risulti un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata (Cass. civ., sez. VI-lav., ordinanza n. 26089 del 15 ottobre 2019; conf. Cass. civ., sez. III, ordinanza n. 17019 del 28 giugno 2018). Il corsivo è nostro.
[15] Avvocato sanzionato se si assenta dall’udienza anche senza danni al cliente. Il CNF ha ribadito che il difensore che non partecipi all’udienza, pone in essere un comportamento illecito ex art. 26 c.d.f., a nulla rilevando l’assenza di concrete conseguenze negative per il proprio assistito. Nel caso in esame, l’avvocato era stato sottoposto ad un procedimento disciplinare dinanzi al Consiglio Distrettuale di Disciplina di Milano, per avere violato gli artt. 26 comma III, 53 comma I, 63 comma II CDF perché, quale difensore di fiducia del proprio cliente, nell’ambito di un procedimento penale, non era comparso a diverse udienze, nonostante avesse ricevuto rituale notifica delle udienze in questione, né aveva provveduto a farsi sostituire, né in ogni caso aveva comunicato formalmente di aver rinunciato al mandato. All’esito del dibattimento il Consiglio di Disciplina aveva applicava a carico del difensore la sanzione della sospensione per sei mesi dall’esercizio della professione. Avverso tale decisione l’avvocato incolpata aveva proposto ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense (CNF). Il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza n. 52-2024, ha rigettato il ricorso proposto, in Quotidiano Dike, 23 dicembre 2024.
Abbandono della difesa: plurimi i principi violati.
L’ingiustificato abbandono della difesa è una condotta a cui consegue la violazione di plurimi e fondamentali principi deontologici: il diligente adempimento del mandato (articolo 26), il dovere di probità e dignità (articolo 9), il dovere di fedeltà (articolo 10) e il dovere di coscienziosa diligenza (articolo 12). Lo hanno chiarito le Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n. 20877-2024, ivi, 30 luglio 2024.
[16] Abuso del processo e responsabilità aggravata, 31 luglio 2024, Sentenza Corte d'Appello di Venezia, Sezione Terza Civile, Pres. est. Coltro, sentenza n. 1460 del 25 luglio 2024. Abuso del processo. La presentazione di un appello fondato su motivi palesemente inammissibili, rende l'impugnazione incompatibile con un quadro ordinamentale che, da una parte, deve universalmente garantire l'accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti (art. 6 CEDU) e dall'altra, deve tenere conto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo e della conseguente necessità di strumenti dissuasivi rispetto ad azioni meramente dilatorie e defatigatorie; essa, pertanto, costituisce condotta oggettivamente valutabile come "abuso del processo", poiché determina un ingiustificato sviamento del sistema processuale dai suoi fini istituzionali e si presta, dunque, ad essere sanzionata con la condanna del soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata, ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c., la quale configura una sanzione di carattere pubblicistico che non richiede l'accertamento dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa dell'agente ma unicamente quello della sua condotta processualmente abusiva, consistente nell'avere agito o resistito pretestuosamente (corsivo nostro).Corte d’Appello di Venezia, Sezione Terza Civile, Pres. est. Coltro, sentenza n. 1460 del 25 luglio 2024.
Ricorso infondato sulla pec: 5 mila euro per abuso del processo - La Cassazione “punisce” il ricorrente. Ha limitato la possibilità dei giudici di concentrarsi su ricorsi più “meritevoli” immagine non disponibile, di M. Crisafi, in Norme & Trib., 3 maggio 2024.Rischia una condanna per abuso del processo chi adisce il Palazzaccio con un ricorso infondato alla luce dei consolidati principi sulla pec. Tale condotta, infatti, limita la possibilità dei giudici di concentrarsi su ricorsi più “meritevoli”. È quanto emerge dall’ordinanza n. 6040/2024, con cui la Corte di cassazione ha bacchettato duramente il ricorrente soccombente condannandolo a pagare 5mila euro per responsabilità aggravata ex articolo 96, commi 3 e 4, c.p.c.
In precedenza: Abuso del processo anche senza danni alla controparte. Una sentenza in linea con la Riforma Cartabia, di P. Maciocchi, ivi, 20 Febbraio 2023.La condanna alle spese di lite per abuso del processo scatta anche se la controparte non ha subìto alcun danno né ha chiesto di affermare la responsabilità aggravata dell’avversario.
[17] Notoriamente, K. R. Popper, Articolo scientifico, in La mia filosofia. Dizionario filosofico, Roma, 1997, 27, sulla necessità che l’articolo scientifico impegni un «problema».
[18] Per esempio, v. Morselli, Dizionario di procedura penale, cit., 17 e che riportiamo verbatim: «QUESITO. L’avvocato civilista assumerà la difesa penale? R. No, è rischioso, certamente sbaglierà (opere/omissioni) specie nell’udienza, in istruttori: non ha la competenza ad hoc. Il penalista è come il chirurgo: deve emarginare l’errore».
[19] Infra nota successiva.
[20] Così, contra, C. Morselli, Corte Costituzionale, sentenza ampliativa (revocabile) 5.6.23 n. 111 su diritto al silenzio dell’interrogato, in federalismi.it., 13-12-2023: «Il c.d. diritto al silenzio dell’interrogato, ora, è attestato “su tutta la linea”: dal fatto di reato alle circostanze ex art. 21 att. Mentre mente sulla doppia condanna definitiva, sui suoi beni patrimoniali o non risponde sul soprannome, l’inquisito sta tessendo la tela difensiva che deve essere tutelata, congettura il Giudice delle leggi. Ecco l’errore della Corte: l’avvertimento della facoltà di non rispondere alle domande ex art. 21 att, saltando l’incipit: Quando procede a norma dell’art. 66 del codice. Questa non prevede l’avvertimento per l’imputato, piuttosto l’opposto ammonimento». E se l’imputato può non rispondere di fronte all’autorità, non altrettanto può fare il cittadino: in tema di rifiuto d'indicazioni sulla propria identità personale, sussiste la penale responsabilità dell'imputato per il reato quando questi non ha fornito le generalità, diverse volte richieste dagli agenti, che erano in divisa, e pienamente riconoscibili nell'esercizio delle loro funzioni. Anche allorquando l'imputato riferiva di essere privo di documenti, la circostanza non esime l'imputato dalla responsabilità per la condotta contestata che ha ad oggetto il rifiuto di declinare oralmente le generalità; si tratta di reato istantaneo che si perfeziona con il semplice diniego di fornire le richieste indicazioni sulla propria identità personale (Trib. Genova, sez.I, sent. 14-3-2024, n.990, in Il Merito, n.7, 2024, 19).
D’altra parte, v. La Cassazione sull'affettività in carcere come diritto: ammissibile il reclamo del detenuto al quale sia negato un colloquio con il coniuge in condizioni di intimità, in Sist. pen., 5 gennaio 2025.
[21] L'utopia della verità nel processo penale: il binomio tra verità processuale e sostanziale, in Cammino Diritto, 2014: «Tra le molteplici questioni che possono interessare il processo penale, interessante appare quella relativa alla verità del processo».
Recentemente, v. G. Giostra, Giustizia e verità, in Quest. giust., 19 luglio 2023 e, per la manualistica, A. Scalfati, Verità come scopo, in Aa. Vv., Manuale di diritto processuale penale, Torino, 2023, 5: «l’accertamento penale sembra pervaso dal compito di perseguire la c.d. verità processuale, secondo un pensiero diffuso ancora oggi…E’ un’ottica in cui permane il sostrato ideologico ispirato alla ricerca della “verità”, sebbene questa la si enunci relativa».
[22] Ma (si segnalerà) altrettanto erroneamente: è l’infortunio scientifico di chi tenta di essere originale, a tutti i costi, a partire dal telaio espositivo (infra nota n.29), quando si scambia un pubblico presidio istituzionale per fornitore.
[23] C. Valentini, Contraddittorio, immediatezza, oralità. Il processo penale come” fornitore “di verità”, in Le ragioni del garantismo, diretta da A. Gaito – E. Marzaduri – O. Mazza – F.R.Dinacci, I princìpi europei del processo penale, a cura di A. Gaito, Roma, 2016, 450 (titolo di un paragrafo poi, all’interno, “ corretto “ in termini di “verità apparente”). Ma in materia di notificazione e di riforma del processo in absentia, richiedendosi la certezza della conoscenza del processo a suo carico da parte dell’imputato (così, Cass., sez. II, sent. 24-6-2024, n. 24902, in Guida dir., n.30, 3-8-2024, 101), oltre che, nel merito, non trovano posto i giudizi ipotetici o congetturali (Trib. Ferrara, sent. 23-2-2024, n.170, ivi, 113).
C’è chi parla di “verofobia”: N. Vassallo, Contro la verofobia: sulla necessità epistemologica della nozione di verità, in Conoscenza e verità, a cura di M.C. Amoretti – M. Marsonet, Milano 2007, 20: «verofobia, che conduce ad abbandonare la nozione di verita` (...), ad abbracciare definizioni del tutto assurde e/o rinunciare a definire la conoscenza e la giustificazione epistemica».
[24] In tema, v. F. Callari, Ricerca della verità e dimensione etica del processo penale, in Riv. dir. proc., 2022, n.4, 1247.
[25] R. Orlandi, Postulati del processo penale contemporaneo tra principi “naturali” e concezioni normative, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 2, 2024,465 s.: nel saggio l’A. si propone di esaminare il diverso modo in cui le dottrine processuali penali degli ultimi decenni hanno elaborato approcci critici alle leggi vigenti e la critica suppone un punto di appoggio esterno alla legge e ripudia letture dei testi legali fondati soltanto su abilità esegetiche. Si richiedono postulati extra- o sovra-legali.
[26] R. Ronchi, La scrittura della verità. Per una genealogia della teoria, collana diretta da C. Sini, Milano, 1996, 11: «Se si volesse tentare una generalissima definizione di “ideologia” o “falsa coscienza” si potrebbe chiamare ideologia ogni interpretazione dei fenomeni storici che spacci per realtà effettiva quello che è soltanto il frutto di una logica di retrospezione».
[27] Così, testualmente, Cass. civ., sez. I, ord. 21-5-2024, n. 14173, Pres. Valitutti, in Guida dir., n. 30, 3-8-2024, 68-69.
[28] L’art. 395 (Casi di revocazione), co.1, c.p.c. prevede: Le sentenze pronunciate in grado d'appello o in un unico grado, possono essere impugnate per revocazione: 1) se sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra; 2) se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza.
[29] Processo civile e processo penale, alla foce, approdano a risultati completamente diversi? V. retro nota 18, sul diritto dell’imputato di mentire.
[30] P. Tonini, Il sistema accusatorio, in Manuale breve Diritto processuale penale, Milano, 2016, 4.
[31] Corte cost., sent. 24 gennaio 2024, n. 41.
[32] Così, A. Martini, Politica e neutralità del diritto penale, in Legisl. pen., 23 dicembre 2024.
[33] F. J. Garofoli, Verità e processo penale. Il controllo giurisdizionale sull' esercizio dell' azione penale, in Iris, gennaio 2024: « L’etica del dubbio, che coniuga forma ed essenza del processo penale ancor prima di qualsiasi Riforma legislativa, dovrebbe sottolineare che, nel mondo delle professioni giuridiche, ogni scelta che attenga alla libertà di una persona, non possa essere alimentata da logiche diverse della verità e, dunque, per tali ragioni occorre navigare attraverso percorsi cognitivi virtuosi, mediante il rispetto di regole procedurali che ripudiano superficialità e sregolatezza ». Cfr. S. Fuselli, La verità nel processo. Percorsi di logica ed epistemologia, Milano, 2023.
[34] L. Ferrajoli, Sostanzialismo penale e cognitivismo etico, in Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, pref. di N. Bobbio, Rom-Bari, 1996, 13.
[35] L. Ferrajoli, L’alterativa tra verità formale e verità sostanziale, in Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, pref. di N. Bobbio, Rom-Bari, 1996, 17-18.
[36] Giostra, Giustizia e verità, cit. Cfr. Garofoli, Verità e processo penale. Il controllo giurisdizionale sull' esercizio dell'azione penale, cit. La verità nel processo penale, è il titolo di un convegno internazionale, Roma-Bologna, 18 gennaio-22 gennaio 2024.
[37] «La giustizia penale, il processo penale in senso stretto serve soltanto per accertare il fondamento di un’accusa: per assolvere o condannare» (Giostra, Giustizia e verità, cit.). Sulla «scelta operata dal giudice tra le diverse ricostruzioni del fatto storico»,v. Tonini, Il sistema accusatorio, in Manuale breve Diritto processuale penale, loc.cit.
[38] «Richieste o decreti di archiviazione che, anziché limitarsi a ricostruire il fatto…»; d’altra parte, si attesta «l’affermazione, da parte del pubblico ministero o del GIP, del carattere veritiero, o comunque affidabile, degli elementi acquisiti nel corso di un’indagine» (Corte cost., sent. 24/2024 cit.).
[39] L’avvenire del processo penale. Tre voci a confronto, in Legislaz. pen., 10 aprile 2021. Intervista di Paolo Ferrua, a Marcello Daniele, Daniele Negri e Sergio Lorusso Premessa (di Paolo Ferrua).
Sulle «pronunce di incostituzionalità, relative agli artt. 195 c.p.p. (n. 24 del 1992), 500 c.p.p. (n. 255 del 1992) e 513 c.p.p. (n. 254 del 1992). In particolare, della pronuncia n. 255 del 1992 restano indelebili: 1) l’affermazione che «il fine primario ed ineludibile del processo penale non può che rimanere quello della ricerca della verità», v. A. Zampaglione, La “illusione” del sistema accusatorio: tre stagioni di crisi, in Proc. pen. giust., n.6, 2020; P. Ferrua, La lenta agonia del processo accusatorio a trent'anni dall'entrata in vigore: trionfante nella Carta costituzionale, moribondo nel reale, ivi, 1: «Purtroppo, il codice del 1988 non è riuscito gradito a larga parte della magistratura; e, quando una legge non incontra il favore dell’autorità giudiziaria che è chiamata ad interpretarla e ad applicarla, le probabilità che si risolva in un fallimento sono molto elevate. Era appena entrato in vigore il nuovo processo e già nasceva, su iniziativa di Marcello Maddalena, un movimento per la revisione del codice di procedura penale, ritenuto inadeguato a combattere la criminalità; ma non fu neppure necessario provvedere alla sua revisione, perché la Corte costituzionale con tre sentenze nel 1992 (nn. 24, 254, 255) dichiarò illegittime le regole di esclusione probatoria contenute negli artt. 195 (divieto di testimonianza indiretta per la polizia giudiziaria), 500 e 513 c.p.p. (irrilevanza probatoria delle dichiarazioni contestate al testimone e delle dichiarazioni rese dal coimputato avvalsosi della facoltà di non rispondere). Il risultato fu la conversione dell’indagine preliminare in una gigantesca istruzione sommaria; un’esperienza per certi versi peggio che inquisitoria, perché a formare le prove, destinate ad essere poi acquisite in dibattimento, non è un giudice che manterrebbe quantomeno una parvenza di imparzialità, ma il pubblico ministero».
[40] V. Cass., sez. trib., 3 gennaio 2024, n. 61, in Norme & Trib., 3 gennaio 2025: Motivazione apparente della sentenza quando il giudice ometta di esporre i motivi in fatto e in diritto della decisione.
[41] Cioè, della verità, solo la sua banalizzazione, coinvolgendo l’intero apparato istituzionale: risorse economiche, del personale amministrativo, di quello giudiziario e tecnico, nonché, si aggiunga, dei testimoni e delle prove in genere.
[42]Assolto con la più ampia formula liberatoria: perché il fatto non sussiste. Lo ha deciso la II sezione penale del Tribunale di Palermo, presieduta da Roberto Murgia, giudici a latere Andrea Innocenti ed Elisabetta Villa. Così Matteo Salvini è stato assolto nel processo Open Arms, fin dall’aprile del 2021 e per il quale rischiava sei anni di carcere.
L’attuale ministro dei Trasporti e leader della Lega era stato rinviato a giudizio con l’accusa di sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio per aver impedito alla nave della Ong spagnola Open Arms di attraccare a Lampedusa nell’agosto del 2019. La nave traportava centoquarantasette persone migranti che aveva soccorso nel Mediterraneo. Al tempus commissi delicti, Salvini era ministro dell’Interno.
[43] Editoriale. Salvini assolto, ma c'è un'altra verità da rispettare, a cura di D. Paolini, 21 dicembre 2024, in Avvenire, 21 dicembre 2024. Processo Open Arms, Salvini assolto: il fatto non sussiste. Applausi in aula. “Sono felice, difendere la Patria non è un reato”, in La Stampa, 20 dicembre 2024.
[44] Valentini, Contraddittorio, immediatezza, oralità. Il processo penale come ”fornitore“ di verità”, loc.cit.: «In un certo qual modo potremmo dire che il legislatore e il magistrato si muovono oggi su lunghezze d’onda analoghe, propensi come appaiono a scelte che privilegiano una logica d’apparenza». Ma il tratto iniziale (“In un certo qual modo“) risente di una malferma locuzione familiare, con portata restrittiva, che finisce per conferire alla frase un senso di indeterminatezza (come nel wellerismo, v. retro nota 3) e di evanescenza (si tratta di un modo generico di avviare il discorso, nel tentativo di sforzarsi di precisare un quid che rimane però confinato nell’area secondaria dell’indefinito); decisamente, si espone a censura il tratto finale (“appaiono…scelte che privilegiano una logica d’apparenza“) dato che sfiora la figura retorica dell’omoteleuto, facilmente evitabile con la tecnica, antica, della variatio (è un percorso di modifica - a livello fonetico, grammaticale, sintattico-morfologico o solo semantico - dei meccanismi involuti nella ripetizione).
Ma per l’A. non è un infortunio isolato, quello di una costruzione scarsamente sorvegliata, improntata a lassismo compositivo, poco rigorosa. Cfr. C. Valentini, Conso e la “rivoluzionaria” legalità costituzionale (ovvero: come scoprimmo che il diritto di difendersi provando non esiste durante le indagini preliminari), in Arch. Pen., 18 novembre 2024, passim: 1) «il giurista è libero, egli deve in quanto giurista essere integralmente uomo, nella pienezza dell'impegno etico e politico che ciò comporta…»; 2) «la cosa più strana è»: 3) «Può sembrare un paradosso, ma è la verità: passa per rivoluzionario chi»; 4) «Eppure… tutto cambia per non cambiare niente»; 5) «Cogliamo questo fiore in un vasto prato»; 6) «una cosa del genere »; «Come minimo».
Il linguaggio parlato o colloquiale non dovrebbe mai entrare in un testo scientifico (v., per certe escursioni, L. Serianni, Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni forme costrutti (1-712), 1988, Introduzione, VI, in merito al «parlato quotidiano» e ai «molti contesti scritti» dal «sapore troppo colloquiale»). Nello stesso volume collettaneo, v. D. Negri, Deroghe al contraddittorio e consenso delle parti, in Le ragioni del garantismo, a cura di Gaito, cit., 497 nell’impiego eccentrico di “slittare” (v. intr., non com.): «Dal piano informativo si slitta così a quello della legittimazione a compiere l’atto dispositivo».
[45] Scrive G. A. De Francesco, L’eguaglianza attraverso la legge, alla luce dei rapporti tra i poteri, in Legisl. pen., 2024, on line, come si sia prodotta una singolare inversione di prospettive «...mentre la legge è venuta sempre più a registrare le influenze mutevoli di obiettivi di corto respiro, si è arrivati a scorgere nel diritto giurisprudenziale l’occasione per promuovere l’affermarsi di un più maturo e consapevole jus non scriptum».
[46] Per i soccorsi della Open Arms, si ricordi che il 1° agosto 2019 la nave Open Arms, omologata per 19 persone, ha tratto in salvato 55 persone migranti a bordo di una barca di legno che imbarcava acqua nella zona Sar (Search and rescue) della Libia. L’equipaggio della nave Ong ha avvisato del salvataggio le autorità libiche, italiane e maltesi.
Secondo il P.M., l'attuale vicepremier, ad agosto del 2019, quando rivestiva la carica di ministro dell'Interno del governo Conte 1, avrebbe impedito - del tutto illegittimamente - all'equipaggio dell'imbarcazione catalana di far sbarcare a Lampedusa 147 migranti soccorsi.
[47] V. il testo piuttosto aggrovigliato di Valentini, Contraddittorio, immediatezza, oralità. Il processo penale come ”fornitore“ di verità”, loc. ult cit. (il corsivo è nostro, per indicare l’assonanza con il processo Salvini). Contra, per la fondamentale manualistica, v. Tonini, Il sistema accusatorio, in Manuale breve Diritto processuale penale, cit., 5 secondo cui, nel richiamo del contraddittorio, nel processo penale «potrà essere accertata la verità».
In riferimento all’art. 533 c.p.p., il richiamo del ragionevole dubbio è frutto della modifica operata dall'art. 5, della l. 20 febbraio 2006, n. 46 e riguarda un alto grado di probabilità, non dunque ad un minimo dubbio. L'applicazione della regola di giudizio compendiata nella formula "al di là di ogni ragionevole dubbio", di cui all'art. 533 cod. proc. pen., in tema di nesso causale, in presenza di patologie riconducibili a più fattori causali diversi e alternativi tra loro, consente di pronunciare condanna a condizione che, in base al dato probatorio acquisito, la realizzazione dell'ipotesi alternativa, nella fattispecie concreta, risulti priva del benché minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell'ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana (Cass., sez. IV, sent. n. 48541 del 24 ottobre 2018).
[48] F. Gil, Prove. Attraverso la nozione di prova/dimostrazione, trad. Majocchi, Milano, 1990. 20.
- M. Taruffo, Note sparse su certezza e coerenza della decisione giudiziale, in Criminalia, 2018,166, che osserva: «le cose si complicano a proposito delle narrazioni processuali, per le quali il problema fondamentale è di stabilire quali sono vere e quali non lo sono». Non è legittimato a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione il soggetto danneggiato che ha presentato denunzia per il delitto di false dichiarazioni al P.M., nel quale persona offesa è esclusivamente lo Stato-collettività (Cass., sez. VI, sent. 2-3-2015, n. 8996).
- G. Amarelli, La ritrattazione e la ricerca della verità, Torino, 2006.
[49] K. R. Popper, Verso una teoria evoluzionistica della conoscenza, nella Introduzione di M. Baldini (Lo scolasticismo), Roma, 1994, 8. Cfr. N. Abbagnano, Scolastica, in Dizionario di Filosofia. Terza ed. aggiornata ed ampliata da G. Fornero, Torino, 1998, 969 s.: «L S…non è una filosofia autonoma…il suo dato o il suo limite è l’insegnamento religioso, il dogma».
[50] A. Ruggeri, Carte dei diritti e dinamiche della normazione, dal punto di vista della teoria della Costituzione, in diritti fondamentali, n.3/2024; A. Morelli - A. Ruggeri, La Costituzione, le sue trasformazioni, la sua scienza, Napoli, 2024.
[51]C. Scaccianoce, Il diritto a non collaborare del condannato: una prospettiva sulla quale insistere a tutela della “libertà restituita”, in Arch. pen., 28 ottobre 2024, e, in precedenza, G. Cecanese, Il diritto al silenzio o a non partecipare dell’imputato e le regole del confronto, ivi, 2015, n.3, 1 2, sulla «prerogativa che il legislatore riconosce all’indagato-imputato dichiarante di non collaborare, quale estrinsecazione dommatica del diritto al silenzio, riconosciuta dalla Carta costituzionale e dalla Carta internazionale dei diritti dell’uomo», richiamando pedissequamente M. Chiavario, Processo e garanzie della persona, Milano, 1977, 12 s; E. Amodio, Diritto al silenzio o dovere di collaborazione?, in Riv. dir. pen., 1974, 408.
In tema, v. P. Felicioni, Brevi note sul rapporto fra diritto a silenzio e accompagnamento coattivo dell’imputato per il confronto, in Cass. pen., 2005, 3475; nonché G. Fares, Diritto al silenzio, soluzioni interpretative e controlimiti: la Corte costituzionale chiama in causa la Corte di giustizia, in dirittifondamentali.it, 1/2020, 57; S. Bernardi, La disciplina della collaborazione impossibile supera il vaglio della Consulta: legittima la previsione di uno standard probatorio diverso da quello richiesto per chi non collabori “per scelta”, in Sist. pen., 2 febbraio 2022, riferita a Corte cost., sent. 25 gennaio 2022, n. 20 (ud. 30 novembre 2021), Pres. Coraggio, Red. Zanon.
[52] Presidente Sciarra - Redattore Viganò. Camera di Consiglio del 05 aprile 2023 Decisione del 06/04/2023 Deposito del 05 giugno 2023 Pubblicazione in G. U; in Proc. pen. giust., 2023.
Diritto al silenzio e domande sulle qualità personali dell’imputato: la Corte Costituzionale (sentenza n. 111/2023) dichiara l’illegittimità costituzionale parziale dell’art. 64 c. 3 c.p.p. e dell’art. 495 c. 1 c.p., in Giur. pen., 5 giugno 2023. Invece, Corte cost., 14 giugno 2022, n. 148, dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 64, comma 3, del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e all’art. 14, paragrafo 3, lettera g), del Patto internazionale sui diritti civili e politici (PIDCP), dal Tribunale ordinario di Firenze con le ordinanze indicate in epigrafe. V. Corte Costituzionale, Sentenza n. 148/2022, in tema di processo penale, interrogatorio della persona sottoposta alle indagini, mancata previsione degli avvisi anche alla persona cui sia contestato l'illecito amministrativo, in federalismi.it., 29 giugno 2022.
[53] Sul diritto al silenzio, v. la ricca “bibliografia ragionata“, riportata da M. Zincani, Verbum argentum, sed silentium aurum est. Le policromie del nemo tenetur se detegere: la sua configurabilità come causa di non punibilità in senso stretto, in Giur. Pen., 9 giugno 2023; E. Amati, Dinamiche evolutive del diritto al silenzio, in Studi di diritto costituzionale ed europeo, Torino, 2022; E. Amodio, Diritto al silenzio o dovere di collaborazione?, in Riv. dir. proc., 1974, 408; G. Fares, Diritto al silenzio, soluzioni interpretative e controlimiti: la Corte costituzionale chiama in causa la Corte di giustizia, in Dirittifondamentali.it, 2020; V. Grevi, Nemo tenetur se detegere: interrogatorio dell’imputato e diritto al silenzio nel penale italiano, Milano, 1972; O. Mazza, L’interrogatorio e l’esame dell’imputato nel suo procedimento, Milano, 2004; V. Patanè, Il diritto al silenzio dell’imputato, Torino, 2006; E. Andolina, Dichiarazioni rese dinanzi ad autorità diverse da quella penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1/ 2024.
Al riguardo., riassuntivamente, v. Corte Cost., 5 giugno 2023, n.111; Corte Cost., sent. nn.18 del 2022; Corte Cost., 30 aprile 2021, n. 84; Corte Cost., 10 maggio 2019, n. 117 (Cass. civ., II, ord., 16 febbraio 2018, n. 3831, Bolognesi c. Consob); Corte Cost., n. 140 del 2009; Corte Cost., 20 marzo 2009, n. 75; Corte Cost. n. 121 del 2004; Corte Cost., 26 giugno 2002, n. 291; Corte Cost., 2 novembre 1998, n. 361; Corte Cost., 18 giugno 1998, n. 229; Corte Cost., 27 dicembre 1996, n. 416; Corte Cost., 9 luglio 1996, n. 238; Corte Cost., 30 maggio 1996, n. 194; Corte Cost., 30 giugno 1994, n. 267; Corte Cost., 13 luglio 1984, n. 236.
In altro ambito processuale, v. C.S. 30 aprile 2014, Il Consiglio di Stato alla prova del giudizio contro il silenzio: verso una tutela maggiormente effettiva? (nota a Cons. Stato, sez. IV, 30 aprile 2024, n. 3945), in Giust. Ins., 9 ottobre 2024.
[54] Contra, infatti, C. Morselli, Corte Costituzionale, con sentenza ampliativa (revocabile) 5.6.23 n. 111 su diritto al silenzio dell’interrogato, omette il c.d. giudicato costituzionale e sovrappone “avvertimento” ad “ammonimento”, art. 21 att./1.12.23, in federalismi.it., 2023.
[55] E. Amodio, Diritto al silenzio o dovere di collaborazione?, in Riv. it. dir. proc., 1974, 412.
[56] P. Corso, Le indagini preliminari. La notizia di reato, in Aa. Vv., Manuale di procedura penale, Ottava ediz., Bologna, 2008, 344; Id., Le indagini preliminari. La notizia di reato, in Aa. Vv., Procedura penale, Seconda ediz., Torino, 2012, 403-404.
[57] M. Scarapone, Il diritto al silenzio, in Procedura penale, II, Torino, 2015, 379; V. Patanè, Il diritto al silenzio dell’imputato, Torino, 2006, 74 «relativamente alla scelta se interloquire o meno in ordine all’accertamento fattuale, anche nell’eventualità di un’assunzione di obblighi testimoniali riconnessa al perfezionarsi di una vicenda estintiva del diritto di tacere». Cfr. A. Bevere, L’onus probandi dell’imputato nel nuovo processo in rapporto al suo diritto al silenzio e alla presunzione di non colpevolezza, in Crit. Dir., 1989, p. 18.
P. Moscarini, Silenzio dell’imputato, in Enc. dir., Annali, II, Milano, 2008, 1080.
[58] O. Mazza, Diritto al silenzio e strategie elusive, in Arch. Pen., 3 gennaio 2025, 2-3: «Il diritto al silenzio risulta, pertanto, eccentrico rispetto al nuovo modello di mera deflazione senza cognizione, al punto che l’apporto conoscitivo dell’accusato non viene più nemmeno preso in considerazione, contando solo l’espressione di contrita volontà (consenso) necessaria per avallare la scelta del rito alternativo e per garantirsi la benevolenza legata alla presunta resipiscenza».
[59] Mazza, Diritto al silenzio e strategie elusive, cit., 3. Cass., sez. 7^, sent. n. 47142/2024, udienza del 27 novembre 2024, in TF, 3 gennaio 2025, ha ricordato che integra il reato di cui all’art. 496, cod. pen. (False dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o di altri), la condotta dell’indagato che, in sede di dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria, fornisca false generalità.
B. Sboro, Il lieto epilogo del dialogo tra Corti sul diritto al silenzio: note minime a margine della sentenza n. 84 del 2021, in Diritti Comparati, 5 luglio 2021.