A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

 Abstract

Singraphae e Chirographum. Le forme scritte importate dal mondo greco.

Autore: Prof. Vito Lipari

 

Singraphae e Chirographum erano importanti forme scritte importate dal mondo greco. Il Documento, infatti, è, qualunque cosa che consenta di affermare con certezza l’esistenza di un evento e quindi rappresentare un fatto. Per la storia del Diritto è necessario che la rappresentazione del fatto sia giuridicamente rilevante e, pertanto, è necessario distinguere la res signata (documento) dal contenuto immateriale (pensiero) che in essa è stato racchiuso per essere trasmesso, anche se la rappresentazione viene realizzata dagli interpreti dei documenti e dagli studiosi di reperti in base ai dati ed ai segni che i documenti offrono. Nella società ellenistica e romana i documenti non scritti erano basilari. Il Documento nel periodo Greco – Ellenistico, in particolare quello scritto, si affermò gradatamente in culture che procedettero lentamente dall’oralità alla scrittura. Esso venne considerato in due modi:

1) testatio, testimonianza raccolta in precedenza con descrizione oggettiva del rapporto giuridico;

2) cheirògraphon (chirografo, lat. chirographum), personificazione della scrittura con confessione soggettiva del disponente e con la sua traccia fisica (sigilli, firma, scrittura autografa intera).

Iperide, oratore greco del 389 a.C. , avrebbe chiamato cheîra il chirografo ed avrebbe affermato che era impossibile rinnegare la propria mano. Ma, pur essendo questa la prima testimonianza nota di chirografo, esistevano già documenti Mesopotamici redatti dal disponente e recanti il suo sigillo, senza menzione di testimoni. Solo che, trattandosi di scrittura cuneiforme, non erano collegati a nessuna precisa grafia e non avevano forza probatoria intrinseca. In ogni modo i chirografi romani si ricollegavano alla prassi greca. Nel mondo greco il documento scritto era chiamato symbolon ed aveva funzione probatoria. Ad esempio la singrafe nautica, era un documento scritto che consentiva il ricorso al tribunale commerciale. Ma, se non veniva redatta, si poteva sempre ricorrere al Tribunale ordinario; quindi consentiva l’accesso ad una procedura più spedita, ma non aveva valore né dispositivo né costitutivo. Secondo altri era un titolo esecutivo privo di clausola all’ordine ed al portatore; ma poteva aversi anche l’adempimento integrale senza che la singrafe venisse distrutta. Ciò le toglieva ogni valore. Inoltre, indipendentemente dalla cedibilità, la singrafe non aveva autonomia rispetto all’obbligazione e quindi non era un titolo di credito, che presuppone l’autonomia del diritto del legittimo possessore dell’atto scritto. Nel Mondo Romano l’uso della doppia scrittura resisterà fino al III secolo d.C. e sarà usata anche nel chirographum. Tornerà in Oriente attraverso l’impiego che ne facevano i cittadini Romani là residenti; mentre i locali la ignoravano. Altri documenti scritti furono la syngraphé hexamàrtyros. Era una delle più antiche ed importanti forme documentali private ellenistiche. Il fatto vi era narrato in forma oggettiva – veniva realizzato in doppia scrittura su papiro e prevedeva sei testimoni. Esso veniva consegnato o ad uno dei sei testimoni, chiamato syngraphophylax o lasciata alla custodia in un tempio. Poteva essere utilizzata per diversi negozi ma, avendo la forma dell’omologia, indicava la presenza di un accordo. Nella syngraphé homologìas la dichiarazione poteva essere resa da una o entrambe le parti. Accanto alla singrafe a sei testimoni, l’Egitto Ellenistico ebbe altri tre tipi di documento autentico: singrafe agoranomica, synchòresis e diagraphè.

1) La singrafe agoranomica, diffusa fra i greci, era redatta dall’agoranòmos, un pubblico ufficiale che controllava il mercato ed aveva funzioni simili a quelle di un notaio. Era in stile oggettivo ed in forma di omologia. Redatta in duplice copia di cui la prima veniva definita “protocollo” e la seconda “omologia”. Differiva dalla hexamàrtyros perché dopo la data e l’indicazione dell’agoranòmos, recava l’indicazione di avvenuta archiviazione.

2) Synchòresis, documento pubblico usato solo ad Alessandria all’inizio del principato. Era stilata nell’ufficio del magistrato giusdicente presidente del kritérion (tribunale). Era in forma oggettiva, ed era una transazione, a chiusura di una lite, utile per vari rapporti negoziali.

3) Diagraphè, era un documento realizzato da “banche”, con funzioni notarili; i “banchieri” attestavano per iscritto l’operazione realizzata per conto del proprio cliente ed anche il negozio che aveva determinato l’atto. Per quanto riguarda, invece, il documento privato, esso ebbe le forme del chirografo, hypòmnema e del protocollo privato.

a) Il chirografo era una forma di epistola in stile soggettivo. Veniva indirizzata alla controparte da chi assumeva l’obbligazione.

b) L’hypòmnema, si presentava invece come un’offerta con un indirizzo seguita dall’hipographé dell’accipiente che perfezionava il contratto (locazione, in genere).

c) Il Protocollo, infine, era un documento privato redatto da un notaio nella forma dell’omologia oggettiva.

Oltre ai nomina transscripticia ed al Codex accepti et expensi, la prassi documentale romana conobbe altri diversi tipi di documento: la testatio, il chirographum, il descriptum et recognitum, la singrafe, la testatio cum chirographo coniuncta, il testamento e la formula processuale. Il chirographum, conforme al modello dell’atto-confessione, era fondato su di una descrizione del rapporto in forma personale, soggettiva. Per concludere, come è stato rivelato dagli studiosi, il termine singrafe, che ricorre con una notevole frequenza nelle fonti greche, peraltro mai accompagnato da una qualsiasi spiegazione, si incontra ben raramente in quelle latine; non soltanto, ma, se si accetta Gaio e qualche vago riferimento di epoca molto più tarda, le uniche testimonianze provengono da fonti letterarie, che ci offrono altresì, nello scolio di Ps Asconio una, pur discutibile, precisazione concettuale. A questo punto è impossibile non domandarsi perché i romani abbiano fatto ricorso, in un ben preciso momento storico, ad un istituto estraneo al loro diritto, che non venne mai inquadrato nel sistema dello ius gentium. Gaio riflette invece la situazione conseguente all’elaborazione giurisprudenziale, che esclude una figura ritenuta sostanzialmente estranea agli schemi giuridici romani e la qualifica iuris peregrinorum. Proprio Gaio, infatti, precisa sulla struttura della singrafe e la sua configurazione giuridica più nell’ambito del diritto greco che in quello romano. Parlando di contratto letterale romano, si possono notare due applicazioni della singrafe con riferimento o meno ad un negozio effettivamente concluso, la stipulatio, e la configurazione della stessa, nella prima ipotesi, come documento probatorio. Nella valutazione gaiana, non necessariamente la singrafe si configura come documento dispositivo, se voglio continuare ad adoperare questa espressione, ovvero come documento fonte di obbligazione. Un’analoga conclusione viene tratta dal noto passo di Ps. Asconio, che pure è stato chiamato in causa per la configurazione della singrafe nel mondo greco ed ellenistico.

In base alla citata testimonianza, la singrafe poteva anche contenere una pactio contra fidem veritatis, ma non necessariamente. In ogni caso, la realizzazione di tale finalità era probabilmente connessa alle caratteristiche del documento, allo stile protocollare della redazione e, in particolare, all’uso del verbo ομολογεῖν, al presente, per introdurre la dichiarazione della parte o delle parti. Partendo dall’origine, la singrafe, come abbiamo accennato in precedenza, entra nel linguaggio giuridico greco nella sua accezione originale di “atto scritto” intorno alla metà del IV secolo a.C., parallelamente all’affermarsi della scrittura nell’ambito negoziale ed all’intensificarsi dei traffici commerciali, soprattutto marittimi. Più o meno nello stesso periodo si pone la disciplina delle δίκαι εμπορικαί, ovvero una regolamentazione che assicura una maggiore rapidità nella soluzione di controversie relative a traffici commerciali da e per Atene. Come è noto, la singrafe fa la sua apparizione in Egitto intorno alla fine del IV secolo a.C. e trova larga diffusione nella forma συγγραφή εξαμάρτυρος (syngraphé hexamàrtyros) forse di origine orientale, in una pluralità di rapporti. I documenti conservati permettono di accertare le modalità, la forma della redazione: stile protocollare, sigillo di sei testimoni, duplice redazione, deposito presso uno dei testimoni, il συγγραφοφύλαξ, che appone per primo il suo sigillo. Si parla di συγγραφή e di συγγράφειν anche in relazione ad ομολογίαι, così come si incontrano documenti, nei quali, dopo un ομολογεῖν ό δεῖνα, è menzionato il συγγραφοφύλαξ. Il chirografo quindi risulta essere stato una dichiarazione scritta unilaterale, con cui l’autore della scrittura ammetteva di dovere qualcosa a qualcuno, il chirografo, pertanto, era redatto in copia unica e rilasciato al creditore dal debitore, il quale si impegnava così al pagamento. La singrafe, come abbiamo visto, era anch’essa un documento scritto relativo all’impegno al pagamento di una data somma, ma conteneva la descrizione del comportamento di entrambi i contraenti, non diversamente rispetto alla testatio romana: perciò la singrafe era redatta in doppia copia dalle due parti negoziali, da esse sottoscritta, e poteva anche fare un riferimento fittizio a fatti mai accaduti. La singrafe risulta scomparsa dopo l’emanazione della Constitutio Antoniniana del 212 d.C.

 

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