A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA: LA SCADENZA DI UNA CONCESSIONE PER L’OCCUPAZIONE DEL DEMANIO PUBBLICO DETERMINA L’OBBLIGO PER IL CONCESSIONARIO DI CEDERE IMMEDIATAMENTE E SENZA INDENNIZZO LE OPERE NON AMOVIBILI DA ESSO REALIZZATE NELL’AREA CONCESSA (CGUE 11 LUGLIO 2024, CAUSA C-598/22).

Autore: Avv. Teresa Aloi

 

La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la sentenza del 11 luglio 2024, è intervenuta nella causa avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale relativa all’interpretazione degli artt. 49 e 56 TFUE che sanciscono, rispettivamente, la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi. Si tratta di libertà che garantiscono la mobilità delle imprese e dei professionisti nel territorio dell’Unione europea vietando ogni forma di discriminazione basata sulla nazionalità.

La domanda è stata presentata nell’ambito della controversia che ha visto contrapposti la Società Italiana Imprese Balneari Srl (SIIB) ed il Comune di Rosignano Marittimo (Italia) avente ad oggetto alcune decisioni con le quali il Comune ha constatato che, alla scadenza della concessione di occupazione del demanio pubblico marittimo rilasciata alla SIIB, le opere da questa costruite fossero state acquisite, a titolo gratuito, dallo Stato italiano nonostante il rinnovo della concessione, ed ha, di conseguenza, imposto il pagamento di canoni demaniali maggiorati.

Il Codice della navigazione italiano, riguardo alle opere inamovibili, all’art. 49 prevede che, salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando questa viene a cessare, le opere non amovibili costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene nel pristino stato. L’acquisizione di tali beni costruiti dal concessionario, comporta l’applicazione agli stessi del canone maggiorato, dato che esse sono considerate pertinenze del demanio pubblico (art. 1, comma 251, Legge 27 dicembre 2006, n. 296).

La SIIB, fin dal 1928, gestisce, senza soluzione di continuità, uno stabilimento balneare situato sul territorio del Comune di Rosignano Marittimo, per la maggior parte collocato sul demanio pubblico. Essa sostiene di aver legittimamente costruito su tale territorio una serie di opere nel corso degli anni.

Il Comune di Rosignano, con decisione del 20 novembre 2007, ha classificato tra le pertinenze del demanio pubblico marittimo tale serie di opere insistenti sulla superficie demaniale e considerate di difficile rimozione, acquisite ex lege  dallo stesso alla scadenza della concessione nel 2002; concessione, successivamente, rinnovata alla SIIB fino al 2008. Nel settembre 2008, il Comune notificava alla Società l’avvio del procedimento di incameramento al demanio pubblico delle pertinenze non ancora acquisite, senza però portarlo a termine e rilasciava alla stessa la concessione demaniale marittima valida per la durata di sei anni, dal 2009 al 2014.

Richiamando l’art. 1 del decreto del Presidente della Giunta regionale Toscana del 24 settembre 2013, n. 52/R, la SIIB presentava una dichiarazione secondo cui tutte le opere incidenti sull’area demaniale potevano essere rimosse in 90 giorni, per cui erano da qualificarsi come di facile rimozione. Il Comune, dapprima, ha riconosciuto tale qualifica con una decisione del 2014, per poi revocarla, con la motivazione che sull’area demaniale data in concessione, incidevano beni già acquisiti dallo Stato in virtù dell’art. 49 del Codice della navigazione.

La SIIB ha contestato tale decisione presentando ricorso al Tar Toscana che lo ha respinto con sentenza del 10 marzo 2021, contro la quale la Società ha proposto appello al Consiglio di Stato, giudice del rinvio.

Il Consiglio di Stato, con decisione del 15 settembre 2022, evidenzia che l’art. 49 del Codice della navigazione deve essere interpretato nel senso che, l’acquisizione dei beni da parte dello Stato si produce automaticamente alla scadenza della concessione, anche in caso di rinnovo di quest’ultima, dal momento che tale rinnovo determina un’interruzione della continuità tra i titoli di occupazione del demanio pubblico. Nel caso di proroga della concessione prima della sua normale scadenza, invece, le opere resterebbero di proprietà privata esclusiva del concessionario fino alla scadenza effettiva o alla revoca anticipata della concessione e nessun canone sarebbe dovuto riguardo tali opere. Il Consiglio di Stato sottolinea come il TAR Toscana avesse statuito che sia il Testimoniale di Stato del 1958 sia la concessione del 2009 avevano prodotto effetti che sono diventati definitivi, dato che la SIIB non li ha contestati tempestivamente. Secondo il giudice di primo grado la qualificazione delle opere costruite dalla Società sul demanio marittimo come opere di difficile rimozione e come pertinenze di tale demanio, derivava non da una decisione unilaterale del Comune di Rosignano, bensì da un comune accordo recepito dal titolo concessorio sottoscritto da entrambe le parti. Secondo tale giudice, va escluso che l’applicazione dell’art. 49 del Codice della navigazione determinasse una surrettizia espropriazione del concessionario senza indennizzo in quanto l’acquisizione a titolo gratuito da parte dello Stato, delle opere non amovibili costruite sul demanio pubblico marittimo, interverrebbe solo in assenza di un accordo in senso contrario contenuto nell’atto di concessione. La regola dell’acquisizione a titolo gratuito, pertanto, si applicherebbe solo con il consenso delle parti.

Il Comune stesso ricorda che aveva rilasciato la concessione del 2009, in sede di rinnovo, non in maniera automatica ma a seguito di un’istruttoria specifica nell’ambito della quale aveva fatto uso del proprio potere discrezionale. In quell’occasione era stato previsto che la nuova concessione sarebbe stata considerata come una concessione interamente diversa dalla precedente. L’assenza di una clausola contraria nell’atto di concessione attesterebbe che il concessionario ha ritenuto che la perdita della proprietà delle opere realizzate fosse compatibile con l’equilibrio economico generale della concessione.

Secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, l’acquisizione al demanio marittimo a titolo gratuito si giustificherebbe con la necessità di garantire che le opere non amovibili destinate a rimanere su quest’ultimo siano nella piena disponibilità del concedente. Nel caso in cui, anziché giungere a termine, la concessione venisse rinnovata senza interruzione, l’effetto di accessione ex art. 49 del Codice della navigazione sarebbe ingiustificato. A ciò si aggiunge che, tale effetto renderebbe meno allettante lo stabilimento di operatori economici di altri Stati membri interessati allo stesso bene ed imporrebbe al concessionario un sacrificio sproporzionato dei suoi diritti, in quanto egli dovrebbe cedere i propri beni allo Stato senza alcuna contropartita.

Il Codice della navigazione si applica indistintamente agli operatori economici italiani ed a quelli provenienti da altri Stati membri, pertanto, secondo il giudice del rinvio, non si può escludere che gli operatori stabiliti in altri Stati membri fossero o siano interessati ad avvalersi delle libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi al fine di esercitare delle attività sul territorio italiano e, dunque, che la normativa in questione sia suscettibile di produrre effetti che non sono limitati a tale territorio.

La SIIB sostiene da parte sua che, in caso di rinnovo di una concessione, l’acquisizione al demanio pubblico marittimo dello Stato senza indennizzo delle opere costruite dal concessionario su tale demanio e che sono di difficile rimozione, è contraria al diritto dell’Unione e segnatamente agli artt. 49 e 56 TFUE che sanciscono rispettivamente la libertà di stabilimento e la libertà di prestazione dei servizi, come interpretati nella sentenza del 28 gennaio 2016, Laezza (C-375/14) riguardante il settore dei giochi d’azzardo.

Alla luce di tali considerazioni, il Consiglio di Stato decide di sospendere il procedimento e sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Unione europea la seguente questione pregiudiziale: se gli artt. 49 e 56 TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza Laezza, ove ritenuti applicabili, ostino all’interpretazione di una disposizione nazionale, quale l’art. 49 del Codice della navigazione, nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento, delle opere edilizie realizzate nell’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo configurare tale effetto di immediato incameramento, una restrizione eccedente quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito dal legislatore nazionale e dunque sproporzionato allo scopo.

La Corte di Giustizia UE, investita della questione, innanzitutto,  precisa che, l’attribuzione di una concessione di occupazione del demanio pubblico marittimo implica necessariamente l’accesso del concessionario al territorio ed alla vita economica dello Stato membro ospitante in vista di una partecipazione stabile e continua e per una durata relativamente lunga. Ne consegue che l’assegnazione di una tale concessione rientra nel diritto di stabilimento ex art. 49 TFUE.

Per quanto riguarda, invece, l’art. 56 TFUE, la Corte ne esclude l’applicazione al caso in esame in virtù dell’art. 57, primo comma, TFUE, in quanto le disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi trovano applicazione soltanto se, segnatamente, non si applicano quelle relative al diritto di stabilimento. Occorre, pertanto, esaminare la questione pregiudiziale solo alla luce dell’art. 49 TFUE.

Il Consiglio di Stato, giudice del rinvio, sollevando la questione pregiudiziale, in sostanza, chiede alla Corte europea se l’art. 49 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta all’applicazione di una norma nazionale che preveda che alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione presente nell’atto di concessione, il concessionario è tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da esso realizzate nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione stessa.

L’art. 49, primo comma, TFUE vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro. Secondo costante giurisprudenza, devono considerarsi restrizioni a tale libertà tutte le misure che, seppur applicabili senza discriminazioni fondate sulla nazionalità, vietino, ostacolino o rendano meno attrattivo l’esercizio della libertà garantita dall’art. 49 TFUE. Pertanto, non viola il divieto ex art. 49 TFUE, una normativa nazionale opponibile a tutti gli operatori esercenti delle attività nel territorio nazionale, la quale non abbia come scopo di disciplinare le condizioni relative allo stabilimento degli operatori economici interessati ed i cui eventuali effetti restrittivi sulla libertà di stabilimento siano troppo aleatori e troppo indiretti perché l’obbligo da essa dettato possa essere considerato idoneo ad ostacolare questa libertà.

Nel caso di specie, è pacifico che l’art. 49, primo comma, del Codice della navigazione sia opponibile a tutti gli operatori esercenti attività nel territorio italiano. Di conseguenza, tutti gli operatori economici si trovano ad affrontare la stessa preoccupazione, che è quella di sapere se sia economicamente sostenibile presentare la propria candidatura e sottoporre un’offerta ai fini dell’attribuzione di una concessione ben sapendo che, alla scadenza di quest’ultima, le opere non amovibili costruite saranno acquisite al demanio pubblico. Tale disposizione, non riguarda le condizioni per lo stabilimento dei concessionari autorizzati a gestire un’attività turistico-ricreativa sul demanio pubblico marittimo italiano, ma prevede soltanto che, alla scadenza dell’atto di concessione, salvo che sia diversamente stabilito nell’atto stesso, le opere non amovibili costruite saranno acquisite al demanio pubblico, immediatamente e senza alcuna compensazione finanziaria. Il principio di inalienabilità implica che il demanio pubblico resta di proprietà di soggetti pubblici e che le autorizzazioni di occupazione demaniale hanno carattere precario, nel senso che esse hanno una durata determinata e sono, inoltre, revocabili.

Conformemente a tale principio, il quadro normativo applicabile ad una concessione di occupazione del demanio pubblico, fissa, senza alcun possibile equivoco, i termini dell’autorizzazione all’occupazione che viene concessa. La Società balneare, pertanto, non poteva ignorare, sin dal momento della conclusione del contratto di concessione, che l’autorizzazione all’occupazione demaniale che le era stata attribuita avesse carattere precario e fosse revocabile. Poiché l’art. 49, primo comma, Codice della navigazione, prevede espressamente la possibilità di derogare per contratto al principio dell’acquisizione immediata senza alcun indennizzo o rimborso delle opere non amovibili costruite dal concessionario sul demanio pubblico marittimo, tale disposizione evidenzia la dimensione contrattuale, e dunque consensuale, di una concessione di occupazione del demanio pubblico. Ne consegue che l’acquisizione immediata, gratuita e senza indennizzo di tali opere non può essere considerata come una modalità di cessione forzosa delle opere suddette.

La questione se si tratti di un rinnovo o della prima attribuzione di una concessione non può in alcun modo incidere sull’interpretazione dell’art. 49, primo comma, Codice della navigazione. A tal proposito, è sufficiente constatare che il rinnovo di una concessione di occupazione del demanio pubblico si traduce nella successione di due titoli di occupazione di tale demanio e non nella perpetuazione o nella proroga del primo. Tale interpretazione è idonea a garantire che l’attribuzione di una concessione possa avvenire soltanto all’esito di una procedura concorrenziale che ponga tutti i candidati e gli offerenti su un piano di parità.

Secondo la Corte di Giustizia UE, l’art. 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una norma nazionale secondo la quale, alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione nell’atto di concessione, il concessionario sia tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da esso realizzate nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione stessa.

Tale interpretazione della norma non è smentita dai principi desumibili dalla sentenza Laezza, richiamata dalla SIIB nei suoi atti, che il giudice del rinvio prende in considerazione nella valutazione della questione pregiudiziale. In quella causa, che riguardava il settore dei giochi d’azzardo, i concessionari utilizzavano, per esercitare la loro attività economica, beni di cui essi erano realmente proprietari. Nel caso di specie, invece, come ha fatto valere il governo italiano nelle sue osservazioni scritte, l’autorizzazione all’occupazione del demanio pubblico marittimo di cui beneficiava la SIIB le conferiva soltanto un semplice diritto di superficie a carattere transitorio sulle opere non amovibili che essa aveva costruito sul territorio demaniale. Nel caso  della sentenza Laezza, inoltre, una misura che imponeva la cessione a titolo gratuito dell’uso dei beni necessari alla gestione dei giochi d’azzardo era accostabile ad una sanzione, in quando essa veniva imposta al concessionario e questi non poteva negoziarla, diversamente da quanto accade nel caso in esame dove la questione se i beni costruiti dal concessionario nel corso della durata della concessione debbano entrare gratuitamente a far parte del demanio pubblico, rientra in un negoziato contrattuale tra il soggetto pubblico concedente ed il concessionario. Ai sensi dell’art. 49, primo comma, Codice della navigazione, infatti, è solo in via suppletiva (salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione) che, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato.

Alla luce delle considerazioni svolte, la Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza in commento, dichiara che l’art. 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non impedisce che una norma nazionale preveda che alla scadenza della concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione, il concessionario sia tenuto a cedere, immediatamente e senza alcun indennizzo, le opere non amovibili costruite nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione stessa.

 

Avv. Teresa Aloi,  Foro di Catanzaro.