A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

LA CONDIZIONE DELLE DONNE AFGHANE: LA NUOVA  QUAESTIO, QUELLA FEMMINILE AFGHANA

Autore: Prof. Avv. Carlo Morselli

 

Sommario: 1. La “restaurazione“ del potere dei Talebani in Afghanistan – 2. Manca il discrimen tra valori e disvalori. La deminutio delle donne afghane. 3. Diritti universali e fondamentali  (la collana dei).

 

     1. La “restaurazione“ del potere dei Talebani in Afghanistan

Fra le ragioni per cui la popolarità del presidente americano è in declino incide «la caotica uscita dall’Afghanistan in politica estera»[1].

La “restaurazione“ del potere dei Talebani ha comportato gravissime conseguenze sulla “tenuta“ dello status di donna e di moglie delle afghane, che hanno visto chiudersi il sipario dei loro diritti.

Il raggio delle loro prerogative si è notevolmente ristretto. Già a fine 2021, sono state raggiunte - le “donne-bersaglio“, così potrebbero appellarsi - da un divieto di autonoma locomozione: il governo ha fissato il limite locativo, secondo cui le donne non potranno più percorrere distanze superiori ai 72 chilometri in auto senza un accompagnatore uomo. 

La nuova disposizione “recupera“ pedissequamente, in malam partem, quella già  in vigore nel corso del primo regime talebano, dell’ Ancien Régime tra il 1996 e il 2001, così perpetuato, quando alle donne era inibito la possibilità di uscire di casa senza un maschio-guardiano, il cosiddetto maharram.

Una preclusione che segna la loro condizione.

 

     2. Manca il discrimen tra valori e disvalori. La deminutio delle donne afghane

Il  quadro che emerge non distingue tra valori e disvalori, secondo parametri internazionali ma anche universali. Si è scritto a fine 2021: «Pochi giorni dopo il 15 agosto, data del ritorno dei Talebani al potere, il loro referente politico aveva dichiarato ufficialmente che nel suo governo ci sarebbero state delle donne, sebbene rispettando i dettami della Sharia…il giorno dopo il ritorno ufficiale dei talebani, alcune di loro erano scese in piazza per manifestare il loro dissenso verso il regime. Le proteste sono continuate per tutto il mese di agosto e di settembre, tra Kabul e Herat… L’8 settembre 2021, però, è arrivato un annuncio in controtendenza rispetto alle promesse del regime talebano: il governo ha promesso di introdurre un divieto per le donne di praticare sport in pubblico»[2].

Si tratta, indubbiamente, di una deminutio della stessa identità femminile, di un regresso per dettato normativo, che mostra il volto ufficiale delle introdotte “misure coercitive“ delle limitazioni delle libertà individuali e della condizione sociale, e anche familiare[3] [4]. Anche la scuola è un tabù[5]: un veto all’istruzione, dunque, riducendosi seccamente il diritto di ricevere una adeguata istruzione. Assicurare l’apertura immediata delle scuole per ragazze, permettendone l’accesso, equivale, sul piano dell’istruzione, al primum vivere.

 

     3. Diritti universali e fondamentali  (la collana dei)

È la stagione in cui i diritti umani fondamentali - delle donne, solo del sesso femminile dunque[6] - vengono negati, una palese discriminazione identitaria, che viola le ragioni dell’uguaglianza universale, proclamata in seno alla “ Dichiarazione universale dei diritti umani “. Infatti, all’art. 1 è stabilito che Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti, e all’art. 2 che Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità[7] [8].

Pure “l’ordine“ familiare è fortemente minacciato, marito e moglie non essendo pariordinati, nella scala gerarchicamente incardinata. Al riguardo, v. l’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali[9] ed anche il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, all’art. 23[10], attinge alla stessa “tavola dei valori“, nonché l’art. 10 del Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e  culturali[11].

Altresì le storie di povertà, dovrebbero indurre i Governi, e quindi anche quello italiano (insieme alla comunità europea ed internazionale), a mostrare maggiore e più spiccata sensibilità (e “visibilità“), sottolineandosi la necessità di non lasciare sola la popolazione afghana. È urgente restituire, con concrete iniziative, il “seme della speranza“[12] di un new deal, con la consapevolezza che si tratta, quella subvalente della condizione delle donne afghane, appunto, di una vera e propria emergenza[13].

 

Autore: Avv. Carlo Morselli, Docente “Roma Tre“ Università degli Studi – Giurisprudenza Dipartimento di Eccellenza – Esp. (Dir. pen. e proc. pen.) Master II liv., Docente Università degli Studi LUMSA di Roma – Taranto – Palermo. Dipartimento di Giurisprudenza.

 

[1] V. M. Valsania, Biden, popolarità a picco. Paure economiche ed effetto Afghanistan, in Il Sole 24 Ore, 17 aprile 2022: «I Democratici temono una Waterloo».

[2] E. Ghidini, Come è cambiata la vita delle donne afghane nell’ultimo anno?, in Ultima voce, 29 dicembre 2021, aggiungendosi: «Un ulteriore peggioramento risale a novembre, quando i talebani escludono le donne dalle soap opere e introducono regole più rigide per il velo in tv e per le giornaliste ancora presenti sugli schermi. Viene vietato alle ragazze sopra i 12 anni di proseguire gli studi. Dicembre è invece il mese in cui vengono rimosse le immagini delle donne afghane dai manifesti pubblicitari della capitale e in cui, come dicevamo, si vieta alle donne di percorrere lunghi tragitti in auto senza accompagnatore…».

[3] Ancora Ghidini, Come è cambiata la vita delle donne afghane nell’ultimo anno?, cit.: «Ente responsabile per l’introduzione di queste norme è il ministero per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio,  che interpreta la legge islamica in modo estremamente rigido e la traduce in norme dello Stato. La nuova norma sui tragitti in auto…prevede anche che i tassisti non possano far salire sulle loro auto le donne senza velo. Vale…in modo trasversale il divieto di ascoltare musica in macchina».

[4] Afghanistan, i talebani: "Le donne non possono fare le ministre. Devono fare figli", in la Repubblica, 10 settembre 2021. Quanto segue fornisce la misura dell’ottica distorta: «I talebani: "Una donna non può fare il ministro, deve fare figli". "Una donna non può fare il ministro. È come se le mettessi al collo un peso che non può portare. Non è necessario che le donne facciano parte del governo, devono fare figli". Ha risposto così il portavoce talebano Sayed Zekrullah Hashim alla domanda dell'emittente televisiva afghana ToloNews sul nuovo esecutivo afghano ad interim, nel quale non sono presenti donne. "Le quattro donne che protestano nelle strade non rappresentano le donne dell'Afghanistan. Le donne del Paese sono quelle che danno figli al nostro popolo e che li educano secondo i valori dell'Islam", ha aggiunto».

[5] Da ultimo, v. A. Arcolaci, Afghanistan: le ragazze non possono tornare a scuola, in Vanity Fair, 24 marzo 2022: «In Afghanistan le ragazze non possono tornare a scuola. I talebani al potere hanno deciso di rimandare l'apertura delle scuole femminili secondarie, quindi medie e superiori, a data da destinarsi. Le ragazze potranno tornare in aula solo quando sarà più chiaro, per i talebani, come conciliare sharia e insegnamento». Si reclama: «Nelle ultime settimane le autorità hanno ripetutamente dichiarato che avrebbero ripristinato l'accesso delle ragazze all'istruzione in Afghanistan. È sconvolgente apprendere oggi che non abbiano mantenuto le loro promesse», ha dichiarato Hassan Noor Saadi, direttore Save the Children per l'Asia».

Niente scuola per le ragazze, le studentesse restano fuori. Diritti negati in Afghanistan, in Orizzontescuola.it, 24 marzo 2022: «Mercoledì 24 marzo sarebbe dovuto essere il loro primo giorno di scuola e invece le ragazze afghane delle scuole secondarie non hanno potuto entrare in classe per seguire le lezioni, nonostante le autorità abbiano dichiarato ufficialmente che il diritto all’istruzione sarebbe stato garantito anche a loro, oltre che ai maschi. Era stato il ministero dell’Educazione ad annunciare il diritto ad andare a scuola per tutti, indipendentemente dal sesso, ma non è stato così. Fonti ufficiali riferiscono che le ragazze non sono state ammesse alle lezioni per gli abiti che portavano. “Indossavamo lo hijab. Non sappiamo di quale tipo di abbigliamento stiano parlando”, dice Malalai, una delle studentesse chiuse fuori… Malika racconta: “Dicono che l’Afghanistan sia un Paese islamico, dicono che siamo l’Emirato islamico. Quindi devono rispettare le regole dell’Islam, secondo le quali sia gli uomini sia le donne hanno il diritto di studiare“».

[6] Le donne sono dei “ riservatari “ in senso negativo.

[7] Il corsivo è nostro.

[8] La Dichiarazione universale dei diritti umani costituisce un documento che proclama diritti della persona, adottato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nella sua terza sessione, il 10 dicembre 1948 a Parigi con la risoluzione 219077A. All’art. 12 è stabilito:

Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.

[9] Art. 8 Diritto al rispetto della vita privata e familiare. 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.

[10] Concluso a Nuova York il 16 dicembre 1966. Approvato dall’Assemblea federale il 13 dicembre 1991. Istrumento d’adesione depositato dalla Svizzera il 18 giugno 1992. Entrato in vigore per la Svizzera il 18 settembre 1992.  Art. 23: 1. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato. 2. Il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia è riconosciuto agli uomini e alle donne che abbiano l’età per contrarre matrimonio. 3. Il matrimonio non può essere celebrato senza il libero e pieno consenso dei futuri coniugi. 4. Gli Stati parti dei presente Patto devono prendere misure idonee a garantire la parità di diritti e di responsabilità dei coniugi riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e al momento del suo scioglimento. In caso di scioglimento, deve essere assicurata ai figli la protezione necessaria.

In riferimento alle note  6,7,8, v., in dottrina, fra gli altri, S. Tonolo, La famiglia transnazionale fra diritti di cittadinanza e diritti degli stranieri, in Collana di diritto dell’immigrazione, Le garanzie fondamentali dell’immigrato in Europa, a cura di S. Amadeo e F. Spitaleri, Torino, Giappichelli, 2015, 117: «La garanzia delle relazioni familiari costituisce l’oggetto di un diritto fondamentale della persona, riconosciuto a prescindere dalla cittadinanza».

[11] Concluso a Nuova York il 16 dicembre 1966. Approvato dall’Assemblea federale il 13 dicembre 1991. Istrumento d’adesione depositato dalla Svizzera il 18 giugno 1992. Entrato in vigore per la Svizzera il 18 settembre 1992

[12] M. Sadat, Afghanistan, la battaglia delle donne: "I talebani non sono cambiati, ma noi sì", in la Repubblica, 3 marzo 2022; ivi  7 marzo 2022: «Il racconto di una giovane attivista di Kabul:  “Per me l'8 marzo non c'è nulla da festeggiare. I talebani ci hanno tolto la libertà di scegliere, studiare, uscire di casa sole o lavorare…E il peggio è che dopo tante promesse l'Occidente ha dimenticato l’Afghanistan e tutti noi che restiamo qui“».

[13] Cfr., in dottrina, I. Viarengo, Deroghe e restrizioni alla tutela dei diritti umani nei sistemai internazionali di garanzia, in Riv. dir. int., 2005, 955 s.

Specificamente, v. G. Sgrena, E ADESSO? - L'incerto futuro delle donne afghane, in Quale stato, 2001, fasc. 4-1-2002, 273-275; S. Renda, Sulla pelle delle donne. Il terrore delle afghane per il ritorno dei talebani. L'Afghanistan pronto a riportare indietro le lancette della storia. Arrivano prime drammatiche testimonianze, in Huffpost, 16 Agosto 2021; F. Braga, Quale sarà il futuro delle donne in Afghanistan, in Amnesty International Lombardia, 15 agosto 2021; M. S. Di Bartolomeo, L’ascesa dei talebani e l’incertezza sul futuro delle donne afghane, in Opimio Iuris, 20 Agosto 2021.