A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

Commento a sentenza CTP di Roma sez. 17 n. 4060/2020 Pres. Filoreto D’AGOSTINO Rel. LAZZARI Giovanni – …SPA/AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI UFFICIO DELLE DOGANE DI ROMA 2.* 

Autore: Avv. Antonella Roberti, funzionaria dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli

 

ROYALTIES - valore in dogana delle merci-contratto di licenza - potere della licenziante di indicare terzi fornitori e di effettuare controlli incisivi sulla produzione–è legittima l’inclusione delle royalties nel valore delle merci operata dalla Dogana. IVA sui diritti di licenza non ancora versata al momento della importazione.

 

Massima

È esente da censura l’avviso di accertamento e contestazione col quale la dogana ha ricompreso le royalties nella base imponibile del valore delle merci, potendo ricavarsi l’esistenza di poteri di controllo della licenziante dall’analisi delle clausole del contratto di licenza del marchio che prevedono il potere di imporre alla licenziataria terzi produttori,con facoltà di risoluzione nel caso in cui la licenziataria non si conformi a tale indicazione, nonché linee guida e modelli forniti dalla licenziante per lo sviluppo di ciascuna produzione e ogni facoltà di controllo sulla produzione al fine di verificarne la rispondenza agli standard e ai prototipi forniti dalla licenziante.

È legittimo il ricalcolo dell’IVA effettuato dall’Ufficio sulla base del maggior imponibile accertato, non essendo stata ancora versata, al momento della importazione della merce, l’IVA sui corrispettivi dovuti per i diritti di licenza.

 

La società …Spa, licenziataria del marchio …(licenziante unitamente alla Sig.ra …), effettuava un’importazione di portachiavi e borse di materie plastiche a marchio …Spa  dalla società … (Cina), senza dichiarare in dogana i relativi diritti di royalties.

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – Dir Lazio - Ufficio della Dogana di Roma 2 all’esito dei controlli documentali, riscontrata l’irregolarità e ritenute incongrue le osservazioni fornite, emetteva avviso di accertamento per il maggior valore con irrogazione di sanzioni.

La …Spa impugnava davanti alla CTP di Roma l’avviso di accertamento emesso dalla Dogana, sostenendo la sussistenza di uno schema contrattuale diretto, ove a fronte del rapporto licenziante – licenziataria, quest’ultima acquisterebbe le merci dai produttori asiatici in maniera del tutto autonoma dalla licenziante e in generale l’insussistenza nel caso di specie dei requisiti di cui agli artt. 136, par. 4, del RE (Regolamento di esecuzione, 24 novembre 2015, n. 2447), lamentando infine la illegittimità del ricalcolo dell’IVA effettuato dalla Dogana sul maggiore imponibile accertato, dal momento che la stessa sarebbe stata successivamente assolta al momento del pagamento dei corrispettivi alla licenziante,verificandosi in tal caso una illegittima duplicazione del tributo.

L’Ufficio, nel costituirsi richiamava la giurisprudenza di legittimità e i documenti TAXUD/800/2002 e TAXUD/B4/2016 (contenti le linee guida approvate dal comitato di esperti presso la Direzione Generale Fiscalità e Unione Doganale della Commissione Europea), ribadendo la sussistenza nel caso di specie delle condizioni,previste per l’inclusione delle royalties nel valore in dogana,ai sensi dell’art. 71, par. 1, lett. c), CDU (Codice Doganale dell’Unione di cui al Regolamento (UE) n. 952/2013), condizioni previste dall’art. 136, nonché dall’art. 127, del RE.

La CTP di Roma decideva la vertenza come segue:

Nella rassegna semestrale delle pronunce della Corte di Cassazione in materia tributaria, primo semestre 2019, a cura dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Suprema Corte, dir. Maria Rosaria San Giorgio, si fa riferimento al tema della tassazione delle royalties a pag. 531 e segg.:

“Una delle questioni più discusse negli ultimi anni nel rapporto tra imprese e dogana, attesa la complessità della normativa comunitaria di riferimento, è la inclusione delle royalties nel valore doganale della merce all’atto dell’importazione.

In favore della daziabilità delle royalties, si è espressa per la prima volta Sez. 5, n.8473/2018, Perrino, Rv. 647691-01, affermando il principio secondo cui, in caso di rettifica dei dazi doganali a seguito dell’inclusione della base imponibile dei diritti di licenza corrisposti, la dogana non può pretendere un nuovo versamento dell’IVA già assolta in fattura o mediante reverse charge (conf. Sez.5, n.24996/2018, Putaturo Donati Viscido di NOCERA, rv.650711-01): nell’occasione la Corte ha statuito che, ai fini della determinazione del valore dei prodotti fabbricati in base a modelli o marchi oggetto di contratto di licenza, il corrispettivo dei relativi diritti deve essere aggiunto al valore della transazione, a norma dell’art.32 del Reg. CEE n.2013 del 1992, come attuato dagli artt.157, 159, 160 del Reg. CEE n.2454 del 1993, qualora titolare dei diritti immateriali sia dotato di poteri di controllo sulla scelta del produttore e sulla sua attività e sia il destinatario dei corrispettivi dei predetti diritti.

Le modalità di calcolo delle royalties, secondo Sez. 5, n.14990/2019, Nocella, Rv. 654011-01, sono irrilevanti ai fini del computo del valore doganale delle merci importate, poiché, ai sensi del Reg.n.2454 del 1993, i corrispettivi o i diritti di licenza rilevano soltanto alla ricorrenza di tre condizioni:

1) non siano stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare;

2) si riferiscano alle merci da valutare;

3) l’acquirente sia tenuto a versarli come «condizione di vendita» delle merci da valutare, nel senso che la corresponsione del prezzo deve rivestire un’importanza tale per il venditore che, in difetto, egli non sarebbe disposto a vendere (CGUE 9 marzo 2017, C-173/15; in termini anche Sez. 5, n.11064/2019, Nocella, RV 653546-01). In particolare per Sez. 5, n.14548/2018, Catallozzi, non massimata, il requisito della «condizione di vendita» deve essere analizzato non soltanto in considerazione dell’accordo di licenza, ma anche sulla base delle prescrizioni dell’(eventuale) accordo di fabbricazione (cd. manufacter agreement), talvolta richiamato o allegato ai contratti di licenza e sottoscritto dal licenziante. Occorre, pertanto, un’accurata e approfondita analisi degli accordi, valutando, caso per caso, se il pagamento delle royalties integri una condizione di vendita e se, conseguentemente, è necessario attivare presso l’Agenzia delle Dogane la cd. procedura di ruling doganale (istanza da compilarsi sul portale telematico delle decisioni doganali, alla quale va allegato il modello di domande ed una breve relazione circa il flusso della merce, nonché la modalità di calcolo utilizzata per individuare la percentuale di royalties da includere nel valore doganale dei beni)”.

L’ordinanza n.19123/2019 della Corte di Cassazione, richiamate le precedenti pronunce (nn. 8473/2018; 25438/2018; 25437/2018; 24996/2018) così afferma: “In tema di diritti doganali, ai fini della determinazione del valore in dogana di prodotti che siano stati fabbricati in base a modelli e con marchi oggetto di contratto di licenza e che siano importati dalla licenziataria, il corrispettivo dei diritti di licenza va aggiunto al valore di transazione, a norma dell’art. 32 del regolamento CEE del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2932, come attuato dagli artt. 157, 159 e 160 del regolamento CEE della Commissione 2 luglio 1993, n.2454, qualora il titolare dei diritti immateriali sia dotato di poteri di controllo sulla scelta del produttore e sulla sua attività e sia il destinatario dei corrispettivi dei diritti di licenza”.

La verifica dei poteri di controllo può quindi effettuarsi mediante l’analisi delle clausole dei contratti di licenza.

Nel caso di specie, il contratto che regola i rapporti tra … Spa e …Spa prevede, al punto 9.2, che “la produzione avverrà direttamente ad opera della Licenziataria ovvero da parte di terzi fornitori, che potranno essere indicati dalla licenziante. Sarà fatto obbligo per la Licenziataria di avvalersi dell’attività di produttori made in Italy salva espressa autorizzazione della licenziante. In ogni caso, la Licenziataria, come già precisato, è tenuta ad avvalersi – per i Prodotti realizzati in maglia (tricot) – della società …srl già sopra individuata”.

La clausola 20.3 del contratto di licenza prevede inoltre “…la facoltà a favore della Licenziante di dichiarare risolto il contratto per fatto e colpa della licenziataria…nelle ipotesi di cui ai punti nn.9.2…”.

La clausola 9.3 del contratto prevede inoltre che“le Parti convengono di concedere alla Licenziante ogni facoltà di controllo, anche effettuato a campione, sulla produzione, al fine di verificarne la corrispondenza con gli standard identificativi e di qualità dei prototipi (es. rispondenza del capo al design, composizione del Prodotto, assenza di difetti, etc.)

Al punto 9.5: “La licenziante dovrà raccogliere il parere della licenziataria circa i bozzetti, i prototipi di campioni dei contenitori, delle confezioni, degli imballaggi, delle etichettature( che dovranno riportare le indicazioni di legge) e di quanto altro sia destinata a venire utilizzato o diffuso in unione, associazione, o giustapposizione ai Prodotti” (…).

Il contratto esplicita quindi che “la suddetta…Spa e la Sig.ra…, congiuntamente tra loro…provvederanno.

  • alla ideazione e predisposizione delle linee guida per lo sviluppo di ciascuna Collezione, dei bozzetti e dei disegni finali dei vari capi e dei Prodotti…;
  • alla scelta dei materiali e dei tessuti,
  • alla creazione dei modelli (campioni prototipo),
  • alla richiesta dei materiali e tessuti per la ripetizione dei modelli,
  • agli ordini della campionatura,
  • ai controlli di qualità (cd. sdifettazione) all’incettazione, alla realizzazione dei campionari finali completi, ecc.”( v. punto 8 del contratto di licenza).

Il Collegio rileva in conclusione che non è fondata l’eccezione del ricorrente, in riferimento alla assenza dei requisiti previsti dal RE 2454/93 e successive integrazioni, perché siano rilevanti i diritti di licenza ai fini del computo del valore doganale.

L’avviso impugnato risulta sotto questo profilo esente da censura.

La Commissione giudica infondata anche la seconda eccezione, relativa alla duplicazione dell’IVA, nell’assunto che la maggior IVA accertata verrebbe a cumularsi con quella che sarà versata con il corrispettivo da versare a …Spa entro il 28 febbraio di ogni anno per ogni stagione autunno/inverno, e quindi saranno versati, assolvendo l’IVA, nel febbraio 2019. E’ fondato il rilievo dell’Ufficio per cui è legittimo il ricalcolo sulla base del maggior imponibile, non essendo stata ancora versata l’IVA dovuta sui corrispettivi, che potrà quindi essere detratta nella modalità ordinaria. […]”.

La sentenza in commento si occupa di una questione assai discussa sia in dottrina che in giurisprudenza, rappresentata dalla determinazione del valore in dogana delle merci ed in particolare della problematica connessa alla inclusione nel predetto valore delle royalties concernenti le merci importate da Paesi terzi.

Come è noto il valore in dogana si determina in base al valore di transazione ex art. 70 CDU. L’art.71, par 1 lett.c), CDU dispone che il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate debba essere integrato ai fini della valutazione della merce da: “i corrispettivi e i diritti di licenza relativi alle merci da valutare, che il compratore, direttamente o indirettamente, è tenuto a pagare come condizione per la vendita delle merci da valutare, nella misura in cui detti corrispettivi e diritti di licenza non siano stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare”.

Pertanto, dal tenore letterale della predetta disposizione emergono chiaramente le tre condizioni per la inclusione dei corrispettivi e diritti di licenza nel valore in dogana della merce. A tal fine è pertanto necessario che tali diritti e corrispettivi:

  • siano correlati alle merci da valutare;
  • siano obbligatoriamente dovuti dal compratore quale condizione per la vendita;
  • non siano stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare.

La norma stabilisce che tali requisiti debbano sussistere congiuntamente.

Riguardo alla correlazione dei diritti alle merci da valutare (v. sub lett. a), l'art. 136 del RE precisa che “1. Alle merci importate sono connessi corrispettivi e diritti di licenza se, in particolare, i diritti trasferiti nell’ambito dell’accordo relativo alla licenza o ai corrispettivi sono incorporati nelle merci …”.

Particolarmente significativo per la materia in esame è il documento TAXUD/800/2002, aggiornato nel 2007 e il più recente documento TAXUD/B4/2016 n. 808781. Tali documenti contengono le linee guida approvate dal Comitato Esperti del Valore in Dogana presso la Direzione Generale Fiscalità e Unione Doganale della Commissione. Non si tratta pertanto di atti legalmente vincolanti ma meramente esplicativi e di orientamento per le varie amministrazioni doganali nazionali. Il loro scopo, indicato nella premessa “... è garantire un’interpretazione uniforme per le autorità doganali e per gli operatori economici nonché fornire uno strumento per facilitarne l’applicazione armonizzata e corretta da parte degli SM” (v. TAXUD/B4/2016).

Secondo il TAXUD/B4/2016 n. 808781 “Un riferimento diretto alle merci importate è particolarmente chiaro quando le merci stesse costituiscono l’oggetto del contratto di licenza (i.e. se le merci importate hanno incorporato il marchio per il quale viene pagato il diritto di licenza questo deve essere considerato come correlato alla merce importata). La stessa correlazione esiste laddove la merce importata è costituita da ingredienti o componenti oggetto della licenza”.

Nei suddetti casi, dunque, secondo il citato documento di prassi europea, quando le royalties sono pagate dal compratore:

  • al titolare del marchio o del brevetto sulle merci;
  • al titolare dei diritti sugli ingredienti o componenti,

si deve ritenere che detti pagamenti siano correlati alle merci da valutare.

Pertanto, appare evidente come nel caso in esame non vi siano dubbi riguardo alla sussistenza della correlazione fra le merci importate con marchio “…” e i diritti di licenza riferiti alle stesse, né sulla circostanza che tali diritti non sono stati inclusi nel valore delle merci dichiarato in dogana dalla ricorrente (v. sub lett. c).

Con riferimento al requisito dell’obbligo di pagamento delle royalties quale condizione della vendita, l’art. 136 del RE stabilisce che “4. I corrispettivi e i diritti di licenza sono considerati pagati come condizione della vendita delle merci importate quando è soddisfatta una delle seguenti condizioni:

  • il venditore o una persona ad esso collegata chiede all’acquirente di effettuare tale pagamento;
  • il pagamento è effettuato per soddisfare un obbligo del venditore;
  • le merci non possono essere vendute all’acquirente o da questo acquistate senza il versamento dei corrispettivi o dei diritti di licenza”.

La disposizione sopra richiamata (art. 136 del RE) segna una svolta significativa rispetto alla normativa previgente. Infatti, l’art. 157, par. 2, delle DAC precisava che: “Indipendentemente dai casi di cui all'articolo 32, paragrafo 5 del codice, quando si determina il valore in dogana di merci importate in conformità delle disposizioni dell'articolo 29 del codice si deve aggiungere un corrispettivo o un diritto di licenza al prezzo effettivamente pagato o pagabile se tale pagamento: — si riferisce alle merci oggetto della valutazione, e — costituisce una condizione di vendita delle merci in causa” mentre il successivo art. 160 aggiungeva che: “qualora l'acquirente paghi un corrispettivo o un diritto di licenza a un terzo, le condizioni previste dall'articolo 157, paragrafo 2 si considerano soddisfatte solo se il venditore o una persona ad esso legata chiede all'acquirente di effettuare tale pagamento”.

Diversamente, secondo l'attuale normativa, l'esistenza di un collegamento fra il terzo che richiede il pagamento delle royalties e il venditore non è più indispensabile come in passato, essendo l'unica condizione prevista in base alla precedente formulazione della norma, bensì costituisce una delle condizioni contemplate dalla norma, di per sé sufficiente, ma non necessaria, per dimostrare l'obbligatorietà del pagamento delle royalties quale condizione della vendita.

Infatti, le condizioni elencate dall'art.136, comma 4, non sono cumulative, con la conseguenza che è sufficiente che se ne verifichi una soltanto perché le royalties debbano essere incluse nel valore doganale della merce.

Appare evidente, pertanto, chela nuova disciplina consente di includere le royalties nel valore delle merci anche in assenza di un collegamento tra il venditore e il licenziante, qualora il pagamento sia effettuato per soddisfare un obbligo (contrattuale) del venditore, oppure quando risulta che le merci non possano essere vendute all’acquirente o da questo acquistate senza il versamento dei corrispettivi o dei diritti di licenza.

Riguardo al concetto di “persone legate” viene in considerazione l'art. 127 del RE che così recita:

  1. Ai fini del presente capo, due persone sono considerate legate se è soddisfatta una delle seguenti condizioni:

a)   l’una fa parte della direzione o del consiglio di amministrazione dell’impresa dell’altra e viceversa;

b)   hanno la veste giuridica di associati;

c)    l’una è il datore di lavoro dell’altra;

d)   un terzo possiede, controlla o detiene, direttamente o indirettamente, il 5 % o più delle azioni o quote con diritto di voto delle imprese dell’una e dell’altra;

e)   l’una controlla direttamente o indirettamente l’altra;

f)    l’una e l’altra sono direttamente o indirettamente controllate da una terza persona;

g)   esse controllano assieme, direttamente o indirettamente, una terza persona;

h)   sono membri della stessa famiglia.

  1. Le persone associate in affari per il fatto che l’una è agente, distributore o concessionario esclusivo dell’altra, quale che sia la designazione utilizzata, si considerano legate solo se rientrano in una delle categorie di cui al paragrafo 1.
  2. Ai fini del paragrafo 1, lettere e), f) e g), si ritiene che una parte controlli l’altra quando la prima è in grado, di diritto o di fatto, di imporre orientamenti alla seconda.

E’ appena il caso di dire che il comma 3 della disposizione sopra riportata recepisce, inglobandolo nell'articolato, il contenuto dell’Allegato 23 delle DAC dove era precisato che “Si considera che una persona ne controlli un'altra quando la prima sia in grado di esercitare, di diritto o di fatto, un potere di costrizione o di orientamento sulla seconda”. Pertanto, «Il concetto [di controllo] non cambia rispetto al passato, considerando che l’endiadi formata dalle parole “costrizione” e “orientamento” è ora semplicemente rimodulata nella locuzione “imporre orientamenti”» (circ. Agenzia delle Dogane n. 5/D del 21 aprile 2017).

Ne discende che i vari orientamenti giurisprudenziali, nonché i documenti di prassi interpretativa maturati sotto la previgente normativa, con riferimento al «controllo», inteso come potere di costrizione o di orientamento, mantengono inalterata la propria importanza e utilità, anche con riferimento al controllo inteso come capacità, di diritto o di fatto, di imporre orientamenti, atteso che tale ultima locuzione è più generica ed ampia di quella precedente e non richiede necessariamente che il potere di orientamento investa la totalità delle attività del soggetto controllato (Cass. 1490/2020)[1].

Il citato documento TAXUD/800/2002, aggiornato nel 2007, ed in particolare il Commento n.11, elenca una serie di indicatori da valutare per stabilire se esiste un controllo di fatto che possa comportare l’inclusione o meno della royalty nel valore in dogana, quali:

  • il licenziante sceglie il produttore e lo impone all’acquirente od esiste un contratto diretto di produzione tra il licenziante ed il venditore;
  • il licenziante esercita, direttamente od indirettamente, un controllo di fatto sulla produzione, sulla logistica e sulla consegna delle merci all’acquirente;
  • il licenziante decide a chi il produttore può vendere le merci od impone delle restrizioni per quanto concerne i potenziali acquirenti;
  • il licenziante fissa le condizioni di prezzo al quale il produttore /venditore vende le proprie merci od il prezzo al quale l’importatore/acquirente rivende le merci;
  • il licenziante ha il diritto di esaminare la contabilità del produttore o dell’acquirente;
  • il licenziante sceglie i metodi di produzione da utilizzare o fornisce i modelli ecc.;
  • il licenziante sceglie /limita i fornitori dei materiali/componenti;
  • il licenziante limita le quantità che il produttore può produrre;
  • il licenziante non autorizza l’acquirente a comprare direttamente dal produttore ma attraverso il titolare del marchio (licenziante) che potrebbe agire anche come agente di acquisto dell’importatore;
  • il produttore non è autorizzato a produrre prodotti concorrenti (privi di licenza) in assenza del consenso del licenziante;
  • le merci fabbricate sono specifiche del licenziante (cioè nella loro concezione/design e con riguardo al marchio di fabbrica);
  • le caratteristiche delle merci e la tecnologia utilizzata sono definite dal licenziante, ecc.

Ciascuno di questi elementi non costituisce evidentemente di per sé una condizione di vendita, tuttavia una combinazione di questi elementi, che va al di là dei semplici controlli di qualità, è in grado di dimostrare l'esistenza del potere di controllo da parte del licenziante e determina conseguentemente l'inclusione delle royalties, il cui pagamento viene considerato condizione per la vendita, nel valore delle merci in dogana. Tale controllo, inoltre, non riguarda necessariamente tutta l'attività del soggetto controllato, ma può esplicarsi anche esclusivamente in correlazione con i diritti di licenza ad esso attribuiti.

La sentenza in commento appare coerente con le più recenti decisioni della S.C. (Cass. 3606/2020; Cass. 3253/2020;Cass. 2140/2020; Cass. 1490/2020 nonché Cass. e 19213/2019), che hanno definitivamente sancito, in conformità con le pronunce della CGUE, l’utilizzabilità dei criteri contenuti nel documento TAXUD/800/2002, nella versione italiana del 2007, sull’applicazione dell’art. 32, paragrafo 1, lettera c), del codice doganale (ormai parte dell’acquis communautaire, ossia del diritto materiale dell’Unione, con valore di soft low)[2].

Infatti, la S.C.,ha più volte ricordato come, con la sentenza 9 marzo 2017, causa C-173/15, GE Healthcare GmbH c. Hauptzollamt Dusseldorf, abbia precisato che queste indicazioni, «sebbene non giuridicamente cogenti, costituiscono tuttavia strumenti importanti per garantire un'uniforme applicazione del codice doganale da parte delle autorità doganali degli Stati membri e possono, quindi, essere di per sé considerate strumenti validi per l'interpretazione di detto codice» (così Cass. 19213/2019, ma si veda anche Cass. 3606/2020; Cass. 3253/2020; Cass. 2140/2020; Cass. 1490/2020).

In sostanza il Giudice di prime cure è chiamato ad un accertamento in fatto, basato principalmente, anche se non esclusivamente, sull'analisi delle singole clausole dei contratti di licenza, per verificare l’esistenza degli elementi sintomatici da cui desumere un potere di controllo di fatto e/o di diritto, della licenziante sui produttori o sulla licenziataria, ovvero se il pagamento dei diritti di licenza sia effettuato per soddisfare un obbligo del venditore, o infine l’esistenza di clausole contrattuali da cui consegua, sia direttamente che indirettamente, che le merci non possono essere vendute all’acquirente o da questo acquistate senza il versamento dei corrispettivi o dei diritti di licenza.

Nel merito la sentenza si conforma al principio di diritto più volte affermato dalla S.C., richiamato anche in Cass. 19213/2019, con ampio richiamo alle precedenti pronunce[3], in base al quale "In tema di diritti doganali, ai fini della determinazione del valore in dogana di prodotti che siano stati fabbricati in base a modelli e con marchi oggetto di contratto di licenza e che siano importati dalla licenziataria, il corrispettivo dei diritti di licenza va aggiunto al valore di transazione, a norma dell'art. 32 del regolamento CEE del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, come attuato dagli artt. 157, 159 e 160 del regolamento CEE della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, qualora il titolare dei diritti immateriali sia dotato di poteri di controllo sulla scelta del produttore e sulla sua attività e sia il destinatario dei corrispettivi dei diritti di licenza".

Nel caso di specie la CTP ha ritenuto di poter desumere il controllo della licenziante sulla licenziataria dalle clausole contrattuali che prevedono:

  • la facoltà della licenziante di indicare alla licenziataria terzi produttori, con corrispondente potere della licenziante di dichiarare risolto il contratto per inadempimento della licenziataria qualora la stessa non si conformi a tale indicazione;
  • la concessione alla licenziante di “ogni facoltà di controllo”, anche effettuato a campione, sulla produzione, riconosciuta alla licenziante, al fine di verificare la rispondenza con gli standard identificativi e di qualità dei prototipi;
  • il necessario previo parere della licenziante sui bozzetti, i prototipi dei contenitori, ecc., ecc. e di quanto altro sia destinato a essere commercializzato con i prodotti,
  • che la ideazione e predisposizione delle linee guida per lo sviluppo della produzione (bozzetti, disegni, scelta dei materiali e tessuti, creazione dei campioni prototipo, richiesta dei materiali e tessuti per la ripetizione dei modelli, ecc.) sia saldamente in mano alla licenziante (la quale può trasmettere direttamente alle imprese terze schizzi, bozzetti, disegni, layouts, specifiche e supporti tecnici, ecc.).

Tutti gli elementi sopra indicati sono presenti nel TAXUD/800/2002, aggiornato nel 2007, in particolare alle lett. a), f), g), e) (riguardante la verifica della contabilità, anch’essa prevista nel contratto in questione) e pertanto la sentenza si colloca senz’altro all’interno dell’alveo tracciato dalla S.C., confermato dalle recenti pronunce.

La seconda questione affrontata dalla sentenza, riguarda l’eccezione,sollevata dalla ricorrente, circa la sussistenza di una indebita duplicazione dell’IVA da parte della Dogana.

Come è noto a norma dell’art. 70 del DPR 633/1972 “l’imposta relativa alle importazioni è accertata, liquidata e riscossa per ciascuna operazione” doganale.

Come è noto con la sentenza Equoland (nella causa C-272/13, EU:C:2014:2091) la CGUE la CGUE ha criticato “la prescrizione secondo cui, oltre a una maggiorazione del 30% (a titolo di sanzione per il mancato rispetto dell’obbligo di introdurre fisicamente una merce importata nel deposito fiscale ndr), il soggetto passivo deve versare nuovamente l’IVA all’importazione, senza che si tenga conto del pagamento già avvenuto …” ed il fatto che “assoggettare una sola e unica operazione a una doppia imposizione dell’IVA, concedendo al contempo una sola volta la detraibilità di tale imposta, fa permanere la rimanente IVA a carico del soggetto passivo”, privandolo del suo diritto alla detrazione, con lesione del principio fondamentale della “neutralità” di tale imposta, concludendo che “La sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 2006/18, deve essere interpretata nel senso che, conformemente al principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, essa osta ad una normativa nazionale in forza della quale uno Stato membro richiede il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione sebbene la medesima sia già stata regolarizzata nell’ambito del meccanismo dell’inversione contabile, mediante un’autofatturazione e una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite del soggetto passivo”.

In conformità al suddetto orientamento della CGUE e alla giurisprudenza della S.C., deve pertanto ritenersi idoneo l’assolvimento dell’IVA da parte dell'importatore mediante autofatturazione (c.d. reverse charge o inversione contabile), sempre ché sia debitamente comprovata dall'importatore in punto di fatto e con richiamo alle specifiche dichiarazioni doganali interessate, la corrispondenza e la pertinenza dell'IVA "autofatturata" alla maggiore imposta dovuta all'importazione per effetto dell'inclusione delle royalties nel valore accertato dalla dogana (v. nota del 6 marzo 2019 n. 12243).

Fatte queste debite premesse, si osserva che il caso in esame non è affatto sovrapponibile al caso Equoland, non essendo intervenuta alcuna inversione contabile dell’Iva intracomunitaria, dal momento che entrambe le parti, licenziante e licenziataria, sono residenti in Italia, né potendosi riscontrare alcuna lesione al principio di neutralità fiscale dell’IVA, ripetutamente affermato dalla giurisprudenza comunitaria, e ribadito anche nella sentenza Equoland, che presuppone la facoltà per il soggetto passivo di detrarre l’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Infatti, da un lato, al momento della importazione e del successivo accertamento, l’IVA sui diritti non era stata ancora assolta dalla …spa, né risultava dovuta, dall’altro, come evidenziato dalla Dogana in sede di giudizio, il meccanismo di detrazione dell’IVA consente il recupero dell’IVA corrisposta dalla licenziataria in relazione all’Avviso di accertamento in questione, secondo le ordinarie modalità[4]. Ne discende, anche sotto questo profilo, l’infondatezza della eccezione proposta dalla ricorrente, come esattamente rilevato dalla sentenza in commento.

 

* Tale pubblicazione rappresenta esclusivamente l’interpretazione dell’autrice e non impegna in alcun modo l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli

[1] Non può pertanto condividersi l’opinione di coloro che ritengono che il documento TAXUD 800/2002 sarebbe stato superato e definitivamente eliminato con l’emanazione del “Compendium of Customs Valuation texts–Edition 2018”, perché “in realtà, il documento citato è stato sostituito dal Taxud/B4/2016, che fornisce linee orientative più sintetiche (ma non meno lineari) e si correla al dettato del nuovo codice doganale (Reg. 952/2013/UE – CDU) e al corrispondente Reg. di esecuzione (Reg. 2015/2447/UE), i quali, sulla specifica questione, prevedono una disciplina più ampia sul concetto di “condizione di vendita” e sulla rilevanza del “controllo” […]”.

Infatti, “con il nuovo codice doganale l'esistenza di un collegamento fra il terzo che richiede il pagamento delle royalties e il venditore non è più, come invece previsto dal Reg. (CEE) n. 2454 del 1993, art. 157, par. 1, indispensabile, ma costituisce solo una delle condizioni, in sé sufficiente ma non necessaria per dimostrare l'obbligatorietà del pagamento delle royalties quale condizione della vendita;

sicché, la nuova disciplina consente, pertanto, di includere le royalties nel valore delle merci anche in assenza di un collegamento tra il venditore e il licenziante, escludendo che tale circostanza abbia valore essenziale; in tal senso si esprime il Taxud/B4/2016: "il criterio applicabile è capire se il venditore può vendere o se il compratore può comprare le merci senza pagare royalties o diritti di licenza. La condizione può essere implicita o esplicita. In alcuni casi sarà specificato nell'accordo di licenza se la vendita delle merci importate è subordinato al pagamento di un corrispettivo o di un diritto di licenza. Tuttavia, non è richiesto che ciò debba essere precisato negli accordi"; la norma, del resto, come precisato anche nel citato documento TAXUD del 2016, rispecchia le indicazioni del Commentario 25.1 del 2011 del World Customs Organization (WCO), che, a loro volta, sono congruenti con quelle del Taxud/800/2002; quanto alla nozione di "controllo", va rilevato che la stessa conserva importanza, venendo presa in considerazione dal Reg. (UE) n. 2015 del 2447, art. 127, secondo la quale, ai fini della determinazione del valore in dogana, "si ritiene che una parte controlli l'altra quando la prima è in grado, di diritto o di fatto, di imporre orientamenti alla seconda"; una siffatta locuzione è più generica ed ampia di quella precedente e non richiede necessariamente che il potere di orientamento investa la totalità delle attività del soggetto controllato; è, dunque, evidente che il documento Taxud/800/2002 mantiene inalterato il suo valore orientativo, sia perché riferito alla disciplina contenuta nel codice doganale comunitario applicabile ratione temporis, sia perché la normativa successivamente introdotta fornisce una regolamentazione della materia che privilegia in misura più incisiva la rilevanza delle royalties pagate ai fini della determinazione del valore delle merci, sia perché anche il nuovo documento TAXUD del 2016 non si discosta dalle linee generali fondamentali già affermate” (Cass., ord. n.1490/2020). Sulla utilizzabilità dei criteri indicati dal doc. TAXUD 800/2002 del  v. anche Cass. 3606/2020, Cass. 2140/2020, nonché Cass. 3253/2020 e 19213/2019.

[2] V. anche la recentissima sentenza della CGUE del 9 luglio 2020: Curtis Balkan - Direktor na Teritorialna direktsiya Yugozapadna Agentsiya «Mitnitsi» (C‑76/19, EU:C:2020:543).

[3] Cass nn. 8473 del 2018; 25438 del 2018; 25437 del 2018; 24996 del 2018.

[4] Infatti, con la riformulazione dell’articolo 60, comma 7, D.P.R. 633/1972 ad opera dell’articolo 93 D.L. 1/2012 – il principio della neutralità dell’imposta è garantito anche nel caso in cui la maggiore Iva sia liquidata in sede di revisione dell’accertamento doganale (v. circ. 16/D/2014, § 2.2), dal momento che, come anche precisato dalla circolare 35/E/2013 (§ 3.2), “il termine per esercitare la detrazione decorre dal pagamento della maggiore imposta accertata dall’Agenzia delle Dogane in capo all’importatore”, siccome “nelle importazioni (…), l’imposta relativa agli acquisti non è addebitata all’importatore in via di rivalsa ma è versata direttamente da quest’ultimo, pertanto, il diritto alla detrazione deve essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui l’importatore, debitore d’imposta, ha provveduto al pagamento dell’imposta, della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi”.