A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

RIFLESSIONI BREVI SU MATERNITÀ SURROGATA E INTERESSE SUPERIORE DEL MINORE: I POSSIBILI EFFETTI DEL PARERE DELLA GRANDE CAMERA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI UMANI SULL’ORDINAMENTO ITALIANO

Autore: Prof.ssa Francesca Graziani*

 

  1. Introduzione

Tra i temi più attuali e problematici in materia di rapporti di famiglia, vi è quello dello status giuridico dei figli nati a seguito di “maternità surrogata”, termine con il quale ci si riferisce alla pratica mediante la quale una donna accetta di portare a termine, a titolo gratuito o dietro corrispettivo economico, una gravidanza per conto di una persona o di una coppia committente. La “gestazione per altri” è vietata in numerosi Stati europei (tra cui l’Italia). Non è inconsueto perciò che i soggetti che intendono ricorrere a tale pratica aggirino le restrizioni ivi imposte recandosi nei Paesi in cui essa è consentita per poi richiedere successivamente il riconoscimento nello Stato di cittadinanza o di residenza abituale del rapporto di filiazione costituito all’estero.

Negli ultimi anni, la Corte europea dei diritti umani si è più volte confrontata con gli orientamenti statali restrittivi contrari al riconoscimento dello status filiationis in casi derivanti da maternità surrogata. Verte su questa delicata materia il primo parere reso, il 10 aprile 2019, dalla Grande Camera ai sensi del Protocollo n. 16 allegato alla CEDU; parere che circoscrive il margine di apprezzamento degli Stati nel superiore interesse del diritto alla vita privata e familiare dei bambini procreati con tecniche di maternità surrogata, tutelato dall’articolo 8 della CEDU. Per quel che qui interessa, la pronuncia della Corte di Strasburgo ha avuto l’effetto di riaprire in Italia una questione che sembrava chiusa dopo l’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con sentenza n. 12193 del 2019, hanno affermato che il divieto di surrogazione di maternità – sanzionato penalmente dall’articolo 12, co. 6, della Legge n. 40/2004 – integra un principio di ordine pubblico che osta al riconoscimento dell’efficacia in Italia di provvedimenti giurisdizionali stranieri relativi all’inserimento del c.d. genitore d’intenzione non biologico nell’atto di stato civile di un minore procreato con le modalità della gestazione per altri. Infatti, il 29 aprile 2020, con ordinanza n. 8325/20 la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme italiane che non prevedono il riconoscimento di una sentenza straniera che assegni ad entrambi i genitori, lo status di genitori di un minore concepito con la maternità surrogata in uno Stato in cui detta pratica è permessa. Ritiene in particolare la Corte di Cassazione civile che l’orientamento ostativo espresso dalle Sezioni Unite nel 2019 debba essere rivisto alla luce del parere reso dalla Grande Camera della Corte europea dei diritti umani.

 

  1. Il parere consultivo della Grande Camera della Corte europea: l’interesse preminente del minore

Il 1° agosto 2018 è entrato in vigore il Protocollo n. 16 allegato alla CEDU[1]. Il “Protocole di dialogue”, così come è stato ribattezzato, consente alle più alte giurisdizioni degli Stati contraenti di richiedere alla Corte europea dei diritti umani un parere consultivo su questioni di principio relative all’interpretazione o all’applicazione dei diritti e delle libertà definiti dalla CEDU o dai suoi Protocolli.

Il 5 ottobre 2018, la Corte di Cassazione francese ha chiesto alla Corte di Strasburgo di precisare gli effetti e le conseguenze di due sentenze rese nel 2014 nei casi Menneson c. Francia e Labasee c. Francia in tema di maternità surrogata[2]. In tali pronunce la Corte europea ha stabilito che la Francia, non avendo trascritto nel proprio registro dello stato civile gli atti di nascita di minori nati all’estero da maternità surrogata, ha violato il diritto alla vita privata dei figli, tutelato dall’articolo 8 della CEDU. Per effetto di tali sentenze, la giurisprudenza francese ha mutato il proprio indirizzo interpretativo delle norme di stato civile, sostenendo che non può essere negata la trascrizione dell’atto di nascita di un bambino nato all’estero da gestation pour autrui se tale atto non è falsificato e se il padre di intenzione è quello biologico[3].

Tuttavia, secondo la Corte di Cassazione francese le sentenze della Corte EDU non chiarirebbero gli eventuali obblighi dello Stato con riferimento alla posizione del genitore d’intenzione (nel caso di specie la madre sociale) con il quale non vi è legame biologico[4]. Da qui il duplice quesito posto alla Corte di Strasburgo: se rientri nell’ambito del margine di apprezzamento concesso allo Stato la possibilità di rifiutare la trascrizione di un atto di nascita di un minore nato all’estero da maternità surrogata quando vi sia indicata la madre committente come madre di diritto e se in tale evenienza sia necessario distinguere a seconda che il bambino sia stato o meno concepito con i gameti della madre sociale; se, in caso di risposta positiva, la possibilità riconosciuta dall’ordinamento francese per la madre non biologica di adottare il figlio dell’altro coniuge (il padre biologico) soddisfi comunque i requisiti dell'articolo 8 della CEDU.

Nell’emanare il parere la Grande Camera ha anzitutto teso a circoscrivere la funzione assegnatale e ha perciò ricordato che la procedura ex Protocollo n. 16 non è pensata per trasferire la causa nazionale alla Corte di Strasburgo, spettando al giudice statale trarre le conclusioni dal suo parere per la soluzione del caso di specie[5]. Soprattutto, la Corte ha preliminarmente sottolineato di doversi mantenere nei confini dei quesiti sottoposti, non potendo quindi il parere da essa espresso essere utilizzato per disciplinare vicende affini ma diverse, quali quelle della maternità surrogata eseguita con materiale biologico della madre genetica[6].

Con riferimento al primo quesito, la Grande Camera ha tenuto in considerazione sia il principio del superiore interesse del minore sia il margine di apprezzamento che deve essere riconosciuto agli Stati[7].

La Francia può imporre misure dissuasive nei confronti dei propri cittadini che intendano recarsi all’estero per ricorrere a pratiche di maternità surrogata vietate nel proprio territorio ma tali divieti non possono impattare negativamente sui diritti dei minori coinvolti che verrebbero pregiudicati nei propri diritti ove rimanesse incerto il loro status di filiazione. Ne discende che, come ribadito anche nelle sentenze Mennesson e Labasse, in caso di ricorso a tecniche di maternità surrogata all’estero, lo Stato di origine deve riconoscere il rapporto di filiazione, a tutela del superiore interesse del minore, anche se tale pratica è vietata dalle leggi nazionali[8]. La Corte ricorda che in relazione a questioni complesse che sollevano problematiche etiche e morali, il margine di apprezzamento degli Stati è particolarmente ampio e che sulla questione della maternità surrogata non esiste un consenso europeo[9]. Nondimeno, afferma la Corte che allorché è in gioco un aspetto fondamentale dell’identità personale, come il riconoscimento dello status di filiazione, il margine di apprezzamento si contrae sensibilmente[10].

Con riferimento al secondo quesito, la Grande Camera ha precisato che la necessità di consentire il riconoscimento del legame di filiazione con la madre richiede l’adozione di strumenti di protezione adeguati alla condizione di vulnerabilità del minore[11]. Le modalità attraverso le quali garantire un tale riconoscimento rientrano nel margine di apprezzamento degli Stati. Ciò comporta che lo Stato contraente non è obbligato ad iscrivere nel registro dello stato civile il certificato di nascita redatto all’estero, potendo tutelare la relazione figlio-madre sociale mediante una procedura di adozione da parte del genitore non biologico, purché – precisa la Corte – questa consenta di ottenere una protezione tempestiva ed efficace del superiore interesse del minore. Spetta ai giudici statali – prosegue la Corte – verificare il superiore interesse del minore nel caso concreto e, quindi, se le diverse forme di adozione previste nell’ordinamento francese rispettino i principi fissati nel parere[12].

Il parere della Grande Camera offre un delicato bilanciamento tra le varie istanze in gioco. La Corte EDU esclude che il superiore interesse del minore si realizzi soltanto con la sua iscrizione anagrafica come figlio della coppia committente, rimettendo alla discrezionalità del legislatore statale la scelta del mezzo utilizzabile per il soddisfacimento del diritto alla bigenitorialità. Nondimeno, il margine di apprezzamento riconosciuto allo Stato pare particolarmente ridotto. È vero che la Corte europea fa riferimento ad ulteriori fondamentali componenti del diritto alla vita privata che devono essere tutelati, come quelli che concernono il rischio di abusi che il ricorso alla gestazione per altri può comportare. Tuttavia, il vero filo conduttore del parere e delle precedenti pronunce della Corte di Strasburgo in materia di gestazione per altri è rappresentato dalla tutela dei diritti del bambino e, quindi, della figura più vulnerabile tra quelle coinvolte dalle pratiche di maternità surrogata. Sotto questo profilo, infatti, l’alternativa al riconoscimento del legame di filiazione con la madre intenzionale rappresentata dal procedimento di adozione è dalla Corte precisata e corretta nel senso di avvertire gli Stati che le procedure di adozione stabilite nell’ordinamento giuridico debbono garantire un’efficace e tempestiva attuazione del riconoscimento, nel rispetto, appunto, del superiore interesse del minore.

Quanto al suo effetto, il parere ex Protocollo n. 16 non è vincolante. Chiarissimo è al proposito l’articolo 5 del Protocollo, secondo cui “advisory opinions shall not be binding”, così sottolineandosi che gli stessi valgono esclusivamente nell’ambito di un dialogo tra la Corte europea e le autorità giudiziarie nazionali, poste in rapporto di complementarietà tra loro. Tuttavia, dinanzi a domande circoscritte, come quelle proposte dalla Corte di cassazione francese, e ad una riposta altrettanto chiara della Corte europea pare assai difficile immaginare che l’ordinamento francese non vi si conformi. Inoltre, benché ad oggi il Protocollo sia stato ratificato da soli tredici Stati ciò non significa che gli Stati che non lo hanno sottoscritto possano sic et simpliciter ignorare il parere emesso dalla Corte EDU. Non a caso, e come si è detto, il parere della Corte ha avuto un’incidenza pratica e significativa proprio in Italia, in cui il processo di ratifica del Protocollo è tutt’ora in corso.

 

  1. L’ordinanza della prima sezione civile della Corte di Cassazione e la questione di legittimità costituzionale sollevata dinanzi alla Corte costituzionale

Si è detto in premessa che, con ordinanza n. 8325 del 2020, la prima sezione della Corte di Cassazione ha preso le distanze dalla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 12193/2019, ritenendo sussistenti i presupposti per rimettere alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 12, co. 6, della Legge n. 40 del 2004, dell’articolo 18 del D.P.R. n. 396 del 2000 e dell’articolo 64, co. 1, lett. g) della Legge n. 218 del 1995, nella parte in cui negano, alla luce della sentenza delle Sezioni Unite, nei confronti del genitore intenzionale lo status filiationis del figlio procreato con le modalità della gestazione per altri[13].

Con la sentenza depositata l’8 maggio 2019 le Sezioni Unite della Cassazione hanno ritenuto contraria all’ordine pubblico internazionale la trascrizione di un atto di nascita redatto all’estero in seguito a gestazione per altri[14]. Il divieto di surrogazione di maternità, previsto dall’articolo 12, co. 6, della Legge 40/2004, è dalle Sezioni Unite qualificato come principio di ordine pubblico, posto a tutela di valori fondamentali – quali la dignità della donna gestante per altri e la prevalenza della verità biologica della nascita – ritenuti dal legislatore prevalenti rispetto all’esigenza del minore di vedere consolidato il proprio status filiationis. Precisano al proposito le Sezioni Unite che, anche dopo i recenti interventi della Corte Costituzionale[15], la Legge 40/2004 continua a distinguere tra fecondazione eterologae maternità surrogata, cosicché il divieto penale contenuto nella suddetta legge è espressione di un principio di ordine pubblico che mira sia a tutelare la dignità della gestante, cui sarebbe altrimenti imposta un’intollerabile compressione dei suoi diritti fondamentali, sia a contrastare l’attribuzione della genitorialità a chi non è legato geneticamente alla prole. Aggiungono poi le Sezioni Unite che la tutela dei valori sopra indicati non esclude comunque la possibilità di conferire rilievo al rapporto con il genitore intenzionale mediante il ricorso all’adozione in casi particolari, prevista dall’articolo 44, co. 1, lett. d) della Legge n. 184 del 1983. In conclusione, secondo l’indirizzo giurisprudenziale del 2019 l’interesse superiore del minore da un canto non ha una portata assoluta, potendo invece contrarsi nel bilanciamento con ulteriori interessi ritenuti prevalenti dal legislatore, e dall’altro canto sarebbe pur sempre tutelabile con l’adozione in casi particolari.

Di diverso avviso è la prima sezione civile della Corte di Cassazione che nutre dubbi sulla legittimità costituzionale della soluzione offerta dalle Sezioni Unite. Al centro dell’ordinanza del 2020 è il parere della Grande Camera della Corte europea dei diritti umani dell’aprile 2019 che si porrebbe in triplice contrasto con la sentenza delle Sezioni Unite.

Il primo profilo di incompatibilità è ravvisato nell’attribuzione al divieto di maternità surrogata dello statuto di principio di ordine pubblico, prevalente a priori sull’interesse del minore. Una tale attribuzione si scontrerebbe infatti con l’affermazione operata dalla Corte di Strasburgo secondo cui non è consentito agli Stati adottare misure che incidano negativamente sulla situazione soggettiva di chi nasce da una gestazione per altri e abbiano l’effetto di negare i diritti inviolabili connessi all’identità personale del minore e alla sua appartenenza al nucleo familiare di origine. Il secondo profilo di incompatibilità concerne la tesi delle Sezioni Unite secondo cui l’interesse del minore non ha valore assoluto e può cedere rispetto ad altri valori, rientrando tale valutazione nel margine di apprezzamento dello Stato, laddove invece la Corte di Strasburgo ha sostenuto che il principio della preminenza dell’interesse del minore impedisce al legislatore di imporre una sua compressione in via generale ed astratta e di determinare conseguentemente un affievolimento ex lege del diritto al riconoscimento dello status filiationis legalmente acquisito all’estero. Ritiene infatti la prima sezione della Corte di Cassazione che sia impossibile conciliare l’interesse del minore (che va valutato caso per caso) con un divieto generale e assoluto di riconoscimento del legame di filiazione con il genitore intenzionale, giacché tali conseguenze sono lesive dell’identità del minore e del diritto alla continuità dello status filiationis, compromettendo il radicamento del minore nel contesto familiare in cui è nato. In terzo luogo, l’adozione in casi particolari, prevista dall’articolo 44, co. 1, lett. d) della Legge n. 184 del 1984, contrariamente a quanto ritenuto dalle Sezioni Unite, non risulta idonea a garantire l’effettiva e celere attribuzione dello status filiationis reputate dalla Corte europea dei diritti umani quali condizioni essenziali per qualificare la modalità alternativa alla trascrizione rispettosa del diritto alla tutela della vita privata e familiare del minore.

 

  1. La parola alla Corte costituzionale: possibili esiti dell’ordinanza di rimessione

È difficile prevedere quali esiti sortirà l’ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale, chiamata al difficilissimo compito di contemperare, in un’ottica di bilanciamento costituzionale, il divieto di maternità surrogata con l’interesse superiore del minore.

Non pare infatti per nulla scontato che la Corte costituzionale ritenga ammissibile la questione di legittimità costituzionale sottopostale. In linea generale, pare difficile ritenere che il parere della Grande Camera della Corte europea possa essere assunto a parametro di riferimento in materia, in ragione della sua assenza di portata vincolante e del fatto che l’Italia non ha ancora ratificato il Protocollo n. 16. Non può poi essere ignorato che la rimessione giunge in un momento in cui la giurisprudenza della Corte costituzionale sui rapporti tra ordinamento statale e CEDU come interpretata dalla Corte di Strasburgo pare essere entrata in una fase di incertezza (il riferimento è in particolare alla sentenza n. 49 del 2015). Né il denunciato contrasto con il diritto vivente italiano pare potersi dare per scontato posto che, come più sopra ricordato, le Sezioni Unite individuano l’adozione in casi particolari quale regola di chiusura del sistema e strumento di tutela del diritto del minore per vedere riconosciuti i legami sviluppatisi sul piano affettivo ed educativo.

Resta però che il parere della Grande Camera della Corte europea dei diritti umani offre alla Corte costituzionale importanti spunti di riflessione. A parte il concetto di ordine pubblico, come ricostruito e inteso dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, il punto che pare maggiormente critico è dato dal richiamo all’articolo 44, co. 1, lett. d) della Legge 184/1983. La procedura di adozione in casi particolari, infatti, non realizza in maniera piena la legittima aspirazione del minore (e del genitore di intenzione) a formalizzare il vincolo di filiazione costituito in fatto. Ciò perché da un lato il procedimento di adozione in casi particolari è lungo, articolato, irto di insidie e foriero di possibili incertezze e dall’altro lato una tale forma di adozione non determina un rapporto pienamente equiparato alla filiazione, non creando legami parentali con i congiunti dell’adottante ed escludendo il diritto a succedere nei loro confronti. La regola di chiusura del sistema individuata dalle Sezioni Unite appare allora divaricata rispetto alle indicazioni che provengono dalla Corte di Strasburgo che, come più sopra evidenziato, in tema di procedimenti di adozione ha tenuto a precisare che tali procedimenti debbano assicurare una decisione efficace a proteggere la relazione tra il minore e il genitore d’intenzione e assunta in tempi rapidi affinché il bambino non resti in una condizione di incertezza giuridica in ordine alla relazione parentale.

È indubbio che il focus sull’interesse primario del minore non esaurisca la complessità di una tematica – quale quella della maternità surrogata – che mette in gioco, marginalizzandoli i diritti fondamentali di altre persone coinvolte, a cominciare da quelli delle donne che portano avanti la gravidanza per altri[16]. È però altrettanto indubbio che la tutela dei diritti del bambino non possa essere penalizzata per condannare la condotta di adulti riprovata dall’ordinamento anche con il ricorso a sanzioni penali e che l’approccio c.d. “child first” sia sorretto dall’intrinseca posizione di vulnerabilità in cui il minore è posto dalla procreazione per conto altrui.

 

* Prof. associato di diritto internazionale, Università della Campania “Luigi Vanvitelli”.

 

[1] Il Protocollo n 16 rimonta le origini in una proposta contenuta nel Rapporto del Gruppo dei Saggi al Comitato dei ministri del 15 novembre 2006 che ha ipotizzato l’introduzione di una procedura atta a consentire alle corti statali di ultima istanza la possibilità di richiedere pareri consultivi alla Corte EDU riguardo l’interpretazione e l’applicazione della CEDU. La proposta dei Saggi ha gradualmente guadagnato consensi. Passando per le High Level Conferences di Interlaken (febbraio 2010), di Izmir (aprile 2011) e di Brighton (aprile 2012), il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa è stato invitato a redigere il testo di un Protocollo facoltativo alla CEDU entro la fine del 2013. Il Protocollo n. 16, aperto alla firma a Strasburgo il 2 ottobre 2013, è entrato in vigore nell’agosto del 2018 a seguito del deposito del decimo strumento di ratifica della Francia (v. art. 8 Protocollo n. 16). Attualmente è in vigore per tredici Stati. In Italia è ancora all’esame del Parlamento la legge di ratifica e di esecuzione dei Protocolli nn. 15 e 16. In dottrina v. inter alia Zanghì C., I progetti di Protocolli 15 e 16 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Rivista della cooperazione giuridica internazionale, 2013, n. 43, p. 24 ss.; Asta G., Il Protocollo n. 16 alla CEDU: chiave di volta del sistema europeo di tutela dei diritti umani?, in La Comunità internazionale, 2013, n. 4, p. 773 ss.; Lana A.G., Il Protocollo n. 16 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali: alcune riflessioni, in Diritti dell’uomo, 2014, n. 3, p. 641 ss.; Nalin E., I Protocolli n. 15 e 16 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Studi sull’integrazione europea, 2014, n. 1, p. 117 ss.; Spatafora E., Il disegno di legge di ratifica ed esecuzione del protocollo n. 16 alla convenzione europea dei diritti dell’uomo, in dirittifondamentali.it, 2020, n. 1, p. 369 ss.

[2] Corte EDU, Mennesson c. Francia, ricorso n. 65192/11, sentenza del 26 giugno 2014 e Labassee c. Francia, ricorso n. 65941/11, sentenza del 26 giugno 2014. V. anche Corte EDU, Foulon e Bouvet c. Francia, ricorsi n. 9063/14 e 10410/14, sentenza del 21 luglio 2016 e Laborie c. Francia, ricorso n. 44024/13, sentenza del 19 gennaio 2017. V. infine Corte EDU [GC], Paradiso e Campanelli c. Italia, ricorso n. 25358/12, sentenza 24 gennaio 2017. In dottrina v. in particolare Baratta R., Diritti fondamentali e riconoscimento dello status filii in casi di maternità surrogata: la primazia degli interessi del minore, in Diritti umani e diritto internazionale, 2016, vol. 10, n. 1, p. 309 ss.

[3]V. Cour de cassation, Communiqué relatif à l’inscription à l’état civil d’enfants nés à l’étranger d’une GPA, consultabile online: «Les actes de naissance dont la transcription est demandée mentionnent comme père celui qui a effectué une reconnaissance de paternité et comme mère la femme ayant accouché. Dès lors, les règles de transcription sur les actes de l’état civil français, interprétées à la lumière de l’article 8 de la Convention européenne des droits de l’homme, doivent s’appliquer au cas d’espèce. La théorie de la fraude ne peut donc faire échec à la transcription de l’acte de naissance».

[4] I coniugi Mennesson, parzialmente vittoriosi a Strasburgo, hanno fatto valere l’efficacia di cosa giudicata della sentenza della Corte EDU, chiedendo la trascrizione nell’ordinamento francese del certificato di nascita anche in favore della madre d’intenzione. V. in particolare Giacomini M., Il caso Mennesson. La Corte di Strasburgo si (ri)pronuncia con il suo primo parere preventivo, in Rivista AIC, 2019, n. 5, p. 167 ss.; Anro I., Il primo parere reso dalla Corte europea dei diritti dell’uomo ai sensi del Protocollo n. 16 alla CEDU: il nuovo strumento alla prova del dialogo tra giudici sul delicato tema della maternità surrogata, in SidiBlog, 6 maggio 2019, consultabile online; Di Blase A., Il riconoscimento della genitorialità a favore del genitore non biologico nel parere della Corte europea dei diritti dell’uomo del 10 aprile 2019, in SidiBlog, 16 maggio 2019, consultabile online.  

[5]Corte EDU, Avis consultatif relatif à la reconnaissance en droit interne d’un lien de filiation entre un enfant né d’une gestation pour autrui pratiquée à l’étranger et la mère d’intention, demandé par la Cour de cassation française (Demande n. P16-2018-001), Strasbourg, 10 avril 2019. V. il par. 25 del parere: «La Cour n’est compétente ni pour se livrer à une analyse des faits, ni pour apprécier le bien-fondé des points de vue des parties relativement à l’interprétation du droit interne à la lumière du droit de la Convention, ni pour se prononcer sur l’issue de la procédure. Son rôle se limite à rendre un avis en rapport avec les questions qui lui ont été soumises. C’est à la juridiction dont émane la demande qu’il revient de résoudre les questions que soulève l’affaire et de tirer, selon le cas, toutes les conséquences qui découlent de l’avis donné par la Cour pour les dispositions du droit interne invoquées dans l’affaire et pour l’issue de l’affaire».

[6]Ibidem, par. 26: «La Cour déduit par ailleurs de l’article 1 §§ 1 et 2 du Protocole no. 16 que les avis qu’elle est amenée à rendre en application de ce protocole doivent se limiter aux points qui ont un lien direct avec le litige en instance au plan interne». V. anche parr. 28-30.

[7]Ibidem, par. 37.

[8] Sotto questo profilo, la Grande Camera ha evidenziato gli effetti negativi che potrebbero derivare dal mancato riconoscimento del rapporto tra minore e madre di intenzione, ai fini della individuazione della residenza del minore e dei suoi diritti successori (par. 40 del parere). Secondo la Corte, «l’impossibilité générale et absolue d’obtenir la reconnaissance du lien entre un enfant né d’une gestation pour autrui pratiquée à l’étranger et la mère d’intention n’est pas conciliable avec l’intérêt supérieur de l’enfant, qui exige pour le moins un examen de chaque situation au regard des circonstances particulières qui la caractérise» (par. 42 del parere). V. anche parr. 44-46.

[9]Per rispondere al quesito sottopostole, la Corte EDU ha effettuato un’indagine comparativa su quarantatré Stati parti alla Convenzione, ad esclusione della Francia (par. 22 del parere). La maternità surrogata è consentita in nove Stati, tollerata in dieci e vietata (esplicitamente o implicitamente) in ventiquattro Stati. In trentuno Stati è possibile che il legame di filiazione con il padre possa essere riconosciuto quando sia stato utilizzato il suo materiale biologico. In ventiquattro Stati è possibile riconoscere lo status di filiazione con la madre anche se non vi è alcun legame genetico. La procedura per stabilire tale status varia comunque a seconda degli ordinamenti.

[10] V. parr. 43 ss. del parere.

[11] V. parr. 48 ss. del parere.

[12]Vale la pena riportare integralmente il par. 54 del parere: «Ce qui compte c’est qu’au plus tard lorsque, selon l’appréciation des circonstances de chaque cas, le lien entre l’enfant et la mère d’intention s’est concrétisé, il y ait un mécanisme effectif permettant la reconnaissance de ce lien. Une procédure d’adoption peut répondre à cette nécessité dès lors que ses conditions sont adaptées et que ses modalités permettent une décision rapide, de manière à éviter que l’enfant soit maintenu longtemps dans l’incertitude juridique quant à ce lien. Il va de soi que ces conditions doivent inclure une appréciation par le juge de l’intérêt supérieur de l’enfant à la lumière des circonstances de la cause».

[13]Si veda il testo dell’ordinanza, con breve commento, in La Cassazione rimette alla Corte costituzionale il vaglio della L. 40/2004 alla luce dei principi Costituzionali di cui agli artt. 2, 3, 30, 31 Cost. (Cass. Civ., Sez. I, ord. 5 dicembre 2019-29 aprile 2020, n. 8325, in dirittifondamentali.it, 2020, consultabile online.

[14] A favore della pronuncia si è espresso Luccioli G., Dalle Sezioni Unite un punto fermo in materia di maternità surrogata, in Foro Italiano, 2019,vol. 144, n. 12, p. 4027 ss. Per voci critiche v. i contributi pubblicati nello speciale di GenIUS, Rivista di studi giuridici sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, 2019, n. 2, consultabile online.

[15]Il riferimento è alla sentenza n. 162 del 2014, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il divieto di fecondazione eterologa imposto dall’art. 4, co, 3, Legge 40/2004.

[16] V. il par. 41 del parere.