A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

ALTERNATIVE DISPUTE RESOLUTION: UNA RISORSA PER IL MERCATO INTERNO E PER UNA GIUSTIZIA CIVILE SOSTENIBILE POST COVID-19 

Autore: Dott.ssa Liliana Ciccarelli

 

Tra le tante riflessioni scaturite dalla vicenda Covid in merito alla esigenza di garantire la continuità dei servizi essenziali, trova spazio anche il tema dell’accesso alla giustizia che costituisce un'esigenza a cui gli Stati membri devono rispondere anche attraverso la messa a disposizione di procedimenti giudiziari rapidi, laddove possibile on line, e poco costosi.

Gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (Alternative dispute resolution) sono descritti oggi – in era COVID - come una possibile risposta all’emergenza economica e sociale: “al fine di evitare un ulteriore rallentamento del servizio Giustizia a causa del contenzioso di natura emergenziale- si legge nel manifesto per una giustizia alternativa[1]  - è sicuramente utile e opportuno affidarne la gestione, per quanto possibile e nel rispetto della legge, alla pratica dell’autonomia privata assistita da professionisti competenti e dal mediatore dei conflitti, cioè nella sede ove è possibile il confronto costruttivo delle posizioni e degli interessi e il perseguimento di soluzioni strategiche a vantaggio di tutte le parti.”

In piena emergenza dunque, più di qualche giurista torna a parlare di ADR come possibile risorsa per il servizio giustizia e per il Paese; non è la prima volta d'altronde che in situazioni emergenziali si rispolverano gli strumenti conciliativi, nuovi per certi versi ma invecchiati, come capita a certi oggetti di arredamento belli da guardare ma poco usati….

Il potenziale ancora non espresso delle ADR torna ciclicamente ad essere evocato in occasioni critiche particolarmente significative, come ad esempio accaduto nel 2011 con l’elaborazione dell’ «Atto per il mercato unico Dodici leve per stimolare la crescita e rafforzare la fiducia» che individuava nella legislazione sulle ADR una delle dodici leve per stimolare la crescita, rafforzare la fiducia e compiere progressi verso il completamento del mercato unico e agevolare la vita di tutti i protagonisti del mercato unico - imprese, cittadini, consumatori e lavoratori – rendendo il mercato unico più forte.

Per rafforzare la fiducia dei consumatori nel mercato unico, - diceva appunto la Commissione europea- occorre garantire i loro diritti, in particolare sviluppando sistemi alternativi di risoluzione delle controversie e prevedendo mezzi di ricorso diversi da quelli giudiziari. I consumatori avranno pertanto a disposizione una soluzione più facile, rapida ed economica.

Anche oggi, nel pieno di una profonda crisi economica derivante dalla pandemia, nella c.d. Relazione Colao del giugno 2020 “Iniziative per il rilancio Italia 2020-2022[2]”  è stata richiamata l’attenzione sulla necessità  di ampie riforme strutturali di contenuto specialistico, quali quelle della Giustizia civile. In particolare nella citata Relazione si invita il Governo a non limitarsi alle modifiche tecniche di natura procedurale, in quanto una auspicabile “riforma della giustizia civile deve focalizzarsi principalmente su questioni strutturali. Senza ledere il principio sancito dall’art. 24 della Costituzione, che garantisce a tutti l’accesso alla giustizia, occorre rafforzare ulteriormente gli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, rendendoli effettivamente preferibili all’azione giudiziaria, creare adeguati meccanismi che disincentivino la promozione di cause di modesto valore e/o pretestuose, cercare di risolvere sul piano legislativo le cause seriali che rallentano i tribunali, digitalizzare i procedimenti…”.

Anche un’altra autorevole fonte, come l’Osservatorio sui conti pubblici diretto da Cottarelli, ha presentato a giugno 2020 un pacchetto di proposte sulla giustizia civile nell’ottica di una ripresa post covid. Si legge nel rapporto dell’Osservatorio[3] che la “gestione del contenzioso civile è ancora affetta da una visione “tribunal-centrica” che vede lo Stato operare in regime di sostanziale monopolio, non c’è ragione perché una controversia tra privati debba essere necessariamente gestita solo dallo Stato, addossando a tutti i contribuenti la maggior parte del suo costo. Attraverso il ricorso alle procedure di Alternative Dispute Resolution (negoziazione diretta, tavoli paritetici, mediazione e arbitrato) si amplia l’offerta degli strumenti di risoluzione delle controversie, senza gravare sulla spesa pubblica. Contemporaneamente, distribuendo la domanda di giustizia tra più soggetti che offrono il servizio si rendono più efficienti i tribunali, il cui carico di lavoro si riduce”. 

I prossimi mesi ci diranno se queste ennesime auspicate riforme porteranno a dare nuovo slancio a strumenti che evidentemente anche a livello europeo dovrebbero ancorarsi ancora di più a politiche di cooperazione giudiziaria in quanto davvero molteplici sono ancora le differenze negli Stati membri in ordine ad esempio al ruolo dei professionisti (figure cardine e imprescindibili) e all’investimento formativo su mediatori e conciliatori.

Ad oggi dobbiamo constatare che seppure lentamente e con battute di arresto, il cammino delle ADR nel nostro Paese ha portato, solo grazie all’impulso europeo, all’affermarsi di una modalità di gestione del contenzioso che tenesse in particolare conto la natura dello stesso allargando lo spazio ad attori privati e pubblici (organismi di mediazione civile e commerciale la cui “vigilanza” è affidata al Ministro della Giustizia e organismi di conciliazione gestiti da Autorità di regolazione amministrativa di settore).

E’ lungo e faticoso, anche a livello europeo, lo sviluppo delle forme di risoluzione alternativa delle controversie,  che pur trovando nei Trattati una convinta base giuridica sta impiegando moltissimo tempo (misurabile in decenni!) prima di essere implementato convintamente e con un significativo impatto nella vita delle imprese, dei cittadini europei e degli operatori del diritto in genere. Si vuole quindi riferire non tanto dei diversi modelli giuridici di ADR ma della effettiva implementazione di una esperienza sulla quale vi è stata (come riportato nel prospetto) una copiosa produzione di atti tra c.d. Libri Verdi, discussion papers, Risoluzioni, Raccomandazioni Regolamenti e Direttive.

 

Prospetto riepilogativo degli interventi europei materia di ADR[4]

Incoraggiano il ricorso alle ADR: le direttive n. 2002/65/CE, sulla commercializzazione a distanza dei servizi finanziari ai consumatori, n. 2008/122/CE, sulla tutela dei consumatori per quanto riguarda taluni aspetti dei contratti di multiproprietà, dei contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e dei contratti di rivendita e di scambio, n. 2000/31/CE, sul commercio elettronico, n.6/2008/CE, sulla liberalizzazione dei servizi postali, n. 2002/92/CE, sull’intermediazione assicurativa, n. 2004/39/CE, la c.d. MIFID, sostituita dalla Direttiva 2014/65/UE (MiFID II) e il Regolamento (UE) n.600/2014 (MiFIR).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Richiedono il ricorso alle ADR: le direttive n. 2009/136/CE per il settore delle telecomunicazioni, nn. 2009/72-73/CE per il settore dell’energia, n. 2008/48/CE sul credito al consumo, n. 2007/64/CE per i sevizi di pagamento nel mercato interno, n. 2006/123/CE per i servizi nel mercato interno e n. 2014/17/UE per i contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali, nonché il Regolamento n. 181/2011/UE relativo ai diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Richiamano le ADR: Direttiva 1985/374/CE relativa alla responsabilità per danno da prodotti difettosi, Direttiva 1997/5/CE sui bonifici transfrontalieri, Direttiva 1997/7/CE volta alla la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, Regolamento (CE) n. 861/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 luglio 2007, che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità, la Direttiva 2000/31/CE dell’8 giugno 2000 relativa ai servizi della società dell’informazione, Raccomandazione della Commissione n. 98/257/CE del 30 marzo 1998 sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo e n. 2001/310/CE, del 4 aprile 2001 con riferimento a procedure facilitative, Risoluzione del Parlamento europeo del 12 settembre 2017 sull’attuazione della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale, Risoluzione del Parlamento europeo, del 25 ottobre 2011, sui metodi alternativi di soluzione delle controversie in materia civile, commerciale e familiare

 

 

La continua evoluzione della tutela del consumatore nel contesto del mercato interno e della cooperazione in materia di giustizia civile.

Il 17 gennaio 2020 è entrato in vigore il Regolamento (UE) 2017/2394 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2017 sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori.

Il regolamento stabilisce le condizioni in base alle quali le autorità competenti designate dai loro Stati membri responsabili dell’esecuzione delle norme dell’Unione sulla tutela degli interessi dei consumatori, collaborano e coordinano azioni fra loro e con la Commissione al fine  di garantire il rispetto delle norme a tutela dei consumatori e il buon funzionamento del mercato interno.

Il Regolamento citato ha un suo peculiare interesse perché permette di ricavare un corpus[5]  di norme dell’Unione sulla tutela degli interessi dei consumatori per il quale si pongono in essere specifiche misure collaborative e anche di intervento e ispezione in caso di infrazione.

Vengono quindi descritte le misure e gli strumenti, che di fatto potremmo definire di enforcement, volte ad assicurare il rispetto delle norme individuate come essenziali per la tutela degli interessi dei consumatori .

Nel corpus di norme oggetto del recente regolamento concernente gli obblighi e le modalità di cooperazione tra le autorità competenti, con particolare riferimento agli obblighi di informazione da parte dei professionisti verso il consumatore, è inserita la Direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (direttiva sull’ADR per i consumatori) .

La Direttiva, nota oramai come “direttiva ADR” rappresenta un maturo punto di arrivo di un percorso che trova base giuridica nel Trattato (artt. 114, 169 che impegnano l’Unione ad assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori) nonché nell’articolo 38 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea laddove si stabilisce che nelle politiche dell'Unione deve essere garantito un livello elevato di protezione dei consumatori.

Il tema della risoluzione alternativa delle controversie è radicato nel Trattato se si considera nell’ambito della cooperazione giudiziaria in materia di giustizia civile, il dettato dell’art. 81, comma 1 «l'Unione sviluppa una cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transnazionali, fondata sul principio di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali. Tale cooperazione può includere l'adozione di misure intese a ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri» .

Il successivo comma 2 lett. g) precisa che il Parlamento europeo e il Consiglio adottano anche misure volte a garantire «lo sviluppo di metodi alternativi per la risoluzione delle controversie».

Nel Piano d’azione 2019-2023 in materia di giustizia elettronica europea (2019/C 96/05) si prevede di effettuare uno studio comparativo sui sistemi di risoluzione online delle controversie di modesta entità esistenti nei vari Stati membri. E’ auspicabile che tale previsione porti ad una semplificazione e un coordinamento con quanto previsto  dal REGOLAMENTO (CE) n. 861/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 luglio 2007 che istituisce un procedimento europeo per le controversie transfrontaliere di modesta entità, in materia civile e commerciale, nei casi in cui il valore di una controversia, esclusi gli interessi i diritti e le spese, non ecceda i 2.000,00 euro.

Il procedimento europeo per le controversie di modesta entità costituisce per le parti un’alternativa ai procedimenti previsti dalla normativa vigente negli Stati membri ed elimina i procedimenti intermedi necessari per il riconoscimento e l’esecuzione in uno Stato membro di sentenze, rese in un altro Stato membro nell’ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta entità.

Le controversie di modesta entità in materia civile e commerciale sono facilmente (non esclusivamente) le controversie di natura consumeristica pertanto la previsione, all’interno del Piano d’azione 2019-2023 in materia di giustizia elettronica europea, di progetti specifici di ricognizione di strumenti di ODR (On line dispute resolution) è un elemento di integrazione di politiche comunitarie, necessaria per il corretto funzionamento del mercato interno.

 

I metodi di risoluzione delle controversie e la fiducia nel mercato interno sono strumenti nuovi o sono scoperte tardive?

Il primo documento che appare utile richiamare nel ripercorre il cammino europeo della risoluzione alternativa delle controversie è il Libro Verde sull’ “accesso dei consumatori alla giustizia e la risoluzione delle controversie in materia di consumo nell’ambito del mercato unico”, del 1993, parliamo quindi di quasi 30 anni! Ma perché nell’ambito della consultazione sui sistemi di accesso alla giustizia, grande rilievo assumono proprio le controversie di consumo? I motivi di tale particolare interesse sono esplicitati nel libro Verde “Il primo motivo risiede nella “credibilità” della costruzione europea vista dai cittadini. Tra i settori oggetto di normative comunitarie la tutela dei consumatori è quello che coinvolge il cittadino europeo nella sua vita quotidiana e che rende quindi più vicina la percezione dell’assetto unitario dell’Europa. In secondo luogo, se vi sono delle controversie la cui risoluzione rientra chiaramente nell’obiettivo e nella gestione del mercato unico, queste sono appunto le vertenze che possono insorgere dal libero gioco di questo mercato e cioè, principalmente, le vertenze che discendono dai contratti in materia di consumo”.

I metodi alternativi di risoluzione delle controversie, ai sensi del Libro Verde, sono costituiti dalle procedure non giurisdizionali di risoluzione delle controversie condotte da una parte terza neutrale, ad esclusione dell'arbitrato propriamente detto.

Gìà in occasione del Libro Verde del 1993, la Commissione formulava alcune proposte in merito alla risoluzione delle controversie transfrontaliere in materia di consumo, evidenziando la necessità di promuovere il ricorso di strumenti di risoluzione delle controversie alternativi alla giustizia ordinaria in grado di risolvere i limiti imposti dalle diverse giurisdizioni degli Stati membri ed i costi del giudizio ordinario.

L’attività di analisi ancora più direttamente focalizzata sulle controversie di consumo arriva nel 2002 con il Libro Verde relativo ai “modi alternativi di risoluzione delle controversie in materia civile e commerciale”.

E’ in questo contesto che si afferma: “l'ADR rappresenta una priorità politica - più volte riaffermata - per le istituzioni dell'Unione europea cui spetta il compito di promuovere tali metodi alternativi, di garantire il miglior contesto possibile per il loro sviluppo, e di cercare di garantirne la qualità”.

Successivamente, nella comunicazione del 13 aprile 2011 intitolata “Atto per il mercato unico - Dodici leve per stimolare la crescita e rafforzare la fiducia”, la Commissione ha identificato la legislazione sulla ADR nel novero delle dodici leve per stimolare la crescita, rafforzare la fiducia e compiere progressi verso il completamento del mercato unico.

La considerazione essenziale della Commissione, che porta ad introdurre tra le leve di stimolo del mercato interno la legislazione sull’ADR, è la seguente: benché il mercato unico faccia parte della realtà quotidiana dei consumatori allorché viaggiano, effettuano acquisti o pagamenti, essi si imbattono ancora troppo spesso in numerosi ostacoli e non hanno piena fiducia nella possibilità di ottenere riparazione in caso di problemi. Per rilanciare il mercato unico e in particolare il mercato unico digitale, è quindi essenziale infondere nei consumatori nuova fiducia nella possibilità di far valere i loro diritti.

Seppure oggi i cittadini europei hanno a disposizione nella vita quotidiana molteplici occasioni di sperimentare il sistema ADR, ancora modesto appare, per molteplici motivazioni non sempre comuni ai diversi Paesi dell’Unione, il ricorso a forme di conciliazione e mediazione che tuttavia, come di seguito riportato in particolare in Italia e nel settore specifico dei servizi a rete (telefonia e telecomunicazioni) consente di sperimentare con una certa efficacia procedurale e di risultato modelli nuovi di Online dispute resolution.

 

Dalla soft law  alla Direttiva n. 52/2008  (relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale).

La prima Direttiva in materia di ADR vincolante per gli Stati membri arriva nel 2008  con la Direttiva 2008/52/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008. La direttiva stabilisce norme comuni relative a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale al fine di incrementare la certezza del diritto e di incoraggiare conseguentemente il ricorso a questa modalità di composizione delle controversie; la direttiva si inserisce pertanto pienamente nel contesto della cooperazione in materia di giustizia civile ed è tra i principali atti adottati per il raggiungimento dell’obiettivo di garantire ai cittadini un accesso semplice ed efficace alla giustizia civile per la risoluzione delle controversie transfrontaliere.

Gli interventi precedenti in tema ADR[6] possono essere considerati di soft law e si limitavano a raccomandare i principi essenziali (indipendenza, trasparenza, contraddittorio, efficacia, legalità, libertà e rappresentanza) che gli organismi di risoluzione delle controversie dovevano garantire pur nelle diversità di procedure esistenti. In tali provvedimenti (Raccomandazione della Commissione n. 98/257/CE del 30 marzo 1998 e n. 2001/310/CE, del 4 aprile 2001) si intende per procedura extragiudiziale:  qualsiasi metodo che consenta di risolvere una controversia grazie all’intervento di un terzo che propone o impone una soluzione. Gli strumenti extragiudiziali possono essere istituiti dalle autorità pubbliche, da professionisti del settore giuridico, da raggruppamenti di professionisti o da organizzazioni della società civile (collegio arbitrale, centri d’arbitraggio privato, mediatori, ecc.).

La direttiva 52/2008 costituisce la base di ogni disciplina della mediazione nei Paesi membri, in quanto uniforma in un minimo comune denominatore le diverse tradizioni che in molti di essi si erano già formate, ramificate e consolidate prima dell’intervento dell’Unione ; essa intende altresì garantire «un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario» (art. 1, Dir. 52/2008) e non soltanto nelle controversie transfrontaliere, risultando applicabile anche «ai procedimenti di mediazione interni» (considerando 8, Dir. 52/2008).

L’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2008/52 prevede inoltre che: la presente direttiva lascia impregiudicata la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto a incentivi o sanzioni, sia prima che dopo l’inizio del procedimento giudiziario, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario.

Dall’analisi del recepimento è emerso che:

  • quasi tutti gli Stati membri hanno scelto di estendere i requisiti della direttiva ai casi nazionali - solo tre Stati membri, vale a dire l'Irlanda, i Paesi Bassi e il Regno Unito, hanno scelto di recepire la direttiva solo in relazione ai casi transfrontalieri. La valutazione della scelta di estendere alle controversie interne l’applicazione della direttiva è stata valutata molto positivamente dalla Commissione Europea considerato che il numero di controversie nazionali supera di gran lunga quello delle controversie transfrontaliere.
  • Il Parlamento Europeo nella proposta di Risoluzione (2016/2066(INI)) evidenzia come la direttiva 2008/52/CE sia stata un'importante pietra miliare per quanto riguarda l'introduzione e l'uso delle procedure di mediazione nell'Unione europea; la sua attuazione differisce notevolmente tra gli Stati membri, in funzione della previa esistenza o meno di sistemi di mediazione nazionali, e alcuni Stati membri hanno optato per un'applicazione relativamente letterale delle sue disposizioni, altri per una revisione approfondita di modalità alternative di risoluzione delle controversie (come, ad esempio, nel caso dell'Italia, dove il ricorso alla procedura di mediazione è sei volte superiore rispetto al resto d'Europa), mentre altri ancora hanno ritenuto che le disposizioni nazionali in vigore fossero già in linea con la direttiva sulla mediazione;
  • alcuni Stati membri consentono il ricorso alla mediazione in materia civile e commerciale, compresi il diritto di famiglia e il diritto del lavoro, pur non escludendo esplicitamente la mediazione in materia fiscale, doganale e amministrativa o per la responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell'esercizio di poteri pubblici (AT, CZ, EE, EL, ES IE, PT, SI, SK, UK);
  • tutti gli Stati membri prevedono la possibilità che gli organi giurisdizionali invitino le parti a ricorrere alla mediazione, e quindici Stati membri(CY, CZ, ES, DE, FR, HU, IT, LT, PL, PT, RO, SK) hanno introdotto la possibilità che gli organi giurisdizionali invitino le parti a sessioni informative in materia di mediazione;
  • meno della metà degli Stati membri ha introdotto l'obbligo, nei rispettivi ordinamenti nazionali, di diffondere informazioni sulla mediazione (AT, BG, CY, EL, ES, HU, IT, LT, LV, PL, PT, RO, SI, SK).

Il Parlamento Europeo[7] ha posto l’attenzione su una problematica molto seria in merito all’effettiva incidenza della normativa laddove “deplora la difficoltà di ottenere dati statistici globali sulla mediazione, inclusi il numero di casi mediati, la durata media e le percentuali di successo delle procedure di mediazione; osserva che, in assenza di una banca dati affidabile, è molto difficile promuovere ulteriormente la mediazione e accrescere la fiducia dei cittadini nella sua efficacia; sottolinea, d'altro canto, il ruolo sempre più importante della rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale nel migliorare la raccolta dei dati nazionali sull'applicazione della direttiva sulla mediazione.

Ed ancora il CESE[8] evidenzia come siano state identificate alcune difficoltà pratiche nel funzionamento dei sistemi di mediazione nazionali, connesse principalmente alla mancanza di una "cultura" della mediazione negli Stati membri, a una conoscenza insufficiente del modo in cui gestire i casi transfrontalieri, al basso livello di sensibilizzazione alla mediazione e al funzionamento dei meccanismi di controllo della qualità per i mediatori. Diversi stakeholders partecipanti alle consultazioni pubbliche, hanno sostenuto che la mediazione non è sufficientemente conosciuta e che è ancora necessario un "cambiamento culturale" per garantire che i cittadini abbiano fiducia nella mediazione. Sono inoltre sembrati inefficaci le prassi dirette a incoraggiare le parti alla mediazione considerato anche la scarsa inclinazione dei giudici a riporre fiducia nello strumento della mediazione.

A circa 5 anni di distanza il Parlamento europeo ha condotto uno studio[9] dal quale è emerso che “nonostante i molteplici e dimostrati benefici, la mediazione risulta infatti ancora utilizzata in meno dell’1% casi nell’Ue”. Lo studio, cui hanno contribuito 816 esperti da tutta Europa, mostra chiaramente la deludente performance della mediazione, in quasi tutti i 28 Stati Membri; la ragione di tale risultato è “conseguenza della debolezza delle politiche, legislative e non, volte a promuoverla”. La maggioranza degli esperti ha indicato nella “forma mitigata” di tentativo obbligatorio di conciliazione la sola via per l’affermarsi della mediazione nell’Ue facendo leva sull’articolo 1 “La presente direttiva ha l’obiettivo di facilitare l’accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e di promuovere la composizione amichevole delle medesime incoraggiando il ricorso alla mediazione e garantendo un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario”.

Dallo studio emerge che solo un Paese, l‘Italia, ha un numero di mediazioni nell’ordine delle 200 mila unità all’anno, nell’ambito delle materie oggetto della Direttiva. Un’analisi comparata del quadro normativo nei 28 Stati Membri, e la valutazione degli effetti prodotti dalla Direttiva sulla mediazione in tutta l’Ue, mostra che solo un certo grado di obbligatorietà nel disciplinare il tentativo di conciliazione (obbligatorietà consentita, ma non imposta dalla normativa comunitaria) può produrre un numero significativo di mediazioni.

Pare opportuno segnalare l’attività in corso in Italia da parte del Ministro della Giustizia che con decreto del 23 dicembre 2019 ha istituito, presso l’Ufficio di Gabinetto del Ministro della Giustizia, un Tavolo Tecnico sulle procedure stragiudiziali in materia civile e commerciale, incaricato di promuovere la materia dell’ADR secondo un modello moderno ed efficiente e favorendo la circolazione delle buone prassi in tutto il territorio nazionale ed a livello europeo ritenendo necessario favorire l’implementazione delle relazioni con gli ADR Policy Makers a livello europeo.

Strumenti già esistenti possono essere valorizzati e innovati in considerazione della grave crisi anche della giustizia civile post Covid. L’esperienza ad esempio della trattazione on line emergenziale delle mediazioni civili in fase Covid, può diventare di sistema. Uno specifico interesse assume ad esempio l’inserimento in sede di conversione del comma 20-bis all’articolo 83 del D.L. 18/2020 (convertito in L. 27/2020) che contiene tre norme finalizzate ad agevolare e rendere effettiva l’opportunità offerta dalla mediazione “a distanza” all’intero sistema della giustizia civile.

 

I dati e le esperienze locali.

Tra le molteplici attività volte a promuovere l’ implementazione effettiva  della direttiva si segnala il progetto Mediation Meets Judges (co-finanziato dalla Commissione europea) che ha posto una particolare attenzione su un “fattore chiave”: il ruolo del giudice in mediazione e la diffusione della cultura della mediazione anche attraverso l’intervento dei magistrati.

I partner del progetto sono stati: Eurochambres, GEMME (Gruppo Europeo di Magistrati per la Mediazione) e le Camere di Commercio di Barcellona (Spagna) Bruxelles (Belgio) e Parigi (Francia), la Camera di commercio dell’Andalusia e le camere di commercio nazionali di Bulgaria, Cipro, Irlanda e Spagna (1 organizzazione ombrello dell'UE, 7 camere di commercio e industria nazionali, regionali e locali, 2 centri di mediazione e arbitrato e 1 associazione europea dei giudici). In Italia si sono svolte sperimentazione di mediazione delegata nei tribunali di Tribunali di Milano e Monza.

L'obiettivo principale è stato individuato nel generare best practices in tema di mediazione civile e commerciale nei tribunali dei Paese Membri partecipanti e la redazione di un Protocollo Europeo preso quale riferimento, anche dai Paesi non aderenti dell'iniziativa.

Ulteriore finalità è stata quella di generare il primo networking europeo tra giudici e operatori della giustizia e della mediazione. Nel corso del progetto sviluppato nel biennio 2014/2016 si sono svolti 40 seminari in cui giudici e professionisti della mediazione hanno avuto la possibilità di incontrarsi per scambiare le migliori pratiche e promuovere ulteriormente l'uso della mediazione nei tribunali. Una serie di strumenti è stata sviluppata e discussa con i giudici dei tribunali civili e commerciali europei con l'obiettivo di generare schemi pilota di mediazione delegata in (almeno) 13 regioni europee: Andalusia, Barcellona, Bordeaux, Bruxelles, Dublino, Madrid, Marsiglia, Milano, Monza, Nicosia, Parigi, Rennes, Sofia.

Dai dati disponibili sembrerebbe che lo scopo finale di costituire presso ogni tribunale un centro per la mediazione non sia decollato ma il progetto rappresenta senz’altro una importate esperienza pilota nel complesso contesto del servizio giustizia.

Tra le esperienze locali italiane in tema di mediazione demandata/delegata dal giudice (a partire dal 2012/2013) si citano: Firenze: Nausicaa (edizione 1 e 2) Milano - Progetto mediazione demandata dal giudice - Modugno (BA) Mediazione integrata - Ostia (Roma) - Monza, Matera  Mediazione delegata.

Un lavoro più recente e di un notevole interesse è il progetto “Giustizia Semplice” che mira, nelle materie contrattuali e di competenza del Tribunale delle Imprese, ad individuare le cause conciliabili onde facilitare il giudice nell’invio della controversia in mediazione demandata e a realizzare un algoritmo predittivo in tale campo. Un’equipe di ricercatori dell’Università di Firenze ha studiato sotto svariati punti di vista un campione di fascicoli pendenti ed in sinergia con il lavoro dei magistrati  è stato possibile individuare i fascicoli che per materia e status processuale potevano essere oggetto di mediazione delegata. I dati provvisori di  11 mesi ci dicono che state mandate in mediazione 1.160 cause, la mediazione è stata avviata nel 70% dei casi (a fronte di una media nazionale del 52%) e l’accordo è stato raggiunto nel 55% dei casi nelle controversie contrattuali (a fronte del 36% a livello nazionale). Tutto il materiale è studiato da ingegneri informatici dell’Università per la realizzazione dell’algoritmo predittivo.

Esperienze, quelle citate, ancora “pilota” e limitate ma che forniscono un contributo in termini di conoscenza e di sperimentazione in merito all’efficienza nella gestione del contenzioso giudiziario e di sviluppo della cultura giuridica e  professionale in tema di mediazione.

I dati statistici messi a disposizione del Ministero della Giustizia[10] riferiti alla mediazione civile e commerciale riportano per il 2019 un numero totale di 147.691 procedimenti iscritti; la parte chiamata in mediazione è comparsa nel 49,2% dei casi e il tasso di accordi raggiunti è 28,6%. Da una analisi a campione risulta che il tasso di successo sale al 46,3% se le parti accettano di sedersi al tavolo della mediazione.

Più nel dettaglio ”la tipologia” mediazioni registrata nel 2019 è la seguente:

  • Demandata dal giudice 20.365 (pari al 14,5%)
  • Obbligatoria in quanto condizione di procedibilità ai sensi di legge 103.014 (pari al 73,5%)
  • Obbligatoria in quanto prevista da clausola contrattuale 684 (pari a 0,5%)
  • Volontaria 16.074 (pari a 11,5%)

Nel contesto della emergenza COVID alcuni Tribunali, che come si è evidenziato pocanzi, hanno investo particolarmente in progetti di virtuosa relazione tra mediazione e giudizio predisponendo modelli di ordinanza di mediazione delegata dal giudice  per consentire alle parti di utilizzare proficuamente il tempo del rinvio dovuto all’emergenza, che non potrebbe essere destinato a trattare la causa.

Si tratta tuttavia di esperienze ancora troppo isolate e legate a sensibilità locali che pur producendo prassi replicabili fanno fatica ad essere attuate su più ampia scala.

 

Il settore “privilegiato” per la effettiva pratica di ADR

La Direttiva 52/2008 quindi è stata dunque uno spartiacque per il concreto avvio delle ADR e, dal diffuso recepimento che amplia le possibilità di ricorrere alle ADR anche in ipotesi di controversie nazionali, si intuisce quale necessità i sistemi nazionali di tutela giurisdizionale dei diritti, abbiano di individuare soluzioni e alternative soprattutto in taluni settori del diritto civile e commerciale.

La tutela del consumatore in particolare trova un particolare slancio ed impulso ed è probabilmente tra i contesti più adatti allo sviluppo di forme di tutela agili poco costose e accessibili ad una molteplicità di cittadini.

Il Libro Verde sui mezzi di ricorso collettivo dei consumatori fotografava[11] una situazione molto eterogenea e articolata nei diversi Paesi dell’Unione Europea riguardo i sistemi alternativi di risoluzione delle controversie:

“le procedure alternative di risoluzione delle controversie attualmente esistenti, variano in maniera considerevole fra uno Stato membro e l'altro e all'interno di un medesimo Stato membro. Si tratta di procedure con finanziamento pubblico o privato, sostenute da organizzazioni pubbliche o private, da enti singoli o collegiali, con copertura nazionale, regionale o locale, responsabili per i reclami di qualsiasi tipo o per quelli di un settore specifico, che adottano decisioni vincolanti o non vincolanti o che possono sfociare in un accordo fra le parti. Esistono inoltre divari considerevoli per quanto riguarda il tasso di copertura delle modalità alternative di risoluzione delle controversie, siano esse specifiche per un settore, che a livello geografico non tutte le richieste dei consumatori possono quindi essere gestite mediante le procedure alternative di risoluzione delle controversie. La maggior parte dei sistemi alternativi di risoluzione delle controversie nell'UE riguardano per lo più controversie individuali. Alcuni Stati membri hanno modificato o potrebbero modificare la loro legislazione per riconoscere espressamente i meccanismi alternativi e collettivi di risoluzione delle controversie”.

Dallo studio commissionato dalla Commissione Europa[12]  in merito ai modelli di ADR in Europa, risulta l’esistenza nei Paesi dell’Unione europea di ben 750 modelli di ADR diversi tra loro, molti dei quali presenti all’interno di uno stesso Paese. La maggior parte dei modelli di ADR si presenta come gratuito o a basso costo per il consumatore.

Nel documento di sintesi di valutazione dell'impatto, con il quale la Commissione accompagna il documento “Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori (direttiva sull'ADR per i consumatori) e Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla risoluzione delle controversie online dei consumatori (regolamento sull'ODR per i consumatori)”, si evidenzia che:

  • le perdite subite dai consumatori europei a causa di problemi connessi all'acquisto di beni o servizi ammontano secondo le stime allo 0,4% del PIL dell'UE. Questo comprende il pregiudizio subito dai consumatori europei in relazione agli acquisti transfrontalieri, che oscilla secondo le stime tra 500 milioni ed 1 miliardo di euro .
  • I consumatori europei non possono contare sullo stesso livello di accesso ad organismi ADR di qualità nell'UE. Malgrado esistano circa 750 organismi ADR nazionali, continuano ad esservi lacune sia geografiche che settoriali.
  • La mancanza di informazioni dettagliate costituisce per i consumatori un notevole ostacolo all'utilizzo dell'ADR. Le imprese forniscono raramente ai consumatori informazioni sull'organismo ADR competente a trattare la loro controversia al momento della vendita o successivamente.
  • Gli organismi ADR non rispettano sempre principi fondamentali come la trasparenza, l'imparzialità e l'efficacia, stabiliti dalle due raccomandazioni della Commissione del 1998 e del 2001.

I tempi sono maturi dunque per un pacchetto normativo che segni il definitivo avvio di strumenti che superino le esperienze modeste, disomogenee e frammentate nel contesto del mercato unico.

È deplorevole - si legge nel considerando della direttiva - che nonostante le raccomandazioni della Commissione 98/257/CE, del 30 marzo 1998, riguardante i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo, e 2001/310/CE, del 4 aprile 2001, sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo, l’ADR non sia stato attuato correttamente e non funzioni in modo soddisfacente in tutte le zone geografiche o in tutti i settori economici dell’Unione.

La direttiva e il regolamento (UE) n. 524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013 relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori, costituiscono quindi due strumenti legislativi interconnessi e complementari. La direttiva persegue un approccio di armonizzazione minima. Non prescrive un modello specifico né in ordine al finanziamento o copertura territoriale  o settoriale , non prescrive un tipo specifico di ADR neppure in ordine alla obbligatorietà della procedura né disciplina la questione relativa alla natura volontaria o vincolante della partecipazione alla procedura o se l'esito della procedura sia vincolante o meno. Gli Stati membri godono pertanto di un grado notevole di flessibilità sul presupposto che gli Stati membri si trovano nella posizione migliore per valutare quale modello ADR funzioni meglio in quale settore del commercio al dettaglio e mira a consentire loro di basarsi sulle tradizioni preesistenti in materia di ADR per i consumatori.

I principi cardine proposti dalla direttiva sono:

  • Competenza e imparzialità del conciliatore: gli Stati membri devono garantire che le persone fisiche incaricate della risoluzione alternativa delle controversie possiedano le competenze necessarie e siano imparziali.
  • Trasparenza della procedura: Gli Stati membri devono garantire che le informazioni sul funzionamento dei diversi sistemi di risoluzione delle controversie siano facilmente accessibili e comprensibili. Trasparenza deve essere garantita anche per le fonti di finanziamento siano esse pubbliche o private.
  • I sistemi di risoluzione delle controversie devono essere facilmente accessibili fisicamente ed economicamente (devono essere anzi gratuiti o poco onerosi), non vi deve essere l’obbligatorietà di farsi assistere da un avvocato ed inoltre la controversia deve risolversi entro 90 giorni.
  • Equità. Nell’ambito delle procedure di ADR le parti devono avere la possibilità di svolgere un “contraddittorio” e il consumatore prima di accettare la soluzione deve essere bene informato riguardo la possibilità di adire la via giudiziaria. Il consumatore deve avere la possibilità di valutare gli effetti giuridici della scelta anche attraverso un periodo di riflessione ragionevole. Il campo di applicazione della nuova direttiva comprende tutte le procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie aventi ad oggetto obbligazioni derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori UE.

Il regolamento (UE) n.524/2013 prevede l’istituzione di una piattaforma ODR che fornisce ai consumatori e ai professionisti un unico punto di accesso extragiudiziale per la risoluzione delle controversie online, attraverso organismi ADR che sono collegati alla piattaforma. Gli utenti della piattaforma sono assistiti da una rete di punti di contatto ODR che forniscono informazioni e assistenza in particolare sull'uso della piattaforma sugli organismi, sui diritti dei consumatori e su altri mezzi di ricorso. Ogni Stato membro designa un punto di contatto ODR.

Gli stati membri hanno quindi l’obbligo di fornire meccanismi per la risoluzione extragiudiziale delle controversie dei consumatori in diversi settori che soddisfino gli standard di qualità previsti.

La portata innovativa del nuovo pacchetto ADR/ODR consiste nel tentativo di fornire una disciplina organica non più soltanto con riferimento ai principi che devono regolare il funzionamento delle procedure, bensì anche con riguardo alla conoscibilità dei sistemi ADR e alla loro omogeneità fra i vari Stati membri”. In quest’ottica, pertanto, devono essere lette le disposizioni riguardanti le “Informazione e cooperazione” e al “Monitoraggio degli organismi ADR”.

E’ pertanto innanzitutto previsto che gli Stati membri obblighino gli operatori professionali ad informare i consumatori (da intendersi, evidentemente, come i loro potenziali clienti/contraenti) sugli organismi ADR disponibili e sull’impegno del professionista di aderirvi.

Con un certo entusiasmo vi è stata la trasposizione in tutti gli Stati Membri tra fine 2015 e inizio 2017, i modelli individuati dagli stati membri sono stati prevalentemente arbitrato e mediazione, più articolata e ricca di esperienze è stata la situazione italiana come di seguito meglio specificato.

Austria

Legge del 28 agosto 2015

Arbitrato

Belgio

Legge del 4 aprile 2014

Mediazione

Bulgaria

Legge del 15 luglio 2015

Arbitrato

Cipro

Legge del 23 ottobre 2015

Arbitrato

Croazia

Legge del 15 dicembre 2016

Mediazione

Danimarca

Legge del 29 aprile 2015

Mediazione

Estonia

Legge del 9 dicembre 2015

Mediazione

Finlandia

Legge del 30 dicembre 2015

Mediazione

Irlanda

Regolamento del 31 luglio 2015

Arbitrato/Mediazione

Italia

decreto lgs 06 agosto 2015 n.130

Negoziazione

Conciliazione

Mediazione

Francia

Ordinanza del 21 luglio 2015 e decreto 30 ottobre 2015

Mediazione

Germania

Legge del 19 febbraio 2016

Arbitrato/Mediazione

Grecia

Legge del 9 luglio 2015

Mediazione

Lettonia

Legge del 2 luglio 2015

Mediazione

Lituania

Legge del 26 novembre 2015

Arbitrato/Mediazione

Lussemburgo

Legge del 17 febbraio 2016

Mediazione

Malta

Legge del 30 ottobre 2015

Arbitrato

Paesi Bassi

Legge del 9 luglio 2015

Arbitrato

Polonia

Legge del 23 settembre 2016

Arbitrato/Mediazione

Portogallo

Legge dell’8 settembre 2016

Arbitrato

Regno Unito

Regolamenti 17 marzo e 18 giugno 2015

Mediazione

Repubblica Ceca

Legge del 9 dicembre 2015

Mediazione

Romania

Legge del 26 agosto 2015

Mediazione

Slovacchia

Legge del 21 ottobre 2014

Arbitrato

Slovenia

Legge del 14 novembre 2015

Arbitrato

Spagna

Legge del 2 novembre 2017

Arbitrato

Svezia

Legge 1 aprile 2015

Arbitrato

Ungheria

Legge del 6 luglio 2015

Mediazione

Fonte: elaborazione Consumers Forum

 

Sebbene la disponibilità e la qualità dell'ADR siano state rafforzate in tutta l'Unione, l'adozione del nuovo quadro è variegata nei vari Stati membri. In linea di massima è possibile distinguere tre gruppi di Stati membri:

  • gli Stati membri con una cultura ADR preesistente altamente sviluppata (ad esempio la Finlandia), dove l'adozione dell'ADR non ha comportato cambiamenti significativi;
  • Stati membri con contesti ADR preesistenti, ma precedentemente incompleti (ad esempio la Germania), nei quali è stata registrata una tendenza in rialzo;
  • Stati membri privi di tradizione ADR preesistente (ad esempio la Slovenia), nei quali l'adozione dell'ADR è ancora modesta.

Nel complesso, il nuovo quadro ADR risulta ancora sottoutilizzato in quanto la consapevolezza soprattutto nel settore delle PMI è particolarmente scarsa. Un punto però di “debolezza”, quasi paradossale è l’eccessiva etereogeneità delle sedi di ADR che compongono una vera e propria galassia procedurale.

Basti pensare ad esempio che in taluni Stati membri esiste un organismo ADR specifico per settore che si occupa delle controversie sui diritti dei passeggeri dell'UE (ad esempio risarcimento legale per un volo in ritardo) mentre le questioni correlate (ad esempio relative a un pacchetto turistico) rientrano nella competenza dell'organismo ADR residuo.

Per quanto attiene al resoconto di alcuni risultati specifici è emerso che dal suo lancio, la piattaforma ODR ha raggiunto oltre 8,5 milioni di visitatori e 120 000 controversie tra consumatori e imprese. Circa il 56% delle controversie ha carattere nazionale, mentre il 44 % ha natura transfrontaliera. In circa l'80% delle controversie presentate sulla piattaforma ODR, il caso è stato chiuso automaticamente dopo 30 giorni perché il professionista non aveva reagito sulla piattaforma alla notifica della controversia e all'invito a proporre un organismo ADR al consumatore. Soltanto in circa il 2 % dei casi le parti hanno concordato in merito alla designazione di un organismo ADR e la piattaforma è stata quindi in grado di trasmettere la controversia a un organismo ADR. Tuttavia, nel 42% delle controversie presentate sulla piattaforma le parti hanno risolto la controversia bilateralmente.

Per migliorare la consapevolezza e la comprensione dell'ADR da parte di consumatori e professionisti ed aumentare l'adozione dell'ADR, la Commissione ha condotto campagne di comunicazione ADR/ODR nel 2016, nel 2017 e nel 2018. La Commissione ha sostenuto lo scambio tra le parti interessate dell'ADR, la creazione di reti, discussioni sulle migliori prassi e l'emergere di una comunità dell'Unione di parti interessate dell'ADR attraverso una serie di eventi delle parti interessate, tra le quali l'assemblea ADR del 2018 che ha riunito più di 350 rappresentanti della comunità ADR europea. Ciò ha incluso rappresentanti dei consumatori e delle imprese, autorità di regolamentazione, accademici e 187 rappresentanti di organismi ADR. La Commissione ha inoltre sostenuto gli organismi ADR attraverso sovvenzioni e progetti specifici.

Nonostante per gli operatori commerciali sia un obbligo giuridico pubblicare sul proprio sito web il link alla piattaforma ODR, per aiutare i consumatori a risolvere facilmente eventuali problemi, i dati mostrano che solo il 12% dei commercianti italiani è conforme al momento alla normativa europea.

Adesioni ben più alte si registrano in altri Stati membri dell'UE: il primato spetta alla Germania, con il 66% di commercianti online in linea con gli obblighi di legge, seguita dall'Austria (47%) e dalla Danimarca (44%).

 

Il recepimento in Italia della direttiva ADR per i consumatori

La direttiva sull’ ADR per i consumatori, è stata attuata con d.lgs. 6 agosto 2015, n.130, il quale ha modificato e integrato il codice del consumo- d.lgs. del 6 settembre 2005, n. 206 - attraverso l’introduzione del Titolo II-bis specificamente dedicato alla risoluzione extragiudiziale delle controversie[13]. Le procedure di ADR «si applicano alle procedure volontarie di composizione extragiudiziale per la risoluzione, anche in via telematica, delle controversie nazionali e transfrontaliere, tra consumatori e professionisti residenti e stabiliti nell'Unione europea, nell'ambito delle quali l'organismo ADR propone una soluzione o riunisce le parti al fine di agevolare una soluzione amichevole e, in particolare, agli organismi di mediazione per la trattazione degli affari in materia di consumo».

Viene, quindi, definita una procedura ADR come «una procedura di risoluzione extragiudiziale delle controversie conforme ai requisiti di cui al presente titolo ed eseguita da un organismo ADR-Alternative Dispute Resolution», e che per organismo ADR debba intendersi «qualsiasi organismo, a prescindere dalla sua denominazione, istituito su base permanente, che offre la risoluzione di una controversia attraverso una procedura ADR ed è iscritto nell'elenco di cui all'articolo 141-decies».

Viene anche precisato che le procedure svolte dinnanzi alle diverse Autorità di settore previste nel nostro ordinamento e cioè dinnanzi all'Autorità per l'energia elettrica il gas ed il sistema idrico, alla Banca d'Italia, alla Commissione nazionale per la società e la borsa nonché all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, sono considerate procedure ADR  e che presso ciascuna Autorità competente è istituito l’elenco degli organismi ADR deputati a gestire le controversie con i consumatori.

Ogni Autorità definisce il procedimento di iscrizione e di verifica per gli organismi ADR che deve, comunque, rispettare alcuni requisiti minimi[14].

L’Autorità di settore è tenuta a notificare l’elenco degli organismi ADR al Ministero dello sviluppo economico quale “punto di contatto unico” con la Commissione europea; ogni Autorità mette a disposizione del pubblico l’elenco consolidato degli organismi ADR.

Il d.lgs. n. 130/2015 prevede anche l’istituzione di tavolo di coordinamento ed indirizzo presso il Ministero dello sviluppo economico composto da un rappresentante per ciascuna Autorità competente, cui sono assegnati compiti «di definizione degli indirizzi relativi all'attività di iscrizione e di vigilanza delle autorità competenti, nonché ai criteri generali di trasparenza e imparzialità, e alla misura dell'indennità dovuta per il servizio prestato dagli organismi ADR».

È, altresì, compito delle diverse Autorità assicurare la cooperazione tra gli organismi di ADR nella risoluzione delle controversie transfrontaliere e sullo scambio di informazioni in merito alle migliori prassi per quanto riguarda la risoluzione delle controversie nonché nell’attuazione degli atti giuridici dell’Unione sulla tutela del consumatore.

Il decreto legislativo pone in capo anche agli organismi ADR una serie di obblighi quale quello di mantenere un sito web aggiornato che fornisca alle parti un facile accesso alle informazioni relative al funzionamento degli ADR, e che possa consentire ai consumatori di presentare la domanda e la documentazione di supporto anche in via telematica; di consentire lo scambio di informazioni tra le parti sia per via elettronica che attraverso i servizi postali; accettare sia le controversie nazionali sia quelle transfrontaliere; nonché di adottare specifici provvedimenti che garantiscano che il trattamento dei dati personali avvenga nel rispetto delle leggi vigenti. Il d.lgs. n. 130/2015 prevede ancora che gli organismi di ADR debbano perseguire finalità di trasparenza, efficacia, equità, libertà e chiarezza delle informazioni attraverso una serie di informazioni da rendere al pubblico. 

Oltre a questi obblighi gli organismi di ADR hanno anche specifici obblighi in merito alla professionalità delle persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie, e cioè che siano «a) in possesso delle conoscenze e delle competenze in materia di risoluzione alternativa o giudiziale delle controversie dei consumatori, inclusa una comprensione generale del diritto provvedendo, se del caso, alla loro formazione; b) nominate per un incarico di durata sufficiente a garantire l'indipendenza dell'attività da svolgere, non potendo essere sostituito o revocato nell'incarico senza una giusta causa; c) non soggette ad istruzioni dell'una o dell'altra delle parti o dei loro rappresentanti; d) retribuite indipendentemente dall'esito della procedura».

Coloro che sono incaricati della risoluzione delle controversie sono tenuti a comunicare tempestivamente all’ADR le circostanze emerse nel corso della procedura che possano incidere sulla loro imparzialità o indipendenza o capaci di generare conflitti d’interessi.

Il d.lgs. n. 130/2015 stabilisce che le procedure di ADR debbano essere facilmente accessibili alle parti e consentirne la partecipazione senza obbligo di assistenza legale, nonché essere gratuite, ovvero prevedere un costo minimo per i consumatori; ancora prevedere che sia compito dell’organismo di ADR, a seguito del ricevimento di una domanda, comunicare alle parti l’avvio della procedura che deve concludersi entro novanta giorni termine prorogabile a discrezione dell’organismo ADR di ulteriori novanta giorni.

L’art  141-octies del Codice del consumo, indica sei Autorità indipendenti nazionali competenti in specifici settori, e cioè:

  • il Ministero della Giustizia con riferimento al registro degli organismi di mediazione relativo alla materia del consumo, di cui all’articolo 16, commi 2 e 4, del d.lgs. n. 28/2010;
  • la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), con riferimento ai sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie che coinvolgono risparmiatori e investitori (articolo 2 del decreto legislativo 179/2007);
  • l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (ARERA), per il settore di competenza;
  • l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), per il settore di competenza;
  • la Banca d’Italia, con riferimento ai sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie disciplinati ai sensi dell’articolo 128 -bis del d.lgs. n. 385/1993 (T.U.B.);
  • il Ministero dello Sviluppo economico, con riferimento alle negoziazioni paritetiche relative ai settori non regolamentati o per i quali le relative autorità indipendenti di regolazione non applicano o non adottano specifiche disposizioni e con riferimento agli organismi di conciliazione istituiti presso le Camere di commercio, limitatamente alle controversie tra consumatori e professionisti non rientranti nell’elenco del Ministero della Giustizia (art. 141-octies, comma 1, lett. a), del Codice del consumo).
  • Ogni autorità competente notifica la costituzione del proprio elenco e ogni ulteriore aggiornamento, al Ministero dello Sviluppo Economico, il quale, unico punto di contatto nazionale per la Commissione europea, provvede a darne comunicazione a quest’ultima competente per l’iscrizione alla piattaforma ODR. L’articolo 141-decies del Codice del consumo prevede, infatti, l’istituzione, presso le autorità competenti, di elenchi degli organismi ADR deputati a gestire le controversie nazionali e transfrontaliere, tra consumatore e professionista, e la competenza delle autorità, anche in base a propri provvedimenti, nella tenuta dell'elenco e nella definizione delle modalità di iscrizione degli organismi ADR. A giugno 2018 risultavano iscritti, nella piattaforma ODR, 47 Organismi italiani.

Il Ministero dello Sviluppo Economico, nella sua funzione di “punto di contatto unico nazionale” per le ADR di consumo, il 9 luglio 2018 ha notificato alla Commissione europea e pubblicato sul sito del Ministero, la 1° Relazione sullo sviluppo e sul funzionamento degli Organismi attivi nella risoluzione delle controversie extragiudiziali in materia di consumo in Italia. Il Ministero ha raccolto gli elementi necessari dalle altre Autorità nazionali competenti le quali, pur in presenza di modalità differenti di rilevazione dei dati, ricevono i rapporti annuali sull’attività svolta da ciascun Organismo iscritto nel proprio elenco.

La Relazione evidenzia come l’ADR consumatori sia ancora uno strumento poco diffuso, soprattutto in alcuni settori, mentre laddove già prima della “direttiva ADR” esistevano procedure di risoluzione alternative del contenzioso la situazione è nettamente migliore.

 

La “questione” conciliazione delle controversie di consumo nel settore dell’energia elettrica e gas.

Dall'1 gennaio 2017 il cliente finale di energia elettrica e di gas e il prosumer (soggetto produttore e consumatore di energia) possono tentare di risolvere la controversia insorta con il proprio operatore utilizzando la conciliazione divenuta condizione di procedibilità per il ricorso alla tutela giurisdizionale.

La previsione di uno specifico ruolo dell’Autorità per l’energia in materia di gestione delle controversie di consumo mediante il ricorso alla conciliazione, era già prevista dalla legge istitutiva; infatti l’articolo 2, comma 24, lettera b), della legge 481/95 dispone che, con uno o più regolamenti emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 1, delle legge 400/88, siano definiti i criteri, le condizioni, i termini e le modalità per l’esperimento di procedure di conciliazione o di arbitrato in contraddittorio presso l’Autorità nei casi di controversie insorte tra utenti e soggetti esercenti il servizio, prevedendo altresì i casi in cui tali procedure di conciliazione o di arbitrato possano essere rimesse in prima istanza alle commissioni arbitrali e conciliative istituite presso le Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, ai sensi dell’articolo 2, comma 4, lettera a), della legge 580/93.

In ragione di tale specifica indicazione ed in assenza dell’emanazione dei regolamenti governativi previsti, l’Autorità ha avviato negli anni diverse iniziative indirizzate alla promozione di procedure extragiudiziali di soluzione delle controversie a vantaggio dei clienti finali, contribuendo al sostegno delle procedure basate sul cosiddetto modello paritetico adottato in via volontaria nei Protocolli di intesa tra imprese e Associazioni di consumatori rappresentative a livello nazionale, anche attraverso la formazione del personale delle associazioni di consumatori impegnato nelle conciliazioni.

Tuttavia sino al 1 gennaio 20017, a differenza dell’altro settore regolato da AGCOM di forte impatto in materia di consumo quale è quello delle telecomunicazioni, “per il settore della regolazione del servizio di pubblica utilità per l’energia elettrica e il gas, nella situazione di mancata emanazione del regolamento (governativo) previsto dall’art 2 comma 24 della legge 481/95, da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 1, delle legge 400/88, le controversie tra utente e soggetto esercente il servizio non sono soggette alla condizione di procedibilità dell’esperimento di un tentativo di conciliazione obbligatorio avanti le commissioni di conciliazione (Corte di Cassazione III sez.civ.sentenza 17 maggio 2007 n. 11452).

La normativa di recepimento d.lgs. 130/15, recante “Attuazione della direttiva 2013/11/UE sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE, ha introdotto come sovra riportato, nella parte V del Codice del consumo, un nuovo Titolo II-bis denominato “Risoluzione extragiudiziale delle controversie”, disciplinando le procedure volontarie per la risoluzione extragiudiziale delle controversie nazionali e transfrontaliere relative ad obbligazioni contrattuali derivanti da un contratto di vendita o di servizi, che coinvolgono consumatori e professionisti, residenti e stabiliti nell’Unione europea, presso organismi di Alternative Dispute Resolution.

In particolare, il nuovo articolo 141, comma 6, lettera c), del Codice del consumo statuisce che “Sono fatte salve le seguenti disposizioni che prevedono l’obbligatorietà delle procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie:[…] articolo 2, comma 24, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481, che prevede il tentativo obbligatorio di conciliazione nelle materie di competenza dell’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico, e le cui modalità di svolgimento sono regolamentate dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico con propri provvedimenti”.

In riferimento a tale ultima modica del codice del consumo l’Autorità con delibera 5 maggio 2016 209/2016/E/COM dichiara “la predetta disposizione, con riferimento ai settori di competenza dell’Autorità, individua nel tentativo obbligatorio di conciliazione quella condizione di procedibilità per l’azione giudiziale prevista dall’articolo 2, comma 24, lettera b), della legge 481/95, attribuendo all’Autorità medesima il potere di regolamentarne le modalità di svolgimento, abrogando tacitamente la riserva regolamentare governativa ivi prevista”.

Sulla base pertanto del combinato disposto dei sopra citati articoli della legge 481/95 e del Codice del consumo novellato, “letto anche alla luce delle esperienze similari di altri settori regolati”, come sempre contenuto nella citata delibera 209/2016 (Testo Integrato Conciliazione TICO), l’Autorità ha inteso “disciplinare il meccanismo di risoluzione extragiudiziale obbligatorio sia sotto il profilo procedurale che per quanto riguarda la sua natura di condizione di procedibilità dell’azione giudiziale”.

Si è pertanto così risolta la “questione” in qualche misura anomala che vedeva non attuata, seppure prevista dal 1995 l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione per il settore dell’energia elettrica e gas.

 

Il Servizio Conciliazione Clienti Energia, un esempio italiano di best pratices

Il Servizio è stato istituito dall’Autorità di regolazione di settore (oggi denominata ARERA), in attuazione dell’articolo 44 comma 4 del d.lgs. 93/11, con Deliberazione 21 giugno 2012, 260/2012/E/com, che ne ha approvato anche la Disciplina di prima attuazione ed il Codice Etico. Con la medesima deliberazione, l’Autorità ha stabilito di avvalersi di Acquirente Unico S.P.A.  per la realizzazione e la gestione del Servizio.

Dinanzi al Servizio Conciliazione è possibile svolgere il tentativo obbligatorio di conciliazione così come previsto dalla delibera 209/2016/E/com (Testo Integrato Conciliazione - TICO). Tutti gli operatori, venditori o distributori, sono tenuti a prender parte al tentativo di conciliazione presso il Servizio dell'Autorità; il servizio è gratuito e si svolge esclusivamente on line.

In alternativa al Servizio Conciliazione, è possibile svolgere il tentativo obbligatorio di conciliazione delle controversie nei settori dell'energia, presso gli organismi iscritti nell'elenco ADR dell'Autorità (per i clienti domestici), tra cui organismi che offrono procedure di negoziazione paritetica realizzate sulla base di accordi fra operatori e Associazioni dei consumatori, e presso le Camere di Commercio aderenti a specifica convenzione sottoscritta dall'Autorità con Unioncamere.

Il Conciliatore del Servizio istituito dall’Autorità è la persona fisica preposta ad aiutare le parti nel ricercare l’accordo per la risoluzione di una controversia, anche per mezzo della formulazione di una proposta non vincolante.

Il Conciliatore  è esperto in materia di mediazione ed è specificamente formato sul settore energetico, non decide la controversia, ma aiuta le parti a raggiungere un accordo per risolvere la problematica. Se le parti lo richiedono concordemente, il conciliatore può anche formulare una proposta di soluzione, che le parti sono libere di accettare o rifiutare. Il conciliatore, inoltre, qualora le parti rilevino l'esistenza di danni gravi e irreparabili, su richiesta concorde delle medesime, può suggerire loro le misure più idonee a garantire l'immediata tutela del cliente finale.

E’ possibile presentare gratuitamente la domanda di conciliazione al Servizio Conciliazione dopo aver presentato reclamo scritto all'operatore e aver ricevuto una risposta scritta ritenuta insoddisfacente o siano decorsi 40 giorni dall’invio del predetto reclamo. Il cliente finale (cliente domestico o non domestico) può partecipare direttamente alla conciliazione oppure può farsi rappresentare da un proprio delegato, anche appartenente ad una Associazione dei consumatori o ad una Associazione di categoria. Non è pertanto previsto l’obbligo di assistenza legale o professionale.

Gli incontri tra le parti e il conciliatore avvengono in "stanze virtuali" (chat room o video-conferenza). Qualora le parti non disponessero della strumentazione necessaria, gli incontri possono avvenire in call conference, ossia attraverso l'utilizzo del telefono.

Non possono essere presentate domande di conciliazione

  • relative ai soli profili tributari e fiscali;
  • domande oggetto di procedure speciali denominate SMART Help (es CMOR, doppia fatturazione, bonus sociale) per le quali è previsto l’intervento in via risolutiva dello Sportello per i Consumatore dell’Autorità;
  • questioni per le quali sono state promosse azioni inibitorie, azioni di classe e altre azioni a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti promosse da Associazioni dei Consumatori ai sensi degli articoli 37,139,140 e 140 bis del Codice del Consumo.

La procedura si conclude in un termine massimo di 90 giorni solari (salvo proroga ordinaria d ulteriori 30 giorni) dalla presentazione della domanda di conciliazione completa. Il Servizio Conciliazione può disporre una proroga, anche su richiesta del conciliatore nei casi di controversia complessa oppure su richiesta congiunta e motivata delle parti. Le procedure si concludono in media in due mesi. Se le parti trovano una soluzione per la controversia, sottoscrivono un verbale di accordo che ha valore di titolo esecutivo.

Nel caso in cui non si raggiunga un accordo o qualora l'operatore, pur obbligato, non partecipi all'incontro, il conciliatore redige un verbale con cui indica che il tentativo ha avuto esito negativo. In questi casi, il tentativo di conciliazione, quale condizione di procedibilità dell'azione giudiziale, si considera esperito e il cliente potrà rivolgersi eventualmente al giudice per risolvere la controversia.

Se il cliente non si presenta al primo incontro, la domanda è archiviata e il tentativo non si considera svolto.l’Autorità ha stabilito un obbligo partecipativo al tentativo di conciliazione presso il Servizio medesimo in capo a tutti gli operatori convocati (ad eccezione dei fornitori di ultima istanza - FUI) e al GSE (per le controversie attinenti al ritiro dedicato o allo scambio sul posto). L’eventuale inadempimento di tale obbligo è sanzionabile dalla stessa Autorità ai sensi della normativa vigente.

Il verbale di accordo sottoscritto dinanzi al Servizio ha valore di titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 2, comma 24, lettera b), della legge 14 novembre 1995, n. 481. Lo svolgimento del tentativo di conciliazione non preclude la concessione dei provvedimenti giudiziali urgenti e cautelari.

Nel giugno 2018 l’Autorità ha effettuato una revisione del TICO, al fine di recepire le evidenze emerse nel primo anno di operatività e di fornire chiarimenti applicativi a beneficio degli stakeholder. L’Autorità, in attuazione dell’articolo 141-sexies del Codice del consumo, ha previsto obblighi informativi in capo ai venditori di energia in materia di procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie, con riferimento: ai siti internet di tali operatori, alle condizioni generali di contratto e alle risposte ai reclami nel caso in cui non sia possibile estinguere la problematica lamentata dal cliente finale. In esito a indagine conoscitiva chiusa a marzo del 2018, l’Autorità nell’aprile 2018 ha intimato a 34 operatori l’adempimento degli obblighi informativi in questione sui siti. Nel luglio 2018 è stato riscontrato l’assolvimento degli obblighi suddetti da parte di tutti gli operatori interessati.

Per quanto riguarda i principali risultati raggiunti si consideri che nel 2019 il Servizio Conciliazione dell'ARERA  ha consentito a clienti e utenti di ottenere o risparmiare oltre 8,5 milioni di euro, risolvendo controversie con i venditori di acqua, luce e gas[15]. Il numero delle domande è cresciuto passando da 11 mila a oltre 16 mila, con circa il 70% di accordi conclusi tra le parti. La grande maggioranza delle domande riguarda casi legati ai settori elettricità (8.165) e gas (5.167); segue il settore idrico (1.540) operativo da luglio 2018, infine le pratiche attivate dai prosumer (i produttori-consumatori di energia elettrica, 138). Nei settori energetici il tentativo di conciliazione è obbligatorio prima di rivolgersi al giudice, mentre nel settore idrico è ancora facoltativo.

L'ammontare complessivo di 8,5 milioni di euro del 2019  rappresenta, a titolo esemplificativo, quanto restituito ai clienti sotto forma di rimborsi, indennizzi, ricalcolo di fatturazioni errate o rinuncia a spese e interessi moratori da parte dei fornitori. Tale valore è aumentato significativamente rispetto ai 5,6 milioni del 2018 ed è suddiviso tra clientela non domestica (57%) e domestica (43%), anche se le domande presentate dalle famiglie sono numericamente superiori (oltre il 70%).

Le questioni affrontate più spesso sono legate alla fatturazione, soprattutto nei settori gas e idrico, alla contrattualistica, in particolare per le forniture dualfuel, alle richieste di danni soprattutto nell'elettrico. Inoltre, in circa il 68% di tutte le domande inviate i clienti hanno preferito farsi rappresentare da un delegato (per esempio associazione dei consumatori). Da segnalare infine che il 20% delle domande non è stato ammesso principalmente perché il cliente ha deciso di non completare la domanda oppure per motivi procedurali (documentazione mancante, termini, ambito di applicazione).

Il servizio di conciliazione ARERA opera interamente secondo modalità telematiche, non ha subìto alcuna sospensione a causa dell’emergenza epidemiologica COVID. In particolare, per la firma del verbale di accordo (avente valore di titolo esecutivo) la piattaforma in uso consente alternativamente l’utilizzo della firma digitale già in possesso dei professionisti (avvocati, ma anche commercialisti etc.), o di una firma elettronica qualificata rilasciata gratuitamente dal Servizio di conciliazione, all’esito di una semplice e rapida procedura di video riconoscimento online eseguita dal conciliatore.

Si deve infine segnalare che, con la deliberazione 12 marzo 2020, 59/2020/R/com, l’ARERA ha disposto che il termine massimo di conclusione delle procedure conciliative dinanzi al Servizio conciliazione sia fissato in 180 giorni solari, anziché 120, dalla data di presentazione della domanda completa, in costanza dello stato di emergenza dichiarato sul l’intero territorio nazionale, nonché per le procedure in corso dinanzi al Servizio medesimo alla data di pubblicazione del provvedimento (13 marzo 2020).

In linea con le finalità di armonizzazione fra settori regolati, con la delibera 15 febbraio 2018 82/2018/R/rif[16], l’Autorità ha avviato un procedimento per l’individuazione delle prime attività propedeutiche e connesse alla definizione di un sistema di tutele per la trattazione dei reclami e delle controversie degli utenti del settore dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati, alla luce delle competenze attribuite all’Autorità medesima per tale settore dall’art. 1, comma 527, della legge 27 dicembre 2017, n. 205; tale legge infatti ha attribuito all’Autorità funzioni di regolazione e controllo con riguardo al ciclo dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati, con i medesimi poteri e nel quadro dei principi, delle finalità e delle attribuzioni, anche di natura sanzionatoria, stabiliti dalla legge 481/95. In particolare, tra le predette funzioni rientrano la “tutela dei diritti degli utenti, anche tramite la valutazione di reclami, istanze e segnalazioni presentati dagli utenti e dai consumatori, singoli o associati”.

Il sistema conciliazione pertanto è oramai in grado di seguire e adattarsi agli sviluppi della regolamentazione dell’intero settore energia/ambiente.

 

NEON : National Energy Ombudsmen Network.

ARERA, in qualità di titolare del Servizio conciliazione aderisce dal 2016 al network di Ombudsmen e organismi ADR che operano in Paesi UE nei settori energetici. NEON (National Energy Ombudsmen Network), è un network associativo europeo senza scopo di lucro, con sede a Bruxelles, che riunisce Ombudsmen e Organismi di risoluzione extragiudiziale delle controversie indipendenti per i consumatori che operano nei settori energetici, con lo scopo, fra l'altro, di promuovere la diffusione delle ADR e lo scambio di best practices in un'ottica di rafforzamento delle tutele dei clienti finali.

Il network tematico del NEON consente di avere una “messa a fuoco” specifica sull’impatto della Direttiva ADR nel settore energetico, e dai contributi elaborati [17] si è osservato che i requisiti minimi della Direttiva ADR non sempre hanno avuto risultati positivi, soprattutto nei paesi che avevano già sistemi ADR preesistenti. E’ stato ad esempio rilevato che in qualche paese la direttiva ha effettivamente “abbassato i requisiti di qualità nazionali”: ad esempio, in Francia, il tempo per il difensore civico dell'energia pubblica (il Médiateur National de l'Energie) di trattare le denunce era previsto prima della direttiva in 60 giorni (diventati 90 giorni dopo il recepimento della direttiva).

In altri paesi, alcuni organismi di ADR preesistenti (stabiliti dalla legge nazionale), non sono stati certificati a causa di un carattere estremamente restrittivo dell’ interpretazione della direttiva, collegata forse alla mancanza di chiarezza proprio in ordine ai requisiti.

Infine in alcuni stati membri in cui entità diverse operavano nello stesso settore della risoluzione delle controversie in ambito energetico non vi è stata sempre una chiara e coordinata offerta di sedi e di organismi competenti.

Il Neon evidenzia dunque che “pur concordando sul fatto che la direttiva ADR ha creato un certo livello di consapevolezza e condizioni di parità per gli organismi ADR nell'Unione europea, osserviamo anche alcune importanti carenze come la generale mancanza di conoscenza delle procedure di risoluzione alternativa delle controversie e la mancanza di chiarezza per i consumatori su quale organismo di ADR interessare per la gestione della propria controversia”.

Questo ultimo aspetto in Italia è stato affrontato con particolare cura in quanto proprio nel settore delle controversie di consumo come si detto in precedenza, anche prima della adozione della direttiva ADR erano presenti significative esperienze di ADR sviluppatesi proprio sulla scie di precedenti Raccomandazioni europee. Nel settore specifico dell’energia ad esempio, l’Autorità di regolamentazione ha promosso l’armonizzazione settoriale della disciplina in materia di procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie tra clienti o utenti finali e operatori o gestori nei settori regolati, attraverso un collaborativo lavoro svolto con il sistema delle Camere di Commercio e delle Associazioni di Consumatori.

In alternativa alla procedura dinanzi al Servizio Conciliazione, in un'ottica di ampia accessibilità e fruibilità, l'Autorità ha previsto infatti che il tentativo obbligatorio di conciliazione possa essere esperito anche mediante altre procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie, quali le procedure di media/conciliazione presso le Camere di Commercio (previo protocollo fra Autorità e Unioncamere), le procedure presso gli organismi iscritti nell'elenco ADR per i consumatori istituito dall'Autorità con la delibera 620/2015/E/com, fra le quali le conciliazioni paritetiche, e le procedure svolte da uno o più organismi di mediazione iscritti nel registro ministeriale di cui al d.lgs. n. 28/10, con cui l'Autorità ritenga eventualmente opportuno sottoscrivere, appositi protocolli[18].

Sempre nell’ottica di coordinare l’offerta di sedi conciliativi validamente riconosciute è opportuno segnalare l’istituzione del Tavolo di coordinamento e indirizzo ex art. 141 octies, comma 3, del decreto legislativo n. 206 del 6 settembre 2015[19] che ha prodotto i primi “indirizzi relativi all’attività di iscrizione e di vigilanza delle autorità competenti, nonché ai criteri generali di trasparenza ed imparzialità e alla misura dell’indennità dovuta per il servizio prestato dagli organismi ADR”.

Principale obiettivo del Tavolo è di definire linee comuni, in particolare, su: gli indirizzi relativi all'attività di iscrizione e di vigilanza delle autorità competenti; i criteri generali di trasparenza e di imparzialità degli organismi ADR; la misura dell'indennità dovuta per il servizio prestato dagli organismi ADR.

Il Tavolo ha stabilito la necessità di garantire uno standard qualitativo ed una diffusione quantitativa, sull’intero territorio nazionale, degli organismi ADR consumo, in particolare, attraverso: la definizione di procedure semplificate per l’iscrizione negli elenchi delle rispettive Autorità, la continuità operativa degli organismi ADR già attivi in virtù di precedenti norme europee in materia purché in presenza del necessario aggiornamento alle nuove disposizioni sull’ADR Consumo. L’adeguamento procedurale ed il rispetto dei requisiti richiesti deve, tuttavia, avvenire in tempi congrui e, comunque, entro due anni dall’iscrizione nell’elenco di una autorità (art. 141-nonies, comma 4, del Codice del consumo). Dal secondo anno di iscrizione in un elenco gli Organismi ADR devono trasmettere, alla propria autorità competente, una relazione sull’attività svolta.

 

Conclusioni

Non si può fare a meno di osservare che l’intero sistema delle ADR, tanto promosso e sostenuto a livello europeo, sia da intensificare in quanto dai dati disponibili e richiamati risulta ancora molto modesto l’impatto nella gestione delle controversie di consumo.

La metodologia della diffusione di buone prassi e la ricognizione sistematica delle procedure stragiudiziali esistenti è senz’altro da perseguire ed a questo riguardo spiace segnalare che le vicende del COVOD -19 hanno di fatto impedito lo svolgimento programmato della “Seconda Assemblea ADR dell’Unione Europea” già annunciata dalla Commissione come appuntamento a cadenza periodica. Purtuttavia non è solamente a tali eventi che va affidato lo sviluppo delle ADR.

La tenuta complessiva del sistema ADR da un punto di vista economico è spesso sottovalutata soprattutto se si considera che l’erogazione dei diversi modelli di servizi conciliativi sono  gratuiti o accessibili a costi modesti e che spesso gli organismi riconosciuti sono di natura pubblica.

Gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie pertanto dovrebbero concettualmente far parte di un sistema di servizi essenziali per i cittadini e le imprese come essenziale è l’accesso alla giustizia.

Nelle conclusioni della Relazione della Commissione al Parlamento Europeo, al CESE della direttiva 2013/11/UE e del regolamento (UE) n.524/2013 relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori si evidenzia che il quadro legislativo europeo in materia di ADR e ODR per i consumatori si basa su una logica di responsabilità condivisa e cooperazione. La diversità dei contesti ADR nazionali e gli scambi tra le parti interessate ADR negli Stati membri hanno creato un "laboratorio ADR" nel quale i modelli ADR e le opzioni di progettazione vengono confrontati e valutati in maniera critica e le migliori prassi emergenti vengono individuate, condivise e sempre più applicate.

La Commissione pertanto continuerà a facilitare lo sviluppo di una comunità a livello di Unione di parti interessate dell'ADR, che comprende tra l'altro organismi ADR, rappresentanti dei consumatori e delle imprese, autorità nazionali competenti, autorità di regolamentazione e accademici.

La linea di sviluppo è da molti osservatori individuata nel garantire un corretto equilibrio tra processo e ADR ma bisogna tuttavia evitare che quest’ultima diventi “la stampella di una giurisdizione in crisi profonda”.

Le mediazioni civili e commerciali svolte in Italia nel 2019  (147.691) costituiscano solo il 4,48% del nostro pendente giudiziario (3.293.960 di cause; dato aprile 2020), gli accordi italiani (20.782) costituiscano soltanto lo 0,63% del nostro pendente giudiziario 2019; si ricordi peraltro che l’italia è il paese con il più alto numero di conciliazioni e mediazioni svolte in Europa.

In materia di mediazione civile e commerciale solo sei stati hanno fornito un quadro aggiornato al 2018: Italia (151.923), Portogallo (2.958), Ungheria (1.500), Spagna (1289 solo delle Corti di primo grado) Finlandia (1.000), Lettonia (385). Del 2019 sono noti solo i dati di Italia (147.691), Polonia (4.634 dato peraltro parziale) e Spagna (1013).

La scarsa partecipazione degli Stati, ad eccezione dell’Italia, alla messa a disposizione e comunicazione di dati aggiornati e periodici circa l’andamento delle ADR non consente ancora la messa a sistema di conoscenze di un fenomeno che tuttavia malgrado tutto è presente “diremo quasi sottotraccia” in ogni stato.

La pratica e l’osservazione dello sviluppo di alternative dispute resolution dovrebbero evidenziare che i vari strumenti conciliativi stanno affermando non tanto un sistema di impatto deflattivo rispetto al contenzioso quanto, a contrario, l’emersione di una micro conflittualità  nel settore dei beni e servizi.

A fronte dell’emersione della conflittualità esistono oggi adeguati strumenti di tutela, probabilmente non ancora adeguatamente diffusi, e l’analisi dei risultati, fermo restando il principio di riservatezza che sovraintende ogni modello di ADR, può fornire soprattutto nel settore dei mercati regolati (energia, telecomunicazioni, trasporti, servizi bancari e assicurativi) elementi utili per la verifica di standard di qualità, eventuali distorsioni di condotte commerciali  ecc…

Lo sviluppo di ADR, almeno per quanto attiene alle controversie di natura consumerista, non deve essere valutato quindi per il suo impatto deflattivo rispetto al contezioso giudiziario avendo una natura sua propria; la vera efficacia delle ADR di consumo è nella possibilità di intercettare conflitti e occasioni di tutela che altrimenti non avrebbero nel sistema di tutela giudiziaria, forme adeguate (rispetto a complessità procedurali, costi, tempi) di copertura.

La conciliazione ha un valore intrinseco come metodo di risoluzione delle controversie cui i cittadini e imprese, dovrebbero avere facile accesso e che merita di essere promosso indipendentemente dalla sua caratteristica di poter alleggerire la pressione sul sistema giudiziario.

La necessità di “ripensare al Paese” post Covid-19 in chiave di efficienza e qualità dei servizi di interesse generale, può portare finalmente a far leva su un sistema di risoluzione alternativa delle controversie che tuttavia ancora risente di tanti pregiudizi, primo tra tutti il pregiudizio di una “giustizia a buon mercato”. L’analisi dei bisogni, la tenuta degli accordi conciliativi, la qualità delle relazioni tra i soggetti che superano una controversia attraverso sistemi alternativi dimostrano che questo pregiudizio è spesso frutto di una scarsa conoscenza dei sistemi di tutela che salvaguardano sempre il contraddittorio tra le parti, il raggiungimento di accordi equi e sostenibili per entrambe le parti. Sistemi di ADR qualificati ed efficienti consentono di superare il pregiudizio della giustizia a buon mercato e possono contribuire ad affermare l’effettivo e concreto diritto alla giustizia.

 

Autore: Dott.ssa Liliana Ciccarelli

 

*Il presente contributo è tratto dalla tesi di specializzazione  in studi europei dal titolo “Alternative dispute resolution: una risorsa per il mercato interno e per una giustizia civile sostenibile post Covid-19” discussa dall’autrice, Liliana Ciccarelli, presso l’Istituto di Studi Europei "A. De Gasperi”.

 

[1] Manifesto della Giustizia Complementare alla Giurisdizione” frutto del lavoro del gruppo di esperti che operano all'interno del Tavolo sulle procedure stragiudiziali in materia civile e commerciale istituito presso il Ministero della Giustizia Marzo 2020.

[2] http://www.governo.it/sites/new.governo.it/files/comitato_rapporto.pdf

[3] https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-archivio-studi-e-analisi-come-ridurre-i-tempi-della-giustizia-civile

[4] Per una panoramica dettagliata: MARIA PIA GASPERINI  “Il sistema delle ADR in Italia, tra contesto europeo e policies interne in materia di giustizia civile” -Annali della Facoltà Giuridica dell’Università di Camerino – n. 6/2017 ‒ ISSN Online: 2281-3063; G. CABRAS-D. CHIANESE-E. MERLINO-D. NOVIELLO, Mediazione e conciliazione per le imprese, Sistemi alternativi per la risoluzione delle controversie nel diritto italiano e comunitario, Giappichelli, Torino, 2003; GINA GIOIA “L’uniforme regolamentazione della risoluzione alternativa delle controversie con i consumatori” RevistaÍtalo-Española de Derecho Procesal Vol. 1|2018

[5] Direttive e regolamenti di cui all’articolo 3, paragrafo 1 del Regolamento (UE) 2017/2394:

1. Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95 del 21.4.1993, pag. 29).

2. Direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori (GU L 80 del 18.3.1998, pag. 27).

3. Direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo (GU L 171 del 7.7.1999, pag. 12).

4. Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno (direttiva sul commercio elettronico) (GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1).

5. Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67): articoli da 86 a 100.

6. Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, sul trattamento dei dati personali e sulla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37): articolo 13.

7. Direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori e che modifica la direttiva 90/619/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE e 98/27/CE, (GU L 271 del 9.10.2002, pag. 16).

8. Regolamento (CE) n.261/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, che istituisce regole comuni in materia di compensazione e assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato e che abroga il regolamento (CEE) n. 295/91 (GU L 46 del 17.2.2004, pag. 1).

9. Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 22).

10. Regolamento (CE) n. 1107/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo ai diritti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta nel trasporto aereo (GU L 204 del 26.7.2006, pag. 1).

11. Direttiva 2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, concernente pubblicità ingannevole e comparativa (GU L 376 del 27.12.2006, pag. 21): articolo 1, articolo 2, lettera c), e articoli da 4 a 8.

12. Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU L 376 del 27.12. 2006, pag. 36): articolo 20.

13. Regolamento (CE) n.1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario (GU L 315 del 3.12. 2007, pag. 14).

14. Direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE (GU L 133 del 22.5.2008, pag. 66).

15. Regolamento (CE) n.1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 2008, recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità (GU L 293 del 31.10.2008, pag. 3): articoli 22, 23 e 24.IT 27.12.2017 Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 345/25

16. Direttiva 2008/122/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 gennaio 2009, sulla tutela dei consumatori per quanto riguarda taluni aspetti dei contratti di multiproprietà, dei contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e dei contratti di rivendita e di cambio (GU L 33 del 3.2.2009, pag. 10).

17. Direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi) (GU L 95, del 15.4.2010, pag. 1): articoli 9, 10, 11 e articoli da 19 a 26.

18. Regolamento (UE) n.1177/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativo ai diritti dei passeggeri che viaggiano via mare e per vie navigabili interne e che modifica il regolamento (CE) n.2006/2004 (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 1).

19. Regolamento (UE) n.181/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativo ai diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus e che modifica il regolamento (CE) n.2006/2004 (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 1).

20. Direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 304 del 22.11.2011, pag. 64).

21. Direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (direttiva sull’ADR per i consumatori) (GU L 165 del 18.6.2013, pag. 63): articolo 13.

22. Regolamento (UE) n.524/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori e che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (regolamento sull’ODR per i consumatori) (GU L 165 del 18.6.2013, pag. 1): articolo 14.

23. Direttiva 2014/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 febbraio 2014, in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali e recante modifica delle direttive 2008/48/CE e 2013/36/UE e del regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU L 60 del 28.2.2014, pag. 34): articoli 10, 11, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 21, 22, 23, capo10 e allegati I e II.

24. Direttiva 2014/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, sulla comparabilità delle spese relative al conto di pagamento, sul trasferimento del conto di pagamento e sull’accesso al conto di pagamento con caratteristiche di base (GU L 257 del 28.8.2014, pag. 214): articoli da 3 a 18 e articolo 20, paragrafo 2.

25. Direttiva (UE) 2015/2302 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa ai pacchetti e ai servizi turistici collegati, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 90/314/CEE del Consiglio (GU L 326 dell’11.12.2015, pag. 1).

26. Regolamento (UE) n.2017/1128 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, relativo alla portabilità transfrontaliera di servizi di contenuti online nel mercato interno (GU L 168 del 30.6.2017, pag. 1).

[6] Raccomandazione della Commissione n. 98/257/CE del 30 marzo 1998 e n. 2001/310/CE, del 4 aprile 2001

[7] Risoluzione del Parlamento europeo del 12 settembre 2017 sull’attuazione della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale (la “direttiva sulla mediazione”) (2016/2066)

[8] Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sull'applicazione della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale COM (2016)542

[9] Riavviare la direttiva sulla mediazione: valutazione dell’impatto limitato della sua attuazione negli stati membri e proposte per aumentare il numero di mediazione nell’UE  (IP/C/JURI/IC/2013-062) https://www.mondoadr.it/wp-content/uploads/Mediation-Directive-Executive-Summary-in-Italiano.pdf

[10] https://webstat.giustizia.it/Analisi%20e%20ricerche/Mediazione%20Civile%20-%20Anno%202019.pdf

[11] COM (2008) 794 del 27/11/2008

[12] DG SANCO Study on the use of alternative dispute resolution in the European Union submitted by CPEC, ottobre 2009

[13] Commento agli artt. 140 – 141, in Codice del consumo. Commentario, a cura di G. Alpa e L. Rossi Carleo, Napoli, 2005, pp 821-837; 846 – 970. Commento agli artt. 67-vicies, 141, 144-bis, in Le modifiche al codice del consumo, a cura di E. Minervini – L. Rossi Carleo, Torino, 2009.

[14] il nome o la denominazione, le informazioni sulla struttura e sul funzionamento comprese le informazioni sulle persone fisiche incaricate della risoluzione delle controversie; le  proprie norme procedurali; le tariffe, se del caso; la durata media delle procedure di risoluzione delle controversie; la lingua o le lingue in cui possono essere presentati i reclami e in cui viene svolta la procedura di risoluzione delle controversie, una dichiarazione sui tipi di controversie trattati; i motivi per cui un organismo di risoluzione delle controversie può rifiutare una determinata controversia; una dichiarazione motivata dell'organismo di possedere o meno i requisiti per essere qualificato organismo ADR

[15] www.arera.itRelazione annuale

[16] Avvio di un procedimento per l’individuazione delle prime attività propedeutiche e connesse alla definizione di un sistema di tutele per la trattazione dei reclami e delle controversie degli utenti del settore dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati

[17] http://www.neon-ombudsman.org/2019/10/01/report-on-the-application-of-the-adr-directive-neon-comments/: More can be done to make Consumer-Dispute Resolution fully effective in the EU – NEON Comments on the Report on the Application of the ADR Directive

[18] https://www.arera.it/allegati/consumatori//ElencoOrganismiADR.xls

[19] Tavolo istituito presso il Ministero dello sviluppo economico – Direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica – Divisione XI – Politiche e normativa per i consumatori e cooperazione amministrativa europea.