A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA: LA CORTE EUROPEA RICONOSCE AL CONDOMINIO LA QUALIFICA DI “CONSUMATORE” (CGUE 2 APRILE 2020, C-329/19).

Autore: Avv. Teresa Aloi

 

Con la sentenza del 2 aprile 2020 la Corte di Giustizia dell’Unione europea si pronuncia in via pregiudiziale sull’art. 1, paragrafo 1 e sull’art. 2, lett. b) della direttiva 93/13/CEE, dettata in tema di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista ed un consumatore.

La controversia che ha determinato l’intervento della Corte si colloca nell’ambito del dibattito relativo alla natura giuridica del condominio.

Alla Corte UE si chiede, in particolare, di valutare se anche il condominio di diritto italiano possa essere considerato “consumatore” nell’accezione fornita dalla stessa direttiva, che all’art. 2 lo definisce come “qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale”.

Nel diritto italiano, il Codice del Consumo (D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206) all’art. 3, lett. a), definisce consumatore la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta.

Pertanto, in base alla lettera della legge, il consumatore è necessariamente una persona fisica, per cui, all’opposto, la persona giuridica non può mai beneficiare della tutela per esso apprestata. La Corte europea, in più occasioni, ha ritenuto conforme al diritto comunitario la definizione di consumatore dettata dal Codice del Consumo, benché essa escluda la persona giuridica dalla tutela consumeristica. Il legislatore italiano, infatti, si è limitato a recepire alla lettera la definizione comunitaria di consumatore offerta dalla direttiva 93/13/CEE. E’ vero che egli avrebbe potuto estendere tale tutela alla persona giuridica, dato che la direttiva imponeva una tutela minima che poteva essere ampliata, si è trattato, però, di una scelta legislativa insindacabile da parte della Corte europea, in quanto scelta politica discrezionale non necessitata dal disposto della direttiva recepita.

La natura giuridica del condominio è un tema che ha fatto sorgere numerosi contrasti in dottrina e giurisprudenza e che può sintetizzarsi nella domanda se il condominio possa considerarsi un soggetto giuridico distinto dai singoli condomini che lo compongono. La legge di riforma che lo ha riguardato (Legge 11 dicembre 2012, n. 220) non lo ha qualificato come persona giuridica o come soggetto di diritto ma, come evidenziato dalle sezioni unite della Suprema Corte nella sentenza n. 19663/2014, ha introdotto una serie di disposizioni che sembrerebbero confermare la tendenza alla progressiva configurabilità “di una sia pur minima attenuata personalità giuridica”.

La giurisprudenza di legittimità si è più volte espressa sostenendo che il condominio non può considerarsi un soggetto giuridico distinto dai singoli condomini. Si tratta di un ente di gestione sfornito di autonoma soggettività giuridica ulteriore o diversa da quella dei singoli condomini che lo compongono (Cass., Sez. Un., sentenza n. 10934/2019).

Nonostante i contrasti interpretativi in ordine alla natura giuridica, la giurisprudenza ha invece fornito una risposta sostanzialmente univoca alla domanda se al condominio dovesse applicarsi la normativa dettata a tutela dei consumatori. Secondo la ricostruzione giuridica maggiormente seguita, infatti, poiché nella contrattazione con i terzi l’amministratore opera come mandatario con rappresentanza dei singoli condomini, i quali dovrebbero essere considerati consumatori, in quanto nello specifico persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività professionale o imprenditoriale e gli effetti dei relativi contratti andrebbero sempre riferiti direttamente a quest’ultimi (Cass. sentenza n. 10679/2015), la conseguenza è l’applicabilità al condominio della disciplina dettata per la tutela dei consumatori.

Per quanto riguarda la giurisprudenza di merito, il Tribunale di Bergamo con la sentenza del 16 gennaio 2019, nel respingere il reclamo presentato da un condominio avverso il decreto di inammissibilità del cosiddetto piano del consumatore emesso dal giudice delegato della relativa procedura di indebitamento, ha ribadito che nella specie mancava il requisito soggettivo di cui all’art. 6 della Legge n. 3/2012, ritenendo che la definizione di consumatore non si potesse allargare ad un ente collettivo quale è il condominio in quanto non riconducibile ad una persona fisica.

Diversamente il Tribunale di Milano che, in veste di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 1 aprile 2019, ha ritenuto opportuno rimettere la questione davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea che si è pronunciata in data 2 aprile 2020 con la sentenza in commento.

La questione pregiudiziale nasce dalla controversia sorta tra un condominio situato a Milano, rappresentato dal suo amministratore e la società fornitrice di energia termica. Nell’aprile 2010 l’amministratore stipula per conto del condominio, un contratto di fornitura di energia termica con la Eurothermo, il cui art. 6.3 contiene una clausola ai sensi della quale, in caso di ritardato pagamento, il debitore è tenuto a corrispondere “interessi di mora al tasso del 9,25% e ciò dal momento della scadenza del termine di pagamento al saldo”.

Il condominio era stato fatto oggetto di una procedura di esecuzione forzata per non aver corrisposto l’intero ammontare della somma transattivamente pattuita in sede di mediazione in favore della società fornitrice di energia (il verbale di conciliazione ha efficacia di titolo esecutivo ex art. 12 del D.Lgs. n. 28/2010). Esso resisteva proponendo opposizione ed evidenziando come in realtà il debito fosse stato soddisfatto, essendovi divergenza soltanto sulla misura degli interessi maturati. La società creditrice, infatti, pretendeva che gli stessi fossero conteggiati al tasso di mora previsto dal contratto iniziale, mentre il condominio conteggiava gli interessi al tasso legale e riteneva la clausola contrattuale inapplicabile, in quanto superata dall’accordo di conciliazione (con efficacia novativa). Il condominio invocava la propria qualifica di consumatore, ai sensi della direttiva 93/13/CEE, lamentando il tenore abusivo della clausola contrattuale.

A fronte di ciò il Tribunale di Milano, investito della controversia, aveva sollevato d’ufficio la questione della natura vessatoria della clausola contrattuale sul presupposto che il condominio potesse essere equiparato ad un consumatore. Il giudice, riepilogando il quadro normativo e giurisprudenziale sul tema, nell’ordinanza con la quale ha operato la sospensione del procedimento e la rimessione della questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, ha avuto modo di evidenziare come la nozione comunitaria (e nazionale) di consumatore, abbia riguardo alla persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta. Secondo il Tribunale, sia che lo si qualifichi come ente di gestione sia che lo si reputi dotato di un’autonomia soggettiva rispetto ai singoli condomini, permane “la difficoltà di considerare il condominio quale persona fisica e, pertanto, quale “consumatore”, anche alla luce della nozione restrittiva di tale categoria che emerge dall’esame della giurisprudenza comunitaria (CGUE 22 novembre 2001, procedimenti riuniti C-541/99 e C-542/99).

Pur ritenendo che tale considerazione dovrebbe portare ad una soluzione negativa della questione, il Tribunale ha ritenuto opportuno investire della stessa i giudici europei per via di un residuale dubbio sul fatto che la distinzione tra persona fisica e giuridica “rischia di non ricomprendere situazioni soggettive che sfuggono ad una simile e rigida dicotomia”. E’ possibile, infatti, che soggetti non perfettamente riconducibili all’una o all’altra delle due categorie possano trovarsi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista con cui contrattano, tale da giustificare una tutela (sostanziale e processuale) idonea a sostituire ad un equilibrio tra le parti solo formale, un equilibrio reale ed una uguaglianza sostanziale che giustificherebbe l’applicazione del regime di tutela riservato ai consumatori. Da qui la decisione di rimettere alla Corte di Giustizia dell’Unione europea la questione pregiudiziale se la nozione di consumatore, quale accolta dalla direttiva 93/13/CEE, osti alla qualifica di consumatore di un soggetto (quale il condominio nell’ordinamento italiano) che non sia riconducibile alla nozione di persona fisica e di persona giuridica quando tale soggetto concluda un contratto per scopi estranei all’attività professionale e versi in una situazione di inferiorità nei confronti del professionista, sia quanto al potere di trattativa, sia quanto al potere di informazione.

Di fronte a tale formulazione la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha dovuto prendere in esame a fini interpretativi la normativa comunitaria di riferimento, con una complessa dissertazione attraverso la quale, preliminarmente, ha evidenziato che, secondo quanto disposto dall’art. 2, lett. b), della direttiva 93/13/CEE, la nozione di consumatore, come sopra indicato, deve intendersi riferita a qualsiasi persona fisica che nei contratti oggetto della direttiva, agisce per fini estranei alla sua attività professionale.

Da questa disposizione deriva che, affinchè una persona possa rientrare in tale nozione, devono essere soddisfatte due condizioni cumulative, che si tratti di persona fisica e che quest’ultima svolga la sua attività a fini non professionali. Di conseguenza, mancando nel caso del condominio la prima condizione, se ne dovrebbe dedurre l’inapplicabilità allo stesso del regime di tutela previsto dal diritto europeo.     

La Corte europea supera l’apparente ostacolo mediante il ricorso alle norme contenute nei Trattati. Osserva, infatti, che manca negli Stati membri una nozione comune di proprietà, concludendo che fintanto che il legislatore europeo non interverrà armonizzando la materia, ciascuno Stato sarà libero di disciplinare il regime giuridico del condominio qualificandolo o meno come persona giuridica.    Resta, tuttavia, il dato incontrovertibile, che si tratta pur sempre di persona giuridica e non di persona fisica come richiesto dall’art. 2 della direttiva 93/13/CEE e dall’art. 3 del Codice del Consumo. L’obiezione è, tuttavia, superabile posto che ai sensi dell’art. 169, paragrafo 4, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) gli Stati membri possono mantenere o introdurre misure di tutela dei consumatori più rigorose, a condizione che esse siano compatibili con i Trattati internazionali.

Secondo il considerando 12 della direttiva, infatti, quest’ultima persegue solo una armonizzazione parziale e minima delle legislazioni nazionali in materia di clausole abusive, lasciando agli Stati membri la possibilità di garantire, nel rispetto del Trattato, un più elevato livello di protezione per i consumatori mediante disposizioni nazionali più severe rispetto a quelle contenute nella direttiva stessa. In altre parole, gli Stati membri, nel rispetto dei principi istitutivi dell’Unione, conservano la facoltà di disciplinare la materia delle clausole abusive e della tutela del consumatore in maniera autonoma, stante la parziale ed incompleta normazione comunitaria a condizione che non determinino situazioni di ipotetici conflitti con i Trattati europei. Inoltre, il considerando 13 della direttiva 2011/83/UE, chiarisce a tal proposito che gli Stati membri possono mantenere o  introdurre una legislazione nazionale corrispondente alla direttiva o ad alcune delle sue disposizioni,  potendo addirittura arrivare ad estenderne l’applicazione anche a persone giuridiche o a persone fisiche che la stessa non qualifica “consumatori”, quali le organizzazioni non governative, le start-up o le piccole e medie imprese.

Una soluzione questa a cui ha pienamente aderito la Corte di Cassazione italiana, inaugurando l’orientamento giurisprudenziale di maggior tutela del consumatore rispetto a quello europeo, estendendo l’ambito di applicazione della tutela prevista dalla direttiva 93/13/CEE ad un soggetto giuridico, quale il condominio nel diritto italiano, che non è una persona fisica, conformemente al diritto nazionale.

La Corte di Giustizia nella sentenza in commento nota come questo orientamento ben si armonizzi con i principi comunitari in materia e si inscrive nell’obiettivo di tutela dei consumatori perseguito dalla direttiva 93/13/CEE (CGUE 7 agosto 2018, cause C-94/16 e C-96/16).

Ne consegue che, se anche una persona giuridica, quale il condominio nel diritto italiano, non rientra nella nozione di consumatore ai sensi dell’art. 2, lett. b), della direttiva, gli Stati membri possono applicare disposizioni di tale direttiva a settori che esulano dall’ambito di applicazione della stessa, a condizione che tale interpretazione da parte dei giudici nazionali garantisca un livello di tutela più elevato per i consumatori e non pregiudichi le disposizioni dei Trattati. Sulla base di tali considerazioni, la Corte di Giustizia UE ha dichiarato che, la mancanza del requisito della natura di persona fisica in capo al condominio, alla luce dell’omogeneità delle finalità perseguite dalla legislazione comunitaria e da quella nazionale, non è di ostacolo al dettato letterale della direttiva 93/13/CEE e che la medesima e la tutela per i consumatori in essa prevista, si possa ben applicare all’ente di gestione condominio, nell’ipotesi di contratti conclusi tra professionisti e soggetti che di per sé non sarebbero direttamente destinatari della direttiva medesima.

Tale conclusione ha delle implicazioni pratiche importanti in quanto riconoscendo al condominio la qualifica di “consumatore” lo si fa, di diritto, rientrare nell’ambito di applicazione del Codice del Consumo e nelle forme di maggior tutela in esso previste, sia con riguardo alla nullità delle clausole vessatorie, sia, ad esempio, in relazione all’accesso agevolato alle forme alternative di giurisdizione, tanto in termini di trasparenza e di semplicità procedurale, quanto in termini di maggior diffusione delle informazioni.

 

Avv. Teresa Aloi,  Foro di Catanzaro