A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA: LA CORTE UE SI PRONUNCIA PER LA PRIMA VOLTA SULL’ORDINANZA EUROPEA DI SEQUESTRO CONSERVATIVO SU CONTI BANCARI (CGUE 7 NOVEMBRE 2019, C-555/18). 

Autore: Avv. Teresa Aloi

 

La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea depositata il 7 novembre 2019 attiene all’interpretazione del Regolamento dell’Unione europea n. 665/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014, che istituisce una procedura per l’adozione dell’ordinanza europea di sequestro conservativo su conti bancari, al fine di facilitare il recupero transfrontaliero dei crediti in materia civile e commerciale.

Le procedure nazionali per ottenere misure cautelari, come le ordinanze di sequestro conservativo, esistono in tutti gli Stati membri ma il ricorso a tali misure può rivelarsi complesso per casi con implicazioni transnazionali, in particolare, quando il creditore cerca di ottenere il sequestro conservativo di più depositi bancari ubicati in Stati membri diversi. In questi casi è necessario adottare uno strumento giuridico europeo vincolante, direttamente applicabile che consenta di procedere al sequestro conservativo delle somme detenute in conti bancari in modo efficiente e rapido.

E’ chiaro che le condizioni per emettere tale misura devono garantire un equilibrio tra l’interesse del creditore ad ottenere l’ordinanza e l’interesse del debitore a prevenire ogni abuso della stessa.

L’emanazione di un’ordinanza europea di sequestro conservativo impedisce di compromettere la successiva esecuzione del credito vantato attraverso il trasferimento o il prelievo, fino a concorrenza dell’importo indicato nell’ordinanza stessa, di somme detenute dal debitore in un conto bancario tenuto presso uno Stato membro. Ai sensi dell’art. 5 del Regolamento n. 665/2014 il creditore può avvalersi dell’ordinanza, prima di avviare un procedimento di merito contro il debitore in uno Stato membro, o in qualsiasi momento durante tale procedimento fino a quando è emessa la decisione giudiziaria o è approvata o conclusa una transazione giudiziaria oppure dopo aver ottenuto, in uno Stato membro, una decisione giudiziaria, una transazione giudiziaria o un atto pubblico che impongono al debitore di pagare il credito vantato dal creditore.

La decisione della CGUE del 7 novembre scorso è conseguenza della presentazione da parte del Tribunale distrettuale di Sofia (Bulgaria), di una domanda pregiudiziale sull’interpretazione dell’art. 4, punto 10, del Regolamento su indicato circa la natura di atto pubblico di un’ingiunzione di pagamento non esecutiva. Tale domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia nella quale il ricorrente aveva richiesto un’ingiunzione di pagamento nei confronti di due debitori per un importo dovuto a titolo di acconto per un contratto preliminare di acquisto. Il giudice bulgaro aveva emesso l’ordinanza di ingiunzione di pagamento ex art. 410 del GPK (Grazhdanski protsesualen kodeks, Codice di procedura civile bulgaro), ma le notifiche del provvedimento non erano state effettuate in quanto i debitori non si trovavano più all’indirizzo indicato nel procedimento. Il creditore, pertanto, aveva chiesto l’emissione di un’ordinanza europea di sequestro conservativo sui conti bancari dei debitori in Svezia dove questi si erano trasferiti, sulla base dell’art. 618 bis del GPK e dell’art. 8 del Regolamento n. 665/2014.

Il Presidente della seconda sezione civile del Tribunale, tuttavia, aveva respinto l’istanza ritenendo che l’ordinanza iniziale di pagamento fosse un atto pubblico e che non vi era luogo per avviare un procedimento distinto. Di diverso avviso il giudice del rinvio secondo il quale un’ingiunzione emessa ai sensi dell’art. 410 del GPK non acquisisce immediatamente esecutività perché può essere impugnata ai sensi dell’art. 414 GPK. Pertanto, essa non può costituire “atto pubblico” nell’accezione dell’art. 4, punto 10, del Regolamento e, di conseguenza, non può consentire l’adozione di un’ordinanza europea di sequestro conservativo su conti bancari. Il giudice del rinvio, inoltre, dichiara che, nell’ambito del procedimento ingiuntivo, il giudice adìto non è vincolato da alcun termine diverso da quello fissato dal diritto nazionale per pronunciare un’ingiunzione di pagamento, termine sospeso durante le ferie giudiziarie.

In tali circostanze il Tribunale distrettuale di Sofia decide di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia europea le seguenti questioni pregiudiziali:

1) se, nel caso in cui un’ingiunzione di pagamento relativa ad un credito pecuniario non ancora definitiva costituisca un atto pubblico ex art. 4, punto 10, del Regolamento n. 665/2014;

2) se, nel caso in cui l’ingiunzione non costituisca un atto pubblico sia necessario avviare un procedimento di merito separato;

3) se, nel caso in cui l’ingiunzione ha natura di atto pubblico il giudice sia tenuto a pronunciarsi nel termine previsto dal diritto interno, che rimane sospeso durante le ferie giudiziarie.

Va premesso che, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte europea, quest’ultima è tenuta a fornire tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possano essere utili per dirimere le controversie di cui i giudici nazionali siano investiti, anche nel caso in cui tali norme non siano espressamente indicate nelle questioni ad essa sottoposte da detti giudici.

Per quanto riguarda la prima questione pregiudiziale, va rilevato che l’art. 1 del Regolamento n. 665/2014 prevede una procedura dell’Unione che consente ad un creditore, in alternativa ai provvedimenti di sequestro conservativo previsti dal diritto nazionale, di ottenere un’ordinanza europea di sequestro conservativo su conti bancari tenuti presso uno Stato membro. La Corte di giustizia UE rileva come dal fascicolo sottoposto alla sua attenzione risulta che il giudice del rinvio riteneva che l’ordinanza di ingiunzione di pagamento da esso emessa nell’ambito del procedimento principale, ex art. 410 del GPK, non avesse acquisito esecutività alla data in cui il ricorrente nel procedimento principale aveva presentato la domanda per ottenere un’ordinanza di sequestro conservativo con la conseguenza che il giudice del rinvio non sarebbe competente ad adottare una tale ordinanza.

Al fine di determinare la competenza del giudice è necessario verificare se la “decisione giudiziaria” o “l’atto pubblico” che il debitore ha ottenuto nello Stato membro d’origine debbano essere dotati di esecutività. L’art. 4 del Regolamento n. 665/2014 che definisce tali nozioni, non precisa espressamente che l’atto di cui trattasi debba avere forza esecutiva. Pertanto, l’interpretazione letterale di tale disposizione non consente di determinare se la nozione di “atto pubblico” presupponga l’esecutività dell’atto. Dal contesto normativo nel quale tale norma si inserisce emerge la necessità di garantire un equilibrio tra gli interessi del creditore e quelli del debitore, in quanto sono indicati requisiti diversi per l’emissione dell’ordinanza europea di sequestro conservativo a seconda che il creditore abbia o no già ottenuto un titolo che impone al debitore di pagare il credito da esso vantato nello Stato membro di origine. Nel primo caso, il creditore deve dimostrare soltanto il carattere urgente della misura in ragione dell’esistenza di un pericolo imminente, mentre nel secondo caso, esso deve anche convincere il giudice del fumus boni iuris. Un’interpretazione dell’art. 4 nel senso che il titolo ottenuto dal creditore che non sia esecutivo nello Stato membro d’origine costituirebbe una “decisione giudiziaria”, un “atto pubblico” o una “transazione giudiziaria” potrebbe compromettere l’equilibrio degli interessi in gioco.

Tale interpretazione è avvalorata anche dalla formulazione dell’art. 14, paragrafo 1, del Regolamento il quale prevede che la richiesta di ottenere informazioni sui conti bancari del debitore può essere proposta in presenza di titolo esecutivo.

Alla luce di quanto precede, la Corte di giustizia europea ha dichiarato che l’art. 4, punto 10, del Regolamento deve essere interpretato nel senso che un’ingiunzione di pagamento, come quella di cui al procedimento principale, non esecutiva, non rientra nella nozione di “atto pubblico” ai sensi di tale disposizione.

Per quanto riguarda la seconda questione, cioè di considerare il procedimento ingiuntivo in corso come procedura di merito, secondo i giudici di Lussemburgo, in base all’art. 5, il Regolamento adotta una nozione ampia di procedimento di merito includendo ogni procedimento funzionale ad ottenere “un titolo esecutivo per il credito sottostante”. Pertanto, il procedimento ingiuntivo in corso, come quello di cui al procedimento principale, può essere qualificato come “procedimento di merito”, con la conseguenza che il ricorrente non dovrebbe essere tenuto a proporre un’istanza diversa.

Con riferimento alla terza questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte UE se l’art. 45 del Regolamento debba essere interpretato nel senso che le ferie giudiziarie rientrano nella nozione di “circostanze eccezionali”. L’art. 18, paragrafo 1, del Regolamento prevede che il giudice competente emette la sua decisione al più tardi alla fine del decimo giorno lavorativo successivo a quello in cui il creditore ha presentato la sua domanda o, eventualmente, il giorno in cui l’ha completata.

Tali termini sono previsti affinchè l’ordinanza europea di sequestro conservativo su conti bancari sia eseguita rapidamente e tempestivamente. L’art. 45 prevede, tuttavia, la possibilità di derogare a tali termini solo in circostanze eccezionali, ad esempio in casi complessi dal punto di vista giuridico o fattuale, ipotesi che non comprende il caso in esame. La Corte di Giustizia ritiene, infatti, che le ferie giudiziarie non rientrino nella nozione di “circostanze eccezionali”.

 

Avv. Teresa Aloi,  Foro di Catanzaro.