A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

LA FIGURA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DAL 1948 AD OGGI, DALLA COSTITUZIONE FORMALE ALLA COSTITUZIONE VIVENTE 

Autore: Prof. Fabrizio Giulimondi

 

(Introduzione) I messaggi del Presidente della Repubblica ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio dei Ministri in concomitanza alla promulgazione, in data 26 aprile 2019,[1][2] della legge "Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa", approvata in via definitiva il 28 marzo 2019 dal Senato della Repubblica[3], oltre a quello del 4 ottobre 2018 al Presidente del Consiglio dei Ministri[4] contestuale alla emanazione del decreto legge 4 ottobre 2018, n. 113[5] ("Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”[6]), meritano una attenta disamina all'interno della evoluzione della figura del Capo dello Stato,il cui ruolo – a costituzione vigente – ha mostrato un  progressivo (talora con qualche battuta di arresto) cambiamento in perfetta sinergia con le costanti mutazioni della costituzione materiale/sostanziale/vivente[7].

Il combinato disposto delle disposizioni costituzionali disegnano un profilo del Capo dello Stato che si presta ad una tipologia di figura istituzionale “a fisarmonica”[8], quasi una sorta di inversa specularità nella quale più si rafforzano i poteri primo-ministeriali più si indeboliscono quelli presidenziali, e viceversa. Ma non sempre è così. Seguendo  il pensiero nietzschiano, al pari di una goldene kette (catena d’oro) che lega i momenti più alti e felici della vita da cui l’essere umano attinge indirizzi e prospettive per l’avvenire[9], i Presidenti scavano nei comportamenti dei predecessori per ricercarne i momenti più luminosi dell’esercizio del loro mandato, i precedenti più favorevoli, che saranno alla bisogna invocati per riproporli con la forza autolegittimante proveniente dalla storia, facendo proprio il riferimento di Scaccia[10] al brocardo di Bernardo di Chiaravalle ”Stare in via Dei retrocedere est[11]. Se l’asticella delle competenze e dei poteri presidenziali si è alzata, è secondo ragione poco credibile che il successore la abbassi. Se è tendente al vero che ad un Governo politicamente debole si affianchi un “Uomo al Colle” in via inversamente proporzionale più forte, non è necessariamente vero l’opposto.

 

(Il Presidente della Repubblica "nell'epoca classica") Mettendo per qualche paragrafo da parte il tema accennato nell'overture, che andremo ad approfondire verso le conclusioni della presente ricerca, si ha in animo innanzitutto di analizzare le poliedriche sfaccettature afferenti ai contorni ordinamentali del Presidente della Repubblica, prendendo le mosse proprio dalla pietra angolare dell'architettura costituzionale: l'art. 87 Cost. Il gelatinoso disposto del comma 1 - che proclama il Presidente della Repubblica Capo dello Stato e rappresentante della unità nazionale - rende difficoltosa la conformazione complessiva del Presidente nel sistema istituzionale. L’“Inquilino del Quirinale” ha una preminenza in onore e in posizione, ma non in funzioni, rispetto agli altri organi costituzionali, in aderenza alla Nazione, intesa come dimensione spirituale del vivere in comune: “una d’arme, di lingua, d’altare, di memoria, di sangue e di cor” [12].

Inizialmente la funzione di rappresentanza dell’unità nazionale era priva di contenuto giuridico, riportata alla semplice espressione simbolica dell’unità territoriale della Repubblica e considerata sostanzialmente ricognitiva della qualifica di Capo dello Stato[13]: il Presidente era raffigurato come titolare di un potere di controllo da svolgere sulla base di parametri normativi e non politici, custode della legalità del processo democratico e dei rapporti fra poteri, perché garante degli interessi permanenti obiettivati nella Costituzione[14].

Questa linea dottrinaria invero non corrispondeva più alla realtà istituzionale che vedeva entrare il Presidente della Repubblica in costante dialogo “politico” con il Governo e, per il tramite di esso o direttamente, con il Parlamento, le commissioni ed i gruppi parlamentari. Il Capo dello Stato ha assunto un ruolo di garanzia attiva dell’assetto istituzionale, non limitata all’esercizio di poteri di controllo strettamente giuridici della legalità democratica, ma comprensiva dei poteri di influenza e di mediazione che fanno del Presidente il moderatore e il regolatore di soggetti politicamente attivi[15], anche attraverso un vasto potere di esternazione, sottratto alla regola della controfirma del Ministro competente o proponente ex art. 89 Cost.[16].

In coerenza con questo schema, il Presidente della Repubblica potrebbe dunque partecipare al processo di formazione dell’indirizzo politico in forma positiva o negativa ed esprimere, in circostanze eccezionali e temporanee, una volontà vicaria rispetto alle istituzioni politiche di governo[17].

Come rileva Chessa[18], sussiste una assonanza fra “rappresentanza dell’unità nazionale”(art. 87 Cost.) e “rappresentanza della Nazione” (art. 67 Cost.), la cui conseguenza è che il Capo dello Stato possa partecipare al processo di formazione dell’indirizzo politico.

 

(Verso un "nuovo" Presidente della Repubblica) La stessa delegittimazione dei partiti[19] e del c.d. modello partitocratico ha ampliato lo spazio di movimento del Capo dello Stato[20].

L’elemento centrale su cui verte il riassestamento della Istituzione quirinalizia sorge, difatti, anche dalla progressiva incapacità dei partiti di svolgere quel ruolo di collegamento fra strutture ordinamentali e comunità nazionale e locale, per cui sono originalmente nati e predisposti. Paucis verbis “ciò che viene a mutare non è esclusivamente il rapporto fra il corpo elettorale e i suoi agenti intermedi, ma la natura stessa del rapporto fra rappresentanti e rappresentati”[21]. La rappresentanza sta passando da una relazione fra il corpo elettorale con i partiti ad una “identificazione” di esso con un organo monocratico, sia esso governativo o presidenziale[22]. Possiamo notare che nel corso del tempo i Presidenti della Repubblica, specie Pertini [23], Cossiga[24], Ciampi[25] e Napolitano[26], approdano ad una figura weberiana fondata sul “carisma”[27] e, quindi, ad un profilo marcatamente individuale e ad un legame diretto fra il Presidente stesso e la comunità nazionale basato su elementi ultra – giuridici e normativi. Weber, a tal proposito, delinea nella figura del capo carismatico i tratti di una forma di legittimazione individuale moderna contrapposta a quella tradizionale. Nella lezione weberiana sull’autorità carismatica è presente l’eco di una connotazione teologica dell’idea di carisma[28]. Il leader carismatico weberiano manifesta una followership irrazionale. L’elemento carismatico può rendere meno nitidi i confini dei poteri, competenze e funzioni di chi possiede il carisma[29], perché tutto si confonde e si fonde nel carisma stesso e da esso viene scompigliato.

I Presidenti della Repubblica italiana[30] – specie gli ultimi, con una esplosione senza argini con Napolitano - hanno visto nel carisma l’elemento materiale, sopravvenuto, che si consolida nel tempo e che si fa costituzione materiale: è il carisma presidenziale che va a sostituirsi e a surrogarsi allo sfuocarsi del ruolo dei partiti, dei sindacati e degli altri corpi intermedi; è la necessità di un ruolo di garanzia e controllo “interventista”, equidistante sì, super partes sì, ma conun proprio angolo prospettico, una propria visuale, un proprio punto di fuga, che, pur rifacendosi all’assetto costituzionale, ai suoi principi e alle sue disposizioni scritte, preleva dalla “forma” ordinamentale la “sostanza” per meglio sopperire alle incapacità parlamentari e governative della gestio rei publicae; è attraverso il “vetrino” del carisma in locum rei che si possono leggere alcuni passaggi della sentenza della Consulta 1/2013[31] “Il Capo dello Stato rappresenta l’unità nazionale … nel senso della coesione e dell’armonico funzionamento dei poteri, politici e di garanzia, che compongono l’assetto costituzionale della Repubblica[32]”. Scaccia[33] ben spiega questo momento argomentativo della Corte: “Il capo dello Stato è destinatario, in altri termini, di un’istanza di integrazione della comunità politica intorno ai valori costituzionali che non può essere completamente soddisfatta nelle forme giuridiche del controllo sulle leggi e che tuttavia è necessaria per dare vitalità al fondamento materiale del “Patto costituente”.

In questa istanza di integrazione si insinua il carisma weberiano. All’elemento simbolico-funzionale della rappresentanza dell’unità nazionale si affianca in modo carsico ma ineluttabile il momento creativo-costitutivo che, pur mantenendo il costante ancoraggio puntuale al dato costituzionale, consente una lettura espansiva delle potestà e delle prerogative quirinalizie, finanche a giustificare prassi eterodosse e irrituali in quanto necessarie al perseguimento del fine cui è preordinato l’esercizio delle funzioni presidenziali. È questa finalità e il suo tendere – come ha affermato la Consulta nel cennato passaggio della sentenza 1/2013 - verso la coesione e l’armonico funzionamento dei poteri, politici e di garanzia, a plasmare l’actio quirinalizia che si va a comporre in un senso magistratuale. Come il magistrato nello iurisdicere interpella la legge per giustificare il proprio decidere, anche il Presidente nell’esercizio del proprio incarico invoca le norme costituzionali scritte o i principi ad esse sottese: non “tribuno del popolo” ma amministratore, garante e attento vigilante del rispetto delle condizioni relative alla genesi democratica dell’unità nello scenario pluralistico della Costituzione[34]; non “neutro” in quanto privo di politicità, ma “neutro” in quanto l’elemento della “politicità” è incanalato tra le sponde certe costituzionali e, al di fuori della faziosità partitica e contingente, effettua interventi avendo come stella polare la Costituzione, non solo formale ma, bensì, anche materiale. È il Presidente stesso a fare parte di quest’ultima, andando a modificare con il proprio operato la costituzione formale, aggiustandone, restringendone e ampliandone la portata. Una Costituzione scritta formalmente rigida che al contrario diviene materialmente e sostanzialmente duttile, “vivente” nel suo continuo cambiamento ultra litteram.

 

(Il Presidente della Repubblica dalla Carta scritta alla "vita vissuta") Da De Nicola a Napolitano v’è un arco di tempo lungo il quale è mutato sensibilmente il ruolo del Capo dello Stato, da Presidente di una Repubblica parlamentare ad una che evoca quella semi-presidenziale[35]. Il Presidente è un mediatore che non può restare estraneo al gioco, ma tende a farsi portatore di una propria personale soluzione, a promuovere egli stesso un indirizzo, a prospettare una propria visione del bene comune. V’è un percorso intrapreso dai Presidenti che, sia per facta concludentia che in virtù della giurisprudenza della Corte costituzionale[36], fa emergere una difficile distinzione fra il Presidente-mediatore e il Presidente co-governante[37]. La Consulta, segnatamente con la decisione 1/2013, legittima il Presidente ad esercitare un suo preliminare scrutinio di “opportunità istituzionale” su tutte le decisioni politicamente più rilevanti, determinando così una linea di azione borderline fra l’intervento presidenziale parametrato su canoni costituzionali e quello di natura politica sic et simpliciter.

Le vicende che hanno visto nel Presidente Napolitano[38] un ruolo attivo nelle dimissioni di Berlusconi (12 novembre 2011) da Capo dell’Esecutivo e le nomine, prima di Mario Monti [39], poi di Enrico Letta[40] e, infine, di Matteo Renzi[41] alla guida del Governo, sembrano confermare l’esistenza di un “dualismo inevitabile” nella nostra forma di governo, che comporta in qualche maniera una rottura dell’argine che separa il Presidente della Repubblica dagli organi di direzione politica. V’è una relazione triadica che lega il Presidente della Repubblica al Parlamento e al Governo, in cui il primo non è posto più in una posizione superiore, ma affiancata agli altri due, in quanto “organo che può legittimamente porre un ‘veto politico’ alle scelte d’indirizzo del gabinetto”[42]. Il Quirinale si è mostrato attivamente impegnato nel bargaining  politico, ponendosi come luogo supremo di sintesi, più che come sede di controllo costituzionale che interviene a valle, quando la battaglia elettorale e partitica si sia definitivamente conclusa[43]. La stessa sentenza 1/2013  finisce – forse neppur volendolo – per “validare” l’attivismo politico a tutto campo del Capo dello Stato, che si è proposto “come il vero motore - ordinario e non di riserva – della forma di governo e si proietta verso una funzione di guida del gioco politico[44]”.

Entro questo innovativo argine comportamentale si inserisce a pieno titolo anche il "contenzioso" sulla mancata nomina da parte del Presidente Mattarella di Paolo Savona a Ministro della Economia e delle Finanze in costanza di formazione del Governo Conte[45], successivamente alle  elezioni politiche del 4 marzo 2018[46].

 

(Un poco di diritto costituzionale comparato) Siamo sideralmente lontani dai Presidenti delle Repubblica dei primi anni del dopo guerra, nonché dal Bundesprȁsident  tedesco[47], che, per dirla con Karl Loewenstein, è simile alle figure dorate con cui si adornava un tempo la prua delle navi[48][49]. Certamente il profilo del Capo dello Stato come sta emergendo da Ciampi in poi è più vicino a quello del Presidente francese[50], così come descritto dall’art. 5 della Costituzione del 1958: “Le Président de la République veille au respect de la Constitution. Il assure, par son arbitrage, le fonctionnement régulier des pouvoirs publics ainsi que la continuité de l'État”.

L’ “Inquilino dell’Eliseo assicura il funzionamento regolare dei poteri pubblici, mentre chi siede al Quirinale esercita il suo potere di persuasione, stimolo, influenza allo scopo di armonizzare i conflitti e favorire soluzioni condivise[51]. Questo modus procedendi si condensa nella c.d. moral suasion, le cui delimitazioni non sono segnate secondo le metodologie proprie dell’analisi giuridico-costituzionale[52]. Tale locuzione anglofona riprende il linguaggio adoperato dai banchieri centrali, ragione che fa sorgere i sospetto che il rinvigorimento avutosi di tale pratica durante il mandato di Ciampi sia dovuto all’essere stato egli stesso Governatore della Banca d’Italia[53].

 

(Moral suasion e sua connaturale atipicità) La moral suasion in qualche misura coopta il Presidente della Repubblica nell’attività legislativa, rendendolo, se vogliamo, “coautore”[54] di essa. L’attività di mediazione svolta per migliorare il contenuto di alcune disposizioni di particolare rilievo, depurandole dalle scorie dell’anticostituzionalità e dalle tossine della mala gestio politico-amministrativa-istituzionale, coinvolge inevitabilmente il Capo dello Stato nella funzione normativa, mantenendogli però le mani libere, lasciandogli il potere di non firmare il testo presentato e di rinviarlo alle Camere[55].

E’ proprio con Ciampi che si viene a coniare una nuova formula presidenziale sempre meno sotterranea e resa sempre più visibile, che vede ergersi un interventismo politico-normativo proteiforme, esternato in modo poliforme[56]. La presidenza Ciampi ha finalizzato alla moral suasion espedienti del tutto inconsueti, come le ricorrenti indiscrezioni sui messaggi che avrebbe minacciato di inviare al Parlamento per vincere le resistenze del Presidente del Consiglio[57].

La moral suasion si è estrinsecata anche nella c.d. promulgazione dissenziente, di cui di qui a poco tratteremo[58], sebbene, ancora di più, in una pratica einaudiana[59] rimessa in auge dal Presidente Ciampi, ossia la sospensione della autorizzazione alla presentazione del disegno di legge governativo[60].

La  presidenza Ciampi svolge una funzione “pedagogica” nella propria attività di controllo e rinvio delle leggi[61] e rivitalizza un potere presidenziale (rinvio di leggi e sospensione dell’autorizzazione alla presentazione di disegni di legge governativi) contraddistinto da una impronta più persuasiva che oppositiva e dallo sguardo fisso a profili istituzionali più che politici[62].

Il Presidente della Repubblica che emerge, fra un profilo più forzatamente politico secondo il Chessa, o più agganciato a richiami istituzionali seguendo la concezione di Grisolia, diviene il pivot  fondamentale del quadro politico[63], un pivot che si manifesta nell’ordinamento in maniera ancora più chiara se si esaminano non solo gli atti comunemente emanati o i comportamenti consuetudinariamente adottati dal Presidente, ma anche quei facta e quelle declaratio - non previste esplicitamente dalla Costituzione o dalle convenzioni costituzionali o da prassi consolidate nei decenni -  che stanno “materialmente” implementando i poteri presidenziali. Si può discutere riguardo ad atti non giuridici[64], quali dichiarazioni pubbliche su progetti di legge in corso, note pubbliche di commento a promulgazioni di legge, che non possono non condizionare il cammino normativo, condizionamento suscitato, però, con strumenti estranei al testo, alle consuetudini, alle convenzioni e alle prassi costituzionali, che possono suscitare più di una perplessità (come nel proseguo si affronterà in modo più approfondito).

Siffatte condotte del “Colle” possono essere valutate come manifestazioni non formalizzate dei poteri di garanzia istituzionale, una tipologia “anomala” di consiglio e di influenza sul Potere legislativo ed esecutivo rientrante nella complessiva e complessa funzione costituzionale del Capo dello Stato, a questi tributabili pur nel silenzio dell’art. 87 Cost., come le richieste di chiarimenti con note[65] e lettere riservate[66][67][68] indirizzate al Consiglio dei Ministri, al suo Presidente o ai singoli Ministri[69], ovvero come i comunicati ufficiali[70][71] in forza dei quali i Presidenti esplicitano la propria difformità di valutazione in ordine alla azione governativa; parimenti possono essere associati a tale area di atti “innominati” o “atipici” presidenziali[72] la sospensione temporanea della firma con il contestuale rinvio al Parlamento con richiesta di riesame del provvedimento e la sospensione o il diniego di autorizzazione alla presentazione di un disegno di legge governativo[73].

 

(Capo dello Stato "interventista") Il cennato “silenzio” dell’art. 87 Cost. può ritenersi riempito dalla costituzione materiale secundum, praeter e contraconstitutionem scriptam (come si metterà in luce al termine di questa breve trattazione), che vive attraverso e nella strumentazione poc’anzi elencata ed esaminata e che configura un Presidente che si allontana sempre più celermente da quello che era stato partorito dalla Assemblea costituente del 1948, per dirigersi verso lidi solo in parte conosciuti, ancora abbozzati, ma che si cominciano ad intravedere all’orizzonte (o, forse, si stanno già avvicinando ai naviganti)[74].

Non si può sottacere che la maggiore vicinanza alla Comunità nazionale da parte degli ultimi Presidenti della Repubblica, il particolare carisma di alcuni di essi, il crollo di fiducia della cittadinanza nelle Istituzioni in tutte le loro articolazioni e verso i corpi sociali intermedi, a partire dalle formazioni partitiche e sindacali[75], hanno condotto alla necessità di appellarsi all’”Uomo del Colle”, come organo monocratico salvifico della Repubblica[76] e, almeno apparentemente, super partes, dotato in alcuni casi di un appeal mediamente e costantemente alto di cui ha goduto nelle ultime decadi presso la c.d. società civile; parallelamente a quanto detto si è rafforzato il suo ruolo in seno all’ordinamento come “fattore di coagulazione”[77] e la sua portata “legiferante”, di peso sempre maggiormente politico. I sondaggi[78] sulla fiducia dei cittadini italiani sulle varie figure presidenziali che si sono succedute nel tempo raffigurano plasticamente un tracciato speculare l’uno all’altro: da una parte una crescente “simpatia ”nel Quirinale, dall’altra uno spostamento da una Repubblica parlamentare ad altro ancora non ben definito, in forma ectoplasmatica, ma che pare rimandare a forme repubblicane semipresidenziali.

L’interventismo sempre più sopra le righe del Colle, anche nella politica estera e giudiziaria[79], fatto persino di strappi e forzature costituzionali - come ci si è sforzati di illustrare sino ad ora -, fanno perdere il legame del Capo dello Stato con la sua genesi storica. Questi “momenti di rottura” istituzionale, nel loro reiterarsi, cadenzarsi nel tempo, incrementarsi e rafforzarsi in relazione a quelli precedenti, si incorporano in nuovi “fatti”, in nuovi comportamenti e consuetudini, incamerati conclusivamente nell’arsenale quirinalizio.

 

("Messaggio post firma") È giunto il tempo, al termine di questa lunga quanto necessaria prolusione, di comprendere se i messaggi di cui si è fatto cenno nell'incipit si collochino in questa evoluzione material-costituzionale della figura del Presidente della Repubblica o costituiscano uno "strappo" del quadro formale costituzionale.

Il Presidente Mattarella  in due occasioni - la prima il 4 ottobre 2018 contestualmente alla emanazione del decreto legge sulla sicurezza e immigrazione, la seconda il 26 aprile 2019 in occasione della promulgazione della legge c.d. di riforma della legittima difesa[80] - ha inviato un messaggio extra ordinem: nella prima al Presidente del Consiglio dei Ministri volto a compiere puntualizzazioni di diritto costituzionale, unionale ed internazionale ("Fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo, e, in particolare, quanto direttamente disposto dall’art. 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall’Italia"); nella seconda, oltre al Premier, anche ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati  per esporre dubbi e criticità costituzionali sull'articolato esaminato.

Nella prima ipotesi gli studiosi si trovano dinanzi ad un semplice richiamo presidenziale a disposizioni super-primarie interne e sovranazionali che formano il basamento su cui si poggia la normativa sulla sicurezza e l'immigrazione.

Nella seconda la formulazione del messaggio è chiazzata da ombre di ordine costituzionale. Il cappello del messaggio esprime una preoccupazione di ordine generale ("Va preliminarmente sottolineato che la nuova normativa non indebolisce né attenua la primaria ed esclusiva responsabilità dello Stato nella tutela della incolumità e della sicurezza dei cittadini, esercitata e assicurata attraverso l’azione generosa ed efficace delle Forze di Polizia"), cui seguono evocazioni di  natura prettamente costituzionale ("Devo rilevare che l’articolo 8 della legge stabilisce che, nei procedimenti penali nei quali venga loro riconosciuta la legittima difesa 'domiciliare', le spese del giudizio per le persone interessate siano poste a carico dello Stato, mentre analoga previsione non è contemplata per le ipotesi di legittima difesa in luoghi diversi dal domicilio. Segnalo, infine, che l’articolo 3 della legge in esame subordina al risarcimento del danno la possibilità di concedere la sospensione condizionale della pena, nel caso di condanna per furto in appartamento o per furto con strappo ma che lo stesso non è previsto per il delitto di rapina. Un trattamento differenziato tra i due reati non è ragionevole poiché - come indicato dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 125 del 2016 - 'gli indici di pericolosità che possono ravvisarsi nel furto con strappo si rinvengono, incrementati, anche nella rapina' "); per finire con argomentazioni di ordine tipicamente ermeneutico ("L’art.2 della legge, modificando l’art.55 del codice penale, attribuisce rilievo decisivo 'allo stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto': è evidente che la nuova normativa presuppone, in senso conforme alla Costituzione, una portata obiettiva del grave turbamento e che questo sia effettivamente determinato dalla concreta situazione in cui si manifesta").

Avendo cura di non entrare nella trattazione specifica dei temi disciplinati dai due provvedimenti normativi, è scientificamente imperativo porsi alcune domande.

La prima affascia entrambi i cennati "messaggi post firma".

L'art 74 Cost. recita nel seguente modo: "Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata".

Il Capo dello Stato, come sancisce espressamente ed inequivocabilmente la Carta, qualora nutra un dubbio di incostituzionalità sostanziale o procedurale su un testo normativo (legge, decreto legge, decreto legislativo) sottoposto alla sua firma per la promulgazione o l'emanazione , ha il dovere gius-costituzionalistico di rimandarlo all'ultima Camera che lo ha approvato affinché il Parlamento si pronunzi di nuovo, accogliendo i rilievi contenuti nel messaggio che accompagna il testo rinviato rimodulandone le disposizioni coinvolte, ovvero confermando in toto l'articolato. Questo ius novum introdotto negli ultimi mesi dal Presidente Mattarella non trova alcun appoggio nel testo costituzionale né diretto né indiretto. La c.d. costituzione materiale o sostanziale o vivente di cui si è accennato fra le pieghe di questo scritto è uno sviluppo di norme preesistenti, incardinate visibilmente nel documento della Carta del 1948. Dinanzi alla "formale" disciplina dettata dall'art. 74 Cost. che prescrive il comportamento che il Capo dello Stato ha l'obbligo (non la facoltà) di tenere dinanzi ad una norma sospettata di incostituzionalità sostanziale o procedurale, non è ammissibile una condotta sostanziantesi nella redazione di un messaggio - contenente dubia di costituzionalità - che accompagni la firma di una legge (che ne sancisce, quindi, la promulgazione) o di un decreto legge o di un decreto legislativo (che ne consente, pertanto, l'emanazione).

Nel messaggio - poc'anzi riportato -  che affianca la promulgazione della legge (anche) sulla legittima difesa, il Presidente Mattarella mette in luce un duplice dubium - uno riguardante all'art. 8,l'altro l'art. 3 - che avrebbe dovuto, all'inverso, provocare la mancata apposizione della firma, col conseguente diniego di promulgazione della legge ed il suo rinvio alle Camere destinatarie di un messaggio che riportasse i medesimi rilievi presenti in quello "anomalo" più volte citato.

Se il Presidente della Repubblica riscontra dubbi di incostituzionalità "deve" rinviare l'articolato alle Assemblee, mettendoli nero su bianco nella apposita "sede" prevista dall'art. 74 Cost., ossia il messaggio.

La disposizione in parola non consente alcuna interpretazione estensiva o analogica, è chiara e non desta equivoci. Se il Legislatore costituzionale avesse voluto prevedere una tipologia di messaggio non solo ex ante ma anche ex post (o concomitante) a quanto firmato lo avrebbe detto expressis verbis. Lascia vivamente perplessi che il Presidente della Repubblica non abbia sollevato le criticità accennate secundum constitutionem, negando la promulgazione o l'emanazione e provvedendo all'invio del documento legislativo al Parlamento per il nuovo esame. Può persino insinuarsi l'idea che possa essersi determinato il reato di attentato alla Costituzione ai sensi dell'art. 90 Cost. L'evidenziazione claris verbis da parte del Capo dello Stato di questi presunti vizi di costituzionalità non in un messaggio ex art. 74 Cost. bensì in un messaggio non previsto da alcuna disposizione, principio, prassi o convenzione costituzionale, potrebbe risultare come indizio di una condotta vulnerante la Costituzione: perché il Presidente ha firmato una legge ritenuta in alcune sue parti toccata dal fumus di incostituzionalità come egli stesso ha posto in evidenza nel concomitante (e non previsto) messaggio,invece di rimandarla alle Camere nel rispetto del dettato costituzionale?

Altro punto interrogativo: quid iuris mandare il messaggio de qua ai Presidenti dei due rami del Parlamento e al Premier o solo a quest'ultimo?

Promulgata una legge appena approvata o emanato un provvedimento d'urgenza da poco deliberato cosa possono fare i Presidenti delle Camere e il Presidente del Consiglio dei Ministri? A costoro è sollecitato surrettiziamente di promuovere un atto legislativo di pari natura di interpretazione autentica? E tale interpretazione autentica deve avere come paradigma i rilievi contenuti nel novello  messaggio? In base a quale norma, convenzione, prassi, disposizione costituzionale? Il Parlamento esercita la funzione legislativa, il Governo in situazioni necessitate il potere di decretazione d'urgenza e il Presidente, nel ruolo di supremo garante della Costituzione, quello di "induttore alla riflessione" di entrambe le Istituzioni nel caso riscontri rischi di lesione del dettato e dei principi costituzionali, secondo le procedure prefissate dalla Costituzione.

L'almanaccare giuridico registrato  in questi due messaggi, specie quello collegato alla legge in tema di legittima difesa sul punto del riconoscimento del profilo psicologico del  "grave turbamento" introdotto nell'artt. 55 c.p., sembra costituire una sorta di linea guida per eventuali giudizi che si potrebbero instaurare presso la Consulta, una velata interpretazione "ufficiosa" per futuri processi penali, contrastando vistosamente con l'opera nomofilattica propria  della Corte di Cassazione e con la normazione dei giudizi costituzionali nel loro nascere dinanzi ai giudici a quo: "Che senso ha promulgare una legge ed avanzare riserve e commenti sulla legge promulgata (o all’inverso lodi ed auspici)? Che senso ha autorizzare la presentazione di un disegno di legge e poi avanzare dubbi, riserve, suggerimenti (o all’inverso apprezzamenti)?”[81]

Questi due messaggi sono grandemente sorgivi di dubbi di incostituzionalità che gravano sul ruolo del Presidente della Repubblica come supremo garante dell'ordinamento giuridico, costituzionale e istituzionale italiano.

 

(Conclusione) A quanto sino ad ora argomentato non si può sottacere la profonda trasformazione della comunicazione politica, il sopravvenire della potenza del messaggio mediatico televisivo ed informatico, la sostituzione del ceto partitico professionale e dei funzionari di partito con esperti di marketing e spin doctor, che hanno sospinto anche l’Istituzione presidenziale ad interloquire stabilmente con l’elettorato, “traendo da questo legame diretto una legittimazione utile ad indirizzare il confronto con la classe politica istituzionalizzata, quando non a modificare a suo vantaggio i rapporti di forza con i partiti”[82].

Il quadro costituzionale materiale, forse, non si è sfilacciato a tal punto da poter proclamare a cuor leggero che si stia procedendo ineluttabilmente in direzione di un governo repubblicano semipresidenziale de facto, ma non si può neanche negare che la dilatazione costante e apparentemente inarrestabile[83] dei poteri presidenziali stia scuotendo gli equilibri della forma di governo. L’istituzione quirinalizia si muove in uno spazio poco stabile, fluido come magma e incerto come sabbie mobili, che si alterna fra modelli semipresidenziali[84] e presidenziali tout court[85], specialmente quando essa tende a neutralizzare la dialettica partitica in cui l’hanno collocata i Padri costituenti.

Ben aveva preconizzato Barile[86] nell’affermare che, tra le funzioni presidenziali di “guardiano” della Costituzione, ve ne erano alcune di carattere dinamico, in quanto tali perennemente soggette alla prassi evolutiva del diritto costituzionale, e da poter recare un considerevole impulso a variazioni della costituzione vivente.

L’azione pubblica, privata e riservata degli ultimi “settennati” palesa l’essenza di una nuova figura di Presidente della Repubblica, un Presidente della Repubblica "vivente" che, in maniera di volta in volta più o meno "irruente", svelle dal di dentro un profilo di Capo dello Stato impagliato nella rigidità della "forma", la quale rischia di essere solo il guscio esterno di una noce il cui gheriglio inesorabilmente si svuota o, più verosimilmente, vede trasformarsi il proprio DNA[87].

Per dirla con il sempre compianto Lucio Battisti: "Lo scopriremo solo vivendo".

 

Prof. Fabrizio Giulimondi, Docente in materie giuspubblicistiche presso la Link Campus University, la Pontificia Università Lateranense, l’Università di Chieti-Pescara “Gabriele D’Annunzio” e il Formez PA.

 

[1] Al momento della pubblicazione del presente articolo la legge di riforma della legittima difesa non è ancora entrata in vigore.

[2] «Ho promulgato in data odierna la legge recante: “Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa”. Il provvedimento si propone di ampliare il regime di non punibilità a favore di chi reagisce legittimamente a un’offesa ingiusta, realizzata all’interno del domicilio e dei luoghi ad esso assimilati, il cui fondamento costituzionale è rappresentato dall’esistenza di una condizione di necessità. Va preliminarmente sottolineato che la nuova normativa non indebolisce né attenua la primaria ed esclusiva responsabilità dello Stato nella tutela della incolumità e della sicurezza dei cittadini, esercitata e assicurata attraverso l’azione generosa ed efficace delle Forze di Polizia. L’art.2 della legge, modificando l’art.55 del codice penale, attribuisce rilievo decisivo “allo stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto”: è evidente che la nuova normativa presuppone, in senso conforme alla Costituzione, una portata obiettiva del grave turbamento e che questo sia effettivamente determinato dalla concreta situazione in cui si manifesta. Devo rilevare che l’articolo 8 della legge stabilisce che, nei procedimenti penali nei quali venga loro riconosciuta la legittima difesa “domiciliare”, le spese del giudizio per le persone interessate siano poste a carico dello Stato, mentre analoga previsione non è contemplata per le ipotesi di legittima difesa in luoghi diversi dal domicilio.

Segnalo, infine, che l’articolo 3 della legge in esame subordina al risarcimento del danno la possibilità di concedere la sospensione condizionale della pena, nel caso di condanna per furto in appartamento o per furto con strappo ma che lo stesso non è previsto per il delitto di rapina. Un trattamento differenziato tra i due reati non è ragionevole poiché - come indicato dalla Corte costituzionale, nella sentenza n. 125 del 2016 - “gli indici di pericolosità che possono ravvisarsi nel furto con strappo si rinvengono, incrementati, anche nella rapina”».(in www.quirinale.it).

[3] In "www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/Ddliter/testi/51422_testi.htm"; in sintesi: Il testo della riforma degli art. 52 e 55 c.p.(legittima difesa e eccesso colposo) e non solo (incremento delle pene edittali dei reati di violazione di domicilio, di furto in abitazione e rapina) è divenuto definitivo il 28 marzo 2019 al Senato in terza lettura, dopo annosa discussione di ordine etico, sociologico e giuridico dentro e fuori le aule parlamentari. La legittima difesa è una scriminante -  già prevista nel codice penale -  che qualifica lecita una condotta apparentemente ascrivibile ad una fattispecie criminosa (ad esempio: omicidio o lesione).  È il principio di proporzionalità che viene sensibilmente rimodulato nella legge appena approvata. L'innovazione introdotta consiste proprio nella "presunzione di proporzionalità" (dei mezzi e delle modalità di azione adoperati dall'aggredito e dei beni-interessi costituzionalmente protetti in gioco), fondamento legittimante il "respingimento all’intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”, o la difesa della propria o  altrui incolumità, dei beni propri o altrui, in questo ultimo caso quando non vi sia desistenza e vi sia pericolo d'aggressione. Il Legislatore ha posto mano anche all'art. 55 del codice penale. Il Parlamento ha fatto proprio il profilo psicologico inserito nel paragrafo 33 del codice penale tedesco, che configura come non punibile la condotta di chi abbia agito in "stato di grande turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto".  La modifica della disposizione in parola è stata auspicata e sollecitata nella scorsa legislatura, durante l'audizione in Commissione giustizia della Camera dei deputati, da T. Padovani (Camera deputati, audizione Commissione giustizia, 9.2.2016, n. 4), che ha considerato l'integrazione dell'art 55 c.p. (unitamente a quella dell'art. 59 c.p.). l'autentico core del mutamento di impostazione di visione su questo tema (per avere una visuale completa di tutte le audizioni effettuata presso la Camera dei deputati in relazione ai d.d.l. sulla riforma della legittima difesa presentati nella scorsa legislatura - XVII - si consiglia di consultare: documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/stenografici/html/02/indag/c02

_tortura/2014/10/22/indice_stenografico.0006.html).Ancora: la novella incide sul piano civilistico impedendo le (ricorrenti) richieste di risarcimento danni da parte degli aggressori nel caso l'indagato/imputato aggredito venga assolto in sede penale, oltre sul versante processuale penale, dando la massima priorità, nella formazione dei ruoli di udienza, a questa tipologia di processi.Non di poco momento è il riconoscimento del gratuito patrocinio a tutti coloro cui il giudice abbia accertato la legittima difesa e, così, proceduto alla archiviazione, al proscioglimento o al non luogo a procedere.

[4] «Signor Presidente, in data odierna ho emanato il decreto legge recante: "Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata". Al riguardo avverto l’obbligo di sottolineare che, in materia, come affermato nella Relazione di accompagnamento al decreto, restano "fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato", pur se non espressamente richiamati nel testo normativo, e, in particolare, quanto direttamente disposto dall’art. 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall’Italia» (in "www.quirinale.it").

[5] Conv. in l. 1°-12-2018, n. 132.

[6] Per una sintesi del testo si rinvia a www.interno.gov.it/it/notizie/vigore-decreto-legge-sicurezza-e-immigrazione; altresì  si invita a leggere: A.Masaracchia, La protezione sociale sostituisce il permesso per motivi umanitari, in "Guid.dir", 2018, 45; Id., Su dinieghi e revoche decidono le sezioni specializzate civili, ibidem; A.Tomassetti, Centri permanenza, trattenimenti fino a 180 giorni, ibidem;  R.Vampa, Rimpatri: aumentano le ipotesi e i siti per il trattenimento, ibidem; Id., Il giudice di pace autorizza con decreto la diversa sistemazione, ibidem; Id., Divieto di reingresso esteso a tutto lo spazio Schengen, ibidem; P.Mariano, Dinieghi e cessazioni delle Commissioni scattano per più casi, ibidem; Id., Effetti dilatori, arriva una procedura "super accelerata", ibidem; Id., Decisione immediata in pendenza di processo penale, ibidem; D.Ponte, Cittadinanza, con rischio terrorismo si applica la revoca, ibidem.

[7]Funditus, mi sia consentito rimandare a F.Giulimondi, Costituzione materiale, costituzione formale e riforme costituzionali, Roma, Eurilink, 2016; Id., Disallineamento fra costituzione materiale e costituzione formale: il coraggio costituente del cambiamento,in questa stessa Rivista, 2015, 2: da questi due lavori è tratta la presente pubblicazione che ne costituisce  lo sviluppo e l'aggiornamento.

[8] Cfr. G.Scaccia, Il Presidente della Repubblica fra evoluzione e trasformazione, Modena, Stem Mucchi editore, 2015, 56.

[9]Cfr. F.Nietzsche, Ecce homo. Wie man wird was man, Lindau, 1908, tr.it R.Calasso (cur.), Ecce homo. Come si diventa ciò che si è, Milano, Adelphi, 1969, 11ᵃ ed.

[10]Cfr. G.Scaccia, op.cit., 57.

[11]Cfr. Barnardo, Epist., 23, Ad abbatem Garinum.

[12]Cfr. A.Manzoni, Marzo 1821, 30-31.

[13] Cfr. G.U.Rescigno, Art.87 Cost., in “Commentario alla Costituzione”, Bologna-Roma, Zanichelli, 1978, 187 s.

[14] Cfr. S.Galeotti, La posizione costituzionale del Presidente della Repubblica, Milano, 1949, 25 ss.

[15]Cfr. E.Cheli, Tendenze evolutive nel ruolo e nei poteri del Capo dello Stato, in “Quad.cost.”, 1985, 29 ss.

[16] Cfr. G.M.Salerno, Presidente della Repubblica, in S.Labriola(cur.), “Dizionario di diritto pubblico”, V, Milano, Giuffré, 4551, ss.; G.Silvestri, Il Presidente della Repubblica, in S.Labriola (cur.), “Valori e principi del regime repubblicano”, IV, “Legalità e garanzie”, Roma-Bari, La Terza, 2006, 430 ss; M.Cavino, L’irresponsabilità del capo dello Stato. Nelle esperienze italiana (1948-2008) e francese (1958-2008), Milano, Giuffrè, 2008, 63 ss.

[17] Senza dubbio il Presidente Giorgio Napolitano ha incarnato questa tipologia presidenziale, non per nulla definito dagli osservatori anglosassoni King George. Per meglio approfondire il tema cfr. AA.VV., L’eccezionale “bis” del Presidente Napolitano, Torino, G.Giappichelli, 2014; G.Scaccia, Il re della Repubblica. Cronaca costituzionale della Presidenza di Giorgio Napolitano, Modena, Mucchi, 2015; V.Lippolis, La Repubblica del Presidente: il settennato di Giorgio Napolitano, Bologna, Il Mulino, 2013; M.Gervasoni (cur.), Due repubbliche: politiche e istituzioni in Italia dal delitto Moro a Berlusconi, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2014.

[18] Cfr. O.Chessa, Il presidente della Repubblica parlamentare. Un’interpretazione della forma di governo, Napoli, Jovene, 2014, 41.

[19] Sulla destrutturazione del ruolo e della funzione dei partiti mi sia consentito rinviare a F.Giulimondi, Democrazia, sondocrazia, webcrazia, in "Democrazia nelle regole" (consultabile in "www.democrazianelleregole.it/old/index.php/cultura/item/10146-democrazia-sondocrazia-webcrazia-di-fabrizio-giulimondi?jjj=1556607261389").

[20] Corte cass. 3 sez. civ., sent., 27-6-2000, nn.8733-8734, in “Giur.cost”.,2000, 2948 ss, 3407ss.:”I limiti … sono quelli relativi alle stesse attribuzioni del Capo dello stato, allo spazio ed alle ragioni di intervento a lui consentiti dal sistema costituzionale, come si è venuto adeguando sulla base del diritto vivente”.

[21] Cfr. S.Imparato, Il Presidente sovrano. Leadership e politica estera nell’era unipolare, Pisa, Pisa University press, 2015, 22.

[22]Cfr. G.Leibholz, la rappresentanza nella democrazia, S.Forti (cur.), Milano, Giuffré, 1989, in cui si sofferma a lungo sulla contrapposizione tra principio di rappresentanza e  principio di identità, affermando che il primo stia cedendo fatalmente il passo al secondo, perdendo il principio di rappresentanza la sua caratteristica fondamentale, ossia quella di essere un fenomeno di tipo relazionale, per assumere peculiarità di tipo identitario, che si manifestano nella identificazione del corpo elettorale, quale collettore omogeneo della volontà generale, con il corpo istituzionale. (Presidente del Consiglio o Presidente della Repubblica, o entrambi).

[23] Sandro Pertini dal 9-7-1978 al 29-6-1985. Di interesse cfr. G. D'Orazio, Presidenza Pertini (1978-1985). Neutralità o diarchia? (contributo ad una analisi giuridico-costituzionale), Rimini, Maggioli, 1985.

[24] Francesco Cossiga dal 3-7-1985 al 28-4-1992 (dimissioni), la cui figura è indubbiamente controversa. Per un approfondimento si consiglia A. Beccaria, Piccone di Stato. Francesco Cossiga e i segreti della Repubblica, Roma, Nutrimenti, 2010.

[25] Carlo Azeglio Ciampi dal 18-5-1999 al 15-5-2006.

[26] Giorgio Napolitano dal 15-5-2006 al 22-4-2013; dal 22-4-2013 al 14-1-2015. (v.nt. 68).

[27] Cfr. S.Grimaldi, I presidenti nelle forme di governo: tra costituzione, partiti e carisma, Roma, Carocci, 2012.

[28]Cfr. S.Imparato, op.cit., 20, marca nitidamente la mutazione del significato di “carisma” attribuibile ai vertici statuali  prima e dopo l’avvento degli ordinamenti liberali occidentali ottocenteschi e novecenteschi: ”Il potere personale che investe le democrazie contemporanee mantiene l’elemento carismatico come forma di legittimazione, ma riflette solo in parte le categorie weberiane. Il carisma del leader, appare oggi definitivamente spogliato della sua aura metafisica. Si traduce, infatti, in una capacità di manipolare il circuito della spettacolarizzazione mediatica, attraverso un rimando costante al dato personale, al cosiddetto corpo del leader. La followership, inoltre, non si manifesta come una risposta irrazionale all’appello profetico del capo, ma viene costruita razionalmente sulle fondamenta della ciclicità elettorale”.

[29]Cfr. M.Weber, Economy and Society:An Outline of Interpretive Sociology, Oakland, University of California Press, 1978,1114 ss.

[30]Cfr. A.Baldassarre, C.Mezzanotte, Gli uomini del Quirinale. Da De Nicola a Pertini, Roma-Bari, La Terza, 1985; Id., Presidente della Repubblica e maggioranza di governo, in G.Silvestri(cur.), “La figura e il ruolo del Presidente della repubblica nel sistema costituzionale italiano”, Milano, Giuffré, 1985; A.Baldassarre, Il Presidente della repubblica nell’evoluzione della forma di governo, in A.Baldassarre, G.Scaccia (cur.), Roma, Atti del Convegno del 26-11-2010, Aracne, Quad.dip.giur, febbraio2012; G.Passarelli, Presidenti della Repubblica: forme di governo a confronto, Torino, G.Giappichelli, 2010.

[31] Corte cost., sent., n. 1 del 4-12-2012/15-1-2013,  inwww.cortecostituzionale.it.”; per un articolato esame degli aspetti affrontati dalla Consultacfr. M.C.Grisolia, La sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2013: un nuovo tassello nella ricostruzione giurisprudenziale della figura e del ruolo del Capo dello Stato nel nostro sistema costituzionale, in “www.forumcostituzionale.it”, 5-2-2013.

[32] Punto 8.2.

[33]Cfr. G.Scaccia, Il presidente della repubblica, cit., 20.

[34] Cfr. G.Pasquino, L’elasticità della Presidenza della repubblica, in “Quad.cost”, 2013, 1, 112.

[35]Cfr. E.Galli della Loggia, Da Pertini a oggi: Il Quirinale e l’antipolitica, in M.Breda(cur.), “Il grande gioco del Quirinale”, Milano, Giuffré, 2013. Certamente l’apice si è raggiunto con i nove anni di Napolitano, mentre con Mattarella (3-2-2015-in carica), almeno nell’apparenza, la linea interventista e presenzialista in una prima fase sembra scemare, per poi verticalizzarsi che di qui a poco si porrà in evidenza.

[36] Oltre Corte cost., sent. n. 1 del 2013,cit., anche sent. n. 154 del 24/26-5-2004, pubbl. in GU 3-6-2004. E’ degno di nota A.Pugliotto, Ben oltre il "caso Cossiga": le importanti novità della sentenza n. 154 del 2004, in “Diritto&Giustizia”,  2004, 26, 14 ss.; sent. n.24/2004 del 13/20-1-2004, pubbl. in GU 24-1-2004; sent. n. 262 del 7/19-10-2009, pubbl. in GU n. 41 del 21-1-0-2009; sent. n. 200 del 3/18-5-2006, pubbl. in GU n. 21 del 24-5-2006.

[37] Cfr. C.Fusaro, Il presidente della,  repubblica fra mito del garante e forma di governo parlamentare a tendenza presidenziale, in “Quad.cost.”, 2013; I.Nicotra, Il Quirinale e l’inedita declinazione del principio di leale collaborazione istituzionale: l’Italia verso un semipresidenzialismo mite, in F.Giuffré, I.A.Nicotra (cur.), “Il Presidente della Repubblica. Frammenti di un settennato”, Torino, G.Giappichelli, 2012, 19 ss.; G,Pasquino, Finale di partita. Tramonto di una Repubblica, Milano, Giuffré, 2013.

[38] Interessante la valutazione ab externo di M.C.Ponthoreau, H.Rayner, From  Ciampi to Napolitano, New York, Berghahn, 2007, da cu si evince che il Presidente Napolitano ha incarnato l’archetipo sia del politico puro, sia quello della figura istituzionale. Il principale elemento di discontinuità con il pattern che contraddistingue i Capi di Stato italiani è dato dal fatto che Napolitano è uno dei pochi Presidenti della Repubblica il cui cammino politico è contraddistinto da un rilevante impegno partitico, oltre che istituzionale.

[39] Incarico a formare il nuovo Governo ricevuto con riserva il 13-11-2011, poi accettato pleno iure il 16-11-2011.

[40]Incarico a formare il nuovo Governo ricevuto con riserva il 24-4-2013, poi accettato pleno iure il 27-4-2013.

[41]Incarico a formare il nuovo Governo ricevuto con riserva il 17-2-2014, poi accettato pleno iure il 22-3-2014.

[42]Cfr. O.Chessa, Il Presidente, cit, 53; G.Scaccia, Recensione a O.Chessa, Il Presidente della Repubblica. Un’interpretazione della forma di governo parlamentare, in “Dir.pubbl.”, 2011, 1, 335 ss. 

[43] Sempre O.Chessa, op.cit., 16 s., senza mezzi termini contesta la pacifica opinione che il Presidente sia estraneo agli organi di indirizzo politico, ritiene  che la controfirma ex art. 89 Cost. assegni eguale valore determinante alle due distinte volontà del Presidente della Repubblica e del Governo e, dichiara che come non sussiste alcun obbligo per quest’ultimo di adottare l’atto proposto dal primo, del pari questi non ha alcun dovere di firmare una iniziativa governativa, non rilevando affatto le ragioni alla luce delle quali si concreti un diniego presidenziale, in quanto “ciò ricade nel campo giuridicamente impregiudicato delle libere valutazioni politiche”.

[44]Cfr. G.Scaccia, Il Presidente della Repubblica fra evoluzione e trasformazione, cit.,44.

[45] Il Governo Conte ha giurato il 1°-6-2019 ed è tutt'ora in carica.

[46] Per una accurata analisi di siffatta questione e una riflessione sull'art. 92 Cost. mi sia consentito rimandare a F.Giulimondi, Dopo il 4 marzo…ho visto cose che voi umani…, su questa stessa Rivista, 2018, 2.

[47] Cfr. S.Grimaldi,op.cit., 91-103.

[48]Cfr. K. Loewenstein, Die Monarchie im modernen Staat, Frankfurt am Main, 1952.

[49]Cfr. G.Gervasoni, Le armate del Presidente. La politica del Quirinale nell’Italia repubblicana, Venezia, Marsilio, 2015, 147: “Ciampi non volle entrare nella diatriba della maggioranza (centro-sinistra del Governo Prodi 2006-2008, ndr), ma edificò un contro-discorso, rispetto a quello del governo, fondato sulle esternazioni, numerose come quelle dell’ultimo Cossiga e di Scalfaro. Ciampi adottò poi la prassi dei consigli, più o meno formali, prima che l’iter legislativo cominciasse, per poi fermarsi secondo la massima che era solito citare: ‘Quando il parlamento parla, il presidente tace (messaggio di fine anno 2003 alle alte cariche dello Stato, ndr). Questa consuetudine ricordava quella di Einaudi nei confronti dei governi De Gasperi”.

[50] Per una vasta e aggiornata panoramica sul semipresidenzialismo alla francese cfr. M.Volpi, Il semipresidenzialismo tra teoria e realtà, Bologna, Bononia University Press, 2014.

[51]Cfr. G.Scaccia, Il Presidente, op.cit., 45, sottolinea come “la sentenza n. 1 del 2013, che avrebbe avuto l’obiettivo dichiarato di reimporre la supremazia del dover essere costituzionale sull’essere politico, potrebbe fornire argomenti più forti ai fautori di un parlamentarismo a tutela presidenziale che ai restauratori di una Presidenza notarile mai davvero concretizzatasi nella prassi storica”.

[52] Cfr. A.Pirozzoli, Il potere di influenza degli organi di garanzia costituzionale, Napoli, Jovene, 2013.

[53] Cfr. M.Gervasoni, op.cit.,146-153.

[54] Di una sorta di “coabitazione” permanente con il Presidente del Consiglio parla G.Scaccia, Il Presidente, cit., 52:"Nondimeno egli (il Presidente della Repubblica, ndr) è oramai in grado di esercitare un intenso potere di interdizione sull’attività del governo, tanto da costringere il Presidente del Consiglio a una sorta di ‘coabitazione’ permanente. Con il suo potere di blocco, tanto più forte quanto maggiore è il suo grado di consenso personale e di legittimazione internazionale, il Quirinale può difatti fare asse di volta in volta con le diverse forze politiche e sociali che al Governo di oppongono per renderne incerta l’’azione, rallentarne il moto innovatore, persino per insinuare in esso spinte destabilizzanti”.

[55] Cfr. S.Grimaldi, op.cit., 85: “I Presidenti tendono a intervenire durante l’iter legislativo per far apportare ai progetti di legge cambiamenti necessari proprio per motivi di legittimità o di merito costituzionale, piuttosto che arrivare ad uno scontro successivo con il governo in sede di promulgazione”.  In via esemplificativa, oggetto di modifiche di policies suggerite da Ciampi sono state le leggi:5 -10- 2001, n. 367 (“Ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra Italia e Svizzera che completa la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 e ne agevola l’applicazione, fatto a Roma il 10 dicembre 1998, nonché conseguenti modifiche al codice penale ed al codice di procedura penale”); 7 -11-2002, n. 248 ("Modifica degli articoli 45, 47, 48 e 49 del codice di procedura penale”); 20-6-2003, n. 140  ("Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato”); 5-12- 2005, n. 251 ("Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n.  354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione”).

[56] A differenza della Germania ove i casi di moral suasion sono rarefatti, su cui si sofferma S.Grimaldi, op.cit., 83 s.

[57] Una ricca sintesi al riguardo la si riscontra in M.Manetti, I due Presidenti. Il settennato di Ciampi alla prova del bipolarismo, in “Riv.dir.cost.”, 2007, 179-193.

[58]cfr. C.De Flories, Il rinvio delle leggi tra principio maggioritario e unità nazionale, in “Riv. Dir. Cost”,  2002, 172-220.

[59] Su questo potere quirinalizio messo in atto dal Presidente Einaudi cfr. A.Baldassarre, C.Mezzanotte, Gli uomini del Quirinale, cit., 51.

[60] Il Presidente Ciampi ha sospeso l’autorizzazione alla presentazione del disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri in data 11-7-2003, destinato a dare attuazione alla struttura di coordinamento per la lotta alla criminalità denominato “Eurojust”, rilevando una violazione del principio di autonomia della magistratura nell’obbligo fatto ai giudici di trasmettere le informazioni e i dati richiesti dal membro italiano di siffatta struttura. Il Governo ha riformulato il testo accogliendo i rilievi presidenziali e il 12-9-2003 ha deliberato un nuovo d.d.l., inserendovi la possibilità data alla Autorità giudiziaria destinataria della richiesta di informazioni e dati di poterla accogliere o meno, fatta salva l’impugnazione innanzi la Cassazione da parte del pubblico ministero o del membro di “Eurojust”. Il testo è stato approvato in via definitiva dal Parlamento divenendo la legge 14-3-2005, n. 41 ("Disposizioni per l'attuazione della decisione 2002/187/GAI del Consiglio dell'Unione europea del 28 febbraio 2002, che istituisce l'“Eurojust” per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità”).

[61] Cfr. A.Cardone, La presidenza Ciampi e il potere di rinvio delle leggi: prime prove di pedagogia istituzionali, in “Dem.dir.”,2004, 3, 200, che mette in luce come il potere di rinvio venga utilizzato dal Presidente Ciampi per “educare” il Parlamento e il Governo all’uso corretto della democrazia maggioritaria. Con il potere di rinvio Ciampi si è spinto molto oltre al mero scrutinio di “manifesta incostituzionalità”, immettendovi una notevole dose di creatività rispetto alla prassi imperante dei rinvii ex art. 81 Cost. Questi ultimi hanno riguardato anche la tecnica legislativa e la “logica ordinamentale” della legislazione in esame, opponendo rilievi non riconducibili alla mera legittimità costituzionale, come nel rinvio della legge 3-5-2004, n.112 ("Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana Spa, nonché delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione”); legge 25-7- 2005, n. 150 (“Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza, della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l'emanazione di un testo unico”); legge 20-2-2006, n.46 (“Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento").

[62] Cfr. M.C.Grisolia, Alcune osservazioni sul potere di rinvio di una legge alle Camere nella prassi della presidenza Ciampi, in “Scritti in memoria di Livio Paladin”, Napoli, Jovene, 2004, 1103 ss.

[63]Cfr. M.Gervasoni, op.cit., 153.

[64] Il Presidente Pertini dissentiva con il Governo rivolgendosi direttamente alla pubblica opinione: su tale questione cfr. G.Guglia, L’autorizzazione alla presentazione dei disegni di legge governativi, Torino, G.Giappichelli, 1991, e G.D’Orazio, Presidenza Pertini  (1978-1985): neutralità o diarchia?, Rimini, Maggioli, 1985, che ricordano che Pertini fu il primo che fece conoscere pubblicamente i consigli forniti al Governo, come quando invitò apertamente il Potere esecutivo a varare la legge di bilancio ancora in corso d’approvazione per sanare la mancata copertura di una legge contestualmente promulgata. M.Manetti, op,cit., 190, richiama l’uso della “minaccia” di rinviare la legge oggetto del contendere alle Camere per contrastare le resistenze governative, come nel caso – “si vocifera” – della normativa sulla c.d. devolution (legge cost.  18-10-2001, n. 3"Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione") e sulla c.d. legge Cirami (7-11-2002, n. 248 "Modifica degli articoli 45, 47, 48 e 49 del codice di procedura penale”); C.A. Ciampi, Da Livorno al Quirinale, Bologna, Il Mulino, 2010, 178 s, racconta di come “minacciò” il Governo Berlusconi II di inviare un messaggio alle Camere con il quale lo avrebbe denunziato di violazione dell’art. 11 Cost., se avesse consentito la partecipazione delle forze armate italiane nella  seconda guerra in Iraq (marzo-maggio 2003) e avesse concesso l’uso delle basi militari su territorio sovrano per operazioni belliche (per una dettagliata ricostruzione della seduta del Consiglio Superiore della Difesa – ampliato nella sua composizione  appositamente da Ciampi in modo da garantirsi la maggioranza e spingere l’Esecutivo verso una posizione di non belligeranza -  del 19-3-2003 cfr. F.Furlan, Presidente della Repubblica e politiche di sicurezza internazionale tra diarchia e garanzia, Milano, Giuffrè, 2013, 341 ss.; R.Bellandi, Il consiglio supremo di difesa, Bologna, Il Mulino, 2011;C.Fusaro, Sempre più difficile…fare il Presidente(della Repubblica), in “www.forumcostituzionale.it”, 13/15-7-2003, che pone in risalto come le rilevazioni giornalistiche siano state usate dalla presidenza per interferire sull’indirizzo politico del Governo; M.Manetti, Procedimenti, controlli costituzionali e conflitti nella formazione degli atti legislativi, in AIC, “Atti del XXV convegno annuale, Parma, 29/30-10-2010, Decisione conflitti controlli: procedure costituzionali e sistema politico”, Napoli,  Jovene, 2012, 18, che mostra come tutte queste emanazioni e promulgazioni “condizionate” che contrassegnano la più recente evoluzione formale del potere presidenziale di controllo sulle leggi, denuncino la sempre maggiore contiguità dell'attività presidenziale con l’area della progettazione e formazione delle leggi e, pertanto, con l’indirizzo politico; P.Carnevae, D.Chinni, C’è posta per tre, Prime osservazioni a margine della lettera del Presidente Napolitano inviata ai Presidenti delle Camere e al Presidente del Consiglio in ordine alla conversione del c.d. decreto milleproroghe, in “AIC”, 2011,1, che aiuta a comprendere come la fase di controllo presidenziale  inizi ancor prima che il Consiglio dei Ministri abbia deliberato l’atto e, quindi, assuma le forme di un “negoziato preventivo”.

[65]  Nota del 20-2-2009 “Precisazione sulla leale collaborazione istituzionale tra Governo e Presidenza della Repubblica in materia di decreti-legge”, in “www.quirinale.it”, conseguente al caso di Eluana Englaro che coinvolse  direttamente il Quirinale (v.nt.323), considerata una excusatio non petita da G.Scaccia, Il Presidente della Repubblica, cit., 75, al termine nt.59, “che rileva il mutare dei rapporti di forza fra Governo e Presidente nell’adozione dei provvedimenti ex art.77. Cost.”.

[66] Le missive non pubblicate a cura degli uffici del Quirinale devono ritenersi riservate, anche se dei relativi contenuti si può venire a conoscenza aliunde, come nel caso delle lettere del Presidente Einaudi (cfr. L.Einaudi, Lo scrittoio del Presidente (1948-1955), Torino, Einaudi, 1956).

[67] È opportuno puntualizzare che alcune “lettere” inviate dal Presidente Pertini ai Presidenti delle Camere durante la X leg. (2-7-1987/22-4-1992), posseggono solo il nomen di missiva, essendo veri e propri messaggi in quanto controfirmati dai Ministri competenti e pubblicati come tali, cfr. doc.I, n.7, X; doc. I, n.8, X(ove si registra un esplicito riferimento all’art. 87, c.2, Cost.) e doc. I, n. 18, X, in “www.quirinale.it”.

[68] Le lettere “vere e proprie”, ossia quelle non controfirmate ai sensi dell’art. 89 Cost. e non pubblicate nell’ambito dei messaggi presidenziali, di tipo “riservato”, sono: la lettera del Presidente Napolitano inviata al Presidente del Consiglio Berlusconi il 6-2-2009 durante il Consiglio dei Ministri per l’approvazione del d.l. sul caso ”Englaro, resa pubblica sul sito del Quirinale, per il grande clamore massmediatico suscitato (riscontrabile in ”presidenti.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Comunicato&key=8112”), in virtù della quale si contestava la mancanza dei requisiti di necessità e di urgenza del decreto, oltre la violazione di una sentenza passata in giudicato inerente la materia su cui quest’ultimo interveniva, deliberato poi lo stesso dal Governo, non firmato dal Presidente della Repubblica [in senso adesivo fra gli altri cfr. M.Luciani, L’emanazione presidenziale dei decreti-legge (spunti a partire dal caso E.), in”Pol.dir.”, 2009, 3; P.Carnevale, Emanare, promulgare e rifiutare. In margine a talune considerazioni svolte da Massimo Luciani, Seminario di Astrid, “Il potere, le regole, i controlli: la Costituzione e la vicenda Englaro”, Roma, 5-3-2009in “www.astri-online.it”, 2009; F.G.Pizzetti, Sugli ultimi sviluppi del “caso Englaro”: limiti di legge e “progetto di vita”, in “Pol.dir., 2009, 3, spec. 454 ss.; C.Salazar, Riflessioni sul “caso Englaro”, in “www.forumcostituzionale.it”; G.Serges, Il rifiuto assoluto di emanazione del decreto-legge, in “Giur.cost.”, 2009; G.Sorrenti, La decisione e la regola. Prime note su alcune tendenze in atto nel sistema politico (a margine del caso Englaro), in “www.forumcostituzionale.it”; A.Spadaro, Può il Presidente della Repubblica rifiutarsi di emanare un decreto legge? Le “ragioni” di Napolitano, in “www.forumcostituzionale.it”; S.Stammati, Breve nota sui problemi costituzionali suscitati dal caso Englaro, Seminario di Astrid, cit.; contra – e quindi in senso favorevole al provvedimento governativo – fra gli altri cfr.C.Chiola, Il rifiuto dell’emanazione del decreto-legge, Seminario di Astrid, cit.; M.Esposito, Note minime sul periclitare del confine tra legge e giurisdizione, in “AIC”, 22-6-2009, 9; L.Pedullà, Perché il Capo dello Stato avrebbe dovuto firmare il decreto legge “salva-Eluana”, in “www.forumcostituzionale.it”; S.Spinelli, Un nuovo conflitto costituzionale tra Presidente della Repubblica e Governo, in“www.forumcostituzionale.it”] e trasformato il giorno stesso in d.d.l. 6.2.2009, n. 1369 (“Disposizioni in materia di alimentazione ed idratazione”), in “www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Ddlpres&leg=16&id=393277”; (le seguenti epistole sono state  evocate nel proscritto della lettera  appena citata del Presidente Napolitano): “con la lettera del 24 giugno 1980 il Presidente Pertini rifiutò l’emanazione di un decreto-legge a lui sottoposto per la firma in materia di verifica delle sottoscrizioni delle richieste di referendum abrogativo;il 3 giugno 1981, sempre il Presidente Pertini, chiamato a sottoscrivere un provvedimento di urgenza, richiese al Presidente del Consiglio di riconsiderare la congruità dell’emanazione per decreto-legge di norme per la disciplina delle prestazioni di cura erogate dal Servizio Sanitario Nazionale. Nel caso specifico, uno degli argomenti addotti dal Capo dello Stato consisteva nel rilievo della contraddizione tra la disciplina del decreto-legge emanando e ‘un indirizzo giurisprudenziale in via di definizione’; 
con lettera 10 luglio 1989 al Presidente del Consiglio De Mita, il Presidente Cossiga manifestò la sua riserva in ordine alla presenza dei presupposti costituzionali di necessità e urgenza ai fini dell’emanazione di un decreto-legge in materia di profili professionali del personale dell’ANAS e affermò: ‘Ritengo, pertanto, che, allo stato, sia opportuno soprassedere all’emanazione del provvedimento, in attesa della conclusione del dibattito parlamentare sull’analogo decreto relativo al personale del Ministero dell’interno’; in quella stessa lettera e successivamente nella lettera al Presidente del Consiglio Andreotti del 6 febbraio 1990, il Presidente Cossiga richiamò all’osservanza delle specifiche condizioni di urgenza e necessità che giustificano il ricorso alla decretazione di urgenza, ritenendo legittimo da parte sua – in caso di non soddisfacente e convincente motivazione del provvedimento – il puro e semplice rifiuto di emanazione del decreto – legge”. La citata lettera del 24-6-1980 del Presidente Pertini è stata indicata come ipotesi di rifiuto assoluto da P.Barile, La prassi di Pertini, in “Quad.cost.”, 1981, 368, mentre per S.M.Cicconetti, Decreti-legge e poteri del Presidente della Repubblica, in “Dir.soc.”, 1980, 560, si verterebbe in una forma di invito a riconsiderare l’opportunità di adottare un decreto-legge per la disciplina del procedimento referendario.

[69] Il Capo dello Stato, nell’ambito dell’intervento svolto in occasione della “cerimonia del Ventaglio” del 20-7-2009 (inwww.quirinale.it), ha espressamente motivato la propria legittimazione a esprimere eventuali dubbi di costituzionalità in relazione all’esercizio della funzione legislativa senza ricorrere a messaggi alle Camere ma scrivendo lettere al Presidente del Consiglio ed ai Ministri competenti.

[70] Il poscritto alla lettera del Presidente Napolitano (v. nt. 68), rimanda ad un comunicato del 7-3-1993: “Il Presidente Scalfaro, in rapporto all’emanazione di un decreto-legge in materia di finanziamento dei partiti politici invitò il Governo a riconsiderare l’intera questione, ritenendo più appropriata la presentazione alle Camere di un provvedimento in forma diversa da quella del decreto-legge”; G.Scaccia, La funzione presidenziale di controllo sulle leggi e sugli atti equiparati, in A.Baldassarre, G.Scaccia (cur.), cit., 145, indica anche il comunicato sempre del Presidente Scalfaro del 28-3-1993 concernente il d.l. recante: ”Disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali”; R.Dickmann, Interventi del Presidente della Repubblica tra promulgazione ed emanazione di atti legislativi, in “Rass.parl”., 2009, 1115, riporta il comunicato del 24-11-2009 per mezzo del quale il Quirinale esprimeva perplessità sul metodo seguito dal Governo circa la sanatoria in via normativa di posizioni di dirigenti scolastici in ruolo acquisite sulla base di graduatorie concorsuali  annullate in precedenza dal giudice amministrativo [il provvedimento oggetto del thema disputandum era il d.l. 27-11-2009, n. 170
(“Disposizione correttiva del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2009, n. 167, in materia di concorsi per dirigenti scolastici”), convertito nella legge 21-12-2009, n. 190].

[71] Molto saggiamente R.Dickmann, ult.op.cit, 1118, ritiene che :”Non può negarsi che per gli studiosi tali documenti (lettere, note e comunicati, ndr) costituiscano una preziosa fonte di conoscenza delle modalità di svolgimento delle relazioni istituzionali tra Capo dello Stato e organi legislativi e di governo, nell’ambito della forma di governo in vigore, quali quelle evidenziate in ordine alla progressiva maggiore ‘consistenza’ assunta dal potere presidenziale di emanazione dei decreti-legge”. 

[72] Terminologia mutuata dalla disciplina giuscivilistica formatasi intorno alla interpretazione dell’art. 1322, c.2, c.c., che norma sui contratti non tipizzati ope legis ma sorti dal continuo divenire della realtà commerciale, imprenditoriale ed economica e dalla elaborazione dottrinale e nomofilattica dalla giurisprudenza.

[73] Cfr. G.Scaccia, La funzione presidenziale di controllo sulle leggi e sugli equiparati, in A.Baldassarre, G.Scaccia (cur.), cit., 144; C.Esposito, Diritto costituzionale vivente. Capo dello Stato ed altri saggi, Milano, Giuffré, 183ss, 250.

[74] Si riprede la bella immagine del ”lido” efficacemente utilizzata da G.Scaccia, ult.op.cit., 161, nel vagliare senza infingimenti l’appropinquarsi dell’Italia  verso un configurazione verticistica - seppur, per ora,  in rerum natura - di stampo semipresidenziale: ”Con l’effetto di sedimentare ed eternare prassi applicative e interpretative che potrebbero sospingere il nostro sistema verso lidi di un regime parlamentare ‘a doppia fiducia’ non troppo distante da un semipresidenzialismo ad esecutivo bicefalo”(il corsivo è stato apportato al testo originale dallo scrivente).

[75] “La crisi oramai endemica della rappresentanza politica e dei partiti, la perdita della loro funzione pedagogica e integratrice che per almeno un quarantennio della vita repubblicana aveva garantito solidità al sistema di governo ed equilibrio alle relazioni fra i poteri … Nel solco di un processo di “disintermediazione” che sta già trasformando in profondità le dinamiche  del sistema capitalistico e che si vorrebbe applicare anche al sistema politico, attraverso la riduzione dei corpi intermedi, la marginalizzazione, in termini elettorali, del consenso di interesse rispetto al consenso di opinione e la collocazione dei leader politici in una relazione diretta, non mediana, con gli elettori”(cfr. G.Scaicca, op.cit, 46, 71; con il rischio, per dirla con P.Simoncini, Tra sovranità e rappresentanza. Il “bisogno di Presidente”, in “www.federalismi.it”, 2013, 8, 1, della “sostituzione della categoria del popolo sovrano con quella democratico-televisiva di ‘pubblico sovrano’ “.

[76] Di “bisogno di Presidente”, parla P.Simoncini, ult. op.cit., ossia di una istanza monocratica che si ponga come elemento di decantazione dei conflitti e di coagulazione delle forze destabilizzatrici del sistema e, diriga dall’alto i processi di identificazione e integrazione politica della società un tempo interamente alimentati, dal basso, dalle organizzazioni partitiche.

[77] Cfr. P.Franche, Giorgio Napolitano. La traversata dalle Botteghe Oscure al Quirinale, Milano, Rizzoli, 2013, 401.

[78] Il Presidente Mattarella nel Rapporto Eurispes 2016 (in “www.euripses.it”, 2016) ha un più che dignitoso 52% di fiducia da parte degli italiani, mentre Napolitano nell’ottobre del 2011 era ad sidera coeli con il 92% (in “www.iprmarketing.it”), sceso in data 20-4-2013 (in “www.swg.it/en”) ad un ancora elevato valore del  55% , per caracollare al 39% (in “www.swg.it/en”, 12-1-2014), in costanza del secondo mandato iniziato con la rielezione avvenuta il 22-4-2013; il Presidente Ciampi – secondo il rapporto Eurispes 2006 (in “www.euripses.it”, 2006) - ha mantenuto un costante 80% nel biennio 2004-2005, per poi scendere – seppur lievemente – al 65,6 % nel 2005 e nel 2006, anno della fine del suo mandato (15-5-2006); Pertini mantiene il primato su tutti: secondo Demopolis (in “www.demopolis.it”, 31-1-2015)  fra i Capi di Stato degli ultimi quaranta anni (in comparazione, quindi,  con Napolitano, Ciampi, Scalfaro e Cossiga) il Presidente-Partigiano riscuote il 51 % della popolazione italiana.

[79] Bastino alcuni esempi: il Presidente della Repubblica si è visto riconoscere il diritto “di essere messo al corrente dell’intero svolgimento degli affari di Stato e di ottenere copia di ogni atto riservato del Ministro degli Esteri” (cfr. A.Puri Purini, Dal Colle più alto. Al Quirinale, negli anni in cui tutto cambiò, Milano, Il Saggiatore, 2012, 34); dopo lo scontro acceso di Cossiga con il CSM sul potere di determinazione dell’ordine del giorno, questo è stato sottoposto al gradimento preventivo del Capo dello Stato in veste di Presidente de iure dell’organo magistratuale di autoorganizzazione.

[80] V. nntt. 2,4.

[81]Cfr. G.U.Rescigno, Il Presidente della Repubblica e le crisi del sistema, in A.Baldassarre, G.Scaccia (cur.), cit.,94.

[82]Cfr. G.Scaccia, La funzione presidenziale, cit., 159 s.

[83]La presidenza Mattarella in corso alcune meditazioni (Bertolt Brecht ce le impone e gli insegnamenti kantiani ce le suggeriscono) ce le fa insorgere, anche se, appozzando dal lessico civilistico, non bisogna fermarsi innanzi l’apparentia iuris ma scrutare la substantia, essendo ancora lunga la sua durata (scadenza del mandato: 3-2-2022).

[84] Il Governo Monti ha goduto della doppia fiducia (non de iure ma senza dubbio de facto) delle Assemblee e del Presidente Napolitano che fortemente lo volle, che indossò le vesti del “reggitore” – come lo qualificò già nel titolo del suo scritto S.Traversa, Il Capo dello Stato parlamentare come reggitore dello Stato nelle crisi del sistema, in “Rass. Parl.”, 2011, 53, 2; sulla formazione del Governo Monti e sul “dietro le quinte” funditus cfr. S.Colarizi, M.Gervasoni, La tela di Penelope. Storia della seconda Repubblica, Roma-Bari, La Terza, 2012, 211-220; C.Fusaro, La formazione del governo Monti e il ruolo del presidente della Repubblica, in A.Bosco, D.McDonnell (cur.), “Politica in Italia. I fatti dell’anno e le interpretazioni”, Bologna, Il Mulino, 2012;  V.Lippolis, G.M.Salerno, La Repubblica del Presidente. Il settennato di Giorgio Napolitano, Bologna, Il Mulino, 2013, 21; precedenti storici di “Governi del Presidente” sono sottoposti alla attenzione degli studiosi da M.Gervasoni, Le armate del Presidente, cit., 163: “Nonostante le polemiche su ‘re  Giorgio’ o sulla ‘repubblica monarchica’, i governi del presidente avevano una lunga tradizione alle spalle: da quello Pella (17-8-1953/5-1-1954, ndr), a quelli abortiti di Tambroni (25-3-1960/19-7-1960, ndr) o neppure concepiti come quello di Mezzagora nel 1964, a quelli più riusciti come il primo Cossiga (4-8-1979/19-3-1980, ndr) e soprattutto Ciampi (28-4-1993/13-1-1994, ndr) e Dini (17-1-1995/11-1-1996, ndr)”; ibidem, 164, in relazione al modo con il quale Napolitano ha rivestito il suo novennale  ruolo al “Colle”: ”I poteri reali del capo dello Stato erano insomma oramai quelli di una repubblica semipresidenziale, anche se esercitati da Napolitano in forma ‘mite’ “, aggettivo adoperato anche da  I.Nicotra, Il quirinale e l’inedita declinazione del principio di leale collaborazione istituzionale: l’Italia verso un semi-presidenzialismo mite, in F.Giuffré, I.Nicotra (cur.), “Il Presidente della Repubblica. Frammenti di un settennato”, Torino, G.Giappichelli, 2012 . Contra A.Chiappetti, La costituzione vivente italiana, Torino, G.Giappichelli, 2011, 152: “Il ruolo di garanzia presidenziale è, infatti, troppo rilevante per la salvaguardia del sistema democratico perché si possa metterlo in discussione, tanto da indurre a respingere a priori ogni eventuale riforma di tipo presidenziale o semi-presidenziale laddove rischiasse di inquinare tale ruolo, eliminando un organo politico avente esclusivamente funzioni di garanzia che costituisce una delle più particolari e pregevoli caratteristiche della forma di governo italiana”; in dissenso su una eventuale trasfigurazione della compagine normo-costituzionale fattuale e formale in cui agisce il Presidente  è – fra i tanti -  anche F.Pastore, Evoluzione della forma di governo parlamentare e ruolo del capo dello Stato, Torino, G.Giappichelli, 2003, 248-250: “In un sistema politico caratterizzato dalla estrema instabilità degli esecutivi e dalla elevata conflittualità nei rapporti tra i partiti della maggioranza di governo, il ruolo versatile – talvolta di impulso, talvolta di intermediazione, talvolta di riequilibrio e di garanzia – svolto dal capo dello Stato si è rilevato non solo utile ma addirittura vitale. Sotto questo profilo, l’elasticità delle disposizioni si può considerare un pregio più che un difetto della Costituzione italiana del 1947 … L’elezione diretta del presidente della Repubblica … costituirebbe(ro), da questo punto di vista, un regresso, anziché un progresso … L’attuale forma di governo parlamentare, pur con le sue contraddizioni e disarmonie, appare molto più matura, democratica e stabile di una forma di governo che contemplasse l’elezione diretta del presidente della Repubblica … In un sistema politico-istituzionale caratterizzato da un’elevata frammentazione del sistema partitico, da una caratterizzazione ideologica marcata dei partiti, nonché dalla mancanza di adeguati contrappesi e garanzie, è bene, anzi è indispensabile che il presidente della Repubblica non sia relegato in un ruolo meramente decorativo ma, al contrario, possa continuare a svolgere, super partes, quel complesso e variabile ruolo di impulso, garanzia e equilibrio che … ha favorito l’ordinato e civile svolgimento della vita democratica”. Da sottolineare è proprio la locuzione latina super partes che viene usata da Pastore come strumento per “scacciare” e“tenere lontano” il modello semipresidenziale e quello presidenziale.

[85] Cfr. M.Dogliani, 4º Res.sten indagine conoscitiva in merito al processo di revisione costituzionale del Titolo I e del Titolo V della Parte II della Costituzione e della disposizione riguardante il CNEL, Roma, Senato della Repubblica, I comm. Perm .Aff. Cost, seduta n. 314 del 3-8-2015, 20-24, in “www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/315994”, ove la predilezione per una nuova forma di governo si orienta in direzione di una Repubblica presidenziale più che semipresidenziale e, segnatamente, di una Repubblica presidenziale di stampo statunitense piuttosto che britannico, come viene ben argomento a p.20: “Possiamo sperare che il nostro sistema si orienti verso un’evoluzione di tipo inglese e cioè verso un sistema in cui il ruolo del Premier è  fondamentale, ma in cui il parlamentarismo continua a vivere, perché  la Camera dei Comuni in Inghilterra è sostanziata da un forte sistema partitico. Io penso che questo non sia nel futuro del nostro Paese: perché questo possa accadere sono necessari partiti che mi pare oggi in Italia non esistano, partiti radicati culturalmente e organizzativamente. Ricordiamo sempre l’allontanamento di Margaret Thatcher, che ha dimostrato che cosa possa essere un partito inglese, che allontana un leader fortissimo. Non penso quindi che l’evoluzione – per lo meno a breve termine – della nostra forma di governo possa tendere ad una forma parlamentare come quella inglese. A me sembrerebbe meglio e più ` prudente cercare ispirazione piuttosto nelle forme presidenziali come quella degli Stati Uniti, perché lì c’è un sistema di partiti debole e ciò nonostante il Parlamento abbia un ruolo”.

[86]Cfr. P.Barile, I poteri del Presidente della Repubblica,cit.

[87] Cfr. C.Fusaro, Il presidente della Repubblica fra mito del garante e forma di governo parlamentare a tendenza presidenziale, cit.; M.Siclari, Un “programma”per il futuro Presidente della Repubblica?, in “www.costituzionalismo.it”, 9-5-2006; G.Di Plinio, Mutamento costituzionale e libertà economica, in Roma, Fondazione Cristoforo Colombo per le libertà, "Atti del Convegno sulla modifica dell'art. 41 della Costituzione", 22-2-2011.