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NEWS DI APRILE 2019

 

NEWS SULL'AMBIENTE DALL'UE

A cura di Federica De Rose, Redazione Foroeuropa

 

2018: bilancio negativo sulle condizioni medie globali dei ghiacciai.

Secondo il report del World Glacier Monitoring Service (WGMS), che monitora le condizioni medie globali dei ghiacciai fin dai primi anni ‘80 (tenendo presente la differenza tra la quantità di ghiaccio accumulata e quella sciolta ogni anno), i dati registrati per il 2018 evidenziano un bilancio negativo per quasi tutti i ghiacciai di riferimento monitorati (con una media di -1247 millimetri equivalenti d’acqua) ed uno solo con un bilancio leggermente positivo.

La causa maggiore di questa regressione è da attribuire allo scioglimento straordinario in particolare sulle Alpi europee; comunque i dati sono stati ricavati dal monitoraggio di tutto il pianeta (si tratta de ghiacciai dell' Austria, Francia, Svizzera, Italia, Norvegia, Svezia, Russia, Argentina, Cina, Kazakistan, Nepal, Kirghizistan e Stati Uniti).

Secondo gli esperti dell’International Panel on Climate Change (IPCC) il fenomeno del ritiro dei ghiacciai (come al solito...) è da attribuire prevalentemente all'attività umana e ci ricordano come il graduale ritiro dei ghiacciai renda  poco vivibili  le nostre società, considerando la riduzione della scorta di acqua dolce, gli effetti indiretti  ma negativi su economia e turismo e infine gli squilibri sulla produzione di energia idroelettrica, sopratutto per i Paesi in cui "la quota sul mix energetico nazionale è elevata (come l’Italia)".

fonte: rinnovabili.it

 

La guerra commerciale USA-Cina crea danni anche a livello ambientale: a rischio la foresta amazzonica.

Secondo uno studio scientifico pubblicato sulla rivista scientifica Nature circa 13 milioni di ettari di foresta amazzonica sarebbero a rischio estinzione, se il Brasile rispondesse alla crescente domanda di soia da parte della Cina; nel 2018, le esportazioni americane di mangimi per l’allevamento destinate alla Cina sono infatti diminuite del 50% rispetto all’anno precedente e attualmente la Cina avrebbe bisogno di reperire tra le 22,6 e le 37,6 milioni di tonnellate di soia da altri fornitori, tra cui appunto il più "ricco"  appare il Brasile.

Il rischio più grande è che il Brasile potrebbe trasformare parte della foresta pluviale in terreno agricolo; secondo i ricercatori ,per rispondere alla domanda cinese, "il Brasile dovrebbe convertire a suolo agricolo circa 5,7 milioni di ettari di terreno annui (+17,3% rispetto agli attuali ritmi di crescita brasiliani); un incremento che potrebbe far superare i record di deforestazione amazzonica registrati nel periodo 1995 – 2004 quando in media 3 milioni di ettari di foresta venivano abbattuti ogni anno."

Il professor Peter Alexander, autore dello studio e docente presso l’Università di Edimburgo:"

“Molte persone potrebbero non rendersi conto che una guerra commerciale tra due nazioni può influenzare l’uso della terra in un Paese terzo ... Questa è la conseguenza non intenzionale che deriva dalle decisioni prese in una complessa rete di interazioni in cui il cambiamento di una parte può influenzare qualsiasi altra. Governi, produttori, legislatori e consumatori devono agire ora. Se non lo faranno, la foresta pluviale amazzonica potrebbe diventare la più grande vittima della guerra commerciale tra USA-Cina”.

fonte: rinnovabili.it

 

La Commissione Ambiente della Camera approva la risoluzione “Misure per assicurare maggiore efficacia e pubblicità agli interventi di tutela della qualità dell’aria”.

La buona notizia arriva dopo che l'anno scorso l'Italia era stata deferita alla Corte di giustizia europea dalla Commissione europea per i livelli troppo alti di polveri sottili e per la ripetuta violazione dei limiti annuali e orari di biossido di azoto nell’aria delle nostre città. Ora è stata approvata in Commissione VIII (Ambiente) la risoluzione “Misure per assicurare maggiore efficacia e pubblicità agli interventi di tutela della qualità dell’aria”: questo è un impegno e si spera che da ora si cominci seriamente a costituire in tutto il Paese un'efficace mobilità sostenibile.

L'esecutivo si impegna a controllare che il "programma di controllo da predisporre ai sensi della direttiva europea su misure ed iniziative per la riduzione delle emissioni dei principali inquinanti atmosferici al 2030 (la n. 2016/2284 contenente) sia integrato e contenga previsioni coerenti e proporzionate con il Piano energia e clima che andrà formulato nella sua versione definitiva entro l’anno."  Inoltre l'esecutivo dovrà presentare annualmente  una relazione al Parlamento, sostenendo politiche, misure, interventi e iniziative mirate a contrastare l’inquinamento. 

fonte: rinnovabili.it

 

In arrivo da Greenpeace  un piano per proteggere l’ecosistema marino.

Si chiama “30x30: Un piano per la tutela degli oceani” l'ultimo studio frutto della collaborazione durata un anno tra i ricercatori dell'Università di York, di Oxford e Greenpeace; "i ricercatori hanno scomposto gli oceani in 25 mila quadrati di 100 chilometri di lato e poi hanno mappato la distribuzione di 458 diversi indicatori, tra cui fauna selvatica, habitat e principali caratteristiche oceanografiche",  fornendo una grande cartina di ambienti marini, che aiuterà a creare una rete di Santuari marini d’Alto mare su scala planetaria, che non preveda attività umane nocive e che abbia il minimo impatto socio-economico. Solo così probabilmente si potrà contribuire a salvare  un terzo degli oceani del pianeta entro il 2030.

Callum Roberts, biologo marino presso l'Università di York: "È drammatica la velocità con cui le zone d’Alto mare stanno perdendo le loro specie più iconiche..."Perdite eccezionali di uccelli marini, tartarughe, squali e mammiferi sono la conseguenza di un sistema di governance sbagliato, a cui i governi riuniti alle Nazioni Unite devono porre rimedio subito. Questo rapporto mostra come sia possibile progettare una rete di aree protette distribuite nelle acque internazionali di tutto il mondo".

La dott.ssa Sandra Schoettner della campagna Oceani internazionale di Greenpeace:

..."Purtroppo, gli oceani oltre i confini nazionali sono lasciati in balia dell’interesse di pochi Stati ricchi e potenti. Chiediamo ai Governi di tutto il mondo un Accordo Globale per garantire una adeguata protezione delle aree d’alto mare, riformandone le regole di gestione per tutelare un patrimonio comune dell’umanità. Questo rapporto dimostra che abbiamo già tutte le conoscenze scientifiche per farlo".

fonte: alternativasostenibile.it