A CURA DI

AVV. ANTONELLA ROBERTI

RIMBORSO SOMME SISMA SICILIANO: ESEMPIO DI TRATTAMENTO FISCALE DEGLI EVENTI SISMICI IN ITALIA

Autore: Avv. Marco Lacagnina

 

L'annosa vicenda di cui in intestazione, molto dibattuta tanto a livello giurisprudenziale quanto a livello normativo, concerne un aspetto rilevante della ben nota questione relativa alla definizione agevolata dei debiti tributari per gli anni 1990, 1991 e 1992, nei Comuni interessati dagli eventi sismici dei primi anni 1990.

Ed invero, il citato provvedimento facilitativo di cui sopra, preceduto dai corrispondenti contenziosi tributari di specie, trovava normativamente disciplina nell’art. 9 com. 17 della L. 289/02; esso prevedeva la possibilità per tutti i contribuenti individuati ai sensi dell’art. 3 dell’O.M. 21 dicembre 1990 del Ministero per il Coordinamento della Protezione Civile, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, e residenti nelle province isolane di Catania, Ragusa e Siracusa, interessate dal Sisma del 13 e 16 dicembre 1990, di definire in maniera automatica la propria posizione relativa al pagamento di tributi e contributi per gli anni 1990-1991-1992.

La definizione degli anni impositivi citati, si perfezionava versando entro il termine fissato ab origine il 16 aprile 2003, poi prorogato - dopo vari slittamenti legislativi - definitivamente al 31 marzo 2008, l’intero ammontare dovuto per ciascun tributo a titolo di capitale, diminuito - a mente di questa ultima previsione di legge - al 10 %; il perfezionamento della definizione agevolativa, comportava gli effetti liberatori per colui che versava, siccome esplicati al comma 10 della stessa legge di previsione.

Giova premettere in materia di detti provvedimenti favoritivi come, in occasione di eventi riconosciuti avere il carattere della eccezionalità (terremoti, alluvioni, trombe d'aria, eruzioni vulcaniche, etc.), il governo possa intervenire con provvedimenti di sospensione degli adempimenti tributari, per quei contribuenti che sono stati colpiti, nel corso dell'anno, da calamità naturali.

L'agevolazione fiscale, si precisa, è soltanto una delle misure esperibili in favore delle popolazioni colpite dalle anzidette calamità della natura, e fa seguito generalmente, a provvedimenti aventi efficacia immediata (D.L.), con cui viene dichiarato lo stato di emergenza nei territori interessati.

La possibilità di sospendere i termini per l'adempimento degli obblighi tributari, è prevista in via generale dall'articolo 9, comma 2, della Legge n. 212 del 2000, noto come Statuto dei Diritti del Contribuente, ove si attesta che: "con proprio decreto il Ministro delle finanze, sentito il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, può sospendere o differire il termine per l'adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti interessati da eventi eccezionali ed imprevedibili".

Sono oggetto dell'anzidetta sospensione, gli adempimenti relativi alla presentazione della dichiarazione, ai versamenti dei vari tributi e, per i sostituti d'imposta, all'effettuazione delle ritenute alla fonte.

Con riferimento all'obbligo di versamento dei tributi sospesi, occorre dire che il recupero non è automatico al termine del decretato periodo di sospensione, ma è sempre disciplinato con un proprio decreto, dall'organo della P.A. di riferimento che stabilisce tempi e modi della ripresa della riscossione, oppure, come è avvenuto recentemente nel caso dei contribuenti alluvionati della Liguria e della Toscana, con un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate.

Il citato provvedimento normativo, veniva preceduto in passato da similare statuizione, ed invero, art. 5 comma 5-ter della Legge 24 febbraio 1992, n. 225, il quale prevedeva, al  primo capoverso, che  a seguito  della dichiarazione dello stato di emergenza, i soggetti interessati da eventi eccezionali e imprevedibili che subiscono danni  riconducibili agli stessi, compresi quelli relativi alle abitazioni e agli immobili sedi di attivita' produttive, possono fruire della sospensione o  del differimento per un periodo fino a sei mesi,  dei  termini  per  gli adempimenti e i versamenti dei tributi e dei contributi previdenziali e assistenziali, ed ancora, dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali.

La legge in questione, proseguiva poi al secondo capoverso, prevedendo che la  sospensione  ovvero  il differimento  dei  termini  per  gli adempimenti e per i versamenti tributari e contributivi, sono disposti con legge che deve assicurare piena corrispondenza, anche dal  punto di vista temporale, tra l'onere e la relativa copertura  finanziaria, e  disciplinati  con  decreto  del Ministro dell'economia  e  delle finanze, sentita la Presidenza del Consiglio dei  Ministri,  nonche' per quanto attiene ai versamenti contributivi, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Vale la pena specificare come la predisposizione della sospensione temporanea della riscossione dei tributi (e contributi) de quibus, acconsente che il contribuente che decide di aderirvi, venga esonerato temporaneamente da ogni adempimento tributario (contributivo) in questione.

Di contro, è bene precisare come con norme successive (a mezzo di Leggi Finanziarie oggi Leggi di Stabilità), non possano invece essere prorogati o modificati durante il maturare delle scadenze fiscali, se non per fatti eccezionali di natura diversa (individuati sostanzialmente nella impossibilità oggettiva degli uffici di funzionare, etc.), li termini di decadenza e prescrizione per gli adempimenti tributari previsti a carico dell'Amministrazione Finanziaria o degli Enti locali, poichè ciò è ritenuto in contrasto con lo Statuto dei Diritti del Contribuente (si veda art. 3) e la Normativa Comunitaria.

Quanto sopra, comporta che gli organi competenti (e centrali e/o periferici) della P.A., non sono esentati dall'obbligo di notificare ai contribuenti che risiedono (o risiedevano) in regioni e/o città che beneficiano (o beneficiavano) della misura sospensiva, atti interruttivi della decadenza e/o prescrizione pur non procedendo, durante lo stabilito regime di sospensione, a compiere atti esecutivi di riscossione dei tributi (contributi) interessati dal provvedimento sospensivo. a

Va da sè che, trattandosi di provvedimenti temporali destinati ad essere successivamente caducati, vi sono stati contribuenti i quali, piuttosto che incorrere in future e prevedibili richieste di corresponsione dei tributi prima sospesi, accavallantesi con le correnti scadenze di pagamento di annualità successive non soggiacenti a sospensione (es.: anno '93, '94, etc.), si sono determinati, pur potendo beneficiare della misura sospensoria, a pagare ugualmente ed integralmente le imposte-tasse (e contributi) loro richieste, a dispetto del differimento della loro esigibilità.

Diversamente, v'è stato un numero cospicuo di contribuenti isolani delle provincie interessate dal Sisma degli anni '90, che ha deciso di aderire alla misura (per così dire) agevolativa, beneficiando dunque di una posticipazione dei relativi pagamenti dei tributi (contributi) di specie.

Le (due) distinte situazioni territoriali rappresentate, sono poi sfociate nella contrastante circostanza per cui, disposta ex lege la ripresa della esigibilità del pagamento degli anni impositivi prima sospesi (1990-'91-'92), i contribuenti interessati, vuoi per carenza di liquidità, vuoi per le difficoltà economiche subite a causa delle conseguenze dannose (necessità di compiere lavori di consolidamento/ristrutturazione del proprio appartamento, abbandono di immobili irrimediabilmente danneggiati, inagibilità di altre strutture edilizie utilizzate per lo svolgimento di attività imprenditoriali/commerciali) provocate dal noto evento sismico, non hanno spontaneamente adempiuto al dovutum, creando così un consistente vuoto economico nelle pianificazioni finanziarie in entrata dello stato/enti periferici locali.

Il paese italiano e per esso le strutture amministrative periferiche de quibus, piuttosto che esporsi ad un'indifferenziata attività di riscossione, certo gravante - come anticipato sopra - sulle previsioni di spesa del proprio bilancio annuale e pluriennale, ed a fronte altresì di un altrettanto prevedibile contenzioso tributario in materia, optava per una misura di condono/agevolazione risolutiva e preventiva di tutto ciò.

In ragione di quanto riportato, con Legge Ordinaria n. 289/02, si è prevista la possibilità per tutti i contribuenti, di definire in maniera automatica la posizione relativa al pagamento dei tributi e contributi per gli anni 1990-1991-1992 impagati, versando, entro un termine prorogato in più occasioni sino alla data ultima del 31 marzo 2008, soltanto il 10% del relativo debito tributario.

L'adesione in massa di molti contribuenti rimasti nel tempo inadempienti degli obblighi tributari a proprio carico, determinava però una profonda dicotomia avente espressi rilievi/riflessi di carattere costituzionale. Ci si riferisce in particolare alle previsioni di cui agli artt. 3, 53 e 97 della stessa, poichè v'erano coloro i quali si liberavano versando all'erario solo il 10% di quanto risultava a proprio debito, e quelli invece che, pur potendo in passato beneficiare della identica misura sospensiva del pagamento, avevano ugualmente adempiuto integralmente ad ogni proprio onere tributario e contributivo di riferimento, corrispondendo invece il 100%.

Quanto da ultimo esposto, ha sostanziato le motivazioni di numerevoli pronunciamenti del Supremo Consesso (si cfr.: C.Cass., sent. n. 20641/07; ed ancora: sent. n. 11247710 - 22507/12 - 12084/2012 - 10242/13), a mente del quale i contribuenti adempienti in toto sin ab origine, potevano legittimamente avanzare nei confronti delle rispettive A.F. territoriali, domanda di rimborso (del 90%) delle maggiori somme versate, su cui in concreto si formava il silenzio-rifiuto da parte dell'ente pubblico ricevente le stesse, ed avverso cui venivano conseguente proposti i ricorsi tributari - ad oggi in preponderanza ancora pendenti - che meritavano accoglimento.

Sulla vicenda che ci occupa, interessante è apparso il ragionamento parallelamente fatto dalla giurisprudenza di merito delle C.T.P. e C.T.R., investite dalla decisione (appello) riguardo i contenziosi in questione.

In particolare, meritevole di citazione è apparso il pronunciamento di merito della C.T.R. Sicilia - Sez. Dist. Catania (sent. n. 24/31/09 del 08/01/09), la quale ha riconosciuto accoglibile la domanda giudiziaria di rimborso presentata da un contribuente, richiamando per l'appunto il favorevole principio affermato dalla Corte di Cassazione nella nota sentenza n. 20461/07,                        depositata l’1.10.2007.

A ragione di essa, si è ritenuto spettasse al contribuente (ricorrente) il riconoscimento della riduzione ad un decimo del carico fiscale (risultando tale importo parzialmente non dovuto ex post, per effetto dell’intervento normativo cui va riconosciuto il carattere di ius superveniens, favorevole al contribuente nel contesto di un indebito sorto ex lege), in quanto, diversamente operando, discenderebbe una diversa misura dell’obbligazione fiscale e, quindi, un’ingiusta, illogica ed illegittima sperequazione di trattamento tra contribuenti che si fossero trovati nelle stesse condizioni di svantaggio, in palese violazione degli art. 3 e 53 della Costituzione.

Secondo i Giudici di Secondo grado, al fine di evitare disparità di trattamento tra il contribuente che ha versato una somma notevolmente superiore alla percentuale del 10%, stabilita dall’art. 9 comma 17 della legge n. 289/2002, e coloro che si sono limitati, addirittura entro il 31 marzo 2008, dopo ben oltre 17 anni dall’evento sismico, a corrispondere appena il 10% calcolato, oltretutto, sulla sorte capitale dei tributi dovuti per i periodi d’imposta 1990, 1991 e 1992, è apparso corretto che fosse riconosciuto il diritto al rimborso nella misura del 90% , con conseguenziale rigetto dell’eccezione di irripetibilità della maggiore imposta versata, formulata dall’Ufficio resistente.

Dal principio congiuntamente espresso tanto dai Giudici di Secondo grado quanto dalla Corte di Cassazione, si può agevolmente ricavare come con la disposizione di cui al comma 17 dell’art. 9 della legge n. 289/2002, il legislatore ha voluto stabilire un principio di carattere generale, in base al quale tutti i contribuenti interessati dal Sisma del 1990, debbono pagare soltanto il 10% del relativo debito tributario, spettando di contro a coloro i quali hanno versato l'intero (100%), il rimborso (90%) di ogni versamento in eccesso.

Di identico segno, altre decisioni conclusive assunte dalla Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa (si vedano: C.T.P. Sr, sent. n. 471/1/13 e n. 458/2/12), di cui viene riportata per sintesi espositiva la massima sostanziale.

Ed in specie, secondo una sequenza di variegati provvedimenti legislativi, si era deciso che i contribuenti e le imprese delle provincie siciliane interessate dal terremoto, a seguito della sospensione del pagamento delle somme dovute al fisco, potevano definire le stesse solo con il versamento del 10%.

Il termine ultimo per versare le predette somme, venne da ultimo statuito nella data del 30 marzo 2008.

Tuttavia, chi aveva pagato per intero le proprie obbligazioni tributarie relative agli impositivi 1990-'91-'92, denunciava così di trovarsi in una situazione d'ingiustizia, tant'è che i medesimi pensarono bene di chiedere il rimborso del 90% di quanto versato a suo tempo. La Corte di cassazione con la già citata sentenza n. 20461/07 del 2007, aveva dato ragione al contribuente, ed ha continuato a farlo.

Forte dunque del consolidato orientamento del giudice di legittimità, anche nel caso di specie, la C.T.P. Sr non ha avuto dubbi nel riconoscere la giusta corresponsione in favore del contribuente/ricorrente.

A fini esaustivi della presente vicenda, occorre a questo punto analizzare e dare altresì notizia delle diverse conclusioni a cui pervenivano le A.F. territoriali, destinatarie in primis delle domande di rimborso somme versate in eccedenza con richiesta di restituzione della differenza del 90%, ed in secundis della notifica dei conseguenziali ricorsi tributari causa l'inevasa corresponsione di quanto domandato dai contribuenti.

Le A.F. originariamente spiegavano il proprio silenzio-rifiuto (o ipotesi assai residuale, il rigetto espresso) delle relative istanze di rimorso somme sisma '90 e ss., ancorandolo alla circostanza per cui - a proprio dire - la normativa di riferimento, non avesse previsto nella materia che ci occupa, la restituzione dei maggiori versamenti effettuati all'epoca da coloro i quali non avevano voluto o potuto beneficiare sia della misura sospensiva in questione, che della successiva misura di estinzione delle pendenze tributarie impagate, tramite il versamento della determinata somma estintiva (10% dell'ammontare dovuto, siccome disposto ex L. n. 289/02 e ss.).

Trascurando di prendere posizione in ordine al primo motivo di obiezione, ormai superato dai molteplici pronunciamenti del Supremo Giudice delle Leggi, come sopra ampiamente riportato, appare pregevole ed altresì complessa nelle sua soluzione, il secondo dei motivi addotti dall'A.F., in ordine all'accoglimento delle esposte difese, con cui richiedevano consequenzialmente il rigetto delle relative domande contenziose dei contribuenti/ricorrenti.

Più precisamente, l'A.F. territoriale, ha sostenuto la tesi difensiva secondo cui sarebbe in ogni caso tardiva, la domanda di restituzione somme avanzata dai contribuenti oltre i periodi anni 2004-'06 (con riguardo rispettivamente al triennio 1990-'91-'92), poichè effettuata oltre i 48 mesi (4 anni) dal versamento delle imposte, ciò ai sensi degli artt. 37-38 del D.P.R. 602/73.

Sul punto nodale di cui prima, è bene precisare preliminarmente come nel tempo si siano alternate anche pregiate decisioni delle C.T.P. territoriali (si cfr.: C.T.P. Ragusa con la sentenza n. 56/1/11), le quali hanno con ampie e - se vogliamo - apprezzabili ricostruzioni, escluso a priori come il contribuente potesse incorrere (in materia) in alcuna decadenza de quo.

Recisamente, è stato osservato che <<trattasi tuttavia di indebito non riconducibile alla fattispecie dell'indebito oggettivo disciplinato dall'art. 2003 c.c., a tenore del quale chi esegue un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato entro il termine prescrizionale ordinario decennale previsto dall'art. 2946 c.c.>>. Ed ancora: <<Questo Collegio non ritiene tuttavia applicabile l'art. 38 com. I, D.P.R. n. 602/73, ................ Le ipotesi ivi previste (errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell'obbligo di versamento) risultano invero del tutto differenti, e non applicabili per analogia, alla fattispecie oggetto di esame, che vede il sorgere dell'indebito per effetto di una norma sopravvenuta che modifica (a differenza delle ipotesi previste dalla succitata norma) l'originario rapporto tributario intercorrente tra lo Stato ed il contribuente>>.  

Diversamente, sulla questione nodale ut supra evidenziata, il Giudice di Legittimità ha preferito introdurre più compiutamente, un termine di decadenza dell'azione promossa dal contribuente che, comunicata all'A.F. competente la relativa istanza di rimborso somme, quale differenza di quanto pagato in eccedenza rispetto a chi ha beneficiata della misura agevolativa di legge, procedeva poi a seguito del silenzio-rifiuto (le ipotesi maggiori a fronte di esplicite comunicazioni di rigetto) formatosi avverso la stessa, a proporre il corrispondente giudizio contenzioso.

Più precisamente, si riporta qui un'interessante massima della Corte di Cassazione, la quale con l'Ordinanza n. 22507 del 11 dicembre 2012, resa all'udienza del 7 novembre 2012, stabiliva come il contribuente ha diritto al rimborso del 90%, avendo presentato l'istanza a norma dell'articolo 38 del DPR 602/1973, cioè entro 48 mesi dal 31 marzo 2008, termine per ricorrere alla sanatoria con lo sconto del 90% dei tributi del triennio 1990-1992. Non sussiste perciò alcuna ipotesi di decadenza nei confronti dei cittadini/contribuenti che hanno presentato l'istanza de quo, entro il 31/03/2012.

E' questa la ricostruzione prevalente se non addirittura univoca del dato normativo in materia (decadenza o meno dell'azione del contribuente), a cui sono sostanzialmente giunti tanto il Supremo Consesso, quanto la giurisprudenza di merito predominante delle Commissioni Tributarie.

Va infine registrata, un recentissima determinazione del Parlamento italiano il quale, con provvedimento esitato nel dicembre 2014, ha forzosamente statuito lo spostamento a marzo del 2010, della scadenza utile per la presentazione delle istanze di rimborso maggiori somme versate, così impegnando in bilancio pluriennale, i primi 90 milioni di euro per i cittadini contribuenti della provincia di Siracusa, assieme ad una parte di quella di Catania e Ragusa.

L’emendamento originario presentato alla competente Commissione Bilancio della Camera, assai più retto e meglio rispondente quanto meno al dato normativo/letterale della materia che ci occupa, in verità prevedeva la scadenza del marzo 2012, e 100 milioni già impegnati per il 2015.

Una modifica introdotta dall'attuale Governo italiano, prima alla Camera e poi al Senato, lo ha invece trasformato, modificandolo nella citata data del Marzo 2010; ragioni tutte per cui, i 90 milioni sono stati divisi nei tre anni finanziari a venire (2015-2016-2017), e Marzo 2010 è stato fissato quale termine utile ultimo per la presentazione delle relative istanze di rimborso somme                     sisma '90-'91-'92. Si osserva innanzitutto come le conclusioni a cui è giunto il nostro Legislatore nel succitato provvedimento normativo, non risultano in alcun modo ancorati ad alcun riferimento di leggi in materia.

Quanto prima, senza trascurare la "forzatura" che già veniva operata a monte, con la determina di un termine di decadenza in merito (48 mesi), a dispetto dei superiori divieti dell'analogia vigenti generalmente in materia tributaria, stante che la decadenza ivi prevista e disciplinata (ipotesi del tipo: errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell'obbligo di versamento) concerne fattispecie del tutto distinte rispetto a quella a cui viene applicata (rimborso maggiori somme versate a seguito del varo di successivo provvedimento agevolativo).

Il nuovo termine decadenziale così determinato, appare frutto più di precisa volontà politico/economica, piuttosto che intento ad assicurare giustezza e giustizia in merito alla vicenda che ci occupa, prestando già il fianco sin da ora, a numerevoli richieste di rinvio - da parte dei difensori dei contribuenti e delle relative associazioni di categoria - alla Corte Costituzionale, per un giudizio di costituzionalità (art. 3-53, etc.) sulla stessa legge che lo prevede.

A completamento dell'argomentato testè sviscerato, non resta che tracciare la posizione assunta in via di principio generale dalla U.E. (Unione Europea), nei riguardi di paesi come il nostro che, ricorrendo con una certa frequenza a provvedimenti di condono-sanatoria, al fine deflattivo di numerosi contenziosi tributari relativi a posizioni debitorie (iscritte vieppiù al ruolo o trasfuse in avvisi accertamento immediatamente esecutivi) scaturenti da ipotesi di dubbia soluzione normativa/interpretativa, violerebbero la normativa comunitaria del divieto assoluto degli Aiuti di Stato e/o violazione del principio di leale e legittima concorrenza tra paesi europei.

Vale la pena premettere prima di ogni altra disquisizione in merito come, il fenomeno che forma oggetto della presente esposizione, coinvolge non già il paese Italia nella sua interezza, ma esclusivamente un numero ridotto di cittadini e/o imprese residenti e/o operanti nelle provincie siciliane (Siracusa, Catania, Ragusa), che vennero colpiti/e dalle conseguenze devastanti di un evento naturale di travolgente portata, causativo di gravi danni alla stessa economia.

Ciò premesso, si rappresenta che la Corte di Giustizia dell'U.E. ha "bacchettato" in particolare l'Italia, in ordine alla emanazione del condono c.d. tombale (L. n. 289/02), ma limitatamente ai suoi effetti in ordine al condono delle pendenze tributarie Iva, e non già sotto gli altri profili relativi alle distinte debenze tributarie (irpef, etc.) dei primi anni '90.

Intervenuto più volte a pronunciarsi il Supremo Giudice che vigila sulla legittimità delle leggi italiane, lo stesso è stato però di avviso diverso rispetto all'intendimento della U.E.

In ogni caso, giova esporre come con la normativa di cui alla L. n. 289/02 e ss. modifiche/integrazioni, si ritiene che la stessa sia stata approntata non per finalità di riscossione tributaria (considerato l'esiguo numero di soggetti coinvolti), ma di solidarietà sociale, assicurando così che l'incentivazione all'effettuazione del pagamento del 10% dei tributi dovuti, e prima sospesi, non squalificasse il buon intento di coloro i quali ab origine, corrispondevano l'intero, trascurando di ricorrere anch'essi, alla normativa agevolativa di comminata sospensione temporanea della riscossione dei tributi anni 1990-'91-'92.

Ad ulteriore adiuvandum delle determinazioni conclusive su esposte, sovviene il fine ragionamento seguito dalla Commissione Tributaria Regionale Catanese di II°, nella (già citata) sent. n. 24/31/09 del 08/01/09, secondo cui la disposizione in esame (art. 9, com. 17, L. n. 289/02), è stata inserita “forzatamente all’interno di una norma di condono ma che tale non è, poichè le somme sanate nella fattispecie non riguardano comportamenti omissivi, evasivi o illegittimi. Infatti, tutti i contribuenti che hanno usufruito dell’art. 9 comma 17 erano, all’epoca del caso del provvedimento, debitori nei termini e come tali sono stati destinatari da parte del legislatore di un contributo a fondo perduto sotto forma di cancellazione del debito tributario”.

La fattispecie in esame, pertanto, è del tutto estranea alla tecnica ed alle finalità del “condono fiscale” che, lungi dal rendere non dovuti (o dovuti in misura inferiore) i pagamenti effettuati, si limita in via eccezionale, per ragioni connesse ad esigenze della finanza pubblica, a collegare il pieno effetto liberatorio dell’obbligazione all’adempimento anche solo parziale (10% del                    debito originario).

In sostanza, il legislatore dell’art. 17 comma 9, accordando la riduzione al 10% del debito tributario, non ha inteso incentivare i pagamenti dei tributi dovuti e non ancora effettuati (il pagamento dei tributi era regolarmente sospeso), ma soltanto stabilire per il passato una più favorevole agevolazione per tutti i contribuenti interessati dal sisma del dicembre 1990, disponendo, in considerazione anche dei gravi danni derivanti dal sisma 90 in termini economici e per uniformità di regolamentazione, che tutti i contribuenti sono tenuti ad effettuare solo il pagamento del 10% dei tributi dovuti.

La prova e valida conferma che la definizione del 10% non ha nulla a che vedere con il vero e proprio “condono fiscale”, si rinviene anche nella circostanza che i contribuenti non erano tenuti a presentare alcuna istanza o comunicazione di “condono”, né tantomeno, tale incombenza è stata prevista in via amministrativa.

In altri termini mentre per i veri e propri “condoni fiscali” (art. 7, art. 8, art. 9, comma 1 art. 9/bis, art. 15, art. 16) il legislatore ha previsto espressamente la presentazione di apposita istanza mediante cui il contribuente era obbligato, a pena di inefficacia, a manifestare espressamente la propria volontà di definizione, nulla, invece, è stato previsto per il sisma ’90 se non il mero pagamento del 10% del debito tributario residuo.

 

 

Avv. Marco Lacagnina c/o St. Leg. & Trib. Avv. Salvatore Bianca - CAT SIRACUSA