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Intelligence, magistratura e (in)formazione: dal “Triangolo delle Bermude” alla “Triplice Alleanza”

Autore: prof. Fabrizio Giulimondi*

 

Nuovo approccio culturale nei confronti dei Servizi di informazione.

In Italia esiste da tempo un clima culturale non favorevole al riconoscimento della funzione esercitata dagli apparati della sicurezza nazionale. La diffidenza nei confronti degli organismi informativi nasce da quell’idea di “Servizi deviati” oramai radicata nella pubblica opinione a causa di una lunga sequenza di avvenimenti da cui è stata segnata la storia italiana della seconda metà del Novecento[1].

La stessa Corte costituzionale con la decisione n. 86 del 77[2] fece venire il sospetto di esserne influenzata nel dettare il decalogo del segreto di Stato, avendo cura di precisare: non potranno mai essere oggetto di segreto di Stato i fatti eversivi dell’ordine costituzionale, in ragione del fatto che in queste ipotesi il segreto non consentirebbe la tutela dell’esistenza e della sopravvivenza stessa dello Stato democratico;  conseguentemente, ciò che attenta allo Stato democratico non può essere protetto con il segreto. La legge 24 ottobre 1977, n. 801[3], recepì integralmente tali indicazioni e la legge 3 agosto 2007, n. 124, l’ha reiterate. A seguito dell’approvazione di questa normativa sono stati creati spazi di comunicazione, punti di convergenza o, se si preferisce, interazione tra due universi sino ad allora paralleli: intelligence e magistratura. A mero titolo esemplificativo, si ricorda la facoltà del Presidente del Consiglio dei Ministri di richiedere all’Autorità Giudiziaria competente, direttamente o a mezzo del Direttore Generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, copiadegli atti di procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto ritenute indispensabili per lo svolgimento delle attività di intelligence e ciò, anche in deroga al divieto stabilito ex art. 329 c.p.p. relativo al segreto istruttorio. Allo stesso modo, è opportuno ricordare che all‘Autorità giudiziaria, è consentito l’accesso e la visibilità degli atti che si trovano presso gli Uffici dei Servizi, a mente dell’art. 256 bis c.p.p., introdotto dall’art. 15 legge 124/2007. Invero, ogniqualvolta la magistratura adotti provvedimenti che incontrino l’opposizione del segreto di Stato, sembra di assistere ad un movimento di zolle tettoniche scatenanti energie conflittuali.

Occorrono sismografi che siano i grado di rilevare queste scosse telluriche e, ancor meglio, riescano a prevenirle intercettandone le cause prima che provochino deleteri pregiudizi alle Istituzioni.

Porre mano alla costruzione di una nuova cultura della sicurezza è indispensabile per realizzare questa opera preventiva, collaborativa e risolutiva di questioni che coinvolgono articolazioni pubbliche troppo importanti per non farle dialogare in modo saggio e costruttivo.

E’ necessario operare, innanzitutto, incisive revisioni semantiche e concettuali senza cadere in una orwelliana neo-lingua.

Atteso che gli organismi di informazione per la  sicurezza sono al Servizio dell’interesse nazionale e che le informazioni sono alla base delle  decisioni politiche, la prima revisione terminologica riguarda proprio  il vocabolo  “intelligence[4] al quale, quando è usato in senso soggettivo, conviene sostituire sintagmi come “apparati di sicurezza dello Stato”, intesi come insieme di strutture governative impegnate nella raccolta e nell’analisi di informazioni di fonte aperta o coperta, volte a comprendere quali pericoli corra la sicurezza della Repubblica, per poi decidere le azioni necessarie per tutelarla.

Altrettanto congrua è la chiarificazione concettuale al fine di ridurre l’eccessiva sovrapposizione tra la nozione di ordine e sicurezza pubblica e quella di sicurezza nazionale[5]. Siffatte nozioni sono innegabilmente connesse fra di loro eppure nettamente distinte, corrispondendo ad esse due diverse missioni dell’Amministrazione statale: la prima garantisce la pacifica convivenza dei cittadini e il loro diritto ad essere “liberi dalla paura”. Tradizionalmente questo compito veniva assolto in via esclusiva dall’apparato statale, mediante le Forze di Polizia e, nei casi di ricorso allo strumento del processo penale, dalla magistratura e gli uffici giudiziari. Oggi il proscenio è mutato, perché all’azione delle amministrazioni statali si è affiancata quella delle autonomie locali, in particolare quelle comunali, venendo alla ribalta una “sicurezza partecipata”[6].

La seconda, ossia la tutela della sicurezza nazionale, persegue l’obiettivo della sopravvivenza stessa della Repubblica e comprendente la sua integrità territoriale, l’autonomia delle Istituzioni democratiche sulle quali è fondata, la libertà di perseguire gli interessi fondamentali per la Comunità nazionale.

Si può ritenere che troppe volte in Italia l’atteggiamento nei confronti dei Servizi di informazione sia stato circondato da un’aura simile a quella che cinge le lobby quando entrano in contatto con il circuito politico-parlamentare. Il lobbying[7] immette nel procedimento legislativo informazioni preziose, grazie alle quali è possibile delineare al meglio il quadro dei rapporti economici, finanziari, commerciali e sociali sui quali una emananda normazione andrà ad incidere, scrutando e prevedendo quali potranno essere gli effetti della nuova normativa in termini di costi-benefici macro e micro economici e finanziari, oltre che sociali. L’opinione dominante, purtroppo, vede ancora i lobbisti come una realtà “semi - malavitosa” che deve stare fuori la porta delle Istituzioni.

Parimenti accade per i Servizi di informazione, dei quali si parla quasi esclusivamente per mettere in evidenza ciò che non va, mentre viene spesso tenuto nell’ombra il contributo informativo che essi forniscono al corretto funzionamento non solo delle strutture pubbliche, ma anche di quelle private.

Sorge più che mai la necessità di promuovere e diffondere una cultura della sicurezza che richieda anche un lavoro puntiglioso per migliorare la percezione che la società civile abbia degli apparati della sicurezza dello Stato, delle missioni loro affidate e, per quanto possibile, di ciò che fanno per svolgerle nel rispetto della Costituzione e delle leggi[8].

In questa opera di restyling sostanziale e contenutistico, oltre che comunicativo e formativo, le dinamiche della globalizzazione inducono gli operatori del settore a reinterpretare e reimpostare il concetto stesso di difesa dell’indipendenza dello Stato, dell’integrità del territorio nazionale e delle Istituzioni democratiche. La concezione della sicurezza si dilata, ampliando  gli orizzonti dei Servizi di informazione.La dimensione economica costituisce il nuovo “sistema solare”in direzione del quale i Servizi debbono estendere la propria potestas decidenti et agendi, che trasla – senza abbandonarlo -  dal piano della sicurezza pubblica a quello dell’interesse nazionale[9].

E’ lungimirante e comunitariamente orientato interpretare la nozione di sicurezza nazionale in senso evolutivo e comprensivo della tutela degli interessi nazionali anche di natura economico-finanziaria. I Servizi di informazioni e sicurezza possono essere chiamati a operare per proteggere le grandi imprese specie se di rilevanza nazionale strategica.

Viviamo, infatti, in un epoca in cui, venuta meno nel 1989 “la Cortina di Ferro”e, con essa, la netta separazione tra “amici” e “nemici”, vengono a stagliarsi fra gli stessi Stati Membri dell’Unione europeacompetitor commerciali che gareggiano fra di loro, non sempre nel rispetto delle prescrizioni imposte loro dai Trattati e dalle legislazioni nazionali.

Molti ordinamenti si sono dotati di strumenti atti a rafforzare il proprio dominio economico non solo al proprio interno ma anche dentro altrui territori e in seno alla sfera internazionale. Basti pensare al lavorio francese di organizzare un’intelligence economica già alla fine degli anni ’80 sotto la presidenza Mitterand, sfociata nel 1997 nella istituzione della École de guerre économique[10] per volontà del Presidente Chirac.

Le riforme sui Servizi che si sono succedute negli States, a partire da quella nel 1994 congeniata dalla presidenza Clinton, hanno conferito alla CIA il mandato di tutelare e promuovere il benessere economico degli americani, seguendo gli sviluppi politici, economici, sociali e militari in tutte le parti del mondo, in ogni settore ove siano coinvolti interessi statunitensi[11].

Compito di una intelligence istituzionale “a passo con i tempi”, di conseguenza, è il reperimento delle informazioni necessarie a tutelare gli interessi anche economici, finanziari e commerciali della propria Nazione nella competizione infra-statuale.

La legge 124 del 2007 intercetta questo cambio di passo, che poi nel tempo è stato avvertito all’interno della Comunità nazionale come ha ben evidenziato il rapporto dell’Eurispes 2016 (in riferimento all’anno 2015)[12], che indica nel 64% l’indice di gradimento degli italiani nei confronti degli apparati di sicurezza. 

La cennata normativa contiene alcune previsioni alla luce delle quali possono trarsi interessanti piste ermeneutiche: l’art. 30, comma 2, legge 124/2007, stabilisce che il COPASIR verifichi che l’attività si svolga “nell’esclusivo interesse e per la difesa della Repubblica e delle istituzioni”; l’art. 39, comma 1, invece, che: “Sono coperti dal segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recare danno all’integrità della Repubblica anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, all’indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato.”.

Tali disposizioni legittimano una funzionalizzazione dell’opera dei Servizi di informazione e sicurezza anche a tutela di interessi economici di carattere strategico-nazionale, qualificati come tali attraverso una precisa assunzione di responsabilità politica.

Queste innovative considerazioni sono inverate nella stessa intitolazione della riforma del 2007 “Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica”, essendo evidenziate in modo inequivocabile che le attività esercitate dalle Agenzie non sono finalizzate solamente alla difesa dello Stato nelle sue componenti fondamentali (Popolo, territorio e sovranità), ma si dilatano sino a comprendere il complesso degli interessi della Comunità nazionale.

 

Formazione e intelligence[13]

La formazione assume un’importanza tattica e strategia in una visone di lungo periodo, ineludibile dentro un teatro non soltanto nazionale, ma anche europeo ed internazionale.

La formazione delle persone chiamate a lavorare negli apparati della sicurezza dello Stato e, in prospettiva, ad assumervi responsabilità verticistiche, rende sempre più necessario un contatto, un interscambio, un’osmosi tra questo mondo e quello accademico e magistratuale. Un approfondimento delle tematiche legate alla sicurezza interna ed esterna dello Stato ad opera dei magistrati può aiutare questi ultimi a meglio comprendere certi “meccanismi”, rafforzando ulteriormente il proprio rilevante ruolo nel contrasto al terrorismo di matrice politica e religiosa.

Un esempio ci giunge dal mondo anglosassone, dove la intelligence community attinge assai spesso all’Accademia[14], non solamente in termini di contributi alle attività di analisi, ma anche e soprattutto in termini di formazione e selezione del personale da assumere. 

Le accennate valutazioni mettono a fuoco due esigenze fondamentali: la prima è quella di fare dello studio dell’intelligence un momento integrante della cultura accademica, inserendola nei programmi universitari; la seconda è relativa alla formazione specifica, necessaria a preparare i professionisti del settore, con particolare riferimento a quelli da impiegare nelle attività di analisi delle informazioni raccolte, attività che rivestono oggi un’importanza crescente. Gli atenei possono e debbono svolgere un ruolo fondamentale, preparando le nuove generazioni di laureati ad affrontare con professionalità le innumerevoli e proteiformi criticità legate alla sicurezza nazionale, oltre apprendere le tecniche di informazioni a quest’ultima correlate. Parimenti, il Consiglio Superiore della Magistratura e i Consigli Giudiziari possono fornire il loro decisivo e autorevole contributo ad un settore in cui giudici e pubblici ministeri non possono non essere coinvolti.

 

Intelligence e magistratura

Imperativo categorico – rubando concetti alla filosofia kantiana – è la formazione di una classe professionale, a partire da quella magistratuale, che abbia nel proprio bagaglio tecnico - mutuando dal linguaggio economico - i “fondamentali” della cultura della sicurezza, la conoscenza delle missioni istituzionali dei Servizi di informazione, i limiti del loro modus operandi, l’apporto che si è in grado di fornire alla sicurezza dello Stato. Una classe dirigente e una magistratura che abbia contezza di cosa si possa chiedere a chi lavora per la sicurezza nazionale e che sia in grado di valutare criticamente le informazioni prodotte dai Servizi di informazione.

A questo proposito occorre sottolineare che raramente il “prodotto” dei Servizi è costituito da informazioni certe; al contrario, si tratta quasi sempre di notizie che, seppur attentamente vagliate sotto il profilo della affidabilità, sono assai spesso relative ad eventi probabili o solamente possibili. Spetta, dunque, al decisore politico la scelta sul se e come utilizzarle nell’interesse dello Stato e della Comunità nazionale[15].

Appare necessario creare un sistema di rapporti stabili tra il sistema della sicurezza nazionale, la magistratura ed il mondo accademico.

Non può mancare il coinvolgimento del “Quarto Potere” in questa operazione di collegamento fra Poteri e Funzioni dello Stato, al fine di attingere nel modo più efficace e risoluto la garanzia della sicurezza nazionale[16].

La creazione di un movimento culturale che, partendo dalle università, passi per la magistratura per coinvolgere progressivamente i mezzi di comunicazione di massa (cartacei, digitali e telematici), provocherebbe presumibilmente effetti benefici anche ai fini di una migliore percezione dell’intelligence da parte dei cittadini.

Lo stesso rischio di conflitti fra magistratura e quest’ultima è stato ridimensionato dalla innovativa riforma del 2007 che ha introdotto l’istituto delle “garanzie funzionali”[17], cause di giustificazione speciali per gli appartenenti ad AISE (Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna),all’ AISI (Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna) e a tutti coloro che, pur esterni ai Servizi, siano chiamati a cooperare con essi nel corso di attività autorizzate.

La scriminante in parola esclude la rilevanza penale (civile, erariale, contabile e disciplinare) degli atti realizzati dagli agenti dei Servizi nell’interesse superiore dello Stato che, altrimenti, sarebbero astrattamente configurabili come reati. Più volte, infatti, secondo una costante giurisprudenza[18], la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare che la Sicurezza dello Stato è bene giuridico prioritario prevalente sugli altri, fondamento di tutti gli altri.

Il disposto dell’art. 17 richiede che i comportamenti da scriminare ricevano una preventiva ed esplicita autorizzazione del Presidente del Consiglio o dell’Autorità delegata (solitamente un Sottosegretario alla Presidenza dei Ministri con delega ai Servizi o un Ministro senza portafoglio), da rilasciarsi volta per volta dopo un’attenta comparazione degli interessi istituzionali pubblici e privati in gioco. Non sussiste alcun elenco tassativo, poiché ciò avrebbe potuto condizionare o compromettere talune attività operative che, svolgendosi in condizioni fluide, magmatiche ed in continua evoluzione, sarebbero state difficilmente prevedibili ab origine.

Questo sistema elaborato a seguito del caso Abu Omar[19], rappresenta primariamente una garanzia per gli agenti, in quanto, col dato oggettivo dell’autorizzazione preventiva, viene eliminato ogni fraintendimento o rischio interpretativo successivo.

Non sono in ogni caso autorizzabili delitti destinati a mettere in pericolo o ledere la vita, l’integrità fisica, la personalità individuale, la libertà personale, la libertà morale, la salute o l’incolumità di una o più persone, o reati contro organi costituzionali o contro le assemblee regionali, contro i diritti politici del cittadino nonché altri delitti espressamente previsti dalla legge; né sono autorizzabili operazioni effettuate nelle sedi di partiti politici rappresentati in Parlamento o in un’assemblea o Consiglio regionale, nelle sedi di Organizzazioni sindacali o nei confronti di giornalisti professionisti iscritti all’albo; del pari, non sono autorizzabili i delitti contro l’amministrazione della giustizia, salvo che si tratti di condotte di favoreggiamento personale o reale indispensabili alle finalità istituzionali dei Servizi e regolarmente accordate, che non si sostanzino in false dichiarazioni all’autorità giudiziaria oppure nell’occultamento della prova del delitto.

A fonte di questa “licenza di delinquere”, l’ordinamento pone come limite una condizione di “proporzionalità”.Nella fase operativa l’agente dovrà valutare se le condotte antigiuridiche da lui poste in essere siano indispensabili e proporzionate al conseguimento degli obiettivi dell’operazione, procedendo ad una comparazione degli interessi pubblici con quelli privati coinvolti, in modo di recare il minor danno possibile agli interessi lesi.

E’ doveroso sottolineare, inoltre, che l’esistenza di una causa di giustificazione speciale non esclude l’applicabilità di quelle generali, che - anzi - potranno essere ravvisate in caso di inapplicabilità delle garanzie funzionali. Non solo. In forza delle disposizioni vigenti (similmente al sistema antecedente) il personale dei Servizi, anche quello transitato dai corpi di polizia, non riveste qualifica di polizia giudiziaria e, quindi, non è soggetto ad alcun obbligo (gravante sul pubblico ufficiale ex art. 331 c.p.p.) di denuncia all'autorità giudiziaria di fatti costituenti reato, bensì avrà l’obbligo di riferire al rispettivo direttore, che a sua volta informerà il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Spetterà, invece, ai direttori dei servizi ed al direttore del DIS (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza) il compito di fornire ai competenti organi di polizia giudiziaria le informazioni e gli elementi di prova relativamente a fatti configurabili come reati.

 

Intelligence, segreto di stato e magistratura

La tutela del segreto è la regola base del sistema di cooperazione tra Servizi ed è, quindi, di fondamentale importanza che le informazioni sensibili per la difesa degli interessi nazionali e della vita delle persone siano salvaguardate da tutti i Servizi in ogni circostanza.

La tutela del segreto nello scambio di informazioni con i Servizi stranieri trova fondamento nel nostro ordinamento costituzionale, coerentemente richiamata nella legge di riforma del 2007.

Il profilo del “segreto condiviso”, inteso come condivisione del segreto fra i diversi organismi appartenenti all’ordinamento italiano o a più ordinamenti, è costituzionalmente fondato sui doveri generali indicati dalla Carta: fedeltà alla Costituzione e alle leggi (art.54, comma 1, Cost, ); difesa della Patria (art.52 Cost.); doveri dei funzionari della Pubblica Amministrazione (art.54, comma2, Cost.); complesso di diritti e doveri in relazione all’appartenenza dell’Italia ad una organizzazione internazionale (art.11 Cost.).

Il processo penale[20]costituisce il luogo ove può sorgere una problematicità sulla condivisione del segreto di Stato, potendo sorgere un potenziale conflitto fra tutela di quest’ultimo, l’obbligatorietà della azione penale (art. 112 Cost.) e il principio del contraddittorio (art.111 Cost.).

L’Autorità giudiziaria, nelle vesti delle Procure Generali e delle Procure della Repubblica, è chiamata a cogestire i segreti dell’attività di prevenzione, sia essa di polizia sia essa dei Servizi di informazione per la sicurezza.

La legge dispone che le intercettazioni dei Servizi siano autorizzate dalla Procure Generali, mentre quelle preventive anti-terrorismo e quelle giudiziarie siano autorizzate dalle Procure della repubblica. Può capitare che le prime si intersechino con le seconde, intersecazione che deve essere saggiamente governata dagli organi giudiziari e dagli organismi per la sicurezza competenti.

Con particolare riguardo alla condivisione del segreto uno spunto interessante è rappresentato dall’art. 27, comma 5, legge 124/2007, laddove prevede che il pubblico ministero può mantenere il segreto sugli atti d’indagine. La norma usa a tale riguardo termini particolarmente stringenti: “Il pubblico ministero provvede sempre con decreto succintamente motivato a disporre il mantenimento del segreto sugli atti ai quali partecipano addetti ai Servizi di informazione per la sicurezza o al DIS fino alla chiusura delle indagini preliminari”. Tale disposizione si applica, ad esempio, quando nel corso di un procedimento giudiziario devono essere assunte le dichiarazioni di un addetto ai Servizi di informazione per la sicurezza o al DIS.

Si tratta di una condivisione parziale di un segreto prevista per la realizzazione di un contemperamento tra le esigenze dei Servizi di informazione per la sicurezza e quelle del Pubblico Ministero.

Il rapporto  tra  l’Autorità giudiziaria e i Servizi di informazione per la sicurezza  non può che ispirarsi ai canoni della leale cooperazione istituzionale, fattore che può sensibilmente ridurre le possibilità di conflitti, sempre possibili in ragione della ineliminabile diversità delle funzioni: da una parte, l’individuazione e la persecuzione dei responsabili dei reati, interrompendone le attività criminose; dall’altra acquisire le informazioni necessarie per la sicurezza della Repubblica, sicurezza che, come ha sottolineato la stessa Corte costituzionale, in alcuni casi può coincidere con il bene politico fondamentale, ossia la sopravvivenza stessa dello Stato e della Comunità nazionale.

Come ha più volte sottolineato la Consulta, il razionale bilanciamento di compiti ed attribuzioni è pienamente coerente con il principio di primazia assunto dal valore della sicurezza democratica quale presupposto sostanziale della garanzia e del riconoscimento di ogni altro interesse.

I reiterati attentati terroristi islamisti richiedono una immediata risposta da parte delle Agenzie informative, unitamente alle altre Amministrazioni pubbliche, magistratura in primis. La normativa in vigore è molto abile a perimetrare i caveat entro cui l’azione dei Servizi di informazione debba svolgersi. Prima dell’intervento del 2007 era esclusivamente prevista la possibilità di opporre o meno il segreto di Stato da parte del Presidente del Consiglio all’intera operazione nel cui ambito erano compiute le condotte da scriminare. La legge 124/2007 ha tracciato una visione di fondo, riconoscendo apertamente che l’attività istituzionale dell’intelligence è volta a tutelare il supremo interesse nazionale. Entro tale linea di confine il legislatore ha previsto lo strumento delle cennate “garanzie funzionali”, implementate, a seguito dei numerosi attentati terroristici che hanno colpito l’Europa nell’ultimo biennio, dal decreto legge 174/2015[21]. Il legislatore ha previsto per gli operatori di intelligence la possibilità di essere autorizzati, nell’ambito delle garanzie funzionali, a porre in essere specifici atti riconducibili ad atti terroristici, fra cui l’arruolamento, l’addestramento e l’organizzazione di trasferimenti con finalità di terrorismo, che dà vita ad un quid novi di assoluto rilievo rispetto alla normazione precedente.

L’opera degli organismi informativi tocca temi delicati, spesso sdrucciolevoli, anche quando entra in gioco il complesso rapporto con la magistratura, che nell’ultimo periodo si è andato, però, caratterizzando per la comune volontà di superare quella che Caligiuri ha definito “diffidenza reciproca”[22], allo scopo  condiviso di giungere a una sempre più stretta collaborazione tra due fondamentali apparati dello Stato. Il terrorismo sostanzia il principale nemico per la sicurezza dello Stato che, come più volte ribadito anche dai giudici costituzionali, si pone come “interesse supremo e imprescindibile a confronto del quale tutti gli altri interessi risultano essere inevitabilmente recessivi”[23].

 

Conclusioni

Atteso che le pronunzie della Consulta si fondano sulla preminenza della tutela degli beni-interessi di rango primario (a partire da quelli inerenti all’integrità territoriale e decisionale statuale, alla piena autonomia e indipendenza in seno alla comunità internazionale, nonché l’obbligo statale di mantenere costantemente la popolazione “libera dalla paura” del terrorismo nazionale e transfrontaliero, religioso e politico) sottesi al segreto di Stato rispetto ad altri disposizioni, valori e principi di rango costituzionale, non rimane che auspicare, già nelle presenti  generazioni, lo sviluppo di un percorso culturale, formativo, informativo e comunicativo che muova i suoi primi passi nelle aule accademiche. In tal senso, l’affermazione di Caligiuri “L’intelligence potrebbe rappresentare l’occhio vigile delle èlite politiche di fronte all’inevitabile mondo che verrà[24]”, assume una forte valenza profetica, specie nell’odierno contesto “glocalizzato”[25], ove si contrastano spinte ed energie centripete localiste e identitarie e forze e pulsioni sovranazionali a-statuali centrifughe.

Last but not least, come riflessione finale il cui sviluppo lascio ad altri studiosi – o a me stesso -, mi soffermo ad interrogarmi: e se questa Intelligence volta anche a proteggere l’economia italiana potesse forgiare un osservatorio “riservato” da cui verificare, controllare, selezionare ed espungere dal mercato quegli imprenditori che risultino essere “metastatizzati” (anche “molto” indirettamente e mediatamente) da cosche criminali, specie quando costoro entrino in contatto con una stazione appaltante in costanza di una procedura ad evidenza pubblica?

 

*Docente in materie giuspubblicistiche presso la Link Campus University, la Pontificia Università Lateranense, l’Università di Chieti-Pescara “Gabriele D’Annunzio” e il Formez PA.

 

 

[1]Ex multis, A.Mutti, Spionaggio: il lato oscuro della società, Bologna. Il Mulino, 2012.

[2]Corte cost., sent., 24.5,30.5.1977, n. 86, in “www.giurcost.org”.

[3]Cfr. C.Scajola, Servizi Segreti verso la Riforma, Gnosis, 2007, 1.

[4]Cfr. F.Cossiga, Prefazione a R.D. Steele, Intelligence - Spie e segreti in un mondo aperto, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2002, 8: 'Intelligence è la raccolta di ogni tipo di informazione, notizie, documenti e materiali che interessano la formulazione e l'esecuzione non solo della politica militare, ma anche della politica estera, della politica economica e della politica finanziaria del Paese, nonché la difesa da pericoli esterni di aggressioni contro la sicurezza dello Stato ed il benessere civile, economico e sociale della sua comunità.".

[5] Per una precisa, piena ed esaustiva ricostruzione dei principi costituzionali e di quelli che informano la legislazione vigente sulle tematiche inerenti alle complesse vicende dell'ordine e della sicurezza pubblica, cfr.  M.Di Raimondo, Appunti di diritto dell'ordine e della sicurezza pubblica, Napoli, Editoriale Scientifica, 2016.

[6] Questa filosofia la si riscontra a pieno titolo nel testo del d.l. 20.2.2017, n. 14, convertito in legge 18.4. 2017, n. 48,recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”.

[7] Per una carrellata sulla normativa sulle c.d. lobby, in Italia (in termini di progetti di legge) e negli ordinamenti esteri, cfr. S. Sassi, Primi passi verso una normazione italiana del lobbying, in “Osservatorio costituzionale -   Associazione italiana dei costituzionalisti, 2016”, n. 1; T.E. Frosini, E' giunta l'ora di una legge sulle lobbies, in “Forum di Quaderni costituzionali”, 2015,  2; P.L. Petrillo, Democrazie e lobbies: è tempo di regolare la pressione, in “Forum di Quaderni costituzionali”,  2015, 7.;  per un excursus completo con una visuale anche degli altri ordinamenti europei e non, cfr. AA.VV., Democrazia, Lobbying e processo decisionale, A.Di Gregorio, L. Musselli (cur.), Milano, Franco Angeli, 2015.

[8]Uno dei maggiori tedofori della tesi della necessità di un più armonioso collegamento fra “servizi segreti” e ordine giudiziario, oltre che di una maggiore valorizzazione della comunicazione istituzionale nelle relazioni intercorrenti tra intelligence ed “esterno”, al fine di migliorare l’approccio della società civile nei confronti degli Apparati di Sicurezza, è M. Caligiuri, Intelligence: un problema di comunicazione istituzionale?, in “Per Aspera ad Veritatem”, 2000, 16, ove ampi richiami bibliografici; Id., Intelligence e magistratura. Dalla diffidenza reciproca alla collaborazione necessaria, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2017, che focalizzano l’attenzione su un evidente problema di comunicazione di cui l’Autore auspica una rapida soluzione. Caligiuri sostiene che la comunicazione tra Istituzioni dovrebbe essere sinergica, specie in settori tanto delicati come quello della salus rei republicae. In altri termini, facilitare la comunicazione tra Amministrazioni deve essere uno dei compiti principali che i soggetti istituzionali coinvolti devono pervicacemente perseguire, viste anche le sfide in un mondo globalizzato in piena emergenza terroristica islamista e nucleare. Più precisamente, mediante un’attenta disamina di fatti nazionali ed internazionali, anche alla luce degli interventi giurisprudenziali, unitamente ad una rigorosa analisi degli ultimi decenni della storia Repubblicana, Caligiuri porta all’attenzione del lettore i diversi rapporti di forza verificatisi tra il potere esecutivo cui i Servizi appartengono e a cui direttamente riferiscono e il potere giudiziario. Tale confronto, secondo l’Autore, è dovuto – e se ne condivide l’impostazione – ad una diversità di ruoli e di funzioni che rende, di fatto, difficilmente conciliabili i due mondi. L’uno, quello della magistratura, caratterizzato, in genere, dalla pubblicità degli atti e delle attività; l’altro, quello dei Servizi segreti, caratterizzato piuttosto da una spiccata riservatezza.

[9]Cfr.G.Gagliano, Economia e Intelligence, inwww.sicurezzanazionale.gov.it, 14.11.2013.

[10] Cfr. M. Morbidelli, Intelligence economica e competitività nazionale, Centro Militare di Studi Strategici, ottobre 2005, in “www.difesa.it”; la fondazione della École de guerre économique (www.ege.fr)e il percorso che l’ha preceduta sono stati dissezionati in particolare da due studiosi, Giuseppe Gagliano e Christian Harbulot, di cui si consiglia la lettura: G. Gagliano, La geoeconomia nel pensiero strategico francese contemporaneo, Roma, Fuoco Edizioni,  2014; Id.Guerra Economica e Intelligence. Il contributo della riflessione strategica francese, Roma, Fuoco Edizioni, 2013;C.Harbulot, Manuel d'intelligence économique ,Parigi, PUF, 2015; Id., E.Delbeque, La guerre èconomique, Parigi, PUF, 2012; Id.., La main invisible des puissance, Parigi, Ellipses, 2005.

[11]Cfr.G.Gagliano, Economia e Intelligence, cit; per un excursus anche storico sulla Cia e la sua poliforme utilizzazione, cfr. M.Faini, La riforma e il futuro della Intelligence americana, in “Gnosis”, 2015, 4; L.D’Elia, Politica di sicurezza e riforma dell’intelligence: cenni sulla dottrina USA, in “Inf.dif.”, 2012, 3.

[12] Inwww.eurispes.eu/content/rapporto-italia-2016”.

[13]In Italia la interlocuzione fra Accademie ed Intelligence è recentissima e sono ancora pochi i corsi di studi universitari e post universitari che approfondiscono siffatte materie. Esempi di particolare cabotaggio sono: master di secondo livello in Intelligence istituito dal 2007 presso l’Università della Calabria (V.www.masterinintelligence.it); dal 2016 presso l’Ateneo fiorentino è stato organizzato un Corso di Perfezionamento in ‘Intelligence e Sicurezza Nazionale’ (inwww.sicurezzanazionale.gov.it); cfr. Protocollo di intesa  Dis-Crui, 24.11.2016, il cui testo è rinvenibile inwww.crui.it/component/k2/sicurezza-alleanza-strategica-intelligence-universita; a livello dottrinario rinvio ad un completo ed arguto scritto di M.Caligiuri, L’intelligence nelle Università italiane. Tra studio e risorsa, inwww.sicurezzanazionale.gov.it, 26.1.2016.

[14] Per una approfondita, anche in chiave comparatista, disamina insubiecta materia, inclusiva di numerosi, qualificati e meditati richiami interdisciplinari, cfr. AA.VV, Intelligence e interesse nazionale, U.Gori, L.Martino (cur.), Ariccia, Aracne, 2015.

[15]Per sviluppare il tema complesso e delicato sulla “scrematura” della immane mole di informazione provenienti da ogni dove e recepite in modo anche confuso dagli organi periferici e centrali degli organismi di informazione e sicurezza (paucis verbis e vulgo i c.d. “Servizi Segreti”), implementatosi dopo la tragedia dell’11 settembre 2011, con uno sguardo alla  problematica del c.d. “complottismo”, si rinvia a V. Coraluzzo, Critica della ragion complottista, in “Istituto di Politica”, 2011, 5 (in “www.istitutodipolitica.it”).

[16] Per una elaborazione suggestiva ed esaustiva della tematica del coinvolgimento del “Quarto Potere” – secondo la locuzione adoperata nel capolavoro cinematografico di Orson Welles del 1949 - cfr. R.D. Steele, Intelligence, Spie e segreti in un mondo aperto, M.Caligiuri (cur.), Soveria Mannelli, Rubbettino, 2002.

[17] Per ulteriori approfondimenti e aggiornamenti su tale questione, cfr. N.Giordana, Scriminanti e garanzie funzionali tra diritto d'intelligence e diritto penale militare, Bergamo, Lemma Press, 2016; Id., L’applicazione delle scriminanti e delle garanzie funzionali ai reati di terrorismo, in “Dir.pen.cont”, 2017, 5.

[18] Di particolare rilievo, a seguito del caso del rapimento di Abu Omar, le due Corte cost..,ord,  18.4.2007, nn. 124, 125 (in “www.giurcost.org”) (per un commento ad entrambe le ordinanze, cfr. M. Perini, Segreto di Stato, avanti con leggerezza: due ordinanze, quattro ricorsi e un probabile assente, il conflitto fra poteri, in “Giur. Cost.”, 2007, Vol.3, 2311 – 2321), oltre Corte cost., sent.,  11.3, 3 .4..2009,n. 106 (in “www.giurcost.org”) (si consiglia la lettura in relazione a questa decisione del commento G.Pili, Il segreto di Stato nel caso Abu Omar ed equilibri (smi) di sistema, in “Forum quad. cost”., 27.1.2010), con cui la Corte ha confermato le precedenti pronunce, chiarendo che il segreto di Stato trova la sua ragione nel “supremo interesse della sicurezza dello Stato nella sua personalità internazionale, e cioè l’interesse dello Stato-comunità alla propria integrità territoriale, alla propria indipendenza e – al limite – alla stessa sua sopravvivenza”. La validazione ulteriore di siffatto principio è sopraggiunta con Corte cost., sent., 21.11.2011, 23.2.2012, n. 40 (in  “www.giurcost.org”) (per una panoramica articolata e strutturata basata su più punti di vista, cfr. A. Anzon Demmig, La Corte abbandona definitivamente all’esclusivo dominio dell’autorità politica la gestione del segreto di Stato nel processo penale, in “AIC”, 2012, 3; A.Pace, Sull’asserita applicabilità all’imputato dell’obbligo di astenersi dal deporre su fatti coperti dal segreto di Stato e sull’inesistenza dei “fatti eversivi” come autonoma fattispecie di reato, ibidem; G.Sica, Il segreto di Stato e l’imputato nel processo penale. Commento alla sentenza della Corte costituzionale n.40 del 2012, in “Federalismi.it”, 12.9.2012; T. F. Giupponi, A ciascuno il suo. L'attività dei servizi di informazione e la disciplina del segreto di Stato di nuovo davanti alla Corte, in “www.forumcostituzionale.it”, 2012, 4; R.Orlandi, Una pervicace difesa del segreto di Stato, in “Giur.cost”, 2012, 2327-2333).  Da sottolineare Corte cost, sent, 40/2012, p. 14: “Come già rimarcato, infatti, deve tenersi fermo – anche dopo l’entrata in vigore della legge n. 124 del 2007 – quanto chiarito, a tale proposito, dalla pregressa giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 86 del 1977): e, cioè, che il giudizio del Presidente del Consiglio dei ministri in ordine ai mezzi necessari o utili al fine di garantire la sicurezza della Repubblica, per il suo carattere squisitamente politico e ampiamente discrezionale, resta soggetto a un sindacato di tipo esclusivamente parlamentare, essendo quella parlamentare la sede istituzionale ‘di controllo nel merito delle più alte e gravi decisioni dell’Esecutivo» (sentenza n. 106 del 2009). Proprio a questo scopo, è previsto che il Presidente del Consiglio dei ministri debba dare comunicazione al COPASIR di ogni caso di conferma del segreto, «indicandone le ragioni essenziali’, e che detto Comitato parlamentare, ove ritenga infondata l’opposizione del segreto, debba riferirne a ciascuna delle Camere per le conseguenti valutazioni (artt. 40, comma 5, e 41, comma 9, della legge n. 124 del 2007).”.  Questo principio, espresso nel testo costituzionale nella formula solenne dell’art. 52, che afferma essere “sacro dovere del cittadino la difesa della Patria”, viene rafforzato da ulteriori norme costituzionali che fissano elementi e momenti imprescindibili del nostro Stato. In particolare, vanno tenuti presenti la indipendenza nazionale, i principi della unità e della indivisibilità dello Stato (art. 5 Cost.) e la norma che riassume i caratteri essenziali dello Stato stesso nella formula di “Repubblica democratica” (art. 1 Cost.). Dunque, è in questa ampia accezione che deve intendersi l’espressione con cui conclude la Corte: “È con riferimento, quindi, non al solo art. 52 Cost., bensì a tale più ampio complesso normativo, che si può parlare della sicurezza esterna ed interna dello Stato, della necessità di protezione da ogni azione violenta o comunque non conforme allo spirito democratico che ispira il nostro assetto costituzionale dei supremi interessi che valgono per qualsiasi collettività organizzata a Stato e che, come si è detto, possono coinvolgere la esistenza stessa dello Stato”. Ciò spiega il motivo per cui rispetto a questi valori, gli altri, pur essendo di rango costituzionale, debbano essere bilanciati e, ove dovesse rendersi necessario, essere anche considerati recessivi.La Corte costituzionale ha voluto dunque riaffermare, con una certa fermezza, forse ancora maggiore di quella espressa nelle precedenti sentenze (Corte cost., sentt, 9,10.4.1998, n. 110,;10,16.12.1998, n. 410; 25.10,10.11.2000, n. 487, in “www.giurcost.org”), che l’accertamento penale si arresta e deve cedere il passo al cospetto del valore supremo tutelato attraverso il segreto di Stato. Detto in altri termini, il segreto di Stato costituirebbe un effettivo sbarramento al potere giurisdizionale, anche se solo e nei limiti dell’atto o del documento cui il segreto è correlato e a partire dal momento in cui l’esistenza del segreto ha formato oggetto di comunicazione all’ Autorità giudiziaria procedente.Letta in questa termini sembra che la Corte abbia assunto una posizione netta e ben definita. Tuttavia, nel decidere il caso concreto in realtà ha lasciato qualche dubbio, specie quando, andando oltre i principi tratti dalle precedenti decisioni in tema di segreto di Stato, ne ha introdotto uno del tutto nuovo, ovvero quello di “non indifferenza” del segreto medesimo. Ciò ha indotto la Corte a ritenere che l’opposizione del segreto, in qualunque momento avvenga, non può essere considerata come indifferente da parte dell’Autorità Giudiziaria, che ha l’obbligo di attivarsi per evitare l’ulteriore diffusione dell’informazione segreta e per avviare la procedura di verifica della conferma del segreto.Quanto finora esposto trova conferma nelle motivazioni della Corte, la quale, pur rilevando la “superiorità” del segreto di Stato, afferma che “il meccanismo della opposizione del segreto di Stato presuppone, per sua stessa natura, che esso, di regola, preceda e non segua  l’acquisizione e l’utilizzazione dell’atto, del documento o della notizia in vista della salvaguardia della salus rei publicae, che giustifica erga omnes l’imposizione del vincolo, anche a scapito delle altrettanto primarie esigenze di accertamento insite nell’esercizio della giurisdizione penale.”.

[19] Le pubblicazioni giuridiche scientifiche in variegati campi giuridici sono cospicue e mi permetto di rinviare a M.Mariotti, La condanna della Corte di Strasburgo contro l'Italia sul caso Abu Omar, nota sent. Corte EDU, IV sezione, Nasr e Ghali c. Italia, sent. 23 febbraio 2016 (ric. n. 44883/09), in “Dir.pen.cont”, 28.2.2016, G.Leo, Ancora un episodio nella storia dei conflitti tra poteri riguardo al sequestro di Abu Omar ed alle indagini collegate, nota sent. Corte cost.,sent. 13 luglio 2017, n. 183, Pres. Grossi, Rel. Modugno, ibidem, 2017, 9; S.Zirulia,Ultimo capitolo della vicenda Abu Omar: la Cassazione conferma le condanne per sequestro di persona a carico di tre agenti americani della CIA, nota sent. Cass. pen., sez. V, sent. 11.3.2014 (dep. 25.9.2014), n. 39788, Pres. Ferrua, Est. Oldi, imp. Medero e altri, ibidem, 20.10.2014.

[20]Non sono, certamente, esclusi il processo civile e quello amministrativo, come dimostrano gli studi compiuti -  con una oculata analisi comparatistica con gli ordinamenti francese, tedesco, britannico, spagnolo e statunitense – da C.Bontemps di Sturco, C.Guerriero Picò, M.T. Rörig, Il segreto di Stato e l’attività giurisdizionale, P.Passaglia (cur.), inwww.cortecostituzionale.it”.

[21]D.l.30.10 2015, n. 174, conv. legge 11.12.2015, n. 198 , recante: "Proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione.”.

[22] Come si evidenzia nel titolo M.Caoigiuri, Intelligence e magistratura. Dalla diffidenza reciproca alla collaborazione necessaria, cit.

[23]Da ultima Corte cost, sent, 40/2012, p.5 (in diritto), cit.: “Rispetto ai valori considerati, altri valori – pure di rango costituzionale primario – sono ‘fisiologicamente’ destinati a rimanere recessivi. La caratterizzazione come strumento di salvaguardia della salus rei publicae rende ragione, in particolare, del fatto che il segreto di Stato si presti a fungere da «sbarramento» all’esercizio della funzione giurisdizionale, e segnatamente di quella volta all’accertamento delle responsabilità individuali per fatti previsti dalla legge come reato. La sicurezza dello Stato costituisce, infatti, un «interesse essenziale, insopprimibile della collettività, con palese carattere di assoluta preminenza su ogni altro, in quanto tocca […] la esistenza stessa dello Stato», del quale la giurisdizione costituisce soltanto «un aspetto» (sentenze n. 106 del 2009, n. 110 del 1998 e n. 86 del 1977).”.

[24]Cfr. M.Caligiuri, Intelligence e magistratura, cit., 136.

[25] Cfr. Z.Bauman, Globalizzazione e glocalizzazione, Roma, Armando editore, 2005; R.Robertson, Globalizzazione. Teoria sociale e cultura globale, Trieste, Asterios, 1999.