LA STRATEGIA DELL’UNIONE EUROPEA CONTRO
LA PROLIFERAZIONE DELLE ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA
Autore: Dott.ssa Nazzarena Bruna Vellone
PREFAZIONE
Il tema oggetto di questa articolata analisi è stato individuato, tratto dall’autore nell’ambito del Suo vissuto professionale, in sede internazionale, prospettiva privilegiata che consente di esprimere una visione d’insieme dei profili giuridici e politologici, maturati dall’interno delle sempre complesse dinamiche internazionali e regionali, in questo caso, facenti capo prevalentemente all’Alleanza Atlantica e alle istituzioni europee.
La principale chiave di lettura, di interpretazione degli atti e delle relazioni internazionali, è stata saldamente ancorata, in via prioritaria, al piano di analisi giuridico, di diritto internazionale, scelta metodologica che consente di analizzare, in modo maggiormente asettico, la complessa trama di relazioni intergovernative tessuta all’interno dell’Unione, in combinato disposto con le cosiddette potenze nucleari e non, aderenti o meno, ad esempio, al Trattato di non proliferazione nucleare.
È opportuno porre in evidenza che gli Stati membri dell’Unione appartengono a due grandi categorie di ordinamenti giuridici, quelli di tradizione romanistica, legati alla codificazione di norme giuridiche sul piano del diritto internazionale, e gli Stati facenti capo ai sistemi di common law, inclini alla adozione di documenti di policy, di soft law, strumenti questi nella loro percezione flessibili ed efficaci.
Prospettiva questa da sempre sostenuta coerentemente in tutti i fori internazionali, in particolare, nel seno della Conferenza per il Disarmo, a Ginevra, e nel Comitato per le operazioni di pace C34, a New York. La veloce, rapida adozione di articolati documenti di policy sembrerebbe risolvere ogni difficoltà.
In realtà, invece, l’Italia ha sempre sostenuto la rilevanza di disposizioni aventi rango di norma giuridica di diritto internazionale e non di semplice disposizione amministrativa, spoglia dell’ampio spettro di cautele applicative e interpretative della prescrizione normativa. Anzi, l’Italia ha un proprio modello di riferimento. La strategia posta in essere è di non solo applicare le norme giuridiche vigenti ma di espanderne la portata e l’ampiezza della tutela. Azione condotta non solo presso i tavoli dei negoziati internazionali ma anche fornendo dimostrazione applicativa sul campo, come è avvenuto ad esempio, in un recente passato, riguardo alla disciplina delle cluster munitions, in Libano, già prima della stipula dell’Accordo di Oslo.
Ed è in questa ottica, di analisi prima giuridica, poi, politologica che è stata compiuta la disamina della tematica in un arco temporale di circa quindici anni, intercorrente dall’emanazione della Strategia nel 2003, con un efficace inquadramento del momento storico durante il quale fu emanata, giungendo fino ai nostri giorni, disegnando un bilancio a breve, medio e lungo termine, per l’Unione europea, con luci ed ombre.
In particolare, è posto in rilievo il successo ottenuto, nel medio periodo, nel negoziato con l’Iran in tema di sviluppo delle tecnologie nucleari, voltando completamente pagina rispetto a quanto tristemente accaduto con l’Iraq, ad iniziativa UK e statunitense.
Ben diverso è il quadro di situazione relativo all’India, con un diverso sistema di bilanciamento degli interessi.
Appare, infine, doveroso aggiungere come anche, nell’ambito di accordi intergovernativi a geometria variabile vigenti tra alcuni Stati membri europei in materia di osservazione della terra, sia stato prodotto un prezioso contributo costituito da ulteriori pacchetti di informazione destinati al Consiglio di Sicurezza.
Elementi di valutazione che, questa volta, hanno materialmente consentito alle Nazioni Unite di poter esprimere nei confronti della moderna Persia, al di fuori di condizionamenti di parte, una autonoma e “sovrana” linea di azione, ad oggi, vincente, per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.
Col. Montuoro Avv. Umberto
La Strategia dell’Unione Europea contro la Proliferazione delle Armi di Distruzione di Massa
Abstract
Introduzione
L’adozione di una Strategia contro la proliferazione delle Armi di Distruzione di Massa (ADM) nel dicembre 2003 ha segnato l’istituzionalizzazione della politica di non proliferazione nella Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC) dell’Unione Europea (UE). Negli anni successivi l’UE é cresciuta, con l’intento di diventare un attore di primo piano, a livello globale, nel settore della non proliferazione, ma anche i problemi e gli schemi interpretativi degli stessi, che la Strategia voleva affrontare, si sono evoluti contemporaneamente e l’Unione stessa ha subito diversi importantissimi mutamenti costituzionali. Di consequenza, c'é una notevole differenza tra il significato attribuito alla non proliferazione nel 2003[1] e quello che nel frattempo é diventata, cosi come profondamente mutate sono le sfide e le minacce che si proponeva di affrontare.
Nel 2003 la definizione di minaccia, relativamente alla proliferazione delle ADM, era profondamente dominata dal nesso proliferazione-terrorismo, soprattutto con riferimento a fallimento di Stati o istituzioni statali deboli[2]; la Strategia, pertanto, é il prodotto di quel momento storico e di quella concezione di sicurezza che é nata dagli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 negli USA.
L’UE proponeva una risposta collegiale basata su una politica di “multilateralismo efficace”, allo scopo di rafforzare le norme e le istituzioni politiche esistenti e di dare al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il ruolo di attore principale nella non proliferazione e di contrasto al terrorismo ad impatto globale. “Multilateralismo effettivo” diventa il concetto chiave.
Nel 2003 l’obiettivo principale del multilateralismo efficace era quello di convincere gli Stati che la propria sicurezza potesse essere meglio tutelata attraverso l’implementazione e l’universalizzazione degli strumenti normativi internazionali in materia di controllo degli armamenti, creando, se ce ne fosse stata la necessitá, nuovi strumenti legali ad hoc. La Strategia contro le ADM del 2003 era la via europea che proponeva la legalitá, il multilateralismo, il soft power, la cooperazione, strumenti che potevano essere utilizzati in maniera altrettanto efficace rispetto ad un approccio basato sulla tradizionale politica di potere.
Purtroppo, negli anni, molti dei presupposti e delle idee su cui la Strategia del 2003 si basava, sono stati scardinati dagli eventi. Sempre di piú, il settore sicurezza é stato dominato da un certo numero di iniziative informali, che raccolgono i Paesi like minded, i quali non hanno bisogno, quindi, di ricercare la partecipazione universale[3]. Nel frattempo sono stati creati tanti regimi informali tecnici (Proliferation Security Initiative – PSI, Global Initiative to Combat Nuclear Terrorism – GICNT, Group of Eight industrialized States – G8), mentre si é arrivati al fallimento delle conferenze che avevano lo scopo di rivedere ed aggiornare alcuni strumenti multilaterali importanti (BTWC e il TNP) e, soprattutto, ad un indebolimento notevole dell’utilizzo degli strumenti giuridici multilaterali e del credo generale nelle istituzioni internazionali e nelle relative norme.
La Strategia del 2003 ha portato a compimento quanto richiesto dalla Dichiarazione sulla non proliferazione delle ADM presentata durante il Consiglio di Salonicco nel dicembre del 2003 ed é parte della primissima Strategia sulla Sicurezza europea, un simbolo dell’UE che vuole avere un ruolo come attore chiave nel settore della sicurezza mondiale.
Javier Solana, l’allora Segretario Generale dell’UE ed Alto Rappresentante per la PESC, ha sottolineato, in quel momento, che le principali minacce moderne sono il terrorismo, la proliferazione delle ADM ed i conflitti regionali.
Gli accadimenti a livello internazionale hanno spinto il Consiglio europeo, il 21 settembre 2001, a dichiarare guerra al terrorismo internazionale e ad adottare un piano di azione relativo alla politica di non proliferazione e di disarmo dell’Unione. Terrorismo e non proliferazione vengono analizzati insieme, e nel 2002 viene adottato un documento relativo alle misure urgenti da adottare, che individua quattro principali aree di azione: strumenti multilaterali, controllo delle esportazioni, cooperazione internazionale, dialogo politico.
Le azioni dell’Unione europea nell’ambito della lotta alla proliferazione delle ADM si inseriscono nel contesto della Politica Europea di Sicurezza e Difesa (PESD), che a sua volta rientra nella Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC). L’UE si basa sul principio della delega di sovranitá da parte dei singoli Stati nei confronti dell’Unione in alcune materie e la PESD é una di queste, ma i singoli Stati sono sempre stati restii a delegare completamente la propria sovranitá in uno dei settori considerati altamente sensibili ed importanti dalla politica nazionale[4].
Nel tentativo di fare una analisi generale, certamente non si puó fare a meno di prendere in considerazione le caratteristiche tipiche di una organizzazione come l’UE: tenendo presente i limiti istituzionali e soprattutto finanziari non si puó sottostimare quanto realizzato, almeno nel senso di una nuova e maggiore cooperazione tra gli Stati Membri nel settore della non proliferazione e anche a livello globale, tra l’Unione e le diverse istituzioni ed organizzazioni internazionali. L’Europa finalmente si é dotata delle necesarie risorse istituzionali per implementare le sue misure di non proliferazione e, ovviamente, non si puó e non si deve sottovalutare il contributo dell’UE nei negoziati con l'Iran, conclusi quasi due anni fa finalmente con un accordo.
Tuttavia, rimangono aperte tante questioni e tanti problemi che da sempre caratterizzano l’Unione Europea ed in particolare il settore PESD e, nello specifico, la non proliferazione: posizioni chiaramente divergenti tra gli Stati Membri, su prioritá e risorse da utilizzare, incapacitá di realizzare un’armonizzazione tra i diversi strumenti sanzionatori relative alla proliferazione e impossibilitá di rafforzare le misure di controproliferazione in maniera coerente, difficoltá nel realizzare risultati tangibili nelle sue politiche esterne di non proliferazione[5].
Gli Stati Membri dell’Unione sono davvero pronti a raggiungere dei conpromessi per quanto riguarda i propri interessi strategici pur di realizzare una maggiore coerenza a livello europeo?
Questo studio fa una breve analisi della Strategia del 2003 contro la proliferazione delle ADM, per individuarne obiettivi, azioni, strumenti e principi; ne presenta l'evoluzione e gli aggiornamenti, attraverso la documentazione successiva e le caratteristiche principali, tentando di cogliere gli aspetti salienti della politica europea dal 2003 ad oggi e cercando di individuarne le possibili debolezze e/o carenze.
Infine, in quanto considerato uno dei settori piú importanti della politica e della Strategia di non proliferazione europea, si fornisce un aggiornamento sui sistemi e meccanismi di controllo delle esportazioni dei materiali dual-use, secondo le recentissime impostazioni del settore.
La Strategia Europea contro la proliferazione delle Armi di Distruzione di Massa (ADM)
Gli attentati terroristici negli Stati Uniti d’America dell’11 settembre 2001, le rinnovate attivitá nucleari illecite Iraniane e la crisi in Iraq, partita dalla presunzione dello sviluppo clandestino da parte del regime di Saddam Hussein di un programma di ADM e culminate con l’intervento militare degli USA nello stesso anno, hanno portato i leader politici europei ad avvertire l’urgenza di doversi dedicare in maniera piú decisa alle questioni di Sicurezza e fra queste, soprattutto, al problema proliferazione delle ADM.
Non a caso, nello stesso mese, dello stesso anno, é stata adottata anche la Strategia Europea in materia di Sicurezza, pietra miliare nello sviluppo della Politica Estera e di Sicurezza dell’UE, la quale enfatizza la necessitá di occuparsi con urgenza del problema globale proliferazione della ADM.
Diviene, pertanto, prioritario, per l’UE, sviluppare una politica comune in materia di non proliferazione, in quanto le ADM vengono identificate come una delle cinque minacce principali contro l’Europa e, nel lungo termine, la minaccia piú grave alla sicurezza dei cittadini europei[6].
Il modo in cui la politica Americana aveva gestito la crisi iraqena, soprattutto con la decisione dell’intervento militare, aveva creato una scissione tra gli Stati Europei e messo a rischio persino l’integrazione stessa dell’Unione; la necessitá di trovare delle alternative valide e soprattutto di diventare un attore credibile nel settore della sicurezza internazionale e, nello specifico, della non proliferazione, ha spinto i politici europei a cercare il consenso sulla tematica Sicurezza e lotta alla proliferazione delle ADM[7].
Per la prima volta viene elaborato un documento che elenca le prioritá dell’Unione in ambito non proliferazione: questo, gia’ di per sé, rappresenta un evento storico fondamentale, se si tiene conto del fatto che in passato, durante gli anni ottanta e novanta, erano stati fatti dei timidi tentativi ad impiantare qualcosa che si avvicinava vagamente ad una politica comune nel settore non proliferazione ed erano tutti falliti. Da questo punto di vista, non si puó sottostimare l’importanza del documento, in un momento in cui gli Stati Membri hanno rinunciato alle loro storiche posizioni radicali e si é fatto convergere i singoli interessi nazionali in favore di una strategia comune.
I leaders politici europei hanno voluto individuare e formalizzare una alternativa europea credibile alla politica di controproliferazione degli USA, culminata con l’invasione dell’Iraq.
L’obiettivo primario divenne quello di far rispettare le istituzioni legali esistenti, universalizzare i trattati internazionali ed implementarne i principi; laddove sarebbero state individuate delle carenze, bisognava creare nuovi strumenti. La Strategia ADM era uno strumento per dimostrare che la via Europea, quella basata sulla legalitá, sul multilateralismo, sul “soft power”, sulla cooperazione e sulla razionalitá poteva essere altrettanto o persino piu’ efficace della tradizionale politica di potere o di hard power[8].
Negli anni successivi all’adozione della Strategia, molti concetti, principi e presupposti alla base di essa sono stati scardinati dagli eventi internazionali e dall’evoluzione della Comunitá internazionale e delle sue dinamiche verso percorsi forse allora non prevedibili[9]. Tuttavia, il valore di essa sta proprio nelle sue intenzioni e nel fatto che in quel momento questo documento ha rappresentato una svolta ed un collante per gli Stati Membri, proprio quando si era corsi seriamente il rischio di una grave scissione all’interno dell’Unione. In questo senso, non si puó non attribuirle un certo successo. Se poi la Strategia, in quanto tale, abbia raggiunto gli obiettivi che si prefiggeva o abbia quanto meno funzionato a livello operativo, questo é tutto da verificare.
L’effettivo multilateralismo, si traduce, in pratica, per l’Europa, nell’adesione ai regimi multilaterali. L’universalizzazione ed il rafforzamento degli accordi internazionali nel settore della non proliferazione delle ADM fanno riferimento specifico al TNP ed ai corrispondenti Accordi di Salvaguardia e Protocolli Addizionali, alla CWC, alla BTWC, alla CTBT e al Codice di Condotta contro la proliferazione dei missili balistici e, naturalmente, alle corrispondenti organizzazioni internazionali, quali la AIEA, l’Organizzazione per la Proibizione delle armi chimiche e la Commissione Preparatoria per l’Organizzazione del Trattato per la messa al bando degli esperimenti nucleari (Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty Organization) ed, infine, i regimi multilaterali informali relativi al controllo delle esportazioni dei materiali dual-use.
La Strategia Europea del 2003 definisce la proliferazione delle ADM “una minaccia crescente per la pace e per la sicurezza internazionale” sin dall’introduzione del documento. La valutazione di tale minaccia include tutte le tipologie di ADM: nucleari, chimiche, biologiche, cosi come anche i missili balistici ed i droni e considera l’uso di tali armi sia da parte di Stati sia da parte di organizzazioni terroristiche, mentre le misure proposte contro tali minaccie sono di ampio raggio. Ponendo la non proliferazione delle ADM come “elemento centrale” dell’azione esterna europea, l’obiettivo piú importante é chiaramente quello di “prevenire, dissuadere, bloccare e, se possibile, eliminare i programmi di proliferazione che preoccupano il mondo intero”. Viene fatto un esplicito richiamo al legame della lotta alla non proliferazione, al disarmo e al controllo degli armamenti con la lotta contro il terrorismo, facendo un riferimento anche agli attori non governativi.
Il documento si articola in tre Capitoli: il Capitolo I fa un’analisi generale dello stato di fatto sulla proliferazione delle ADM, distiguendo le diverse tipologie di armi, i relativi rischi ed anticipando delle possibili soluzioni; il Capitolo II entra nel cuore della Strategia, presentando i principi basilari su cui fondare il suo modus operandi per combattere, ma anche e soprattutto per poter prevenire la proliferazione delle ADM; il Capitolo III elenca gli strumenti e le misure che la Strategia vuole utilizzare per raggiungere i suoi obiettivi.
La Strategia viene definita un “piano di azione vivente”, in quanto progetto non definitivo e statico, ma da aggiornare, rivedere ed adattare alle minacce che nel tempo possono modificarsi, sia nella loro natura, sia nei loro contesti.
La Clausola di non proliferazione
Poiché uno dei principi guida della Strategia é rappresentato dalla integrazione della politica di non proliferazione nell’ambito delle relazioni dell’UE con i Paesi terzi, in quanto le si é voluto dare un taglio assolutamente orizzontale nelle diverse politiche dell’Unione, il Consiglio ha introdotto la “clausola di non proliferazione” come uno degli strumenti piú importanti, dal punto di vista del potere coercitivo dell’UE, nell’implementare la propria politica all’esterno del proprio territorio .
Il Consiglio aveva deciso che una clausola di non proliferazione delle ADM sarebbe stata inserita in tutti gli accordi riguardanti il settore PESC dell’Unione, nuovi o da emendare, cosi che la cooperazione dei Paesi terzi con l’Unione sarebbe stata condizionata dal rispetto, da parte di tali Paesi e a livello nazionale, di quanto previsto dai regimi internazionali di non proliferazione. Pertanto, il Consiglio ha voluto sottolinere il fatto che la non proliferazione sarebbe diventata un caposaldo utilizzato dall’Unione nel momento in cui avrebbe dovuto decidere se instaurare o mantenere relazioni con un Paese terzo[10].
Annalisa Giannella, Alto Rappresentante per la non proliferazione delle ADM in Europa, nel 2003 chiariva: “é importante sottolineare come l’UE abbia integrato la dimensione della lotta alla proliferazione nelle sue relazioni esterne e come ora non esiti a far leva sulla sua importanza economica e sull’attrazione che il suo mercato o il suo aiuto allo sviluppo possono esercitare per perseguire i suoi fini politici e di sicurezza”. Per la prima volta, l’UE adottava la non proliferazione come criterio generale per valutare le cooperazioni, presenti e future, con Paesi al di fuori dell’area europea[11].
Rimane da capire se l’applicazione (o mancata applicazione) di tale clausola nei diversi accordi UE/Paesi terzi sia stata utile e sufficiente a raggiungere gli obiettivi preposti.
Dal 2003 la clausola di non proliferazione é stata inserita in diversi accordi: alcuni di essi sono stati firmati ma non sono mai entrati in vigore, in altri casi i negoziati sono stati interrotti e non si é riusciti a concludere nessun accordo, in altri casi, invece, l’iter si é concluso con successo[12].
Un discorso a parte, invece, meritano i negoziati con l’Iran, particolarmente complessi e lunghi.
Dopo difficilissimi negoziati, nel luglio del 2015, a Losanna, si é riusciti ad arrivare ad un vero e proprio accordo finale (Joint Comprehensive Plan of Acion on Iran nuclear programme) di medio periodo, secondo il quale, per un lasso di tempo di circa 15 anni, l’Iran congelerá l’arricchimento dell’uranio e accetterá il controllo degli ispettori delle Nazioni Unite, mentre USA ed Europa hanno tolto la maggior parte delle sanzioni. Lo scopo é quello di assicurare una natura esclusivamente pacifica del programma nucleare iraniano ed un rinnovo dei rapporti tra Teheran e l’Occidente, con la previsione di cooperazione in diverse aree tra Iran ed Europa.
Gli sforzi dell’UE nella gestione della crisi iraniana sono stati etichettati come l’azione di piú alto profilo intrapresa dall’Europa nel settore della non proliferazione, con le istituzioni europee che, per la prima volta, hanno giocato un ruolo di primo piano nella gestione di una crisi nucleare, nonostante l’opposizione iniziale Americana, secondo cui bisognava portare la questione, sin dall’inizio, davanti al Consiglio di Sicurezza[13].
Si dice che l’Europa sia stata in grado di prevenire una escalation grave ed imminente della crisi e di mantenere aperti i canali diplomatici con Teheran, riuscendo a riavvicinare al tavolo USA ed Iran[14].
In tal senso, per l’Europa, il caso Iran é stata una opportunitá importante, per giocare, finalmente, il ruolo di attore globale nella politica di sicurezza ed il raggiungimento dell’accordo é stata una conquista del principio europeo dell’”effettivo multilateralismo”[15].
Al contrario, l’analisi del caso India potrebbe mettere in evidenza una esperienza che ha fatto risaltare l’impotenza della politica europea di non proliferazione in circostanze particolari e con Paesi specifici.
A conti fatti, l’utilitá della clausola viene limitata alla sua funzione di stimolare la consapevolezza, nei confronti di Stati terzi, attorno agli impegni di non proliferazione dell’UE e, quindi, come strumento informativo e di outreach[16]. Qualcosa che é ben diverso da quanto inizialmente previsto e voluto dal Consiglio in materia non proliferazione delle ADM con l’introduzione di questo strumento.
Nuove linee di azione dell’Unione Europea nella lotta alla proliferazione delle ADM e dei relativi vettori
Nel dicembre 2008 il Consiglio ha adottato un nuovo piano di azione per l’implementazione della Strategia contro le ADM, chiamato “New lines for action by the European Union in combating the proliferation of weapons of mass destruction and their delivery systems”.
Tale documento conferma, ancora una volta, che la minaccia della proliferazione delle ADM rimane una delle piú grandi minacce di sempre alla sicurezza europea[17] e che, rispetto al 2003, tale minaccia é persino accresciuta, tenendo conto che le ADM possono finire facilmente nelle mani di terroristi/attori non statuali. Pertanto, la lotta alle ADM rimane sempre una delle prioritá principali dell’Unione.
I principi della Strategia del 2003 vengono confermati e rafforzati e viene fatto un riferimento specifico alla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU n. 1540, una pietra miliale per tutta la Comunitá Internazionale nel settore della non proliferazione delle ADM.
L’obiettivo, quindi, é di rinnovare gli impegni della Strategia, accrescendone l’efficacia e rendendola piu’ operativa, attraverso un rinnovato e maggiore coordinamento tra gli Stati Membri, in modo da accrescere l’impatto europeo in ambito non proliferazione. I politici europei hanno avvertito la necessitá di rendere la Strategia piú dettagliata e piú incisiva, nella previsione di specifici strumenti da utilizzare, per aumentare l’efficacia di quanto previsto.
Il documento si prefiggeva di raggiungere tali obiettivi entro la fine del 2010.
Nell’ottobre del 2013 il Consiglio ha pubblicato le Council conclusions on ensuring the continued pursuit of an effective EU policy on the new challenges presented by the proliferation of Weapons of Mass Destruction (WMD) and their delivery systems, dove, ancora una volta, si é ribadito il rischio crescente delle ADM a livello globale. Soprattutto, se ne é messo in evidenza il carattere evolutivo, con nuove sfide rappresentate da nuove dimensioni del rischio alla sicurezza dell’Europa, grazie alla tecnologia, alla scienza ed a nuovi percorsi della proliferazione. Pertanto ci si é prefissati tutta una serie di obiettivi specifici, con l’intenzione di presentare un rapporto di implementazione ogni due anni.
Il Regime di controllo delle esportazioni di materiali dual-use
Il commercio di beni “dual-use”[18] é soggetto a controlli specifici allo scopo di prevenire i rischi che tali materiali possano rappresentare per la sicurezza internazionale. La Risoluzione ONU 1540 prevede che tutti gli Stati debbano attuare dei controlli su tali materiali per prevenire la proliferazione di armi nucleari, chimici o biologici e anche altri accordi internazionali, come il TNP, la CWC e la BTWC hanno delle simili previsioni. Inoltre, tale impegno rappresenta la base comune e di partenza dei regimi multilaterali di controllo delle esportazioni[19].
Il regime europeo dei controlli delle esportazioni é emerso alla fine degli anni novanta ed é stato via via rafforzato, soprattutto in associazione alla Strategia europea del 2003 contro la proliferazione delle ADM.
L’attuale Regolamento (EC) No. 428/2009 attua gli impegni internazionali dell’Unione, permette la libera circolazione dei beni dual-use in ambito europeo, con qualche eccezione, ed ha un annesso che elenca i beni duali da sottoporre a controllo a livello europeo (beni e tecnologie).
I prodotti che possono essere soggetti a controllo sono quelli inclusi nella lista annessa al Regolamento, oltre a quei beni che, pur non essendo listati, vengono destinati ad un uso sospetto o ad un particolare utilizzatore finale (catch-all[20]). Il Regolamento, essenzialmente, traduce in diritto europeo gli impegni presi nell’ambito dei regimi multilaterali (la lista dei prodotti dual-use da sottoporre a controllo ed i principali parametri di controllo)[21]. Esso é pertanto direttamente applicabile in tutta l’UE e forma parte della politica commerciale comune. Le liste, quindi, sono parte della legislazione primaria a livello EU, anche se sono il frutto di decisioni prese nell’ambito dei regimi, che sono strumenti non giuridicamente vincolanti (si tratta di “gentlemens’ agreements”).
I controlli vengono realizzati attraverso un sistema di concessione di licenze di vario tipo, a seconda della sensibilitá del materiale e delle destinazioni interessate (licenze individuali e licenze globali o generali). Lo scopo é quello di prevenire la fornitura di beni e tecnologie a Paesi e/o enti che possano contribuire a programmi illegali di ADM.
Nell’aprile del 2014 la Commissione ha adottato una Comunicazione[22] relativa ad un necessario riesame del regime di controllo delle esportazioni dell’UE per la modernizzazione dei meccanismi di controllo delle esportazioni ed il loro aggiornamento, sulla base delle evoluzioni tecnologiche, economiche e politiche ed ha avviato una valutazione d’impatto delle possibili opzioni, delineate nella comunicazione, per individuare gli strumenti piú adatti da implementare al piú presto.
Nel frattempo, il Regolamento (UE) n. 599/2014 del luglio del 2014 ha modificato il Regolamento CE n. 428/2009 ed ha concesso alla Commissione la delega di competenza ad adottare atti delegati per quanto concerne l’aggiornamento dell’elenco di prodotti a duplice uso di cui all’allegato I, a seguito delle decisioni prese nei contesti dei regimi multilaterali di non proliferazione. Quindi, nel dicembre dello stesso anno é entrato in vigore il Regolamento delegato (UE) n. 1382/2014 della Commissione che aggiorna l’elenco dei prodotti e delle tecnologie da controllare, adattandola alle decisioni prese nei regimi nel periodo 2011-2013. Tale Regolamento é stato poi di nuovo emendato nel 2015[23], aggiornando ancora una volta il relativo elenco, secondo le decisioni dei regimi adottate nel 2014.
Negli ultimi anni, nel frattempo, c’ é stata una certa espansione della gamma di prodotti soggetti ai controlli e una piu’ incerta distinzione tra le tecnologie civili e quelle militari[24]. Una revisione generale della normativa in materia é diventata sempre piu’ urgente.
L’art.25 del Regolamento UE dual-use prevede un processo di revisione della durata di tre anni: nel 2011 la Commissione Europea ha pubblicato un green paper in cui ha invitato tutte le parti interessate (stakeholders) ad esprimere la propria opinione riguardo al regime europeo di controllo delle esportazioni[25]. Gli Stati Membri, il Parlamento Europeo, le associazioni industriali, gli operatori economici, le organizzazioni della societá civile e le universitá hanno fornito i loro commenti al green paper[26] ed hanno manifestato l’esigenza di apportare diversi aggiustamenti al sistema, in modo da potersi adattare alle mutate circostanze tecnologiche, economiche e politiche. Il documento contenente tali pareri (Staff Working Document) ha rappresentato la base su cui, nel 2013, la Commissione Europea ha presentato le sue conclusioni al Consiglio Europeo e al Parlamento Europeo, affermando la necessitá di una revisione piu’ ampia e generale[27]. Nel 2014 la Commissione ha presentato una serie di possibili opzioni, in un comunicato “for the modernization of EU export controls and their adaptation to rapidly changing technological, economic and political circumstances”[28] e, prima di avanzare una qualsiasi proposta di modifica, ha consultato tutti i possibili attori interessati[29]. Nella prima metá del 2016 la Commissione ha redatto un rapporto sulla valutazione di impatto, anche questa con il coinvolgimento dei vari stakeholders, ricevendo una opinione positiva, accompagnata da diversi commenti[30] e seguito da una proposta legislativa, nel settembre scorso, che dovrá percorrere la normale procedura, nelle varie istituzioni europee e quindi essere oggetto di discussione dettagliata con gli Stati Membri prima di essere adottata dal Consiglio[31]. A tal fine e proseguendo nella sua attivitá di consultazione con tutti i possibili attori coinvolti ed interessati, la Commissione, in cooperazione con la Presidenza Slovacca del Consiglio dell’UE, ha deciso di organizzare, nel dicembre scorso, l’Export Control Forum 2016[32], per poter discutere gli aspetti chiave della sua proposta di revisione. Il Forum ha riunito funzionari europei e nazionali, associazioni industriali, esportatori, produttori e altri operatori economici coinvolti nella produzione e/o nel commercio di prodotti dual-use, assieme a rappresentanti della societá civile e degli ambienti accademici.
La sicurezza ormai copre un’area complessa e volatile e ci sono diverse sfide e minacce legate alla proliferazione delle ADM che vanno dai programmi statali al rischio di accesso da parte di attori non statuali a beni e tecnologie legati alle ADM e non si possono sottovalutare i progressi tecnologici e scientifici degli ultimi anni che hanno accresciuto notevolmente tali rischi[33].
L’idea é quella di mettere in evidenza la dimensione della sicurezza umana (“human security”) nei controlli delle esportazioni, in modo da prevenire le violazioni dei diritti umani, a causa di diverse tecnologie di cyber-sorveglianza, oltre a quella di semplificare ed armonizzare le regole attualmente in vigore, cosi che sia gli esportatori europei sia le autorita’ nazionali possano risparmiare tempo e denaro. L’ideale é raggiungere un equilibrio tra un alto livello di sicurezza e trasparenza ed il mantenimento di una elevata competitivitá tra le aziende europee.
Una delle modifiche fondamentali proposte con il nuovo Regolamento dual-use, presentato a settembre dalla Commissione Europea[34], riguarda la semplificazione delle procedure amministrative, con l’obiettivo di ottimizzare il provvedimento di concessione delle licenze, anche grazie alla introduzione di nuove tipologie di autorizzazione (General Export Authorisation europea). Nell’ottobre scorso, é stato pubblicato un documento che contiene i commenti alla proposta della Commissione e fornisce una breve analisi sulla stessa[35]. Tra gli elementi principali trattati troviamo la clausola “catch-all”, l’assistenza tecnica, il brocheraggio, il transito, il trasferimento di tecnologia intangibile, i criteri alla base delle autorizzazioni.
Gli obiettivi, come giá sottolineato, si possono riassumere nella semplificazione, chiarimento e miglioramento della normativa, con emendamenti che riguardano nozioni chiave dei controlli delle esportazioni. Persino la definizione stessa di material dual-use viene rivista, in modo che possa riflettere la nascita di nuovi prodotti, come le tecnologie di cyber-sorveglianza ed anche le defizioni di “esportazione” e di “esportatore” vengono aggiornate.
L’armonizzazione delle procedure di concessione delle licenze, nel tentativo anche di ridurre il carico burocratico-amministrativo, porterá ad una definizione condivisa di autorizzazione, basata su parametri comuni ed all’introduzione di nuove tipologie di autoizzazioni, in modo da rendere l’intero regime piú flessibile e adeguato ai vari sviluppi tecnologici ed economici che avverranno nel tempo.
La necessitá di accelerare i tempi di ricezione delle modifiche alle liste di controllo e, allo stesso tempo, di dare all’UE un ruolo piú attivo ed incisivo nell’ambito dei regimi, ha spinto le istituzioni europee verso questo processo di revisione generale, che ha richiesto anni di tempo e che ha portato alla proposta di un nuovo Regolamento europeo in materia.
Conclusioni
Secondo la definizione generica, “strategia” é “la tecnica di individuare gli obiettivi generali di qualsiasi settore di attivitá pubbliche e private, nonché i modi e i mezzi piú opportuni per raggiungerli” (Treccani), oppure, la “capacitá di raggiungere obiettivi importanti predisponenso, nel lungo termine e con lungimiranza, i mezzi atti a tale scopo” (Sabatini Coletti).
Una Strategia puó essere giudicata buona ed efficace se raggiunge i suoi obiettivi e quindi se é implementata in maniera buona ed efficace[36].
Come abbiamo giá visto, l’obiettivo primario della Strategia ADM del 2003 é quello di “prevenire, dissuadere, bloccare e, se possibile, eliminare i programmi di proliferazione che preoccupano il mondo intero”. A dover giudicare con obiettivitá la situazione attuale, non sembrerebbe possibile essere ottimisti sui risultati raggiunti, per lo meno se, appunto, si tiene conto di tale obiettivo esplicito dell’UE.
Nel 2003 le origini delle nuove minacce venivano individuate in aree esterne all’UE, in altre parti del mondo, in regioni di conflitto o in Stati in via di fallimento. Oggi, l’analisi degli eventi terroristici ha messo in evidenza che la fonte della violenza é sempre piú nei nostri confini nazionali europei. La libera circolazione di beni, materiali, persone, denaro e idee in Europa non puó che facilitare il lavoro di gruppi terroristici, che non hanno bisogno di procurarsi i materiali necessari agli attacchi terroristici all’esterno, ma giá in Europa o nelle immediate vicinanze dei loro confini. Sicurezza interna ed esterna non hanno piú dei confini ben delineati, al contrario, le nuove minacce hanno cancellato la differenza tra i due, cambiando, quindi, la complessa definizione di sicurezza[37]. La Strategia del 2003 rimane legata alle dimensioni esterne di proliferazione, anche se le Nuove Linee del 2008 avevano tentato di suggerire un superamento di tale concezione[38].
La Strategia europea non é stata in grado né di contenere ne’ di eliminare i relativi programmi di armamento e le sanzioni europee non hanno fermato i programmi nucleari di nessun Paese[39].
Non solo i problemi che si volevano risolvere sono ancora tutt’oggi ancora presenti, ma la situazione relativa alla sicurezza ed alla proliferazione delle ADM é di gran lunga peggiorata rispetto al 2003. La minaccia ed il rischio che determinati Stati possano acquisire capacitá di ADM, in segreto o sotto la copertura di un programma di pace, rimangono alti. Lo sviluppo della tecnologia informatica e la riduzione in dimensioni e peso dei prodotti ingegneristici, abbinati alla possibilitá di utilizzare nuovi materiali e sistemi di propulsione, accresce le enormi preoccupazioni presenti nel 2003[40].
La risposta dell’Unione é stata spesso tardiva, debole e frammentaria, con i diversi Stati Membri che reagiscno in maniera singola, non coordinata e diversa[41]
Il consenso tra gli Stati Membri non é mai stato facile e questo ha una sua importanza, in particolare se si tiene conto del fatto che sono principalmente i singoli Stati ad essere attivi nei regimi multilaterali di non proliferazione e non le istituzioni europee[42]. I singoli Stati non rinunciano a tutelare i propri interessi strategici nei vari settori e sono assolutamente riluttanti a rinunciarvi in favore delle istituzioni europee. Pertanto, la base teorica é il multilateralismo, come politica comune, conferente una certa identitá europea agli Stati membri, ma poi, di fatto, questi vogliono mantenere e mantengono la propria influenza tanto da sminuire o comunque indebolire tale identitá[43]
Il problema di fondo, in termini generali, é forse concettuale: il soft power che l’UE ha tanto voluto sostenere e contrapporre ad una politica di potere (hard power) e che doveva essere il marchio identificativo della politica europea nella lotta alla proliferazione delle ADM e della politica di sicurezza in generale, probabilmente, oggi piú che mai, si é rivelato uno strumento assolutamente insufficiente.
Il soft power, su cui le istituzioni europee avevano riposte tante aspettative, forse troppe, non é in grado di sostituire l’hard power; quello che sta ormai emergendo chiaramente sempre di piu’ é che spesso il soft power, per essere davvero efficace, ha bisogno di politiche di hard power.
Dott.ssa Nazzarena Bruna Vellone, Funzionario Ministero della Difesa.
[1] Ian Anthony and Grip Lina, Strengthening the European Union’s future approach to WMD Non-Proliferation, Sipri Policy Paper, n.37, June 2013.
[2] Ian Anthony and Grip Lina, Strengthening the European Union’s future approach to WMD Non-Proliferation, Sipri Policy Paper, n.37, June 2013.
[3] Ian Anthony and Grip Lina, Strengthening the European Union’s future approach to WMD Non-Proliferation, Sipri Policy Paper, n.37, June 2013.
[4] Rosa Massimo, L’Unione Europea e la prolfierazione delle ADM, Sistema Informativo a schede 10/2005, Archivio Disarmo, 2005.
[5] Van Ham Peter, The European Union’s Strategy on Weapons of Mass Destruction, from ambition to disappointment, p. 10, Clingendael Paper n.6, December 2011.
[6] European Council, A secure Europe in a better world: European Security Strategy, Brussels, 12 Dec. 2003. Le altre quattro minacce chiave sono: terrorismo, conflitti regionali, fallimento dello Stato e criminalita’ organizzata.
[7] Ian Anthony and Grip Lina, Strengthening the European Union’s future approach to WMD Non-Proliferation, Sipri Policy Paper, n.37, June 2013.
[8] Ian Anthony and Grip Lina, Strengthening the European Union’s future approach to WMD Non-Proliferation, Sipri Policy Paper, n.37, June 2013.
[9] Ian Anthony and Grip Lina, Strengthening the European Union’s future approach to WMD Non-Proliferation, Sipri Policy Paper, n.37, June 2013.
[10] Grip Lina, The European Union’s weapons of mass destruction non-proliferation clause: a 10-year assessment, EU Non-Proliferation Consortium, Non-Proliferation Papers, No. 40, April 2014.
[11] Grip Lina, The European Union’s weapons of mass destruction non-proliferation clause: a 10-year assessment, EU Non-Proliferation Consortium, Non-Proliferation Papers, No. 40, April 2014.
[12] Grip Lina, The European Union’s weapons of mass destruction non-proliferation clause: a 10-year assessment, EU Non-Proliferation Consortium, Non-Proliferation Papers, No. 40, April 2014.
[13] Portela Clara, The EU’s evolving responses to nuclear proliferation crises: from incentives to sanctions, EU Non-Proliferation Consortium, Non-Proliferation Papers, No. 46, July 2015.
[14] Portela Clara, The EU’s evolving responses e Kienzle Benjamin, A European contribution to non-proliferation? The EU WMD Strategy at ten, International Affairs, 89, 5(2013) 1143-1159.
[15] Cronberg Tarja, The Great balancing act: eu Policy choices during the implementation of the Iran Deal, EU Non-Proliferation Consortium, Non-Proliferation Papers, No. 50, April 2016.
[16] Grip Lina, The European Union’s weapons of mass destruction non-proliferation clause: a 10-year assessment, EU Non-Proliferation Consortium, Non-Proliferation Papers, No. 40, April 2014.
[17] Council of the European Union, New lines for action by the European Union in combating the proliferation of weapons of mass destruction and their delivery systems, 17078/10, 16 Dec. 2008.
[18] I beni dual-use son beni, software e tecnologia che possono essere utilizzati sia in ambito civile sia militare e/o possono contribuire alla proliferazione delle ADM.
[19] I regimi multilaterali sono quattro: l’Australia Group (AG) per I prodotti chimici e biologici, il Nuclear Suppliers’ Group (NSG), per la tecnologia nucleare, il Missile Technology Control Regime (MTCR), per il settore missilistico o altri vettori senza pilota ed il Wassenaar Arrangement (AG), per quanto concerne beni sensibili che contribuiscono allo sviluppo delle capacita’ military.
[20] I controlli “catch-all” si applicano a beni che, sebbene non siano presenti nelle liste di beni sensibili, allegati al Regolamento dual-use, possono rappresentare comunque un rischio di proliferazione o di applicazione militare.
[21] Quasi tutti gli Stati Membri dell’UE partecipano in tutti e quattro I regimi multilaterali di controllo delle esportazioni, dove avviene lo scambio delle informazioni rilevanti, si discutono I parametri di controllo e si stilano le liste dei beni sensibili. L’UE implementa direttamente tali decisioni, ma le modalita’ del controllo sono in parte determinate a livello di UE.
[22] European Commission, Communication from the Commission to the Council and the European Parliament, COM(2014)/244, 24.04.2014.
[23] European Commission, Commission Delegated Regulation (EU) 2015/2420, 12 October 2015, Official Journal of the European Union, L340/1, 24.12.2015.
[24] Bauer Sibylle and Bromley Mark, The dual-use export control policy review: balancing security, trade and academic freedom in a changing world, EU Non-Proliferation Consortium, Non-Proliferation Papers, No. 48, March 2016.
[25] European Commission, The dual-use export control system of the European Union: ensuring security and competitiveness in a changing world, Green Paper COM (2011) 393, 30 June 2011.
[26] European Commission, Strategic export controls: enduring security and competitiveness in a changing world, Report on the public consultation launched under the Green Paper COM(2011) 393, 17 Jan, 2013, http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2013/february/tradoc_150459.pdf
[27] European Commission, Report from the Commission to the Council and the European Parliament on the implementation of Regulation (EC) No. 428/2009 settiong up a Community regime for the control of exports, transfer, brokering and transit of dual-use items, COM (2013)710 final, 16 Oct.2013.
[28] European Commission, Communication from the Commission to the Council and the European Parliament on the review of export control policy: ensuring security and competitiveness in a changing world, Com (2014) 244, 24 April, 2014.
[29] European Commission, Impact assessment for the review of the dual-use export control regime: consultation strategy, http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2015/july/tradoc_153627.pdf
[30] Le opinioni sono consultabili sul sito dell’Europa http://ec.europa.eu/smart-regulation/impact/iab/iab_en.htm
[31] European Commission, Commission Staff Working document, impact assessment, Report on the EU export control policy review, accompanying the document Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council setting up a Union regime for the control of exports, transfer, brokering, technical assistance and transit of dual-use items, Brussels, 28.09.2016, SWD(2016)315.
[32] http://trade.ec.europa.eu/doclib/events/index.cfm?id=1562
[33] Bauer Sibylle and Bromley Mark, The dual-use export control policy review: balancing security, trade and academic freedom in a changing world, EU Non-Proliferation Consortium, Non-Proliferation Papers, No. 48, March 2016.
[34]European Commission, Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council setting up a Union regime for the control of exports, transfer, brokering, technical assistance and transit of dual-use items, COM(2016) 616 final, 28.9.2016; http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2016/september/tradoc_154976.pdf
[35] Quentin Michel, Short comments and analysis of the Commission proposal to amend Regulation 428/2009, setting up a Union regime for the control of dual use items, http://www.esu.ulg.ac.be/file/20161006185058_New-Regulation-Com-Proposal-Analysis-Rev1-.pdf
[36] Kienzle Benjamin, A European contribution to non-proliferation? The EU WMD Strategy at ten, International Affairs, 89, 5(2013) 1143-1159.
[37] Ian Anthony and Grip Lina, Strengthening the European Union’s future approach to WMD Non-Proliferation, Sipri Policy Paper, n.37, June 2013.
[38] Ian Anthony and Grip Lina, Strengthening the European Union’s future approach to WMD Non-Proliferation, Sipri Policy Paper, n.37, June 2013.
[39] Ian Anthony and Grip Lina, Strengthening the European Union’s future approach to WMD Non-Prolifetaion, Sipri Policy Paper, n. 37, June 2013.
[40] Ian Anthony and Grip Lina, Strengthening the European Union’s future approach to WMD Non-Prolifetaion, Sipri Policy Paper, n. 37, June 2013.
[41] Kienzle Benjamin, Effective Multilateralism? The EU and International Regimes in the field of non-proliferation of Weapons of Mass Destruction, 2008.
[42] Ian Anthony and Grip Lina, Strengthening e Smetana Michael, Stuck on disarmament: the European Union and the 2015 NPT Review Conference, International Affairs 92, I (2016), 137-152.
[43] Van Ham Peter, The European Union’s Strategy on Weapons of Mass Destruction, from ambition to disappointment, p. 10, Clingendael Paper n.6, December 2011 e Kienzle Benjamin, Effective Multilateralism? The EU and International Regimes in the field of non-proliferation of Weapons of Mass Destruction, 2008.