UE E GRAN BRETAGNA
Autore: On. Vitaliano Gemelli
Fino all’ultimo la stragrande maggioranza del mondo, quella con profondo senso democratico, libertario, sociale e solidaristico ha sperato che i Cittadini britannici votassero per rimanere in Unione Europea, invece un nazionalismo antistorico, vuoto e irrazionale, usando una pubblicità ingannevole ha convinto i Cittadini a scegliere per l’isolamento, puntando sulla memoria dell’orgoglio imperiale, che oggi è fuori dal tempo e dalle prospettive.
L’Unione Europea non ha tutte le ragioni a suo favore; l’esasperazione del sistema intergovernativo, figlio di una demagogia nazionale degli Stati Membri, che scaricano sull’Unione Europea non solo i limiti politici della stessa, ma anche quelli macroscopici delle politiche nazionali, prive di una visione strategica almeno da quindici anni, che non hanno saputo prevenire la crisi economica e poi affrontare le conseguenze, condividendo le direttive di risanamento dei bilanci statali, salvo poi a scaricare la responsabilità sull’UE, i limiti dell’UE – dicevo – hanno affievolito la carica esemplare che aveva contraddistinto l’Europa unita per più di cinquant’anni.
Bisogna anche dire che vi sono stati altri periodi di crisi durante la costruzione dell’Unione Europea; mi riferisco al periodo di astensione dalle riunioni e dalle decisioni imposto alla Francia dal suo Presidente, il Generale De Gaulle negli anni ‘60, le alterne vicende delle monete degli Stati Membri durante il periodo dello SME e della istituzione dell’European Currency Unit – ECU -, e in ultimo le turbolenze relative alla politica di austerità, non da tutte condivise, anche se necessarie per alcuni Paesi, depurate degli eccessi imposti alla Grecia.
L’uscita della Gran Bretagna aprirà scenari nuovi tanto all’interno del Paese che in Europa.
Già nell’Irlanda del Nord e in Scozia, non condividendo la Brexit, alcune forze politiche incrementeranno la spinta indipendentista con ripercussioni imprevedibili auspicabilmente non violente.
Nell’UE sarà necessario rivedere tutte le iniziative in corso per creare organismi economici con il Regno Unito, per valutarne la convenienza e la redditività alla luce dei nuovi assetti istituzionali (l’accordo o la fusione tra la Borsa di Londra e di Milano con quella di Francoforte potrà avere seguito?); la cooperazione nella ricerca scientifica, energetica e nucleare dovrà modificare i protocolli; gli accordi commerciali e finanziari, compresa la circolazione dei capitali dovrà essere affrontata con la salvaguardia del mercato interno europeo a tutela dei Cittadini; tanto altro dovrà essere oggetto di ristrutturazione, per conformare i rapporti alla nuova situazione.
Il motivo nazionalistico mi appare alquanto debole per giustificare un distacco dall’UE. Questo potrà servire per riempire le piazze, non solo inglesi, ma anche di Paesi come l’Italia con la Lega, la Francia con il Front National, la Germania con Alternative für Deutschland (AfD), l’Austria con FPO, in Olanda il Pvv, la Svezia con SverigeDemokraterna SD.
Tutti questi partiti nazionalisti o tornacontisti, pur di raccogliere un manipolo di voti in più, mobiliteranno i loro simpatizzanti per esercitare pressioni sui governi nazionali per spingerli a dissociarsi dall’UE, i più scaricando le responsabilità sulla ricca Germania e i tedeschi viceversa sulla inaffidabilità dei governi degli altri Stati.
Intanto Junker dovrà affrontare il problema della negoziazione dell’uscita dell’Inghilterra e sarebbe buona cosa che non prevalessero sentimenti di rivalsa o di ritorsione a danno del Regno Unito, in quanto qualsiasi “punizione” si scaricherebbe sui cittadini , ma soltanto la difesa degli interessi dei Cittadini Europei per rafforzare la coesione e per accrescere la solidarietà tra i popoli.
Vorrei però portare il ragionamento sul piano della strategia complessiva di chi ha voluto l’uscita della GB dall’UE.
A livello mondiale non vi è nessun economista che possa affermare che sia meglio che il Regno Unito resti fuori dall’Europa; che la gestione economica inglese avrà un vantaggio e che i cittadini miglioreranno la loro condizione di vita.
L’Inghilterra come tutti i Paesi Europei hanno sistemi economici e finanziari interdipendenti, quando non integrati e quindi una qualsiasi manovra fatta dall’Inghilterra per modificare gli equilibri esistenti a proprio favore, troverebbe immediatamente la reazione degli altri Paesi, rischiando di aprire fortissime guerre commerciali e finanziarie, delle quali il mondo non ha bisogno mai e specialmente in questo momento.
Quindi i motivi dei fautori della Brexit non risiedono tanto nella competizione economica e finanziaria, che si regola con le leggi della concorrenza esistenti a livello internazionali, ma sono altri e ben più rilevanti, perché sono rappresentate dalle Istituzioni in generale ed Europee in particolare.
L’Inghilterra e i Partiti euroscettici, di destra e xenofobi europei sono il cavallo di Troia di fortissime lobbies finanziarie che tentano di condizionare o abbattere le Istituzioni per poter agire liberamente senza regole imposte.
Il neo-capitalismo finanziario internazionale, accumulando enormi risorse con il sistema della massimizzazione della ricchezza a tutti i costi, non vorrà avere in futuro Istituzioni internazionali che abbiano il potere di organizzare i rapporti economico-finanziari, perché qualsiasi organizzazione o regola alla fine imporrà dei limiti all’accumulo o alla destinazione e al reimpiego e quindi limiterà i poteri dei finanzieri mondiali.
Anche la regola della concorrenza di mantenersi entro un limite percentuale di copertura del mercato rappresenta un ostacolo alla costruzione di oligopoli e monopoli a cui tende il neo-capitalismo finanziario attuale.
Infatti in altre parti del mondo le associazioni di Stati, che non hanno raggiunto il livello di integrazione dell’UE, languono in attesa di tempi migliori dall’orizzonte lontano.
Mi riferisco all’accordo Mercosur, all’accordo Nafta, all’accordo Asean, a quello degli Stati del Centro-America e perfino all’Unione Africana che evolve lentamente in un continente che avrebbe urgente bisogno di accelerare i processi economici per modificare in positivo la propria condizione.
L’Unione Europea e le altre associazioni di Stati nominate sono Istituzioni e come tali hanno avuto all’atto della costituzione il potere di immaginare ed emanare regole per gli Stati Membri, per procedere ad una graduale integrazione degli stessi.
Il processo neo-capitalistico finanziario odierno tende allo sgretolamento dell’insieme per avere la possibilità di attuare le proprie politiche espansive secondo i propri interessi.
Inoltre il gotha finanziario ritiene che sia meglio stabilire degli accordi come il TTP o il TTIP, ridimensionando il WTO, che trattare con Istituzioni che devono rispondere ai bisogni dei Cittadini e che periodicamente sono sottoposte a verifiche elettorali.
L’operazione, che si inquadra nel progetto di distruzione del sistema democratico come lo conosciamo da Platone e Aristotele ad oggi, fa leva sulla presunzione del cittadino di avere restituito il potere decisionale (lo slogan è DECIDI TU ………. NON L’UNIONE EUROPEA), mentre in effetti i Cittadini e i Governi nazionali saranno alla mercé di centrali finanziarie, che manovrando ingenti risorse, condizioneranno le politiche economiche, sociali, solidali, con l’obiettivo che lo Stato deve spendere il meno possibile e il cittadino dovrà provvedere al suo mantenimento con le proprie capacità, prescindendo dalle condizioni oggettive di contesto.
L’amplificazione del problema del costo del lavoro, del costo delle pensioni, del costo del sistema sanitario nazionale, dei costo dei servizi alla persona preludono ad un drastico ridimensionamento del welfare con l’alibi del risanamento dei conti pubblici.
Il tentativo di smontare l’Unione Europea e limitare i diritti dei Cittadini dovrà trovare una forte resistenza e dovrà portare a realizzare politiche di maggiore coesione e integrazione tra gli Stati Membri nel settore industriale, agricolo, commerciale, fiscale, dei servizi, dell’energia, della finanza, perché dovrà essere la Democrazia a governare i processi dell’evoluzione della società mondiale, mettendo al servizio di tale obiettivo tutti gli strumenti esistenti, compresa la grande finanza, che vorrebbe sfuggire ad ogni controllo.
On. Vitaliano Gemelli, Presidente Unione Nazionale per la lotta contro l'analfabetismo (UNLA).